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Autore: aphrodite_    23/03/2017    8 recensioni
Arriva un nuovo ragazzo a scuola determinato a rendere un inferno la vita di John. Chi l’avrebbe saputo che sarebbe finita così?
TRADUZIONE AU || autrice originale: johnandsherlocks - traduttrice: aphrodite_
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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DISCLAIMER: Niente di questa fan fiction - traduzione esclusa - mi appartiene. Né i personaggi, né la storia in sé. 

AUTRICE:  johnandsherlocks
TRADUTTRICEaphrodite_

 
COME GO WITH ME

 “Sherlock! Sherlock, svegliati!”
 
Sherlock aprì gli occhi, era esausto. Di fronte a lui c’era John, i loro nasi erano così vicini che quasi si toccavano, mentre il moro sorrideva. Sospirò, sollevato. Era vivo, era lì e stava bene. Poi la realtà lo travolse e quasi cadde dal divano, e si alzò più veloce che potesse, raggiungendo il lato opposto della stanza, mentre John lo fissava.

“Stai bene?”
 
Improvvisamente la sua mente lo portò a quella notte, e poté quasi sentire il suo corpo colpire il terreno, l’odore del sangue, il chiacchierio delle persone, le luci dell’ambulanza, la voce di John…

Fino alla scorsa notte, Sherlock riusciva a ricordare ben poco dell’incidente; ricordava di esser andato ad una festa, ricordava Victor, la sua macchina, l’impatto e dopodiché… Il buio. Non aveva ricordato le pillole, le nove pillole…
Era stata colpa sua, era stata tutta colpa sua.
 
Una terribile sensazione pervase il suo corpo, la sua mente era altrove, e John era lì, guardava Sherlock preoccupato. Cosa avrebbe fatto se John fosse stato in macchina con lui? Se l’avesse ucciso? Il solo pensiero era insopportabile.

Non poteva fare questo a John.

John si avvicinò e toccò la guancia di Sherlock, che teneva i suoi occhi fissi sul ragazzo ma non disse nulla, sembrava perso altrove. Reagì istantaneamente quando percepì la mano di John sul suo viso. Era più che un tocco, era un messaggio, per dirgli che fosse vivo, che John stava bene, che erano entrambi sopravvissuti, compresa Harriet.


“Sherlock, che hai?”

“Niente, sto bene.” Sorrise e guardò gli occhi di John.

“Ne sei sicuro?” Chiese John, nervoso. Non riuscì a fare a meno di pensare che Sherlock stesse reagendo in quel modo perché la notte precedente avevano dormito insieme, e adesso avesse dei ripensamenti. John si sentì terrorizzato all’idea, ma non poteva fare molto.

Sherlock annuì, mantenendo il sorriso sulle sue labbra e provando a scacciar via quei pensieri che invadevano la sua mente.

“Beh, allora-“ John si avvicinò a Sherlock e gli diede un bacio sulla guancia. “Buongiorno.” Disse, sorridendo.

Sherlock guardò John per un momento che sembrò durare un’eternità, senza riuscire ad articolare una frase, ed il panico di John si intensificò. Fin quando Sherlock decise di ritornare al mondo dei vivi e sorridere in maniera rassicurante: “Buongiorno a te, John.”

John sorrise e prese un sospiro di sollievo. Poi guardò l’orologio.

“Presto, dobbiamo andare a scuola!”

Sherlock alzò gli occhi al cielo. “Non voglio andare a scuola!”

“Lo sai che dobbiamo.”

Il moro sospirò. “D’accordo.”

John si tolse il maglione ed al di sotto indossava una maglia bianca. Sherlock lo guardò abbozzando un sorriso, mentre i suoi occhi scrutavano il corpo di John, il quale ricambiò lo sguardo. “Oi! Smettila di sbirciare!”

Sherlock si voltò e sorrise. “Non sto sbirciando!”

John ridacchiò, ma poi si sentì imbarazzato riguardo ciò che stava per chiedere a Sherlock ed abbassò lo sguardo. “Sherlock, mi chiedevo se magari… Se magari avessi qualcosa che io possa indossare per andare a scuola… Mi vergognerei ad indossare nuovamente gli stessi vestiti che ho indossato ieri…”

Sherlock sorrise e guardò la felpa di John, era davvero, davvero orribile. “Non ho nulla che faccia al caso tuo,” disse assumendo un’espressione divertita che fece ridere John, ed improvvisamente gli occhi di Sherlock s’illuminarono e guardò John con un sorrisetto. “Oh!”

John realizzò cosa volesse dire Sherlock e spalancò gli occhi, scuotendo il capo continuamente. “No.”

Sherlock alzò il sopracciglio.

John scosse più intensamente il capo. “NO. Non esiste, non indosserò una delle tue giacche di pelle per andare a scuola! Sei pazzo? Vuoi che mi prendano a calci?”

Sherlock sospirò in disaccordo ed incrociò le braccia. “Ti starebbe bene.”

John sorrise. “No, non è vero. E poi, tu hai tre taglie in più della mia, finirei per essere un involtino tra la tua giacca!”

Sherlock rise. “Beh, o la giacca o niente.”

“Bene, andrò con la mia maglia e basta.”

Sherlock lo guardò nuovamente e disse, con un sorrisetto malizioso: “Non preoccuparti, anche questa ti dona.”
 
E John arrossì.

*** 

La colazione fu ancora più strana. Fortunatamente per John, Mycroft era andato via, perché non era a tavola con loro, ma gli sguardi che gli lanciava Mrs. Hudson lo facevano sentire a disagio.
Non appena entrò in cucina, dicendo “buongiorno”, lei lo guardò sorpresa e sorrise. Ed era strano, perché se stava pensando ciò che John pensava che lei stesse pensando, allora non avrebbe sorriso… Quindi, che cosa stava pensando Mrs. Hudson?

“Wow, John, non mi aspettavo di vederti qui questa mattina, che meraviglia!”

“Grazie…?” Rispose John, confuso.

“Quindi… Hai ‘dormito’ bene?” Disse, facendogli l’occhiolino.
 
Ed eccolo lì, John stava arrossendo di nuovo. Ma annuì. “Sì, ho dormito molto bene! Grazie!”

“Ne ero sicura.” E nuovamente, gli fece l’occhiolino, e non c’era cosa più strana.

Rimasero in silenzio per un momento. Ma poi John si rivolse alla donna, con tono serio, ma a bassa voce. “Mrs. Hudson, è giusto che lei sappia che non è successo niente con Sherlock.”
 
Lei annuì. “Certo, certo. Non è successo niente.”

“Sono serio!”

“Vivi e lascia vivere, questo è il mio motto! Adesso andate a tavola, vi porto dei pancakes.”

John sospirò e si voltò verso la porta per andar via, voleva finire quella conversazione il prima possibile.

*** 

Sherlock era più lento del solito. La sua mente non stava lavorando correttamente e si ritrovò tra il presente ed il passato. Odiava pensare a quel passato, perché era cambiato, era cambiato maledettamente, ma sapeva che sarebbe stato perseguitato dai ricordi di ciò che era.
 
“Sherlock, muoviti, dobbiamo andare!” Qualcuno bussò alla porta mentre stava facendo la doccia. In quel momento capì di aver trascorso troppo tempo in bagno e ricordò di dover andare a scuola. Diamine, dovrei dire a Victor di saltare scuola con me…
 
Merda.
 
John. John. John! Dovrei dirlo a John! Non a Victor, a John.
 
Aveva cercato di mantenere Victor lontano dai suoi pensieri dalla notte dell’incidente, ma la domanda di John aprì il vaso di Pandora, e non riusciva più a fare a meno di chiedersi cosa gli fosse successo.

Non che gli importasse, era solo curioso. Era sicuro di non provare più niente per quel ragazzo, e dopo l’incidente non aveva più provato niente per lui, e si era chiesto se effettivamente avesse mai provato qualcosa. Infatti giunse ad una conclusione: non aveva mai amato Victor, si era solo abituato a lui e sentiva il costante bisogno di star con lui come se fosse una droga, non era amore.

Dannazione. Amore? Davvero? Sherlock Holmes era davvero in grado di amare qualcuno? “Amare” era una parola troppo grande, e di sicuro non amava John.
 
O sì?
 
Altrimenti cosa provava per lui?

Era qualcosa di nuovo. Ne era sicuro.

***
 
Uscirono di casa più rapidamente possibile, perché il moro aveva trascorso almeno un’ora sotto la doccia e adesso erano in ritardo, ma Sherlock si bloccò quando vide la macchina di John.

Il sangue, l’ambulanza, la sua voce.

Ogni ricordo attraversò la sua mente e si sentì instabile perché era stata colpa sua e quella era la stessa macchina ed era tutto sbagliato. Rimase immobile, mentre John si preoccupava.
 
“Sherlock, stai davvero bene?”

La casa, l’ossigeno nei suoi polmoni, quella delicata voce, John.

Annuì. “Sì, sto bene. Ovvio che sto bene, andiamo!”

John sorrise, era un po’ più calmo. “Vuoi guidare?”

“NO!” Urlò Sherlock.

John sollevò le sue mani, in difesa. “D’accordo, d’accordo. Ho solo chiesto. Dio, Sherlock, calmati!”

Sherlock provò a rilassarsi. “Non so cosa intendi, sto bene. Sono calmo.” Disse con voce quasi meccanica.

John lo guardò con aria sospetta. “Okay, allora. Andiamo.”

Sherlock non accese la radio e per tutto il tragitto rimase in silenzio. E ciò terrorizzò John.

***
 
Non appena John parcheggiò e Sherlock scese dall’auto, gli occhi di tutti si puntarono immediatamente sul moro, ed erano tutti sorpresi. Sherlock realizzò il fatto in ritardo ed entrò a scuola, ignorando gli sguardi e le chiacchiere di tutti. Non era facile per John, che non solo era arrivato a scuola con Sherlock, ma indossava anche una maglia bianca che non rappresentava il suo modo abituale di vestire. Provò ad ignorare quel che dicevano le persone, ma si sentiva osservato, e si sentiva terribilmente a disagio.

Entrò a scuola, aveva le guance rosse e cercava di atteggiarsi da figo, ma la maschera cadde non appena vide qualcosa nel corridoio: Sherlock ed Irene.

***

Percepì una mano afferrare il suo braccio e trascinarlo in un angolo, e poi, dopo lo shock iniziale, si ritrovò Irene davanti, una furiosa Irene.

“Dove credi di andare, Sherlock?” Sussurrò.
 
“Che intendi?” Disse Sherlock, aggrottando le sopracciglia.

“Mentre cerco di difendere la tua reputazione, tu vai in giro con quello ed addirittura arrivi a scuola con lui! Sei fuori di testa?! Hai idea di cosa succederà alla mia reputazione? Dovresti stare con me, non con quel nerd.”

Sherlock chiuse gli occhi e parlò con calma. “Non. Chiamare. John. Stupido.”

Lei sospirò. “Sherlock, dovresti esser fidanzato con me!”

“Non ho mai voluto stare con te! Non ti ho mai chiesto di aiutarmi, sei stata tu a decidere che sarebbe stata una buona idea e sai cosa? Sono stanco. Stanco di chi prende decisioni per me, farò il cazzo che mi pare!” Disse alzando il tono della sua voce, contenendo appena la sua rabbia.

“D’accordo, come vuoi. Sai cosa? Sono stanco di aiutarti. Risolvitela da solo, la questione. Buona fortuna per il tuo coming out.” Disse furiosamente, mentre andava via.

Sherlock la guardò andar via e mentre si dirigeva verso l’aula, si ripeté: “Lasciami in pace, vai via da qui.” Sbatté le palpebre e ritornò alla realtà, non stava litigando con Victor, stava litigando con Irene.
Merda, aveva davvero bisogno di dormire. O di una pillola.

*** 

John provò a concentrarsi sulle lezioni senza pensare a tutto quello che era successo nelle ultime ore. Più che altro, era confuso. Da quando Sherlock si era svegliato, era strano, silenzioso, il suo cervello non lavorava bene e adesso era anche con Irene. Non doveva essere un genio per capirlo: Sherlock si era pentito della notte precedente e stava avendo dei ripensamenti su John e voleva sistemare le cose con Irene. Ovvio.
 
Sherlock non sapeva cosa voleva, ma apparentemente dormire con John gli aveva fatto capire che non volesse stare con John, e non sapeva come dirglielo. Ma John lo sapeva, lo sapeva.
 
Doveva solo evitare Sherlock ad ogni costo.

*** 

Sherlock aveva bisogno disperatamente di una sigaretta, quindi andò all’angolo dell’edificio, sapendo che in quell’ora Mr. Hikes avrebbe avuto lezione. Era confortante, in qualche modo…
 
Provò a bloccare i pensieri riguardo Victor, e dopo lo shock della scorsa notte a causa del sogno, riuscì a riportare il suo cervello nel presente, ed era un’ottima cosa, perché non voleva ricordare il passato, lo psicologo, le droghe, la sofferenza, la riabilitazione, l’incidente… Era troppo.
 
Trascorse il resto delle ore cercando di evitare di esser scoperto dai professori, spostandosi da un posto ad un altro. Aveva bisogno di pensare, aveva bisogno di chiarezza, e dopo un bel po’ di sigarette ed una passeggiata, ebbe le idee chiare. Realizzò che non era stato particolarmente difficile, ed aveva fatto le sue scelte tempo prima, precisamente da quel pomeriggio, seduto sul divanetto ad ascoltare Roll Over Beethoven mentre John cercava di nascondere il suo sorriso. Lo sapeva, ma non era in grado di vedere.
 
Aveva combinato un casino, l’aveva risolto ed ora tutto sembrava andare bene. Non avrebbe rovinato nuovamente tutto. Non importava nient’altro, voleva stare con John e voleva dirglielo. Finalmente l’aveva chiarito a se stesso.
 
Doveva trovare John.

***
  
John guardava ogni angolo del corridoio prima di aprire il suo armadietto, poco prima dell’ora di pranzo. Non voleva affrontare Sherlock, doveva concentrarsi sulla scuola, sulle lezioni e –
 
“Ciao, Johnny Boy.” Una voce sussurrò alle spalle di John.

John rimase immobile. Riconobbe alla perfezione quella voce, quel tono giocoso ed ironico, che odiava. Si voltò.

Jim si avvicinò. Squadrò John dalla testa ai piedi. John cercò di rimanere fermo il più possibile, il suo viso senza espressione. Jim sbuffò. “Onestamente, non capisco cosa abbia visto Sherlock in te. Non vedo fascino.”
 
John non rispose.
 
Jim iniziò a camminare attorno a John, guardandolo. “Ti ho avvisato John, te l’ho detto. Ed hai deciso di non ascoltarmi…” Disse, con tono divertito.

John chiuse gli occhi ed ancora non rispose.

“Te l’ho detto che ci sarebbero state conseguenze, o no?” Fece spallucce. “Oh beh, è stata una tua scelta, Johnny boy. Sono stanco di fare il carino con te.”

Ed in quel momento, John non poté fare a meno di sbuffare di rimando. “Il carino?”

Jim arcuò il sopracciglio, sorpreso dalla risposta. Si avvicinò e sussurrò contro l’orecchio di John. “Non hai visto l’altra parte di me, così come non hai visto quella di Sherlock…” Disse, con un sorriso.

John lo guardò confuso. “Perché, tu sì?”

“Oh, John… Io vedo tutto.” Fece l’occhiolino a John. “Ma non preoccuparti, lo vedrai anche tu, molto, molto, presto.”

John lo fissava in silenzio.

“Prendi questa piccola conversazione come un assaggio di ciò che sta per accadere. Non credere che sia finita.”
 
Si voltò ed andò via.
John sospirò e realizzò che le sue mani erano strette a pugno e le sue unghie erano quasi conficcate contro il palmo della sua mano. Era completamente teso, nonostante il timore che Jim gli aveva messo.
 
“John!” 

Merda, doveva nascondersi da Sherlock. Il corridoio era vuoto, visto che tutti erano in mensa, non ci aveva pensato. Ma adesso aveva reagito ed aveva voltato le spalle a Sherlock, rimettendo i libri dentro l’armadietto. Apparentemente Sherlock non recepì il messaggio perché stava rincorrendo John.

“John!” Disse con entusiasmo e speranza, ma John non si voltò.
 
Sherlock si accigliò, confuso. “C’è qualcosa che non va?”

John mantenne gli occhi fissi sui libri e disse con calma: “Non preoccuparti, non devi dirmi nulla. Lo so già.”

Lo sa. Sherlock trattenne il respiro. “Sai cosa?”

“Ti prego, Sherlock,” Disse guardandolo, ed era doloroso guardare il moro negli occhi. “Ti ho visto stamattina, appena sveglio. Ho visto la tua faccia. Ma va bene. Davvero. Non c’è altro da dire.”

Sherlock rimase in silenzio per un attimo. John chiuse l’armadietto e si voltò per andar via, ma Sherlock lo afferrò per il braccio.
 
John sospirò. “Che c’è?”

“Di cosa stai parlando?”

John guardò Sherlock con serietà, cercando di non mostrare la sua amarezza. “Hai deciso di non voler stare con me. L’hai capito la scorsa notte e non sai come dirmelo, e ciò che volevi davvero era sistemare le cose con Irene. Vi ho visti parlare, e lo capisco. Abbiamo detto mille volte che tra di noi non avrebbe funzionato e va bene così. Ho capito male?” 

Sherlock rise. John si sentì confuso. “Che ridi?” Disse, arrabbiato.

Sherlock si placò e guardò John. “John, non hai capito niente!”

John si sentì ancora più confuso. “Cosa?”

“Non stavo tornando con Irene…” Si avvicinò a John e John guardò con tentazione le labbra di Sherlock. “La stavo lasciando!”
 
“Tu…” All’improvviso John realizzò. “… Oh.”

“Sì.” Disse Sherlock divertito.

“Quindi voi due…”

“No.” Scosse il capo.

“E tu…”

“Sì. Tu.”

John non riuscì a nascondere l’enorme sorriso che affiorò sulle sue labbra. Ovvio che avesse capito male! Ovvio.
 
Sherlock fissò John, abbozzando un sorriso. Dopodiché si guardò intorno: “Ho un’idea…”

“Sì?”

Sherlock prese John per mano e sussurrò al suo orecchio: “Corri! Adesso!”
 
John iniziò a correre, ma Sherlock era più alto e riusciva correre più veloce e non appena percepì i polmoni balzare fuori dal suo corpo, si fermarono… Di fronte la macchina di John. John si guardò intorno nervoso. Scosse il capo. “No… No…”
 
“Oh, andiamo… Sarà divertente!” Disse Sherlock affannato.
 
“E’… Pericoloso!”

“E allora?”

John lo fissò e dovette ammettere che era tentato dall’idea.
“Te l’ho detto… Mille volte… John! E’ tempo di vivere!”

John considerò la sua idea, ed in un momento di pazzia probabilmente, prese le chiavi dell’auto dalla sua tasca ed aprì le portiere. Sherlock sorrise. John stava per sedersi al posto del conducente, quando il moro lo bloccò. “Per favore. Posso? Solo per questa volta.”

John annuì. Sherlock era terrorizzato, ma doveva affrontare le sue paure. Era l’unico modo per lasciarsi il passato alle spalle.

“Posso accendere la radio?”

“Certo. Certo che puoi.” Disse John sorridendo.

Lasciarono che la musica coprì il silenzio, ma poi John ruppe quel momento e chiese: “Dove stiamo andando?”

“Non risponderò alla tua domanda!”

“Mi hai rapito?”

Sherlock rise. “Se avessi voluto rapirti, l’avrei fatto molto tempo fa, John.”

John rise insieme a lui.

***

Arrivarono in un posto in mezzo al nulla. Era la cima di una montagna e ci volle un’ora per arrivare, ma John non aveva idea di dove fossero. “Andiamo, siamo arrivati.”

“Qui?” Chiese John, confuso.
 
“Sì.”
 
“Sherlock, adesso credo davvero che tu possa rapirmi, ad essere onesto.”

Sherlock rise. “Non esser stupido, John. Se avessi voluto rapirti, non ti avrei portato qui. Probabilmente ti avrei portato in uno scantinato. Mi sembra un posto più consono per nascondere una persona.”

“Devo aver paura?”

“Forse.”
 
John sorrise. “Dove siamo, comunque?”

“A Dewer’s Hollow.”

John guardò Sherlock. “Dewer’s Hollow?”

“Il mio posto preferito al mondo. Venivo qui quand'ero piccolo, davvero, davvero piccolo, quando scappavo dai miei genitori ed un giorno ho smesso di venire qui. Non so perché…”

“E’ bellissimo. Davvero.”

“Grazie. Mi piace la vista.” Sherlock sorrise.

John si voltò, ed in effetti la vista era incredibile. Era senza parole, poteva vedere l’intera città da lì, il sole stava per tramontare, creando un paesaggio fantastico. “Wow.”

“Lo so.” Sherlock annuì, dirigendosi verso la macchina per aumentare il volume della radio. Dopodiché prese la mano di John. “Dai, sediamoci qui.”

Guardarono insieme il panorama. John poggiò la sua testa sulla spalla di Sherlock, e rimasero in silenzio. Poi una canzone: Come Go With Me.
 
Sherlock iniziò a cantare, avvicinandosi all’orecchio di John cosicché potesse ascoltare. Amami, amami tesoro, vieni via con me… (Love, love me darling, come and go with me...)

Ed in quel momento, quelle parole, fecero capire a John che fosse completamente perso di lui. Forse lo sapeva già, ma non l’aveva ammesso a se stesso. Amava Sherlock. Non sapeva quand’era accaduto o come, non sapeva neanche cosa si provava ad amare qualcuno, sapeva solo di provare quel sentimento come se l’avesse già provato altre mille volte prima. Ed eccolo lì, quel pazzo, incredibile ragazzo che sembrava fuori dalla sua portata, così diverso da lui, e lo stava stringendo, stava cantando con lui, e John lo amava. Ho bisogno di te, tesoro, quindi vieni via con me…
 
John aveva da sempre vissuto una vita che non sentiva sua. Aveva sempre vissuto per compiacere le aspettative degli altri, per rendere gli altri felici, ma non aveva mai pensato a se stesso. Se fosse felice. E realizzò che non lo fosse. Beh, almeno fin quando non incontrò Sherlock. Da quell’incontro, tutto era cambiato in maniera drastica. Era diverso. Era John Watson quando era con Sherlock. Non era il ragazzo a cui interessavano i voti a scuola, ma un ragazzo assetato d’amore, di vita, un ragazzo che voleva uscire dalla gabbia. Ti prego, dimmi che non mi lascerai mai…

Ed era quello il motivo per cui trovava Sherlock così seducente, perché lui era tutto ciò che John non era. E John lo vedeva come una sfida, un mistero, come il ragazzo più incredibile che avesse mai conosciuto. Che gliene fregava di quel che diceva la gente? Avrebbe amato Sherlock Holmes a tutti i costi, e poteva sembrare assurdo. Ma in qualche modo aveva senso. Funzionava. Dimmelo, dimmi che non ci separeremo mai, ho bisogno di te, quindi vieni via con me…

Sherlock guardò John con curiosità, avvertendo un momento di panico, pensando che John potesse alzarsi ed andar via in qualunque momento e rompere quell’incantesimo tra di loro. Sentì il bisogno di parlare. “John, io-“

Quello che sentì dopo fu la punta delle dita di John sulle sue labbra, un tocco delicato, che gli causò diversi brividi lungo la schiena. Il moro socchiuse gli occhi. “No. Zitto, per una volta.” Disse John, ma non sorrideva, i suoi occhi fissavano le sue labbra, le labbra perfette di Sherlock.

Sherlock rimase in silenzio, guardando John a bocca quasi aperta. In quel momento il moro realizzò che tutto ciò che aveva bisogno per rimanere ancorato al presente era John. E Sherlock non sapeva se fosse stupido o debole, ma importava davvero? No. Tutto quel che importava era John, John, John.

John, che lo fissava.
 
John, la sua luce.
 
John, colui che lo faceva ragionare.

Sherlock sorrise, e John pensò che fosse fantastico, pazzo, brillante. Il suo brillante teppistello. Lasciati andare, Watson, lasciati andare.
 
E lo fece. Ciò che sentì dopo, furono le labbra di Sherlock sulle sue, si stavano baciando e John non riusciva a pensare, non riusciva a reagire, tutti i pensieri della sua mente si ridussero ad una sola parola: Sherlock, Sherlock, Sherlock. Amava Sherlock Holmes ed era tutto quello che gli importava.
Era il primo bacio di John, avrebbe dovuto sentirsi strano, imbarazzato, deluso. Ma in qualche modo, fu perfetto. Erano solo lui e Sherlock e si sentì completamente a suo agio. E non importava se non era un buon baciatore. Ciò che importava era che stesse baciando Sherlock Holmes! Com’era successo?

Sherlock prese il viso di John tra le mani, rifiutandosi di lasciarlo andare. Il bacio era caldo, dolce, e si sentiva bene, come se tutti i pezzi del suo cuore fossero tornati al loro posto.
Come se John avesse trovato ciò che stava cercando. Era ridicolo. Più che ridicolo. Non avrebbe mai funzionato. Ma non voleva pensarci, perché lì, in quel momento, erano insieme.

Quando interruppero il bacio, Sherlock poggiò la sua fronte contro quella di John. Entrambi sospirarono. “Non hai idea di quanto volessi farlo, John.”

“E tu non hai idea di quanto io lo volessi, Sherlock.” Disse John sorridendo. Dopodiché John poggiò nuovamente la fronte sulla spalla di Sherlock. John sentì la musica in sottofondo e pensò che non aveva mai amato così tanto Mozart o Beethoven e nemmeno Bach tanto quanto stesse amando quella canzone in quel momento.

***

NOTE: AHHHHHHHHHHHHHHH! CE L'HO FATTA E CE L'HANNO FATTA. FINALMENTE SI SONO BACIATI! Sono felice di aver tradotto il capitolo prima della mia partenza, così non dovete aspettare mille anni. Cosa ne pensate di questo capitolo?! Su, su! Fatemi sapere. Grazie a tutte/i ed un bacio! :*



 
  
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