Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Arydubhe    17/03/2017    4 recensioni
Levi non ha mai visto nulla più che una collega in Hanji, un individuo troppo singolare per poter rappresentare per lui alcunchè di più. Un tramonto, un titano e un aggettivo di troppo faranno sì che questa certezza crolli nella mente del Caporale.
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Dal testo:
“Giuro che credevo di averne viste di relazioni strambe in 40 anni della mia vita; ma due piccioncini che si scambiano titani come pegno d’amore …be’ credo che solo voi due potevate esserne capaci!”
Levi si girò a fulminare il proprietario di quella voce che conosceva benissimo. Erwin lo aveva raggiunto alle spalle, un ghigno sghembo sul viso, tipico di chi crede di saperla lunga.
“Deve farti ancora male la testa. Io le ho solo portato un titano. Fine. Non è successo altro” si limitò a replicare Levi indicando le bende che ancora avvolgevano la ferita sulla nuca di Erwin. Non aveva intenzione di cogliere le provocazioni dell’amico.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2: LA PROMESSA

 

Era successo qualche settimana prima.

Il sole stava tramontando.

Era stata una giornata tranquilla per la media di un soldato di Wall Rose. Specie per uno come Levi, che era Caporale, non una recluta qualunque. In genere succedeva sempre qualcosa, se appartenevi agli alti ranghi. La gente sembrava quasi divertirsi a creare problemi solo per il gusto di venirti cercare, tediare, disturbare. E dovevi essere pronto a qualunque tipo di problema.

Quel giorno no.

Qualche scartoffia, qualche ora di allenamento col ragazzo-titano – più che altro qualche ora passata a ridergli addosso, maltrattarlo e insultarlo, una vera goduria. Incombenze poche e tranquille. Nessun incidente, nessuna preoccupazione.

Non sapeva chi ringraziare per quella specie di benedizione ricevuta.

Mentre si dirigeva ai suoi alloggi attraversando la piazza d’arme, gustava quasi con gioia anche la magra cena che lo attendeva al refettorio; una giornata così piacevole era sufficiente per fargli sembrare tollerabile, persino godibile, l’intruglio che come ogni giovedì sera li attendeva fumando e gorgogliando bollicine -e perché ci fossero quelle bolle era un mistero che si era da tempo ripromesso di non indagare mai;  aveva fatto promettere anche ad Hanji che non avrebbe mai provato a soddisfare quella curiosità- o perlomeno era riuscito a farle giurare che se ci avesse provato, non avrebbe comunque mai messo lui al corrente delle proprie scoperte…

Neanche a farlo apposta, proprio in quel momento, l’aveva vista, Hanji, sul campanile della torre di avvistamento. Guardava fuori dalla finestra, un sorriso sghembo stampato in faccia, lo sguardo trasognato

Tanto per cambiare...

Ma c’era qualcosa di strano…

Aveva i capelli sciolti, una vista che lì per lì aveva lasciato Levi interdetto e stupito. Non credeva di aver mai compreso che i suoi capelli, perennemente tenuti su da una coda di cavallo alta, fossero così lunghi.

Ci aveva messo un attimo a riconoscerla, conciata così.

HANJI?

Aveva stretto gli occhi per aguzzare la vista. Era davvero Hanji. Non aveva neppure gli occhiali…né il marchingegno per la manovra 3D o la divisa…ma era senza dubbio lei

Aveva persino addosso un vestito bianco, piuttosto vaporoso -cosa ci faceva Hanji con addosso quella roba?

E ora si stava sporgendo dalla cima della torre d’avvistamento, simmetricamente appoggiata ai montanti della finestra, in piedi sul ballatoio.

Levi rimase impalato in mezzo alla piazza, continuando a guardarla, interdetto.

Il vestito fluttuava all’aria, segnandole la corporatura snella e facendola apparire ancora più magra e slanciata del solito

Gli sembrava così diversa

Poi fu preso dal panico.

Hanji dondolava. Giocava a lasciare i bordi della finestra, avanzando un pelo nel vuoto a penzoloni e poi li afferrava di nuovo.

Sembrava in procinto di cadere da un momento all’altro.

Che diavolo voleva fare quella, morire schiantata al suolo?

Levi sentì la rabbia montare. Che Hanji fosse pazza, lo sapeva, ma che avesse istinti suicidi…no, a pensarci bene, anche quello lo sapeva. Sennò non si sarebbe spiegata l’incoscienza con la quale si ostinava a mettere a rischio la propria vita coi suoi dannati esperimenti coi titani.

Probabilmente, questa volta, le era semplicemente dato di volta il cervello una volta per tutte.

Deficiente.

Senza che neanche se ne fosse accorto, Levi stava già salendo le scale. Guadagnava la cima della torre a grandi falcate, in testa il solo pensiero di fare presto, prima che fosse troppo tardi.

Incosciente.

Quella mentecatta non aveva trovato di meglio da fare che giocare con la morte?

Troppa grazia per quella giornata, evidentemente…

“La prossima volta che penso a quanto è stata tranquilla la giornata appena passata, voglio che qualcuno mi prenda a sassate” aveva pensato. Ma aveva urlato altro:

“Hanji!”

Si pentì subito di aver parlato.

Arrivandole alle spalle, per un attimo, Levi temette di avere accelerato la morte di quella stupida donna, prendendola alla sprovvista e urlandone il nome senza alcun preavviso. La vide sobbalzare un secondo e lasciare gli stipiti fuori tempo, un passo vacillante nel vuoto; ma quella fortunatamente non era abbastanza sbilanciata in avanti da perdere l’equilibrio e volare di sotto davvero…perlomeno non lo era abbastanza lei, che poteva vantare riflessi ottimi.

Senza emettere un suono, senza neppure scomporsi troppo, Hanji si limitò infatti a riguadagnare una posizione stabile sul ballatoio e si rivolse verso di lui, uno sfarfallio della veste bianca attorno alle caviglie e i capelli ondeggianti al vento. Lo accolse con un grande sorriso.

“Che ci fai qui, Levi? Mi hai quasi spaventata” chiese quella, il tono sbarazzino, l’accento volutamente puntato sul “quasi” strascicato, come se fosse la cosa più naturale del mondo farsi beccare mentre si era appena fatta una enorme cazzata come quella di giocare a vedere chi vinceva tra la gravità e la propria destrezza.

“Spaventata, tu? Mi è preso un colpo quando ti ho vista dalla piazzola d’armi! – la rimproverò lui adirato; stava cercando di farlo passare dalla parte del torto? – Sono salito a vedere cosa diavolo stavi combinando! Si può sapere cosa ci fai, qui, piuttosto?! Vuoi morire buttandoti di sotto?”

“No, pensavo. Ti sei mai chiesto come sarebbe volare?”

La confessione lasciò Levi spiazzato.

Eh?

“Se ancora non te ne sei accorta, genio, schizzare da un tetto all’altro a mezz’aria con il 3D manouvre gear è già abbastanza simile al volare…”

“Sì ma tecnicamente non lo è – rispose quella scuotendo la testa in tono pratico e allargando le braccia come se fossero ali-  Immagina: essere liberi, poter volare nel cielo, lontano, fino al mare. Senza titani che ti inseguono, che ti vogliono mangiare…sarebbe bello.”

Da dove le veniva fuori quella roba?

Levi non sapeva se la cosa più strana fosse sentire lei parlare così…o sentire lei parlare così dopo aver appena captato qualche ora prima un discorso simile da Armin -sì, anche lui e la spasimante dello Jeager erano presenti all’allenamento del ragazzo-titano.

Chi era quella? E che ne aveva fatto di Hanji?

Forse semplicemente Hanji era bipolare e se ne era accorto solo ora. In effetti senza occhiali, con i capelli slegati che le si appiccicavano indisciplinati al viso e la lunga camiciola fin troppo trasparente che le frusciava addosso Hanji sembrava un’altra persona…forse era anche colpa del tramonto che la illuminava circondandola di un’aura dorata…

 Che diavolo stava succedendo alla gente quel giorno?

“Tu che vorresti evitare i titani? Questa mi suona nuova…”

Levi non aveva trovato di meglio da dire. Suonava scortese, e lo sapeva, ma per lui era già una seccatura pensare di aver fatto tutti quei gradini senza motivo, un po’ doveva prendersela con lei.

Per tutta risposta Hanji lasciò cadere le braccia penzoloni lungo i propri fianchi.

“Hai ragione. Sai cosa ti dico? Forse alla lunga sarebbe pure un po’ noioso. Sembra assurdo ma…Sono felice di essere nata in quest’epoca.”

Levi si trattenne dal tirare un sospiro di sollievo.

“Ecco, adesso ti riconosco… questa è una frase che solo tu potresti pronunciare”

“Tranquillo, sono sempre io, sana di mente come al solito!”

Fuori come un balcone al solito, vorrai dire…” la corresse lui.

“Sono punti di vista…! - rimbrottò fingendosi offesa - Non volevo farti spaventare.”

Non erano propriamente scuse, ma sapere di averla fatta sentire in colpa era sufficiente per Levi per sentirsi soddisfatto, ripagato di quello spavento gratuito. Rimasero in silenzio un po’; poi, considerando troppo imbarazzante che l’unico suono che si sentisse fosse quello del vento…

“Secondo te i titani sanno nuotare?” chiese Hanji guardando il Caporale davanti a lei. La voce limpida, la curiosità palpabile, ma anche una nota seriosa.

Levi riconobbe immediatamente il cipiglio che la donna assumeva quando le rotelle del suo cervello si mettevano in funzione. Non era una domanda fatta tanto per…solo per spezzare la tensione. Hanji voleva davvero una risposta.

“Perché? “

“Pensavo che si potrebbero fare dei fossati piuttosto alti con pareti sollevabili attorno alle mura da riempire d’acqua per creare una sorta di piscina entro la quale fare affogare i titani…d’acqua o altra roba che li faccia morire male…” si era nuovamente appoggiata al ripiano della torre, stavolta limitandosi a posare sulla roccia i gomiti, puntellandosi. Gesticolava, mentre descriveva il suo piano.

“Una trappola…- mormorò Levi pensieroso, riflettendo sul piano proposto dalla collega -Ingegnoso, neanche troppo complesso e di veloce realizzazione. Per i 2-3 metri potrebbe funzionare”

“Vero? – aveva esclamato con entusiasmo, poi però il tono di Hanji aveva assunto una nota avvilita -Solo che non so se sanno nuotare o no. E quanto ci mettono a morire per asfissia…” Aveva alzato le mani al cielo in un’espressione di puro sconforto.

Levi non era certo di capire: “Be’ puoi sempre scoprirlo con i tuoi ulteriori esperimenti, no?”

Levi non sapeva di aver appena toccato un tasto volente. Per la precisione IL tasto dolente che le stava facendo fare pensieri più strani del solito.

Quando parlò, la voce di Hanji era un ringhio. “Sì, appena avrò un titano sottomano! Sono mesi che non mi capita di poter portare avanti un esperimento. Uccidere i titani è diventato facile…ma averli sottomano vivi...Il numero degli esperimenti utili che si possono fare con un titano morto sono diventati pochi. Mentre coi titani vivi…Ah - aveva appoggiato il viso scoraggiato tra le mani – ho un quaderno pieno di cose da testare, dubbi da fugare e piani che, se certe mie domande trovassero risposta, potrebbero rivelarsi vitali per la sopravvivenza di Wall Rose…magari addirittura per la ripresa di Wall Maria! E invece…sono bloccata.” Si stava mordendo il labbro. C’era tantissima frustrazione nelle sue parole, la sua voce più alta di un tono -che era già normalmente alto. Hanji era normalmente euforica, pure per cose per cui non avrebbe dovuto. Era così strano vederla…demoralizzata.

“Solo che…cosa posso fare? – aveva ripreso a dire mesta-  Non basta schioccare le dita per avere un titano…né posso chiedere alla gente “Ehi, qualcuno? Posso avere un titano vivo? Possibilmente di tot metri? Grazie! Se me ne procurate due non è che mi lamento, eh…” – normalmente sarebbe stato buffo vederla farsi il verso da sola-  Non sto mandando la gente a fare la spesa…E DA SOLA NON MI LASCIANO ANDARE! NE’ HO IL PERMESSO DI ISTITUIRE UNA SQUADRA SPECIALE PER LO SCOPO!” Hanji tirò un calcio al muro per tentare di fugare un po’ di frustrazione, ma tutto quelle che ottenne fu farsi parecchio male.

Levi la guardò stringersi il piede e imprecare. Se non avesse avuto addosso gli stivali -almeno quelli erano i soliti- probabilmente Hanji avrebbe avuto qualche dito rotto, a quel punto.

Levi non sapeva sinceramente cosa dire. Purtroppo, quello che diceva aveva senso.

“Hanji, per quanto tu sia un prodigio appena sotto il mio livello…non puoi onestamente pensare di poter fare da sola una roba del genere…è troppo pericoloso…”

“Lo so! Ed è questo il problema! - c’era delusione e rabbia nelle sue parole - Non è colpa mia, non è colpa di nessuno se non si può fare…o meglio, è colpa di quegli imbecilli che non mi danno il permesso di organizzare una spedizione SERIA! Ma che ci posso fare? Loro sono quelli alti in grado, non io. Io obbedisco. E capisco anche il loro punto di vista…Di conseguenza non posso neppure prendermela seriamente con qualcuno o qualcosa se non posso svolgere come si deve il mio dovere. Posso solo lavorare sulla teoria e attendere - si concesse un sospiro amareggiato-il problema è: per quanto ancora?”

La vide stringere i pugni con forza, fino a far sbiancare le nocche. Per un attimo Levi temette che la donna si fosse risolta a usare lui come punching-ball per sfogarsi – di sicuro tirare un pugno a lui le avrebbe fatto meno male che continuare a prendersela col muro. Ma quella che arrivò sulla spalla del Caporale fu solo una pacca complice – Troverò un modo; non sono il tipo da darmi per vinta, io. Scusa lo sfogo… e grazie, Levi. Sei l’unico che ha la pazienza di sentirmi descrivere i miei progetti, prima di vedermeli realizzati.”

Sembrava sbollita tutto d’un tratto. O forse si era ammutolita, realizzando di essere troppo turbata perché fosse prudente per lei continuare a parlare – e urlare.

Ripiombò il silenzio tra di loro. Hanji si accoccolò definitivamente alla finestra del campanile, stavolta in una posa più consona, perdendosi con lo sguardo all’orizzonte.

Levi rimase a guardare la donna davanti a lui.

Gli sembrava di vedere solo ora quale peso Hanji portava sulle spalle, di che responsabilità si sentisse investita. Capiva perfettamente le sue ragioni. Non sapeva bene per quale motivo, ma si sentiva anzi pieno di ammirazione nei suoi confronti.

Hanji non stava mollando. Le sue parole potevano suonare piene di demotivazione e rassegnazione. Ma Levi vedeva un luccichio determinato nei suoi profondi occhi color cioccolato.

Anche quello che a prima vista poteva sembrare un attacco isterico, uno sclero da invasata…era un comprensibilissimo momento che la donna si stava prendendo per rivedere le carte che aveva a disposizione. Permessi, poteri, mezzi, idee. Hanji non si stava lamentando col mondo della sua scontentezza e basta. Stava ragionando sul dato di fatto e, certo, maledicendo la sfortuna, si stava impegnando il triplo in attesa che arrivasse per lei il momento di entrare di nuovo in azione. Di essere utile come solo lei sapeva di poter fare e sentiva di dover fare.

Neanche lui poteva esattamente sapere dove si stesse perdendo coi suoi pensieri. Ma nella sua mente la vedeva volteggiare tra i titani come le aveva visto fare mille volte con il 3DMG, parlando con loro, come nessuno mai osava fare come primo approccio, rivolgendogli domande, scusandosi prima di ucciderli, ma senza esitazione alcuna nello sferrare il colpo decisivo quando ce n’era bisogno; nessuno sapeva sgusciare tra le loro dita meglio di lei, che, avendone studiato l’anatomia e il comportamento, sapeva prevederne ogni singolo movimento. Nessuno poteva dire di essere arrivato così tante volte a un passo dalla morte, troppo vicina alle loro mascelle, ai loro denti, alle loro mani e ai loro piedi ed essere però sempre sopravvissuta. Certo Hanji era fortunata -dannatamente fortunata- ma c’era dell’altro. Hanji era fottutamente brava. La danza letale delle spade di Hanji aveva un che di straordinario, condita com’era da uno sprezzo del pericolo e una curiosità sperimentale che non aveva paragoni ancorché eguali. Vederla combattere faceva davvero impressione e anche gli esemplari da lei abbattuti non erano pochi, a livello numerico. E soprattutto tendenzialmente li aveva sempre abbattuti in solitaria. Da questo punto di vista, Hanji sembrava davvero una persona fenomenale.

Suo malgrado però Levi doveva darle ragione: ammazzare titani era facile una volta che ci prendevi la mano – non che diventare veterani fosse facile; ma catturarli vivi era tutta un’altra storia, anche se l’umanità, miracolosamente, ci era già riuscita alcune volte in passato. Ma era stato per puro caso. Non erano mai partiti con l’idea di imprigionarne uno…era semplicemente capitato e quando ciò era successo ne avevano approfittato. Le perdite che erano state necessarie per l’ultima cattura, qualche mese prima, erano state però ingenti – troppo, si era giudicato - e da quel momento i piani alti erano stati costretti a mettere un freno all’ansia di ricerca del capitano Hanji. Il Caporale era stato tra i pochi che si erano opposti a questa decisione; ma né lui né Erwin, quella volta, avevano potuto fare niente. Non erano valse a niente neanche le suppliche di Hanji, che aveva cercato in ogni modo di convincerli che stendere un piano avrebbe potuto evitare che accadessero simili incidenti, che se la gente moriva era perché in genere si decideva all’ultimo di imprigionarne uno senza ucciderlo. Gli alti quadri però avevano definitivamente deciso che nuove catture semplicemente non sarebbero state autorizzate.

Levi ricordava con chiarezza ogni momento di quella dolorosa riunione, avvenuta appena qualche giorno prima. E onestamente credeva che Hanji avesse preso meglio la notizia. Era uscita dalla stanza del quartiere generale con pacatezza, limitandosi a un comprensibile “’Fanculo” seguito da una scollata di spalle e un laconico “Pazienza”. Aveva fatto del suo meglio per non sbattere nemmeno la porta. Per questo né lui né Erwin non si erano preoccupati troppo. Avevano già visto Hanji arrabbiata e una Hanji incazzata era una creatura bestiale capace veramente di fartela fare addosso. Quella porta, se avesse voluto, avrebbe potuto disintegrarla. Ma evidentemente Hanji si era semplicemente costretta a mantenere un contegno. Per non dare loro soddisfazione. Per fargli credere di poterle tarpare le ali, così, semplicemente. Per tutto quel tempo invece Hanji aveva fatto del suo meglio per non dare a vedere a nessuno quanto avrebbe volentieri strozzati tutti i generali…e aveva passato il resto dei giorni seguenti fino ad ora a rimuginare sul da farsi.

Realizzare che Hanji aveva deciso di confidarsi con lui aveva lasciato perciò addosso a Levi una strana sensazione. Era una prova di fiducia importante, di cui il Caporale si sentì improvvisamente grato. Fino a cinque minuti prima avrebbe voluto strozzare la quattrocchi -forse forse addirittura l’avrebbe buttata lui, di sotto, per averlo fatto preoccupare…ma poter condividere con lei qualcosa era una sensazione nuova e, per quanto il turbamento di Hanji fosse un problema effettivo -cosa che in parte, in effetti, giustificava il fatto che lui avesse dovuto salire di corsa 150 gradini-, gli aveva riempito il cuore. Glielo aveva anche appesantito in realtà, ma condivideva volentieri con lei quel peso che, per così tanto tempo, aveva sopportato da sola.

Vedeva in lei una fragilità e al contempo una forza del tutto nuove.

 

Guardò le spalle di Hanji alzarsi e abbassarsi al ritmo del suo respiro, ogni tanto turbato da un sospiro. Gli sembrava tuttavia che un abbozzo di sorriso disteso le si fosse dipinto in volto. Evidentemente neanche lei ce l’aveva più fatta a tenersi tutto dentro. Parlare con lui doveva averle davvero fatto bene e tanto bastava a Levi per sentirsi orgoglioso.

Levi desiderava davvero poterla aiutare in qualche modo, sollevare ancora un po’ quel peso dalle sue spalle. Se lo meritava, dopotutto. Doveva pur esserci qualcosa che poteva fare per lei. Qualcosa di più concreto di snocciolare due parole di conforto -e non era bravo a confortare la gente -o darle un abbraccio – e lui non abbracciava nessuno, che gli saltava in testa?

La osservò ancora un attimo in quella posa concentrata, le sopracciglia leggermente aggrottate, gli occhi socchiusi -da quando aveva ciglia così lunghe? - mentre giochicchiava soprappensiero con le ciocche dei suoi capelli castani -come mai non aveva realizzato prima che i suoi occhi avevano esattamente lo stesso colore dei suoi capelli?

Forse era colpa degli ultimi raggi del sole che moriva all’orizzonte, che irradiava tutto di una luce strana, creando un’aura soffusa tutt’attorno alla sua figura…quasi fosse una di quelle Muse ispiratrici di cui un giorno aveva letto su un libro.

E all’improvviso Levi ebbe un’illuminazione: effettivamente c’era qualcosa che poteva fare.

Fu perciò sicuramente colpa del tramonto se di lì a qualche secondo, di punto in bianco, Levi si trovò a dire: “Te ne porterò uno”

“Eh?” Aveva chiesto Hanji senza capire, spostando appena il mento dalla mano che gli faceva da sostegno.

“Ti porterò un titano. Ti serve per lavorare e noi abbiamo bisogno che tu ci porti risultati”

Hanji lo guardò con gli occhi sgranati.

“Levi, non puoi. Te l’ho detto. Non ti daranno mai il permesso…”

“Non credo di aver mai detto di voler chiedere il permesso. Ho intenzione di farlo e basta.”

Hanji lo guardava allibita. Stava dicendo sul serio? Poi pensò che quello era Levi, quindi non poteva che parlare sul serio.

“Se non ricordo male quegli idioti del consiglio hanno detto testuali parole: “Non ci opporremo all’attuazione di esperimenti qualora capitasse di imprigionarne uno.” Pertanto, direi che non resta che farlo, diciamo…capitare. Sono un caposquadra, del resto, ergo decido io cosa far fare ai miei uomini.”

“Ma è troppo rischioso…!”

Levi la guardò come se le fosse dato di volte al cervello “Direi che il rischio è routine per un membro della legione esplorativa – poi si abbandonò a un ghigno sadico, sfregandosi le mani – non vedo l’ora di raccontare a Jeager come mi servirà fargli fare da esca…”

Ma Hanji non sembrava persuasa. “No, seriamente…apprezzo tantissimo la tua offerta ma…se lo scoprissero al quartier generale finiresti in grossi guai. Già sarebbe pericolosa una missione autorizzata…ma così…rischi davvero troppo, Levi. Tanto più che non mi va di lasciare fare tutto il lavoro a te…”

“Cazzate, Hanji. Per quanto riguarda i capoccia, basta non farglielo sapere. Ho già in mente un piano per ottenere ciò che vogliamo senza destare sospetti…ovviamente sarà una missione segreta all’interno di una spedizione ufficiale…e mi assicurerò di tappare la bocca a chi verrà coinvolto- del resto so essere abbastanza, diciamo, persuasivo quando minaccio le persone di tagliar loro la lingua se solo osano proferire una singola parola a proposito dei miei progetti.”

Hanji guardò Levi per un lungo minuto a bocca aperta. Onestamente, non si era aspettata quella offerta. E, ancora più onestamente, non avrebbe mai osato chiederglielo.

“Io, non so cosa dire – grazie!” l’espressione di Hanji era grata, quasi estatica. Le tremavano persino le mani “Non so come sdebitarmi…”

“Lo faccio perché ne ho voglia. E coinvolgerti prima ci smaschererebbe. Raccogli tutti i dati che puoi una volta che ti avrò portato il gigante; non possiamo sprecare nessuna occasione!” tagliò corto Levi, semplicemente, prima che la riconoscenza di Hanji assumesse qualche forma irrichiesta e bizzarra.

“Signorsì, Caporale!” rispose quella mettendosi sull’attenti. Si scambiarono un sorriso; pure Levi si concesse una smorfia.

Levi ricambiò il saluto, la mano destra sul cuore come tipico del loro corpo d’armata. Un saluto appropriato da Hanji, rispettoso dei gradi…poteva quasi commuoversi – no, non è vero, non ci pensava neanche.

Piuttosto, gli veniva da ridere. In realtà quello che Levi aveva in mente si presentava con un’impresa tanto pericolosa quanto spassosa.

“Penso che sarà divertente costringere quegli smidollati ai portali a far passare un titano oltre le mura” ammise, sciogliendo la posa in un gesto di congedo.

Hanji scoppiò in una fragorosa risata, pensando alla scena: “Oh, sì”.

“Bene, è ora di scendere a cena…- osservò il caporale calcolando a occhio e croce che fossero le sette e mezza a giudicare dalla posizione delle prime stelle ormai visibili in cielo -e non è il caso che tu ti presenti al refettorio così. Non sapevo avessi vestiti femminili…” commentò Levi fingendo noncuranza.

“Ah già, questi - disse lei, toccandosi il camicione – orribile, vero? Temo di aver irrimediabilmente rovinato la mia divisa…sto aspettando che Moblit mi procuri qualche cambio. Questa cosa era di mia madre…ma non mi ci vedo molto. Troppo femminile, appunto”

“Non ti sta male” la rassicurò Levi. Non sapeva perché aveva sentito il bisogno di puntualizzare quell’aspetto. Ma era vero. Vederla vestita da donna era strano, ma non era una vista “orribile”, come l’aveva definita. Del resto Hanji era una donna e con un bel fisico, a voler essere oggettivi.

“Il premio inguardabilità ora come ora lo vince comunque lo scopettino biondo amico dello Jeager” commentò, pensando con disappunto quanto effettivamente la capigliatura di Armin gli rammentasse lo strumento per la pulizia. Per colpa di quella zazzera equivoca più di una volta aveva scambiato quel prototipo di ragazzino mal riuscito con un’altra recluta, tale Christa Lens. Non avevano neppure avuto la decenza di avere una statura troppo diversa, o perlomeno mettersi in due corpi d’armata differenti, quei due.

“Povero Armin! – esclamò Hanji scoppiando a ridere, in testa l’immagine di Levi che usava la testa di Armin per spolverare un mobile – non essere cattivo, so che apprezzi il cervello che quel ragazzo ha sotto la propria capigliatura”
“Mmmmh- mormorò Levi in una specie di assenso -È l’unico motivo per cui non l’ho ancora sbattuto fuori dall’armata ricognitiva. Davvero, mi turba. Decisamente meglio il tuo vestito.”

La risata di Hanji scoppiò ancora più fragorosa. Aveva le lacrime agli occhi.

“Se me lo dice mister eleganza col cravattino che non sono così inguardabile potrei finire per crederci, sai?- ridacchiò Hanji accettando il complimento, poi sembrò illuminarsi a un nuovo assurdo pensiero-…ti immagini combattere i titani conciati così? Watah!” e si mise a saltare e simulare piroette nel mezzo dello svolazzare del camicione.

In pochi secondi Levi poteva dire di aver visto tutto di Hanji sotto qual coso: mutande, addominali, seno. Distolse lo sguardo chiedendosi come poteva Hanji essere così poco accorta quando si trattava di senso del pudore… Ancora non sapeva che per Hanji mettersi di proposito in ridicolo era la strategia normale per nascondere l’imbarazzo, quello vero…e un complimento da parte di Levi era qualcosa di sufficiente per fare arrossire pure lei…e preferiva giustificare quelle guance imporporate col fiatone, che mostrare a Levi qualunque segno di palese turbamento. Hanji era abituata a ricevere complimenti per il suo cervello. Basta. Un po’, in fondo, lei lo capiva Armin.

 “Se non la smetti subito di fare la scema, ti ci butto io fuori dalla finestra davvero” La ammonì Levi per interrompere quell’irrichiesta mostra di grazie, guardando forzatamente da un’altra parte. Lei e la sua manie di sperimentare tutto, maledisse.

Hanji non se lo fece ripetere due volte.

“No no, la smetto, intanto fare qualunque mossa vestita così è scomodo…a questo punto Moblit dovrebbe avermi procurato qualcosa di più decente. – Che giorno è oggi?”

“Giovedì” rispose Levi, contentissimo che avessero cambiato discorso e che Hanji avesse smesso di giocare all’acrobata.

Alla scoperta, quella sembrò sorpresa.

“Ah non è più mercoledì? Ma pensa…devo essermi persa un’alba e un tramonto…”

La nuova rivelazione lasciò Levi sospettoso: “Hanji esattamente da quant’è che non dormi?”

“Credo circa 65 ore…a questo punto”

“Sei pazza! Vai a dormire!” la rimproverò.

“Ma in effetti avrei fame…”

La risposta non sorprese affatto Levi, che scosse la testa incredulo. Quella donna era senza speranza.

“Illuminami: cos’hai mangiato l’ultima volta e quando?”

Hanji esitò pensosa. “Temo di doverlo chiedere a Moblit…ricordo solo tazze di caffè…”

Levi la guardò a bocca aperta. Hanji non aveva davvero speranze.

“Senti, vai in camera. Ti faccio portare io da mangiare. Inventerò qualche balla. Vedrò di farti portare qualcosa di più sostanzioso della solita sbobba”

“Giusto… oggi è giovedì ci sono le r…”

“NON DIRMELO!”

“Scusa”

“Ti giuro che ti porto il titano…basta che non ti fai scappare una sola ulteriore sillaba su cosa ci sia in quella roba”

Era una promessa. Sputata fuori come una battura scema e una velata minaccia. Ma era una promessa. Levi se ne rese conto quando ebbe finito di pronunciare la frase, ma non si sentiva pentito.

Hanji si limitò ad annuire.

“E’ davvero una cosa schifosa…” si limitò a dire mentre metteva il piede sul primo gradino per scendere.

----Author's corner--------

Eccomi di ritorno, gente!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto :D

Non so quanti di voi avevano capito si sarebbe trattato di un flashback...probabilmente tutti, io faccio schifo con le sorprese ahaha

Dunque, in questo capitolo vediamo come Levi ha finto per promettere il gigante a Hanji...in pratica in cambio del silenzio sugli ingredienti sulla sbobba ahahha. No vabbè, scherzo.

Credo che trovarsi impossibilitati a svolgere i propri compiti sia una delle peggiori esperienze che possa capitare a chiunque di dovere affrontare nella propria vita. Mi intrigava l'idea di rappresentare una Hanji che lotta tra l'essere quello che è e ciò che la gente si apetta che sia. E proprio in questa situazione cerca ora di barcamenarsi Hanji, ingabbiata da meccanismi più grandi di lei non per sua colpa e senza poter fare nulla di concreto per cambiare le cose. Un dilemma, un filo del rasoio con il quale Levi si scontra...faticando per rimanere in bilico, senza essere sviato. Galeotto fu il tramonto, potrebbe dire Levi...io non so quanto sia colpa di due colori nel cielo :P

Come al solito pubblico il capitolo quando quello dopo è gia in cantiere e mezzo finito...ergo a voi quache anticipazione: nel prossimo episodio ritornerà il nostro Erwin-voce-della-coscienza che aiuterà Levi a ... be', lo scoprirete. Intanto vi lascio il titolo: AMMIRAZIONE.

Come al solito commenti e critiche sono bene accette :D

p.s. si accettano ipotesi su cosa ci sia dentro alla "sbobba" del refettorio

  
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