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Autore: ___Page    28/03/2017    5 recensioni
"Nessuno di loro se ne accorse. Nessuno di loro lo vide entrare.
Seppero di essere nella merda solo quando riconobbero la sua voce.
«Portuguese, Monkey, Trafalgar e Surebo.» mormorò Vergo, calmo e atono. «Punizione.»"
*Fan Fiction partecipante al Sfigaship&Crack's Day indetto dal Forum FairyPiece-fanfiction&images*
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Starring: Cora-san, Hannyabal, Koala, Nefertari Bibi, Portuguese D. Ace, Perona, Sabo, Trafalgar Law, Vergo.
Con la partecipazione straordinaria di: Monkey D. Rufy.
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ATTENZIONE: Storia contenente coppie strane. Il Forum consiglia la lettura a un pubblico con alto tasso di sospensione dell'incredulità. Può presentare tracce di latte e frutto a guscio.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Koala, Perona, Portuguese D. Ace, Sabo, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Raftel High School - Le Cronache'
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Raftel High School – Primo piano – Aula punizione
Ore 15.25
 
«Tu parli!»
Law la guardò senza parole e si affrettò a dissimulare con un’espressione accigliata. Sapeva che qualcuno a scuola lo credeva muto ma quando il mito veniva sfatato di solito chi assisteva al miracolo di sentire la sua voce non dava a vedere la propria sorpresa e nascondeva il fatto che lo aveva creduto appunto muto fino a poco prima, per poi allontanarsi il più in fretta possibile e sottrarsi al suo sguardo truce.
La ragazza sembrava non sapere cosa fosse la soggezione. 
«C-certo che parlo.» ribatté monocorde Law e che la sua voce avesse tentennato era nient’altro che un’impressione. Non aveva affatto tentennato. Non aveva affatto dovuto reprimere l’impulso di esclamare e lasciar perdere il suo piglio sempre impassibile. E no, non era colpito. Proprio per niente.
Sorpreso semmai. Sì ecco, era solo sorpreso perché davvero Koala era senza filtri e perché non riusciva a capacitarsi che una come Koala potesse davvero credere che fosse muto. Insomma, gli era sembrata intelligente, anche se frequentava Monkey e Portuguese.
«Beh sì, certo che parli.» commentò Koala, più calma e a voce più bassa ma sempre a mitraglia. «Voglio dire, ho sempre saputo che non potevi essere muto ma sentire effettivamente la tua voce, questo è… un evento! Sai come nell’ordine degli eventi catastrofici tipo l’eruzione di un vulcano. Sai come dovrebbe essere, puoi immaginare il calore che sprigiona ma se ci assisti è tutta un’altra cosa. Scioccante aggiungerei.»
Law sgranò gli occhi, incredulo e basito. Gli sembrava di essere lui quello che stava assistendo all’eruzione di un vulcano. Letteralmente, perché Koala non accennava  a smettere.
«Ma lo sai che a scuola dicono di tutto di te? Che comunichi tramite frasi scritte su fogli volanti tipo Sibilla di Yuba, che usi il linguaggio dei segni…» Law mandò gli occhi al cielo, ripensando allo scambio di battute tra Sabo e Ace, nel laboratorio, qualche ora prima. «… c’è persino una bisca clandestina per scommettere se il tuo mutismo è vero oppure no.»
«Che cosa?!»
«Cora-san ha scommesso sul vero.»
Law la fissò in silenzio qualche istante, trattenendo un grugnito. Era circondato da un branco di deficienti.
«E tu su cos’hai scommesso?» s’informò, scettico.
Koala sorrise e si strinse nelle spalle. «Io non ho scommesso. Ho sempre saputo che sei perfettamente in grado di parlare, solo non mi aspettavo che avresti parlato con me.» ammise, con disarmante onestà, prima di accigliarsi appena. «Ti sembro il tipo che punterebbe soldi su una cosa così imbecille?»
Law inarcò un sopracciglio e lanciò una fugace occhiata verso l’altra coppia di compagni, proprio nel momento in cui Perona strattonava Ace dal lobo dell’orecchio per richiamarlo all’attenzione dopo che il moro si era distratto per l’ennesima volta a guardare l’allenamento di lacrosse.
«Senza offesa, tu, Monkey e Portuguese fate trio fisso dal primo anno.»
Koala incrociò le braccia sotto il seno. «Della serie “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”?»
Law rispose con un ghigno, mentre svitava il tappo della bottiglietta dell’acqua. «Esatto.» confermò prima di prendere una sorsata.
«Allora sarai felice di sapere che a gestire la bisca sono Shachi e Pen.»
Vergo sollevò lo sguardo quando un tossicchiare e sputacchiare lo allertarono che forse uno dei suoi studenti stava rischiando di morire soffocato e lo riabbassò immediatamente una volta constatato che lo studente in questione era Trafalgar. A parte il fatto che fosse anche morto non gliene sarebbe importato un fico secco, Surebo stava già provvedendo con la classica manovra delle pacche sulla schiena, ragion per cui il suo intervento era del tutto superfluo.
«Tranquillo.» lo rassicurò Koala con una nota di scherno nella voce, sfregando il palmo tra le sue scapole. «Non penso male di te perché giri con due soggetti dall’intelligenza discutibile.» si riappoggiò allo schienale della sedia, il gomito sul banco, il mento sulla mano, mentre Law finiva di tossicchiare e riprendeva possesso dei propri polmoni, gli occhi un po’ arrossati e lucidi. Le lanciò un’occhiata in tralice, si asciugò la bocca e poi si girò a guardarla apertamente.
«Non volevo dire che penso male di te perché giri con loro.»
«No, ti stai solo chiedendo cos’abbiamo in comune io, Ace e Sabo e se non è che mi usano per gli appunti e basta e se io non sono troppo buona per accorgermene.» Law si irrigidì e Koala seppe di aver fatto centro. «Siamo amici dalle elementari, non c’è nessuno che io conosca bene come loro e che mi conosca bene come mi conoscono loro. Ci sono sempre per me. E in comune abbiamo l’otto in condotta. Scusa se è poco.» sgranò appena gli occhi indaco per sottolineare il concetto.
«Touché.» mormorò Law con un lieve cenno del capo e un sorriso, sempre storto, ma un po’ diverso dal ghigno sghembo che esibiva di solito.
Con un ultimo sorriso, Koala si rimise dritta e provò nuovamente a concentrarsi sul libro di storia. Non è che avesse più tutta questa voglia di studiare e prendere appunti ma Law era un tipo riservato, era già tanto avere avuto quella breve conversazione e non voleva disturbarlo oltre.
«Non è un po’ vecchio come argomento?»
Ancora più sorpresa, se possibile, di pochi istanti prima, quando Law le aveva rivolto la parola per la prima volta in cinque anni, Koala si girò verso di lui. Il fatto era che non aveva affatto l’aria di uno che voleva prenderla in giro. Non aveva nemmeno l’aria di uno che voleva davvero discutere sul programma di storia, a essere onesti, ma di sicuro aveva l’aria di uno che aveva voglia di parlare.
Sbatté le palpebre, colta alla sprovvista, ma le bastarono un paio di secondi per recuperare e rispondere: «Sì ma lo sto rivedendo per il mio prossimo articolo. Sai per il bicentenario della Liberazione. Oddio in realtà è un argomento che conosco a memoria ma ci tengo che questo pezzo sia perfetto in ogni sua parte.»
«Articolo storico?»
Koala mosse il capo come a dire “più o meno”. «Una via di mezzo. Tra lo storico e l’attuale. Sarà sull’abuso di potere nel passato e nel presente e su come le lotte per combatterlo siano cambiate da allora ma siano sempre attuali.»
Law sollevò le sopracciglia, colpito. «Ti servirà parecchio materiale.»
«Già. Parecchio è un eufemismo. Vorrei dargli un taglio umano quindi mi servono testimonianze, fatti di vita vera… E non solo su Marijoah, voglio parlare di altri avvenimenti di questo tipo.»
Per una manciata di secondi Law non rispose e Koala pensò che la conversazione fosse ormai giunta al termine proprio quando l’espressione del ragazzo cambiò da attenta e riflessiva, come se stesse cercando di ricordare qualcosa. «Sai io credo di avere qualcosa che potrebbe fare al caso tuo.»
«In che senso?» si accigliò Koala.
«Un mio antenato faceva parte dei Guerrieri del Sole. E se non sbaglio un paio di anni fa, pulendo la soffitta sono saltati fuori degli antichissimi documenti, tipo pagine di diario e… stai bene?» le chiese quando vide l’espressione attonita di Koala.
«Stai… scherzando?» soffiò.
«No. Ti interessano?»
«Adesso stai davvero scherzando! Certo che mi interessano! Oh mio dio! Non ci posso credere! È una cosa pazzesca! Grazie!» squittì sottovoce, lanciandosi verso di lui per circondargli il torace con le braccia. Law si pietrificò, lo sguardo congelato e fisso nel vuoto e la gola secca.
Non era un tipo da abbracci, Law. Anzi non era proprio un tipo fisico, a dirla tutta, tranne quando si trattava di Bepo e del suo perenne senso di colpa. Ma c’erano solo tre donne nella sua vita che mai avessero avuto quel privilegio. Sua madre, Lamy e la sua personale, psicopatica, patologica stalker, al secolo Baby Five. E quell’unica volta che Baby, in un mal pianificato tentativo di sedurlo dettato dall’alcool, lo aveva abbracciato non era finita molto bene. Ma questa volta era completamente diverso. Law avrebbe osato definirlo quasi piacevole. E profumava di frutta. 
Si augurò che non glielo si leggesse in faccia quando, tre secondi dopo, Koala lo lasciò andare e si rimise dritta, sorridente, le guance arrossate per l’entusiasmo e nessuna traccia di imbarazzo sul volto, a differenza sua. Law si schiarì la gola e riprese, come se niente fosse: «E se ti interessa mio nonno è uno dei sopravvissuti del Massacro di Flevance. Non ho documenti ma lui adora raccontarlo a chiunque lo ascolti, perciò se vuoi incontrarlo basta organizzare.»
«Santo Roger.» mormorò Koala. «Voi Trafalgar sapete come lasciare il segno in tutte le epoche e in tutte le situazioni.» continuò con un sorriso che era tutto un programma e che Law si accorse troppo tardi di stare ricambiando.
Scosse il capo e s’impose di tornare serio. «Comunque non immaginavo fossi appassionata di storia.» commentò, tanto per dire qualcosa. Erano bastati venti minuti per scoprire che avevano in comune più di quanto immaginasse e ora Law si stava chiedendo perché in cinque anni non avessero mai parlato prima.
«Sono appassionata di alcuni argomenti storici, che mi riescono meglio di altri.» precisò Koala.
Law la osservò per un paio di secondi e non riuscì a trattenere un ghigno. «Come quello della tesina? A giudicare da quanto era disperato Monkey, è un argomento in cui devi essere davvero molto brava.» 
«Perché, hai bisogno di ripetizioni?» chiese Koala. L’espressione e la voce erano del tutto innocenti ma a Law non sfuggì lo sguardo malandrino che aveva negli occhi. E, per la prima volta, Law era senza una risposta. E questo non accadeva da tempo immemore e, per quanto non fosse il ragazzo altezzoso che molti credevano, Law rimaneva pur sempre una persona orgogliosa. Ragion per cui fu il suo turno di girarsi verso il libro di storia e rimettersi a leggere, o almeno a fingere di leggere, ponendo fine alla conversazione. 
Dubitava che sarebbe riuscito a cavare un ragno dal buco, ormai, ma doveva almeno provarci, per tenersi impegnato. Mancava ancora un bel po’ alle cinque, rischiava di morire di noia.
«Perché la gente lo fa?»
Law si girò istantaneamente verso di lei che, lo sguardo di fronte a sé e la fronte aggrottata, sembrava presa a riflettere su una ben difficile faccenda.
«Cioè, premesso che io e Sabo parlavamo di una vera tesina di storia, perché secondo te la gente sente il bisogno di trovare nomi alternativi per il sesso? Voglio dire è una cosa naturale!»
Law si accomodò meglio sulla sedia, lasciando perdere di nuovo il manuale di storia.
Mancava ancora un bel po’ alle cinque. Per fortuna.

 
§

 
Raftel High School – Primo piano – Aula punizione
Ore 15.34
 
«Ouchouchouch! Molla! Perona molla!» protestò il moro girando il capo verso la compagna, che lo strattonava dal lobo premurandosi di metterci più forza che poteva.
Perona si limitò a lanciargli uno sguardo di fuoco, prima di abbassarlo sul libro di arte. La serigrafia che rappresentava Violet Riku, icona del cinema e del flamenco del secolo precedente, a opera di Diamante e che portava come titolo un semplice “Violet” la fissava dalla pagina nelle sue variopinte varianti. Perona sospirò. C’era ancora molto da dire ma le informazioni essenziali, quelle perché Ace potesse strappare almeno un sei all’interrogazione, le avevano già sviscerate tutte e con estrema fatica da parte del moro. Inutile torchiargli il cervello più del necessario perciò tanto valeva passare al dipinto successivo. «Okay, questo è il “Ritratto di Wa…»
Un suono raschioso, per niente bello a sentirsi, li distrasse dalla loro lezione. Si voltarono all’indietro, verso Law che, la bottiglietta dell’acqua aperta in mano, stava rischiando di sputare fuori le corde vocali e Koala che gli batteva la mano sulla schiena per aiutarlo a riprendersi dal soffocamento. Vergo sollevò a malapena gli occhi dalla propria lettura per tornare ad immergercisi immediatamente.
Appurato che Law non stava per stramazzare per mancanza d’aria lì in aula punizione, Perona voltò nuovamente le spalle ai due compagni, imitando Ace che si era già rigirato. «Dicevo…»
«Senza di me sono persi.» sospirò Ace e Perona si congelò sul posto.
Contò fino a cinque prima di sollevare lentamente la testa e constatare, come d’altra parte aveva immaginato, che Ace stava guardando fuori dalla finestra verso il campo di lacrosse. Di nuovo. 
Lo osservò scuotere il capo sconsolato, picchiettando con le unghie sul banco, prima di schiarirsi rumorosamente la gola. Ace sobbalzò, manco Perona avesse appena sparato un colpo in aria, e si girò per incrociare il suo sguardo truce. «Dicevo.» affermò dura, indicando con tanta veemenza il dipinto da rischiare di trapassarlo con l’unghia curata. «Ritratto di Wanda Zou di Kanjuro.» riprese, senza staccare gli occhi da Ace per essere sicura che non si girasse di nuovo a controllare l’allenamento dei Moby Dick.
Continuò a fissarlo quando abbassò gli occhi sul dipinto. Continuò a fissarlo quando corrugò le sopracciglia e socchiuse gli occhi. Continuò a fissarlo quando piegò il capo di lato chiaramente perplesso. E a un certo punto non sapeva più da quanto lo stava fissando e come fare a smettere di fissarlo perché Ace aveva un profilo perfetto, sembrava scolpito nel marmo con il naso dritto e la mascella squadrata, e tutte quelle lentiggini lo facevano sembrare un bambino e creavano uno stupendo contrasto con l’espressione seria e adulta che aveva in quel momento, dovuta alla concentrazione e che gli donava tanto, così tanto che…
Perona sgranò gli occhi, bloccando il flusso di pensieri, e smosse le spalle mentre distoglieva lo sguardo da lui. «Olio su tela, proveniente da Wano C…»
«Ma è orrendo!»
Perona lo guardò sconvolta. E anche lievemente sollevata che Ace l’avesse interrotta visto che la sua voce non era per niente stabile. Ma soprattutto sconvolta. «Prego?» domandò a occhi socchiusi.
«Oh ma andiamo! È un obbrobrio! Non vedi che ha un occhio sulla guancia?»
«Mai sentito parlare di Cubismo?» chiese Perona, incrociando le braccia sotto il seno. «Frammentazione della realtà? Sovrapposizione dei punti di vista?»
«Mancanza di talento?» imitò il suo tono e Perona separò appena le labbra su cui era rimasto solo un residuo pigmento rosso. «Dai Perona, guardalo bene! Sembra dipinto da un ipovedente senza mani appeso a testa in giù! E che guarda il soggetto attraverso un vetro rotto!» aggiunse dopo un’ultima rapida occhiata al ritratto.
La ragazza spostò gli occhi dal dipinto a Ace, al dipinto, a Ace, incredula. «Perché, tu sapresti fare di meglio?» lo sfidò.
«Non è che ci voglia molto!»
«Vediamo allora.»
Ace sostenne il suo sguardo ancora qualche istante e poi si chinò sul proprio zaino per estrarre un quaderno e una matita. Lo aprì su una pagina bianca, si chinò, tracciò poche rapide righe e lo allungò a Perona, più che mai perplessa che avesse già finito. Lo afferrò e guardò l’opera di Ace, che aveva disegnato un omino di quelli dell’impiccato ma con i capelli un po’ ondulati e una fiamma in mano.
Perona si dovette mordere il labbro inferiore e sollevò il quaderno per nascondere la risata che le stava salendo alle labbra.
Che scemo che era!
«Scusa…» si fermò per reprimere di nuovo la risata. «Questo qui sei tu o è Sabo?»
Ace mise su un’espressione che significava “Non è ovvio?” prima di rispondere: «Sabo naturalmente! Come vedi niente lentiggini. E poi io sono molto più bello.» 
«Okay, cosa stai cercando di dimostrare?»
«Che sono più bravo io di questo qui. Infatti tu hai capito subito chi era il soggetto.» affermò trionfante.
«Veramente un dubbio lo avevo.»
«Perché non hai guardato bene. Scommetto che nemmeno Wanda Zou s’è riconosciuta quando ha visto quel coso lì.»
Un suono cristallino riecheggiò nell’aria. E quando Perona portò una mano alla bocca per soffocarlo era troppo tardi, stava già ridendo. Stava ridendo e il modo in cui gli occhi si Ace si accesero quando sentì la sua risata le fece venire voglia di ridere ancora di più solo per continuare a vedere quell’espressione sul suo volto.
«Okay, okay.» agitò una mano nell’aria, calmandosi ma senza smettere di sorridere. «Facciamo che Kanjuro lo vediamo un’altra volta.» decise, senza neanche rendersi conto delle implicazione della sua frase, implicazione che però fece rizzare le orecchie a Ace. Ma non ebbe tempo di commentare con una battuta e un sorriso suadente, quando Perona finì di voltare la pagina.
Ace aveva già capito che i ritratti non erano disposti in ordine cronologico in quel capitolo ma ormai non si aspettava più di vederla. E invece eccola lì, a occupare l’intera pagina di sinistra, simmetrica alla foto della tela di Ryuboshi, ricoperta di foglie di corallo, raffigurante Othoime Ryuugu, conosciuta anche come la “Donna Sirena”.
Ma Ace non aveva alcun interesse per la sfarzosa quanto certosina tecnica con cui Ryuboshi aveva immortalato Othoime Ryuugu, per l’eternità, perché lei era probabilmente il solo dipinto che avesse mai attirato la sua attenzione, era bellissima, era…
«La “Ragazza con l’orecchino di perla”.» annunciò Perona e dal suo tono un po’ sognante Ace comprese che non era l’unico appassionato di quel quadro.
«Di Van der Decken, olio su tela, conosciuta anche come la “Ragazza col turbante”.»
Quanto mai sorpresa, Perona sollevò gli occhi dalla pagina per posarli su Ace, che invece continuava a fissare rapito il dipinto.
«L’occhio viene attratto subito dal riflesso della luce sulla perla che in realtà sono solo due pennellate discontinue che il cervello completa, dando all’occhio l’illusione che l’orecchino sia dipinto intero.»
Perona sbatté le palpebre interdetta. «Credevo fossi una capra in storia dell’arte.» mormorò ma Ace non accennò a sollevare gli occhi su di lei.
«È un’eccezione. Lo conosco a memoria perché alle medie passavo tutte le ore di arte a guardarlo. Per ore e ore.» raccontò senza vergogna. «È bellissima.» continuò con il tono di uno che non si era accorto che stava pensando ad alta voce. «Ti somiglia così tanto.»
Il cuore di Perona si fermò per un attimo e poi riprese a battere al doppio della velocità a cui un cuore umano dovrebbe battere. Senza fiato, cercò di metabolizzare quello che aveva appena sentito, imponendosi di restare con i piedi per terra.
Ace era talmente in contemplazione da essersi estraniato completamente, quindi poteva anche essere che non stesse parlando di lei. E comunque non avrebbe fatto nessuna differenza, non è che per due complimenti detti bene e al momento giusto lei…
«Non tanto il viso, c’è solo una vaga somiglianza con quello. Sono gli occhi. Ha i tuoi stessi occhi, Perona. Così grandi e scuri che ti ci perdi dentro. E quando la guardi non puoi fare a meno di chiederti a cosa sta pensando.»
Perona strinse saldamente il bordo della sedia.
Stava parlando di lei.
Stava parlando di lei e, porca miseria, sì che faceva differenza! Faceva tutta la differenza del mondo e lei… lui…
“Da quel che ricordo ho sempre voluto conoscerti.”
Lui…
“Alle medie passavo tutte le ore di arte a guardarlo.”
“Ti somiglia così tanto.”
«Ho risposto male alla professoressa Jora!» buttò fuori così di colpo che Ace sobbalzò prima di girarsi a guardarla, interrogativo.
«Che cos…»
«Ho detto che secondo me Kanjuro è un incapace che si è approfittato dell’ondata del Cubismo per affermarsi e lei mi ha dato della ragazzina saccente e irrispettosa e di non parlare se devo dire solo idiozie e io le ho risposto che è sempre meglio essere ragazzine saccenti  e irrispettose piuttosto che delle vecchie megere incompetenti e frustrate e che quanto meno la mia voce è piacevole da sentire anche se dice idiozie.» spiegò tutto d’un fiato, lasciando Ace interdetto.
Nessuno dei due parlò per alcuni secondi poi Ace si aprì piano in un sorriso. «Okay.» mormorò, assurdamente felice, senza staccare gli occhi da quelli di Perona. «Ora però respira.»
Perona si rese conto che stava ancora trattenendo il fiato e sorrise a sua volta. Non sapeva dire quanto tempo avessero passato a guardarsi così, entrambi con un’espressione ebete sulla faccia, quando tornò in sé.
Inspirò a pieni polmoni mentre Ace si schiariva la gola. «Allora… continuiamo con il prossimo dipinto?»
«Come vuole lei, prof.» scherzò Ace, la voce roca.
Ci misero ancora qualche istante per riuscire a distogliere gli occhi l’uno dall’altra e riportarli sulla pagina del libro.
«Okay. “Ritratto di Othoime Ryuugu”, olio e corallo pressato in foglie su tela…»















Angolo dell'autrice
Mi sono dimenticata, un paio di capitoli fa, di chiedere scusa a Leonardo da Vinci e alla sua "Dama con l'ermellino", da me impunemente presa e stravolta. Ma siccome il buon vecchio Leo non mi bastava, mi vedo costretta a scusarmi con altri pittori e opere in questo nuovo capitolo. In particolare con Andy Warhol e la sua serigrafia di Marilyn, il "Ritratto di Adele Bloch-Bauer I" di Gustav Klimt, Pablo Picasso (non lo penso davvero, non penso che sia come Kanjuro) di cui ho usato come ispirazione il "Ritratto di Dora Maar" e per finire Jan Vermeer di cui ho lasciato intoccato il dipinto ma a cui ho appioppato l'identità di Van der Decken. Si staranno rivoltando tutti nella tomba e io, incurante di ciò, proseguo imperterrita e sorridente a ringraziare tutti voi che siete giunti fin qui.
Pace e bene a tutti!
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