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Autore: Isbazia    01/03/2017    3 recensioni
Lexa Woods vive con Anya e Lincoln in piena città. Un'improvvisa vacanza in montagna la porterà a conoscere gli amici di Octavia, tra cui una bellissima ragazza bionda con gli occhi azzurri.
(Liberamente ispirata al brano Mind Over Matter dei PVRIS)
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Lincoln, Octavia Blake
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Lexa POV

Il tipico tempo autunnale è tornato a farsi vedere, l’aria si è leggermente riscaldata, la neve non cade da qualche giorno, e giuro di aver intravisto qualche foglia colorata tra gli alberi che spuntato da dietro la finestra della mia camera. Forse è proprio per questo che i ragazzi hanno deciso di organizzare un falò prima della nostra partenza di domani. Ebbene sì, domani a quest’ora Lincoln, Anya ed io saremo nella nostra casa a litigare su quale serie tv guardare, probabilmente aspettando con ansia il ragazzo tanto simpatico che consegna le pizze. Casa nostra mi manca, è vero, e anche la mia routine, la biblioteca, i miei libri, le serate al TonDC… mi mancano persino le visite di Nyko e il suo meraviglioso pastore tedesco Danvers. Non ci vediamo spesso, ma è l’unico vero amico che ho all’infuori di Anya e Lincoln. Eppure, al solo pensiero che sia ormai la fine di questo viaggio mi si chiude lo stomaco. Tutta questa nostalgia che sento non fa che lottare contro la voglia di restare ancora un po’ qui su queste montagne sperdute, in compagnia delle persone che ho conosciuto, e soprattutto di Clarke. Clarke…

Mando giù il nodo che mi si è formato in gola e continuo a piegare e sistemare i vestiti sul letto. Sono quasi le sette, e non mi sono ancora nemmeno cambiata per rendermi presentabile alla serata. L’ansia mi ha portata a fare tutt’altro, e in questo caso mi ha trasformato in una perfetta commessa da negozio di abbigliamento. Anya ha già bussato almeno tre volte nell’ultima ora, cercando di mettermi fretta, ma la cosa non ha fatto altro che agitarmi maggiormente. Più il tempo passa e più ci avviciniamo a domani, alla partenza, e io non sono ancora emotivamente pronta. Cosa mi è successo in queste due settimane? Cosa significa per me tutto quello che ho vissuto qui? Non mi sono mai sentita così diversa in vita mia. Ho passato gli ultimi anni a chiudermi in me stessa, a sforzarmi enormemente per essere socievole il minimo indispensabile, per dare una possibilità a questo mondo che mi ha sempre tolto tutto ciò che avevo di più caro e importante. Ho combattuto per avere ciò che ho adesso, anche se nell’ombra e nel dolore. E invece adesso comincio a vedere la luce, e la cosa mi terrorizza, anche se mi fa sentire incredibilmente viva. Queste due settimane hanno completamente ribaltato la mia vita, l’hanno scossa nel profondo, come se mi avessero risvegliata da un lunghissimo sonno. Il tempo che ho passato qui è stato incredibilmente rinfrescante, la mia mente non si è mai sentita così libera come adesso. E so benissimo cosa sia stato ad aiutarmi in questo percorso, o meglio, chi.

Eppure non riesco a togliermi dalla testa la confusione che le parole e i gesti di Clarke mi hanno lasciato l’altra notte.

//

-Due notti fa-

Senza aprire bocca Clarke mi trascina fino alla cucina. Accende la luce, chiude la porta, apre il frigo e si ferma qualche secondo a fissarne il contenuto, prima di allungare una mano e afferrare un paio di birre. Non so bene cosa pensare, ma l’espressione che ora ha sul volto è del tutto impossibile da decifrare, un misto tra stanchezza, dolore, ma anche tranquillità e non curanza. L’apatia sembra essersi impossessata di lei, si muove quasi per inerzia. Poggia le birre sul tavolo, si avvicina a me, mantenendo lo sguardo basso, prende le buste con la cena e comincia a uscirne tutto il contenuto.

“Puoi sederti” mi dice ad un tratto, intenta ad aprire i contenitori del cibo cinese. La sua voce è particolarmente roca.

Con un po’ di indecisione mi siedo sulla prima sedia che trovo accanto a me e cerco di mantenere il mio battito cardiaco ad una velocità non troppo elevata. Tutta questa situazione è strana, non mi sento particolarmente a mio agio con questo silenzio imbarazzante. Eppure, ora sono io che non riesco a spiccicare parola.

“Grazie di tutto, Lexa…”

Alzo istintivamente lo sguardo e trovo immediatamente quello di Clarke. È la prima volta che mi guarda da quando mi sono presentata alla Sky Crew. Il suo volto ha cambiato un po’ espressione, ora sembra provare emozioni, i suoi occhi sono ancora lucidi e arrossati, ma l’angolo della sua bocca si inclina leggermente e un debole sorriso, seppur amaro, le si forma in viso. Il mio cuore riceve una scossa e comincia a galoppare. Per una attimo mi sento togliere il respiro, ma prontamente ricambio il sorriso e scuoto leggermente la testa.

“Figurati… fame?” le chiedo speranzosa, tentando di alleggerire un po’ l’atmosfera cambiando argomento. Lei sposta lo sguardo tra me e il cibo davanti a noi e annuisce. Sembra essere grata del mio gesto.

In pochissimo tempo ci ritroviamo a mangiare quasi tutto quello che c’è sul tavolo, accompagnandoci con diverse birre (in realtà Clarke più di una, io sono ancora alla prima), e a parlare di cose impensabili. Ci spostiamo in camera sua per facilitare il suo cambio di vestiti “troppo scomodi per stare a casa”, portandoci sempre dietro le nostre bottiglie. Non c’è voluto molto prima che Clarke cominciasse a mostrare i primi segni di una bella sbronza. Dopo i primi accorgimenti fattile in modo scherzoso, e il suo rifiuto categorico, ho deciso che l’avrei lasciata fare. Forse era quello di cui aveva bisogno dall’inizio: trovare un modo per dimenticare momentaneamente gli eventi di quella sera. E quale modo migliore di un po’ di alcol in compagnia? Forse è stato questo a spingerla a trascinarmi dentro casa sua. Molto probabilmente sapeva già che avrebbe voluto consolarsi con un bel po’ di alcol, ma farlo da sola sarebbe stato ancora più distruttivo. Non so bene come pensarla al momento, non mi fa impazzire di gioia il fatto che voglia ricorrere a questi metodi, ma in fondo non sono nessuno per poterla giudicare. Io in primis ho avuto esperienze simili. Se non altro almeno ci sono io qui con lei a tenerla d’occhio e prendermi cura di lei in caso ce ne fosse il bisogno.

“E poi BOOM, la porta si apre e tu sbuchi fuori come per magia!” mi dice con un filino di entusiasmo di troppo, mimando una faccia sorpresa e allargando le braccia come per mostrarmi la magia.

Non riesco a non trattenere una risata, vederla in questo stato mi dispiace, ma in qualche modo riesce comunque ad essere buffa, soprattutto quando cerca di tenersi in equilibrio mentre gironzola per la stanza. Mi alzo dal letto e mi avvicino a lei, allungando una mano verso la sua bottiglia.

“Ok, credo che tu abbia finto l’intera scorta di birra di tutta la montagna” provo a dirle con un sorriso, cercando di afferrare la bottiglia dalle sue mani. Per tutta risposta Clarke si scansa, ridendo di gusto, e mi allontana non proprio delicatamente con una mano sul petto.

“Fermo lì, soldato” mi dice, squadrandomi dall’alto in basso. Trattengo nuovamente un sorriso e cerco di stare al suo gioco. “Cosa mi dai in cambio?” mi chiede, strizzando gli occhi. Non ho idea di cosa risponderle. Non so se ridere o essere seria. Tutta questa situazione sta decisamente degenerando.

“Ehm… tutto quello che vuoi?” mi azzardo a dirle indecisa. Lei ci pensa su un attimo e poi sfoggia uno dei suoi sorrisi più belli.

“Ottima risposta, soldato” commenta, porgendomi gentilmente la sua birra. Scuoto la testa divertita e mi sposto verso il comodino per allontanare definitivamente quella bottiglia da lei.

“Sai, lui non rispondeva mai così…” ricomincia dopo non molto, cambiando tono di voce. Il mio corpo si irrigidisce di colpo. Eccoci… sta parlando di Finn. Temevo questo momento da tutta la serata. “Era sempre tutto come voleva lui. Aveva lo strano potere di incantarmi con le parole, riusciva a convincermi a fare tutto”. Mi volto verso di lei e la trovo seduta sul bordo del letto accanto a me. Ha lo sguardo basso e le sue dita giocano a stropicciare il tessuto delle coperte. Molto lentamente mi avvicino a lei e mi siedo. “Una volta ha rotto il naso ad un tizio per strada che mi aveva fatto l’occhiolino, sostenendo che oltre a quel gesto avesse anche detto cose poco carine su di me, nonostante io non lo avessi visto aprire bocca…anche in un’occasione come quella riuscì a convincermi che quel poveretto aveva torto marcio e lui voleva solo proteggermi da un maniaco”.

La sua voce mi rapisce completamente, e anche se l’argomento non è di certo tra i miei preferiti, non riesco a smettere di ascoltarla assorta.

“Credevo che tutto questo tempo lo avesse allontanato per sempre. Credevo di star ricominciando una nuova vita finalmente. I suoi messaggi avevo imparato ad ignorarli, così come le sue chiamate. E poi lui si presenta qui e io mi sento completamente distrutta…” la sua voce si spezza. Alcuni secondi di silenzio e poi un singhiozzo. “Perché riesce ancora a farmi questo effetto? Perché ha ancora questo potere su di me?”. Ora ha alzato lo sguardo, è con me che sta parlando. È a me che sta chiedendo queste cose. I suoi occhi sono pieni di lacrime e le trema il labbro inferiore. Il mio cuore riceve un brutto colpo a quella vista. Istintivamente le mie braccia la raggiungono e l’avvicino a me. Clarke comincia a piangere e io cerco di stringerla ancora più forte per farle sentire che io ci sono, che sono qui con lei, che non ho intenzione di lasciarla sola. Ma non posso stare zitta, non ha bisogno solo di contatto fisico, servono delle parole che riescano a darle un minimo di serenità, e quelle parole possono venire solo da me in questo momento.

“Hai vissuto un incredibile amore romantico, una favola a tutti gli effetti, con la bella principessa e l’affascinante principe. Ma non è stata più di questo, una favola. Alla fine si è rivelata per quel che era, un’illusione. E la tua mente è ancora legata a quell’idea fantastica che avevi di voi due. Ciò che però conta adesso è il tuo cuore. L’unica cosa a cui puoi dar retta adesso è solo quello… segui la via che ti mostra, non avere paura di lasciarti andare. Lascia decidere al cuore quali ricordi conservare e quali abbandonare per il tuo bene”.

Non so neanche con quale coraggio io sia riuscita a dire queste cose. Appena ho aperto bocca le parole sono uscite da sole, senza nemmeno doverci pensare. Per un attimo vengo investita in pieno dal mio stesso discorso. Mi ritorna il mente la Lexa diciannovenne, perdutamente innamorata della sua affascinante principessa, talmente cieca d’amore da non rendersi conto dell’illusione che la sua mente stava creando, tanto da non permetterle di avere il controllo sulla sua stessa vita, sulle sue scelte, sui suoi principi. Non ho idea di come allora io sia riuscita a rendermi conto di tutto ciò e di come sia riuscita a intraprendere una nuova strada. A quel tempo nessuno mi fece un discorso così, nessuno con lo stesso bagaglio di emozioni era lì per farmelo. Ora capisco davvero appieno quelle parole. Un nuovo inizio non è un’altra persona al tuo fianco. Non è questione di chi altro hai accanto pronto a farti dimenticare il passato e ad aiutarti a costruire un altro futuro. Un nuovo inizio è un patto. Un patto che fai con te stesso, un impegno, una dimostrazione di coraggio. E l’unico aiuto che ti serve è quello che sei disposto a darti da solo, quando capisci che, per quanto ti senti schiacciato a terra, la tua unica possibilità è quella di alzarti e ricominciare a vivere. Ed è proprio questo quello che serve a Clarke adesso. Non sono io a dover cambiare la sua vita, deve essere lei stessa a volere un cambiamento definitivo. E può farlo soltanto convincendo se stessa.

Il silenzio nella stanza viene interrotto dal sospiro di Clarke, che lentamente si scioglie dall’abbraccio per guardarmi negli occhi. In quei meravigliosi zaffiri riesco a leggere talmente tante cose che non so cosa sia esattamente a spingerla ad avvicinare il suo viso al mio, con un’intenzione più che chiara.

“No…” la fermo prontamente, cercando di essere il più delicata possibile. Lei rimane un attimo sorpresa, con un’evidente espressione accigliata sul volto. Io combatto contro me stessa per evitare che il tremore della mia voce mi tradisca.

“Sei troppo vulnerabile al momento, non ti farebbe alcun bene… non voglio essere una causa in più del tuo dolore” le spiego, prendendole le mani e accarezzandole delicatamente il dorso con i pollici. I nostri occhi rimangono connessi tra di loro per alcuni secondi, dopodiché Clarke inspira profondamente e abbassa lo sguardo. Dentro di me sento una tempesta di emozioni contrastanti. È la cosa giusta, vero? Avrei dovuto lasciarla sfogare? Cosa succederà adesso? La paura di perderla per sempre comincia ad insidiarsi profondamente dentro di me e senza rendermene conto mi ritrovo a trattenere il respiro, in attesa della prossima mossa di Clarke.

Quando alza lo sguardo verso di me leggo solo tristezza e stanchezza nei suoi occhi. Deglutisco pesantemente, stringendo quasi impercettibilmente le sue mani.

“Resteresti con me stanotte?” mi chiede infine. Il mio cuore sprofonda in un mare di sollievo. Le parole mi si bloccano in gola, ma riesco comunque a regalarle un sorriso, e questo la rassicura visibilmente. Le sue spalle si rilassano e i suoi occhi si illuminano nuovamente.

Con calma entrambe ci alziamo dal letto. Clarke mi trova dei vestiti comodi con cui dormire e non perdo troppo tempo a cambiarmi, mentre lei è già distesa a letto su un fianco, con gli occhi chiusi e il respiro pesante. Credo si sia già addormentata. Vederla così mi fa sentire strana, come se al posto delle farfalle ci fosse un intero zoo nel mio stomaco. Non riesco a trattenere un sorriso. Il più silenziosamente possibile mi sistemo accanto a lei, coprendola per bene con le coperte extra ai piedi del letto. All’improvviso la vedo muoversi e avvicinarsi a me, sempre con gli occhi chiusi e l’espressione dormiente. Si stringe il più possibile a me, affondando il viso nel mio collo, e continuando a dormire. Mi scappa un debole sorriso al pensiero di tanta tenerezza. Non posso far altro che cingerla con le mie braccia e lasciarle un piccolo bacio sulla fronte.

“Non vado da nessuna parte”

//
 
“Ok Lexa, se non sei pronta entro cinque minuti, giuro che ti trascino in macchina in pigiama”.

La voce di Anya mi riporta bruscamente alla realtà e d’istinto mi volto verso l’orologio sul comodino: 7.00 pm. Sbuffo pesantemente e comincio a vestirmi con le prime cose utili che trovo sistemate sul letto. Stavolta, sotto precedente consiglio di Raven, ricordo di portarmi dietro una coperta. Si prospetta una lunga serata, meglio essere preparati.

“Ei Lexa, non diment…” comincia proprio lei, sbucando dal bagno comunicante. Non le do nemmeno il tempo di finire che sollevo la coperta che ho in mano e gliela mostro.

“Fatto” le rispondo con un occhiolino. Lei sorride, annuisce e sparisce in camera di Anya.

Lincoln alla fine non è più tornato dalla sua breve escursione con Octavia e Bellamy, e immagino che abbiano deciso di fermarsi direttamene alla Sky Crew per i preparativi del falò. Non mi sarebbe dispiaciuto poter dare una mano io stessa, ma Clarke e gli altri hanno insistito affinché noi fossimo solo ospiti. Ricordo persino qualcosa riguardo Murphy che si è offerto spontaneamente come volontario per pensare alla legna e al fuoco, il che mi ha decisamente sorpresa.

“Sono pronta!” urlo ad Anya dopo l’ennesimo sollecito ad uscire. “Spengo le candele e arrivo”.

//

Clarke POV

Sono quasi le sette e mi sento totalmente impreparata. Io e Octavia abbiamo provato senza sosta nell’ultimo quarto d’ora, ma continuo ad essere perplessa. Quando lei, Lincoln e Bellamy sono tornati dall’escursione, l’ho praticamente sequestrata e portata nel retro per provare le canzoni che ho scelto per stasera. Lei non ha fatto altro che ripetermi che sono perfette e che verranno benissimo, ma io sono troppo nervosa, non riesco a razionalizzare.

“Clarke, davvero, devi darti una calmata, andrà tutto bene” prova a rassicurarmi nuovamente, inclinando la testa di lato, in attesa di una mia risposta. Sospiro.

“Va bene, puoi andare, sei libera” le dico, abbozzando un sorriso e facendole un cenno verso la porta. Lei scatta in piedi e corre fuori senza farselo ripetere due volte. Mi scappa una risata. Abbasso lo sguardo e ricomincio a pizzicare le corde della mia chitarra. Ora che sono sola posso provare l’ultima canzone che ho in mente di suonare a fine serata. Questa è quella che ho scritto io. La canzone che è nata da una specie di sogno, da delle semplici parole che mi ronzano in testa da parecchi giorni ormai, quella che finalmente sono riuscita a finire in tempo per la partenza dei ragazzi, di Lexa. Lexa…

No. Non posso permettermi di pensarci adesso. Se mi lascio sopraffare dalla tristezza, sono rovinata. E rischio di rovinare la serata a tutti, per cui, stringi ancora un po’ i denti Clarke, questa serata deve essere magica.

You’re a miracle…”

//

“Clarke, Bellamy mi ha detto di rivolgermi a te per delle panche in più”.

La voce di Murphy mi prende totalmente alla sprovvista appena esco dalla porta principale del noleggio, tanto da saltare in aria dallo spavento. Lui indietreggia istintivamente e per un attimo mi guarda spaesato.

“Scusami, non ti avevo visto” farfuglio, cercando di regolare il respiro. “Comunque sì, dentro ne trovi un paio” gli rispondo, indicando la porta alle mie spalle. Murphy abbozza un sorriso e annuisce, passandomi accanto. Io mi sistemo per bene la sciarpa attorno al collo e getto lo sguardo in lontananza davanti a me, dove il fuoco del falò è già abbastanza alto e le persone cominciano ad arrivare. Ammiro con soddisfazione il tutto, lasciandomi incantare per un momento da quest’immagine così familiare e calorosa. Ho sempre amato i falò, di tutti i tipi, sin da piccola. D’estate mamma e papà organizzavano sempre qualche serata sulla spiaggia con i loro amici più cari, e ricordo che quelle occasioni erano la scusa perfetta per passare del buon tempo insieme, mangiando, bevendo, e soprattutto cantando, dal tramonto fino a notte fonda. Adoravo quelle sere. E ho cominciato ad apprezzarle ancora di più dopo l’arrivo di Raven nella nostra famiglia. Insieme organizzavamo sempre degli spettacolini tutti nostri, credendoci giovani cantanti famose in uno dei loro concerti. Quando i miei hanno avviato l’attività qui a Mount Weather, le uniche serate libere erano concentrate allo Shrieking Shack o a casa di qualcuno. Solo dopo la morte di papà abbiamo deciso di dedicare tutte occasioni di svago alla tradizione del falò. È proprio in questo modo che abbiamo imparato a conoscerci tutti per bene, ed è sempre stato un ottimo modo per celebrare anche le più piccole occasioni. Un po’ come l’arrivo di nuovi amici… o la partenza di questi ultimi.

Il mio treno di pensieri viene fermato dalla vista inaspettata di qualcosa. Di qualcuno, per meglio dire. Sono appena arrivate delle persone, e riesco a capire chi sono grazie a Lincoln. La sua figura alta e slanciata spicca su tutti gli altri, e con un paio di passi si avvicina a una delle tre ragazze appena arrivate, cingendola in un abbraccio fin troppo fraterno. Lexa.

È arrivata. Ci siamo.

“Clarke!” mi sento chiamare da quella direzione. Octavia è salita su una delle panche accanto a Lincoln e con un sorriso a settantadue denti mi fa segno di raggiungerli.
Ovviamente si sono girati tutti nella mia direzione e, sebbene a questa distanza non riesca a vederli, sento addosso tutti i loro sguardi. Il cuore comincia a martellarmi nel petto e sento le guance riscaldarsi velocemente. Stringo la presa sul manico della chitarra e mi faccio strada verso la piccola folla di gente che si è formata in pochi minuti. Ci saranno al massimo una ventina di metri dal noleggio al punto preciso del falò, ma mi sembra di impiegarci delle ore ad arrivare lì. Mentre cammino, vedo scorrere tutto a rallentatore, il mio cuore non smette di galoppare, e la mia testa comincia a vagare tra mille pensieri. Ad ogni passo vedo accorciarsi la distanza, ma allo stesso tempo percepisco il tempo che rallenta. È una sensazione stranissima. Una sensazione che termina nell’esatto istante in cui arrivo davanti a Lexa e i suoi meravigliosi occhi verdi si fondono con i miei.

“Ei…” le dico senza distogliere un attimo lo sguardo da lei, non trattenendo l’enorme sorriso che mi è stampato in faccia.

“Ei…”

“Ooookay, che ne dite se ci sediamo? Prima che l’aria si riempia di cuoricini” interviene Anya, afferrando il braccio di Lexa e trascinandola verso la prima panchina disponibile. Octavia e Lincoln cercano vanamente di trattenere una risata, mentre Raven mi dà una leggera gomitata.

“Bell’entrata in scena, Romeo. La prossima volta se vuoi ti suggerisco il resto della battuta” mi dice divertita. Le rivolgo un’occhiataccia e le do uno spintone, prima di prendere posto nel mio solito angolo e preparare gli strumenti. I miei occhi cercano costantemente quelli di Lexa, e li incontrano brevemente un paio di volte. È bellissima. Non ha nulla di speciale addosso, ma è comunque sempre più bella. Ha gli occhiali stasera. Lei non esce mai con gli occhiali. L’unica volta che l’ha fatto era per questioni di fretta, e li ha tenuti su tutto il giorno solo perché le ho detto che a me piacevano molto. Non posso che pensare che l’abbia fatto proprio per questo. E non mi stupirebbe, non dopo quello che è successo a casa mia dopo lo spiacevole confronto con Finn. Per un attimo mi ritorna in mente la sensazione delle braccia di Lexa attorno a me, del suo calore, delle sue frasi dolci mentre il sonno mi trascinava nell’oblio. Mi sento il cuore in gola. Percepisco il mio viso andare a fuoco e mi sento un po’ in imbarazzo. Cosa significa tutto questo? Perché il mio cervello si azzera quando me la ritrovo davanti? Perché il mio corpo reagisce così al solo pensiero di noi due accanto? Sto davvero perdendo la testa.

//

Lexa POV

“She broke down and let me in”                        “Si è lasciata andare e mi ha lasciato entrare”

Il modo in cui Clarke sta suonando stasera è diverso. Le ho visto interpretare diverse canzoni da quando la conosco, ma stasera c’è qualcosa di particolare, di straordinario.

“Made me see where I’ve been”                        “Mi ha fatto vedere dove sono stato finora”

Le sue dita sembrano sfiorare appena le corde, mentre esegue alla perfezione quella che è una canzone bellissima. La musica mi rapisce completamente, così come il suo modo di cantare, quasi tutto il tempo con gli occhi chiusi, con brevi occhiate ad Octavia per condividere quella che sembra un’esperienza al di fuori da tutto ciò che può definirsi normale.

“Been down one time                                          “Sono stato giù una volta
Been down two times…                                        Lo sono stato due volte…
Never going back again”                                      Non tornerò mai più indietro”

Sapevo che Clarke fosse brava, ma non avevo idea avesse tutto questo talento. Suona con una leggerezza tale da sembrare una professionista. Le si legge sul volto che questa è la sua passione più grande, nonostante il modo in cui impiega il suo tempo tra il lavoro all’Accademia e la stagione invernale qui a Mount Weather. Il momento in cui Octavia comincia a seguirla in questa melodia stupenda è quasi magico. Entrambe ora si scambiano sorrisi soddisfatti e ci regalano una delle performance più belle della serata. La mia testa vaga tra mille pensieri, il mio cuore assorbe ogni singola vibrazione e la trasforma in puro piacere. Sono stata a diversi concerti, ma mai nessuno è riuscito a trasmettermi tanta passione, tanta bellezza e tante emozioni così come questa serata. Mi guardo intorno e con mia sorpresa noto che quasi tutti hanno gli occhi chiusi e dei piccoli sorrisi stampati sui loro volti, mentre tengono il tempo con un piede o con la testa. Ognuno sta vivendo quest’esperienza con una genuinità che non avevo mai visto. Persino Murphy sorride mentre beve la sua birra e tiene il tempo sulla bottiglia con le dita. Vengo bruscamente distratta dall’applauso spontaneo che parte all’improvviso. La canzone è finita, Clarke e Octavia si danno il cinque e subito dopo vengo raggiunta dall’azzurro di quegli occhi che sembravano avere fretta di trovarmi. Sento le mie guance prendere fuoco e non riesco a trattenere un sorriso.

“Beh, non si può negare che con le mani ci sappia fare”.

Mi si gela il sangue.

“Anya!” sbotto in preda all’imbarazzo più totale.

“Che c’è? Non ho detto nulla di male” mi risponde lei tra le risate. “Era da un po’ che non ti vedevo così sconvolta, è esilarante” continua lei con aria saccente. Non le risparmio una gomitata tra le costole.

“Ti prego Raven, mettile una museruola” dico, ancora infastidita.

“Mmh potrebbe essere un oggetto interessante da indossare…” risponde Anya, con molta non-chalance.

“Oh mio… sei incredibile!” quasi urlo. Da quando Anya ha ripreso con questo genere di battute? Le cose tra lei e Raven devono andare davvero bene, non ci sono altre spiegazioni. Entrambe se la ridono di gusto, lasciandomi nel più totale e scomodo imbarazzo. Quando mi volto trovo Clarke che mi osserva curiosa e divertita. Quel suo sorriso è qualcosa di semplicemente stupendo e per l’ennesima volta mi ci perdo.

“Ok ragazzi, questa era l’ultima canzone, adesso…”

“In realtà…ci sarebbe ancora un ultimo pezzo che vorrei fare stasera” interviene Clarke, interrompendo Octavia. Per un attimo cala il silenzio. Sul volto di Octavia si legge chiaramente confusione, ma questo non la ferma dal fare un passo indietro e dare a Clarke il suo spazio per quest’ultima inaspettata esibizione. Il mio corpo si rilassa nuovamente, conscio di ciò che sta per avvenire: Clarke suonerà ancora. Mi raddrizzo per bene sulla panca dove sono seduta, pronta ad ascoltare e ad assorbire ogni suono, ogni singola nota. Clarke si sistema sul suo tronco e tentenna. Ha il capo abbassato e non riesco a vedere il suo volto, ma riesco a percepire l’agitazione. La vedo prendere grossi respiri e scuotere la testa. È un po’ strano. Clarke è sempre stata a suo agio con queste cose, che si tratti di cantare, di suonare, di raccontare storie o improvvisare siparietti esilaranti con chiunque le capiti attorno (di solito Raven). La sua ansia nasconde qualcosa. Non posso fare a meno di preoccuparmi. Ancora qualche secondo e comincia a pizzicare le prime corde. Non conosco questa canzone, non credo di averla mai sentita. Attorno a me c’è il silenzio più totale, sono tutti completamenti assorti. Un suono quasi impercettibile alle mie spalle cattura la mia attenzione per un attimo. Raven si è portata la mano alla bocca e i suoi occhi sono spalancati. Che succede?

“You give me something to talk about                    “Mi dai qualcosa di cui parlare
Something to talk about…”                                    Qualcosa di cui parlare…”

Anya si è voltata verso Raven ed entrambe si scambiano uno sguardo d’intesa. Ma che diamine…

“I know it’s chemical that make me cling to you             “So che è qualcosa di chimico ad aggrapparmi a te
Ooh I need a miracle to get away from you”                   Oh, ci vorrebbe un miracolo per allontanarmi da te”

Le ragazze hanno notato la mia curiosità, ma nessuna delle due parla. Intanto Clarke continua a cantare ed è la cosa più bella che io abbia ma sentito. La musica, la melodia, le parole, tutto. Ma so che c’è qualcosa, e voglio capire cosa sta succedendo.

“Cosa mi nascondete? Raven?” chiedo bisbigliando. Entrambe si scambiano un ultimo sguardo, dopodiché Raven sospira e parla. Non appena le parole escono dalla sua bocca, un’ondata di emozioni mi travolge. Il mio cervello va in tilt per un attimo, e l’unica cosa che sento a ripetizione è quella frase: l’ha scritta lei.

“Ooh, ooh, you give me something to talk about            “Ooh, ooh, tu mi dai qualcosa di cui parlare
Something to talk about                                               Qualcosa di cui parlare
Ooh, u-uh, you give me something to think about           Ooh, u-uh, mi dai qualcosa a cui pensare
That’s not the shit in my head                                       Che non sia il casino che ho in testa
You’re a miracle”                                                          Sei un miracolo”

Ora ha tutto senso. Perfettamente. Ogni singola frase ha appena acquistato un significato talmente profondo da lasciarmi senza parole. Questa canzone l’ha scritta Clarke. Non so quando, non so perché, ma l’ha fatto, e questo ne è il risultato. Quando mi aveva detto di aver smesso di comporre da un po’ di tempo, pensavo che fosse una cosa troppo dolorosa per lei. Eppure eccola qui stasera, con una canzone bellissima, piena di significato e passione, cantata con forza e delicatezza allo stesso tempo. Quelle parole… per un attimo mi perdo nei miei pensieri, in cerca di un ricordo, di qualcosa che mi aiuti a capire perché mi suonano così familiari. Poi la memoria mi colpisce con violenza tutto d’un tratto e mi torna in mente ogni cosa. Ho detto io quelle parole. Clarke ha ricordato una mia frase detta in un momento super imbarazzante e l’ha trasformata in una canzone. Questo vuol dire solo una cosa.

“Transparent hands were at my neck                                  “Mani invisibili erano attorno al mio collo
Oh but I love the way you make me breathe instead            Oh, ma amo il modo in cui invece tu mi fai respirare
Take in your chemicals                                                      Capisco ciò che hai di speciale
You are a miracle                                                              Sei un miracolo
And I’m not spiritual, but please stay                                   E non sono un tipo spirituale, ma ti prego resta
‘Cause you’re a glimpse of bliss                                          Perché sei un assaggio di felicità
A little taste of heaven”                                                      Un piccolo assaggio di paradiso”

Questa canzone è per me. Senza nemmeno accorgermene ho cominciato a piangere. Non capisco come possa essere successo, non è da me. Sento solo scorrere una singola lacrima giù per le guance che ormai vanno a fuoco da diversi minuti. In quelle parole sento tutto il dolore di Clarke, la sua voglia di combattere, di non voler soltanto sopravvivere, ma vivere.

“I know you’re gone now, but I still wait for you”     “So che non ci sei più, ma io continuo ad aspettarti”

Questa canzone è per me. Ed è insieme un grido di speranza e una canzone di commiato. Dobbiamo tornare alle nostre vite, ma niente ci impedisce di viverle insieme.

Note:
Eccoci di nuovo qui, con i buoni propositi che sono andati a farsi benedire lol Mi scuso infinitamente con tutti quelli che si aspettavano un aggiornamento molto più celere, ma con l'università non puoi mai sapere quanto tempo puoi permetterti, e a forza di rimandare si arriva a dover aspettare mesi. Non posso promettervi nulla riguardo al prossimo aggiornamento, dato che tra qualche mese dovrei laurearmi e sono piena di impegni praticamente ogni giorno, so please have mercy.
Questo capitolo, come si può notare, è più lungo del solito, e spero non risulti un peso. Questa scelta è dovuta al fatto che siamo ormai alla fine di questa storia e mi sembrava giusto chiudere con qualcosa di più sostanzioso. Ebbene sì, questo è ufficialmente l'ultimo capitolo, ma tranquilli, come avrete potuto già capire, non è ancora la fine definitiva: ho intenzione di concludere il tutto con un epilogo. Quindi non disperate, non ancora ;)
Ma veniamo alla parte musicale: il primo brano che Clarke esegue è "Never Going Back Again" dei Fleetwood Mac (https://www.youtube.com/watch?v=sKj1EFeU-cM), che è stata anche riproposta nella seconda stagione di Glee, canatata da Artie (https://www.youtube.com/watch?v=uTcyg5Dz06c), scegliete la versione che preferite, io personalmente sono più affezionata alla cover, ma è sempre bene sapere le origini di certe canzoni :) per quanto riguarda il pezzo "originale" che Clarke canta per Lexa mi sono ispirata ad una canzone che trovo stupenda, che come avete potuto constatare ha un testo molto significativo e pieno di sentimento, e si intitola "St. Partick", dei PVRIS (https://www.youtube.com/watch?v=MeVhQ69qyhY), band di cui ho già proposto altri brani all'interno dei capitoli precedenti e che ha anche ispirato il titolo. La versione che vi propongo è quella acustica, perché la trovo molto più adatta a come immagino Clarke esprimere i suoi sentimenti, ma potete anche ascoltare quella originale, se vi piace la potenza del rock (https://www.youtube.com/watch?v=j2SWk859CEU).
Piccolo accorgimento, da grande Sanvers shipper non potevo fare a meno di citare qualcosa che ne avesse a che fare, infatti il nome del cane di Nyko è Danvers (ovviamente riferito ad Alex Danvers in Supergirl). Come è già successo in precedenza per la citazione sulle WayHaught, mi faceva piacere inserire qualcos'altro che mi appassiona, in questa specie di breve crossover lol
Detto ciò, ringrazio tutti per la pazienza e per la fedeltà a questa storia, spero non vi deluda fino all'ultimo.
Alla prossima, Love you all <3
   
 
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