Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: SmileGiveMeFive    22/02/2017    3 recensioni
La scarica elettrica lo attraversò brutalmente, ustionandolo dall’interno. Stringeva spasmodicamente i pugni, le unghie corte si conficcavano nel palmo fino a spellarlo. Il sistema nervoso portato allo stremo. Ogni singola cellula del corpo di Mycroft era in fibrillazione. Richiamava con tutto se stesso l’autocontrollo esercitato per anni,ma lamenti disperati gli sgomitavano in gola e non potè nulla per trattenerli.
**********
WARNING: descrizioni di scene di tortura.
Mystrade in crescendo.
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Meno male che ti sei svegliato, George. John era già pronto a darti per morto sul suo blog, sappilo.”

Greg rivolse al dottore uno sguardo carico di disappunto.

“Ma-ma come diavolo potete pensare che avrei mai fatto una cosa del genere!” si difese John offeso.

“Oh, andiamo. Ammetti che se mai dovessi scrivere qualcosa a riguardo mi affibbieresti minimo un trauma cranico” ribatté il detective distratto, intento a leggere la cartella clinica di Gregory.

Watson corrugò la fronte, indignato da quelle accuse; Gregory non sarebbe stato toccato, ma con Sherlock… oh sì, col suo personaggio si sarebbe divertito. E molto. Gli avrebbe fatto fare la figura che meritava.

“Lestrade, sappi che Mycroft ha assistito all’aggressione. Hanno trovato una microspia addosso all’uomo che è entrato in casa tua.”

“Sherlock, glielo dici così?! E’ uscito dal coma solo qualche ora fa!” lo rimproverò John.

“Questo significa che tuo fratello è vivo.” L’ispettore chiuse gli occhi, esausto, e si lasciò scappare un sorriso.

“E ti dirò di più. L’uomo di Moriarty aveva in tasca un biglietto in cui c’era scritto cosa doveva dirti. Quindi, Lestrade, quell’uomo non ha mai toccato Mycroft in realtà” concluse Sherlock in tono rassicurante.

Gregory annuì e si rilassò fino a cadere in uno stato di torpore.

“Anche mio fratello ti vuole bene, se mai te lo stessi chiedendo,” aggiunse il detective, impegnato a frugare nell’armadio. “E vi do la mia benedizione “ bisbigliò tra sé e sé con noncuranza, tirando fuori da un cassetto un paio di maglioni e studiandone le fantasie improbabili.

“Cosa?” Greg, suo malgrado, lo aveva sentito.

“Niente,” ribattè Sherlock in fretta. “Parlavo… con i maglioni di John. Siano benedetti i maglioni di John, sempre e comunque.”

*****




XII GIORNO


Sul pavimento giaceva ancora il bicchiere che Sebastian gli aveva portato il giorno prima. Era rimasto lì, dimenticato, assieme agli scatoloni ingialliti.
Mycroft era stanco. Inspirava l’aria a piccoli sorsi, maledicendo in ogni lingua la costola fratturata. Oramai seduto o disteso non faceva differenza, si trattava comunque di un dannatissimo inferno.
Moriarty gli aveva fatto portare un secchio pieno d’acqua ed un asciugamano, che ora era più sangue che stoffa.
L’odore nella stanza stava diventando insopportabile.
Per quella notte gli era stato addirittura concesso un materasso.
La fine del gioco era vicina, James voleva evitare ancora per un po’ che il suo prigioniero tirasse le cuoia.
Ventuno morti e nove feriti. Ventuno vite sacrificate per quel teatrino.
Mycroft, invece, era vivo. Non per molto, probabilmente, ma ancora respirava.
Il suo cuore, finché non avesse smesso di pompare sangue, avrebbe alimentato il piano perverso di Moriarty.
E nel frattempo altre vite sarebbero finite. Altri cuori spezzati.
A causa sua.
Che lagna. Aveva davvero voglia di sentirsi rinfacciare ogni giorno una solfa simile? Oltretutto da insignificanti funzionari del governo che facevano del cercare pretesti per tagliarlo fuori dalla politica la loro vita?
Mycroft si alzò dal materassino.
Pochi passi barcollanti e si chinò allungando il braccio.

Gli tornò alla mente un ricordo molto caro, avvenuto all’incirca un anno prima. In quell’occasione si era piegato sulle ginocchia alla ricerca della fede nuziale che da qualche giorno teneva in tasca, nella speranza, appunto, di perderla accidentalmente.
Quell’anello era l’unico testimone di una pazzia giovanile ed estremamente tragica al cui ricordo, dolente e nolente, doveva ammettere non riuscire a separarsi, nonostante fossero passati decenni.
Aveva bisogno di non ritrovarlo più.
Per anni era stato fonte di sollievo, gli ricordava che essere una persona migliore era possibile. Da quando si era reso conto che fosse troppo tardi per tornare ad esserlo, la vista di quell’oggettino lo infastidiva soltanto.
Accucciato nel bel mezzo del marciapiede, fortunatamente poco frequentato, venne urtato e perse l’equilibrio.
Memore della caduta vacillò, ma riuscì ad afferrare il bicchiere e a rialzarsi.
Quel giorno, invece, fu l’ispettore Lestrade ad aiutarlo a rimettersi in piedi, non prima di aver realizzato che Mycroft Holmes se ne stava sul marciapiede con espressione inebetita. Gregory rise e per scusarsi lo invitò a prendere un caffè.
Non era stato il loro primo incontro in assoluto, ma fu il primo senza tensione e silenzi imbarazzanti.
Qualcuno, poi, andò a recuperare la fede per conto di Mycroft. Non era riuscito a rinunciarvi, com’era giusto che fosse, ma guardarla non gli provocava più fastidio.

Il ricordo sfumò e lasciò spazio ai pezzi del bicchiere che Mycroft aveva lasciato cadere a terra.
Raccolse un pezzo di vetro e si sedette sulla sedia. Chiuse gli occhi.
Quando il vetro trapassò la carne del braccio, le fitte alla costola e allo zigomo passarono in secondo piano.









*****

P.s.:
Chiedo scusa per la lunga assenza e spero, nonostante la brevità, che il capitolo sia di vostro gradimento.

Con affetto,
SmileGiveMeFive
  
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