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Autore: Sophja99    06/03/2017    5 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo ventitre

Viaggio


«Insomma, non sarà una visita piacevole, giusto?» domandò Silye, mentre radunava tutto il cibo che avevano comprato il giorno prima e lo racchiudeva in un panno, legando i due lembi alle estremità e creando un fagotto.

«Affatto, ma non abbiamo altra scelta» rispose Vidar, anche lui affaccendato a preparare le scorte e sellare Sleipnir.

«C'è sempre una scelta: non che tu me ne abbia lasciate molte ultimamente, però» affermò l'altra, stizzita, poco prima di volgere lo sguardo verso il dio. «Andremo a cavallo?»

«Non c'è altro mezzo per raggiungere l'Hel, o almeno da vivi. Infatti, solitamente solo i morti possono arrivarvi, subito dopo aver terminato la loro vita sulla terra. Oltretutto, si trova nell'entroterra e non è raggiungibile a piedi.»

«Se non possiamo arrivarci a piedi, perché, invece, possiamo a cavallo? Non capisco...»

«Certe volte ti comporti da vera idiota» esclamò Vidar, guadagnandosi un'occhiata di fuoco da parte della ladra. «A piedi o a cavallo non cambia nulla: ciò che varia è il tipo di destriero. Potremo arrivarci grazie a Sleipnir e alle sue rune.»

«Se magari ti fossi subito spiegato meglio, non ci sarebbe stato alcun bisogno per me di farti delle domande, idiota

«Non ti consiglio di insultare un dio» affermò Vidar, con un tono che avrebbe dovuto spaventare Silye, ma che la fece solo ridere.

«Perché? Altrimenti cosa mi fai? Sai bene che sono troppo preziosa per te e dovrò servirti nel caso Nidhöggr non si trovi da Hel» disse lei, guardandolo con fare altezzoso per mostrargli che non era affatto intimorita da lui. «E, fino a prova contraria, io sono una völva e nemmeno a te conviene insultarmi.»

«E tu vorresti spaventarmi in questo modo? Vediamo un po': cosa mi farai? Mi farai crescere un fiore in testa?» la derise lui, poco prima di uscire dalla casa. «Che paura!»

Silye sbuffò, guardandolo male, mentre richiudeva la porta dietro di sé. Almeno le aveva lasciato qualche minuto da passare con Úlfur, prima della separazione. Le faceva male il pensiero di doverlo lasciare andare, perché in tutti quegli anni il cane era stato il suo unico compagno e amico. La sua presenza era stata fondamentale e aveva reso la permanenza nel solitario bosco di Hoddmímir più vivibile. Le si strinse il cuore a guardare il muso del cane, ignaro che di lì in poi non avrebbe più rivisto Silye, o comunque non prima di un tempo indeterminato. Lei sperava con tutto il cuore che, una volta conclusa quella storia, sarebbe potuta tornare a casa sua per riprendere la sua normale vita con Úlfur, ma in quel momento, - doveva dare ragione a Vidar -, il cane non sarebbe stato altro che un impiccio nel viaggio verso l'Helheimr. Sarebbe stato impensabile portarlo con loro, dati i pericoli che avrebbero dovuto affrontare, e Silye si sarebbe sentita più sicura a saperlo nella foresta, dove il cane sapeva destreggiarsi e avrebbe certamente trovato un modo per sopravvivere.

Lasciò un po' di cibo accanto al loro giaciglio e abbracciò stretto a sé Úlfur, che le leccò la guancia e la faccia. «Ci vediamo presto» mormorò. “O almeno spero” aggiunse nella sua mente.

A malincuore uscì dalla casa con in mano la scorta di cibo, che andò a deporre nella sacca collegata alla sella di Sleipnir. Vidar si stava ancora assicurando che le cinghie fossero ben strette, quando Silye venne attratta da un lungo bastone, ricoperto da un panno che sbucava dalla bisaccia opposta a quella in cui lei aveva riposto i viveri. Afferrò l'asta in legno, ma come vi mise mano, venne scossa da una fulminea visione.

Era solo un immagine, che si stagliò nella sua mente come un fulmine, e con la stessa rapidità scomparve, ma non prima che lei ebbe il tempo di osservarne i dettagli.

Un uomo possente e dai muscoli ben visibili da sotto l'armatura e il mantello che lo coprivano, sedeva su un cavallo ad otto zampe, che lo portava a trotto in quella che pareva essere una foresta. Odino. Lo riconobbe immediatamente, dopo le innumerevoli volte che le era capitato di vederlo nelle visioni; ma stavolta identificò anche Sleipnir, il formidabile destriero che ora era divenuto di Vidar. Il particolare che più attrasse l'attenzione di Silye fu la lancia che teneva in mano; questa aveva una lunga asta, la stessa che aveva visto spuntare dalla bisaccia, che culminava su una grande lama appuntita. All'apparenza dava l'impressione di essere un'arma molto semplice, nulla di epico o potente, ma in mano a Odino incuteva un senso di paura e rispetto.

Come Silye si riprese, lasciò andare il bastone, che aveva scoperto essere una lancia. Riposizionò bene il panno in modo che non si vedesse più nulla della lancia, lanciò poi un'occhiata a Vidar da sopra Sleipnir e si accorse che la stava guardando. Aveva finito di legare la sella ed ora la osservava con la testa leggermente piegata, come faceva sempre quando studiava i suoi movimenti e cercava di comprendere qualcosa. “Avrà forse capito che ho appena avuto una visione?” si chiese, sebbene lo credesse improbabile, poiché solitamente gli altri non si accorgevano di quando lei ne aveva corta e leggera come era stata quella e Vidar, nonostante avesse sicuramente captato qualcosa, probabilmente non se ne era accorto.

«Tutto a posto?» domandò e lei annuì in risposta. “Sì, eccetto il fatto che ho appena visto tuo padre” pensò.

Abbassò di nuovo la testa. Sapeva che lei non c'entrava nulla nella storia e nel passato di Vidar, ma la curiosità di vedere dal vivo la lancia di cui aveva appena vuto la visione era troppo forte. Tirò fuori dalla bisaccia la lunga lancia, scostando di nuovo il panno e rivelando la punta prima coperta e cammuffata in modo da far apparire l'arma come un semplice bastone. È una delle poche cose che mi rimangono di lui, insieme alla sua lancia, Gungnir. Queste erano state le parole di Vidar, quando le aveva parlato di Sleipnir. Aveva fatto solo un lieve accenno alla lancia, ma, trovandola e vedendola, Silye lo aveva subito rammentato. «La lancia Gungnir» mormorò, passando la mano lungo il legno saggiamente intagliato e prodotto. «Era di tuo padre.»

Vidar le venne accanto e ammutolì quando la vide con in mano la lancia di Odino. «Sì» sussurrò, improvvisamente con la voce un poco roca. Tossì per schiarirsela e continuò: «L'ho presa poco dopo la sua morte e con essa l'ho vendicata uccidendo il lupo Fenrir.»

Silye se la rigirò tra le mani, saggiandone la consistenza e la facilità di movimento grazie alla leggerezza dell'arma, prima di riconsegnarla al legittimo proprietario. «Tieni.»

Lui la prese e rimase per qualche secondo ad osservarla, come in trance. Silye avrebbe voluto lasciargli qualche minuto per riflettere, perché evidentemente a quella lancia erano connessi avvenimenti molto sofferti di cui non aveva alcuna intenzione di parlare, ma quello non era il momento adatto. “Ognuno di noi deve combattere con i propri demoni interiori, ma ora abbiamo cose più impellenti di cui occuparci.”

«Ehm, avrei un problemino con... il cavallo.»

Vidar si riscosse e, dopo aver nuovamente riposto la lancia nella bisaccia, in modo tale che non desse fastidio ai loro piedi, domandò: «Di che tipo?»

«Non ci sono mai salita.»

«Mai salita su un cavallo?» rincarò Vidar, che pian piano iniziava a riacquistare la vitalità e l'ironia ormai tipiche del suo carattere.

«Se te l'ho detto significa di no, altrimenti non mi sarei posta il problema. Che dici?» esclamò Silye, infastidita e imbarazzata per avergli mostrato una delle sue debolezze.

«Beh, il salire non è difficile» disse Vidar, posizionandosi accanto a Sleipnir e facendole spazio. «Lo è il rimanerci.»

Silye lo guardò male, ma la sua espressione ebbe l'effetto contrario, poiché Vidar scoppiò in una breve risata, prima di riprendersi e iniziare a darle le direttive sul come salire a cavallo. «Devi poggiare il piede destro sulla staffa. Quindi, ti spingi verso l'alto e alzi l'altra gamba per sederti sulla sella. Semplice, no?»

«Come rubare a un bambino» sibilò Silye, mentre tentava di fare come aveva detto Vidar e spiccarsi su. Il dio fece per aiutarla appoggiandole una mano sulla gamba e l'altra sulla schiena, ma, come sentì Vidar toccarla, sebbene lo stesse facendo per aiutarla, istintivamente si girò ad intimargli di smetterla. «Toglimi le mani di dosso. Faccio da sola.»

«Va bene, va bene» affermò Vidar, alzandole e allontanandosi, rimanendole comunque abbastanza vicino in modo da riuscire ad afferrarla in tempo nel caso scivolasse e cadesse a terra.

Silye alla fine, non con poca difficoltà, riuscì a mettersi seduta sulla sella e tirò un sospiro di sollievo quando finalmente si accomodò su Sleipnir.

«Tirati indietro» disse poi Vidar. «Devo salire anch'io.»

«Ma come? C'entriamo in due?»

«Naturalmente. Come ogni cavallo normale, Sleipnir è in grado di portare tranquillamente due persone insieme.» Vidar salì nello stesso modo in cui aveva fatto poco prima la ladra e si sedette poco davanti a lei. «Pronta?»

«A dire il vero, no.»

Silye poté percepire Vidar sorridere, sebbene lui non la stesse guardando. «Tieniti forte.»

«E dove?»

«A me, ovviamente.»

«Non ci penso neanche» ribatté Silye, incrociando le braccia.

«Allora vale a dire che cadrai e non potrai reggerti a niente.»

«Bene» pronunciò e subito dopo Vidar tirò le redini e serrò i polpacci, facendo partire improvvisamente Sleipnir. Per la rapidità con cui il cavallo si mosse, Silye venne sballottata indietro e sarebbe certamente caduta se non si fosse aggrappata al mantello di Vidar. Si avvicinò a lui per paura di essere sbalzata a terra, ma, quando si rese conto di quanto si trovasse vicino al suo collo, si allontanò leggermente.

Non le piacevano quei contatti fisici, anche se occasionali e spesso innocenti, come quello che c'era stato mentre saliva su Sleipnir; sebbene a separarli ci fossero strati di indumenti anche molto pesanti, quando lui la toccava, si sentiva nuda e indifesa: fragile. E lei odiava sentirsi così, a maggior ragione nei confronti di un individuo come Vidar.

«Vedo che ti sei decisa a reggerti a me» disse il dio, girandosi leggermente in modo che Silye potesse vedere metà del suo viso.

La ragazza evitò di rispondere perché sapeva che, se avesse aperto bocca, da essa non sarebbe uscito altro che parolacce e imprecazioni.

«Preparati» esclamò Vidar, mentre il cavallo passava dal trotto alla corsa, per quanto gli alberi riuscissero a permettergli. «Si parte.»

Sleipnir aumentò talmente il passo che il vento fece calare il cappuccio del mantello di Silye, scoprendo i capelli rossi, che si alzavano e riabbassavano a seconda dell'andamento del cavallo.

Improvvisamente gli alberi si fecero offuscati e evanescenti, fin quasi a scomparire, mentre davanti a loro compariva un grande vortice azzurro, verso il quale si stavano dirigendo rapidamente. D'istinto Silye si fece più vicina a Vidar e si strinse a lui, come temendo cosa stava accadendo e dove li avrebbe portati quel vortice dai riflessi celesti e bianchi.

Sleipnir vi passò attraverso e la ladra venne attraversata da una sensazione di stordimento. Sentiva la testa e lo stomaco in subbuglio, come dopo una lunga corsa, che le lasciava ogni singolo muscolo del corpo fiaccato. Il bianco e l'azzurro del vortice sparirono improvvisamente e si ritrovò nello stesso luogo buio e tetro della visione di quella mattina. Quando si girò per guardare il turbine che li aveva portati fin là, non vide nulla, se non il paesaggio nero che li circondava e che già ricordava dalla visione. L'Helheimr.

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Angolo dell'autrice:

Ed ecco a voi l'Helheimr! Nel prossimo capitolo incontrerete da vicino la dea degli Inferi, ma ancora non posso rivelarvi se sarà un incontro piacevole o meno.

Inoltre, devo avvertirvi che non so se la prossima settimana riuscirò a pubblicare con regolarità (tendo ad aggiornare ogni settimana, a volte la domenica, altre il lunedì, ma ovviamente ciò varia dalle possibilità che ho di farlo), perché sarò occupatissima a causa della scuola (me sventurata!). Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto e ci tengo a conoscere le vostre impressioni e a ringraziarvi!

Sophja99

   
 
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