Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Persej Combe    01/04/2017    1 recensioni
Un giorno, tanto tempo fa, ho incontrato un bambino. Non lo dimenticherò mai. È stato il giorno più emozionante di tutta la mia vita. Nessuno potrà mai avere la stessa esperienza che ho avuto con lui. Ciò che abbiamo visto, è precluso soltanto a noi.
...In realtà, non ricordo neanche il suo nome. Non ricordo nemmeno se ci siamo presentati, a dire il vero. Però non smetterò mai di cercarlo. Un giorno so che le nostre mani si uniranno di nuovo, come quella volta. Perché noi siamo destinati a risplendere insieme per l’eternità.

[Perfectworldshipping]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan, Serena
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Eterna ricerca'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


..

23 . Legami


 

   Ci sono alcuni legami che nascono così, senza un apparente motivo. Due individui si incontrano e immediatamente si comprendono, si sentono indissolubilmente stretti l’uno all’altro, senza che sia accaduto qualcosa di troppo speciale. A pelle, direbbe qualcuno, o meglio ancora a prima vista. Questo pensò Serena nel momento in cui udì un ululare dietro di sé e voltandosi vide il suo Lucario.
   Perché non c’era stato nessun contatto tra di loro prima che si fossero uniti sulla Torre Maestra, se non quello dei loro sguardi venutisi incontro. Ed era stato tanto strano lottare contro Ornella, sentirsi talmente affini al punto da provare gli stessi dolori e le stesse gioie durante il combattimento. A volte Serena ancora percepiva i tagli e i lividi addosso provocati dagli attacchi avversari sul corpo di Lucario. Quella sintonia che aveva provato con lui quando si era megaevoluto le pareva ancora per certi versi assurda. Per molto tempo ci aveva riflettuto sopra, ma non aveva mai trovato una spiegazione sensata.
   Eppure, c’è davvero bisogno di dare un senso ai legami che si hanno? È forse possibile trovare la ragione di un affetto incondizionato?
   Serena allungò un braccio verso il proprio Pokémon. Lasciò che si avvicinasse accanto a lei, seduta su una solitaria pietra in mezzo agli alberi, e che le leccasse via le lacrime dalle guance.
   «Non volevo fuggire via in quel modo», sussurrò, con la voce ancora un po’ rotta «Ma mi sentivo così frustrata e confusa, io...».
   Il Pokémon ritrasse il muso e la osservò silenziosamente in viso. Poi con un lento cenno della testa le fece intendere che comprendeva i suoi sentimenti e che non c’era bisogno di aggiungere altre parole. Serena lo ringraziò con un bisbiglio mentre si stropicciava un occhio. Voltò lo sguardo verso il mare all’orizzonte e rimase a guardarlo. Ogni tanto ancora singhiozzava, tuttavia ormai sembrava essersi tranquillizzata abbastanza.
   «Sai, è difficile. Pensare di dover salvare tutto e tutti senza alcuna alternativa...» disse «Io mi sento così debole».
   Lucario scosse la testa. Le prese le mani con le zampe e le strinse. Già da tempo lui aveva percepito il suo spirito irrequieto e già da tempo aveva capito che esso l’avrebbe inevitabilmente portata a scontrarsi con grandi tormenti. Tuttavia, aveva anche avvertito la presenza di una forza sopita e aveva avuto la prova della sua tenacia nel momento in cui l’aveva sfidata a Cromleburgo. Sulla Torre Maestra Serena era stata in grado di mettersi a nudo e di far trapelare quella potenza nascosta nel suo animo come ben pochi sarebbero mai riusciti a fare.
   Anche Lucario sentiva di possedere quel tipo di forza dentro di sé. Sapeva di avere delle capacità che lui soltanto sarebbe stato in grado di padroneggiare, poiché erano costitutive della sua natura, erano la sua essenza e la sua identità. Eppure non era mai riuscito a sprigionarle completamente, se non durante la lotta che aveva combattuto al fianco di lei. Non capiva bene il motivo – forse non ce ne era alcuno – tuttavia gli sembrava che i loro animi si assomigliassero.
   Le sarebbe sempre stato vicino e avrebbe fatto di tutto affinché potessero scoprire insieme la realtà di quelle loro nature. Non si sarebbe mai tirato indietro nel momento in cui lei avrebbe avuto bisogno del suo aiuto, per nessuna ragione. Avrebbe versato ogni energia per costruire e tenere salda la loro amicizia.
   Non sapeva come dire tutto questo a Serena. Restò a scrutare le sue mani, incerto, poiché non era sicuro che avrebbe potuto comprendere quei pensieri soltanto da quel gesto così semplice. Ella allontanò le dita dalle sue zampe e le portò sul suo viso, avvicinandolo piano al proprio petto per poterlo abbracciare: aveva capito. Lo accarezzò con delicatezza tra le orecchie, col mento poggiato in mezzo al suo pelo morbido.
   L’incedere della monorotaia diffondeva intorno un fischio pigro e ovattato. Serena alzò lo sguardo e vide la fila di vagoni camminare piano sulla ferrovia sopraelevata mentre si apprestava a raggiungere l’arrivo nella stazione lì vicino. All’orizzonte invece c’era sempre il mare con le sue onde che si erano calmate assieme al vento, nonostante la temperatura fosse comunque bassa.
   «Però hai lasciato Shana da sola, poverina», disse poi rivolta al Pokémon.
   Il pensiero le era volato all’improvviso verso la figura della compagna raggomitolata nel letto, verso le sue dita sottili e dal tocco timido che le avevano stretto con tanto vigore la mano. Serena abbassò la testa, scrutò assorta il proprio bracciale. Accarezzò insicura la pietra, riportando alla mente quella sensazione che l’aveva colta e provando nuovamente il batticuore, ma in maniera più lieve e consapevole.
   Mai prima di allora si era sentita così amata e sostenuta, e nell’animo percepiva questo tumulto tanto dolce come una tempesta, un uragano che abbatteva ogni cosa, che spazzava via i muri e i tetti delle dimore dei suoi tormenti e che poi li sollevava, li spezzava, li distruggeva, spargendone i rimasugli nel vento di quello splendore finché perdevano consistenza.
   Provò una tiepida gioia nel momento in cui pensò con quale disarmante affetto ella l’avesse accolta fin dal primo istante nella cerchia, nel proprio spazio. Inspirò profondamente, guardando il lungo e lineare riflesso della luna sopra lo specchio d’acqua. Si passò una mano sugli occhi a cacciare via le ultime lacrime.
   «Ne sono così grata...» sospirò, accarezzando ancora la testa di Lucario.
   Ecco che aveva scorto una luce, un piccolo bagliore in lontananza, che prometteva tante belle cose che non vedeva l’ora di poter afferrare con le proprie mani, saldamente, per non farsele sfuggire. E le avrebbe vissute una ad una, pienamente, sia quelle piacevoli che quelle tristi, godendo di ognuna senza il minimo rimpianto. Adesso sapeva che non sarebbe stata sola, e questo pensiero la spingeva più di ogni cosa a farsi avanti per lottare e difendere con tutte le proprie forze coloro a cui teneva: Shana, Lucario, i suoi Pokémon e molti altri. Certo, il combattimento, la lotta vera avrebbe messo alla prova lei soltanto, ma quell’appoggio era molto più di qualsiasi altro aiuto avrebbe mai sperato di poter ottenere.
   Sorrise, finalmente sicura e confortata. Tuttavia non poté fare a meno di tornare a scrutare pensierosa la Pietra Chiave.
   «Eppure, non capisco,» sussurrò «per quale motivo ha brillato in quel modo?».
   Si tirò in piedi e si sistemò meglio i lembi della gonna per cercare di coprire le gambe un po' infreddolite, facendo poi segno a Lucario di avviarsi insieme, che si era fatto tardi e non voleva lasciare Shana da sola per troppo tempo. Così, mentre si rimettevano in marcia verso l’albergo, già pensava alle parole da rivolgere alla compagna e alle scuse: si sentiva mortificata per il comportamento che aveva avuto per l’ennesima volta nei suoi confronti, per cui sperava di potervi porre rimedio in qualche modo.
   Ad un tratto però si fermò.
 Lucario era già andato avanti di qualche passo quando si accorse che la ragazza era rimasta indietro. Si girò e la vide intenta a guardarsi attorno, come allertata da un suono improvviso. Dalla strada provenivano delle voci. Dal tono sembrava stessero discutendo di qualche affare importante. Serena continuò a girare per un po' lo sguardo finché non individuò la provenienza di quel parlare dall’interno della stazione. I suoi occhi si fecero grandi, come quando si osserva un qualcosa di caro smarrito da tanto tempo e di cui non ci si ricordava nemmeno.
   «Questa voce…», sussurrò sovrappensiero. Si mosse verso di essa, e più le si avvicinava, più le sembrava intimamente familiare. Lucario seguì Serena senza batter ciglio, vigilando cautamente attorno.
   «Certo, posso provare a chiedere ai Superquattro, se vuoi. Tuttavia, nel caso in cui qualcuno accettasse, dovremmo assolutamente discuterne insieme. Capisci, a quel punto si creerebbe uno squilibrio tra i quattro membri e le prove non risulterebbero eque come esige il regolamento».
   «Sì, capisco. Ti ringrazio davvero molto. Dagli pure i miei contatti in caso dovessero aver bisogno di chiarimenti».
   «Figurati, per così poco. Non preoccuparti. Comunque ne sei proprio sicuro? Mi pareva che avessi già una lista piuttosto lunga di candidati».
   «Non sbagli, mia cara, ma se possibile vorrei trovare un buon collaboratore di cui mi possa fidare. Vedi, è una ricerca estremamente importante. Ho già fatto qualche colloquio e molti mi hanno dato una cattiva impressione, intendo circa gli scopi secondari che intenderebbero raggiungere al di là del progetto».
   «Beh, mio caro, non c'è n’è proprio nemmeno uno che ti abbia ispirato un minimo di fiducia?».
   «Ecco. A dire il vero, una persona ci sarebbe. E in realtà ci starei pensando già da un po', ma…».
   «Ossia? Di chi si tratta?».
   «Professore!», non appena li ebbe riconosciuti, Serena corse loro incontro agitando con entusiasmo la mano «Buonasera, Diantha».
   I due si voltarono verso di lei con espressione sorpresa e il Professor Platan la salutò con un sorriso grande e accogliente: «Oh, Serena!», esclamò. Poi vide il bracciale che aveva al polso e il Pokémon che la accompagnava ed annuì soddisfatto. Era molto felice di quel progresso, in parte perché in questo modo avrebbe potuto aiutarlo ancora di più nei suoi studi, ma soprattutto per il significato che forse poteva avere la sua vittoria nella Torre Maestra, di cui Cetrillo lo aveva informato. Quel certo Je ne sais quoi che aveva visto in lei la prima volta che si era presentata al Laboratorio incominciava ad assumere un carattere sempre più esplicito e definito, ed egli aveva iniziato a nutrire qualche speranza circa il suo ruolo all'interno del grande cerchio confuso in cui sembravano essere stati messi assieme, pur non essendo mai del tutto scevro da dubbi, poiché ovviamente non poteva avere alcuna certezza tangibile. In maniera particolare, da quando aveva riacquisito la memoria del proprio passato, la figura della ragazza aveva assunto una natura ancor più enigmatica e ambigua. Eppure, era stato proprio questo il motivo che lo aveva spinto a partire alla volta di Temperopoli per incontrare la giovane; ma, forse, soltanto il tempo sarebbe stato in grado di rivelargli quell’incognita che al momento non gli era data di conoscere.
   «Congratulazioni!», le disse fiero, «Vedo che ora hai tutto il necessario per la Megaevoluzione. Una Megapietra per il tuo Pokémon e un Megacerchio per te».
   Platan si avvicinò a Lucario, osservando compiaciuto il modo in cui premurosamente sorvegliava la ragazza. Allungò una mano e lo accarezzò con delicatezza sotto al muso, lasciandogli sfuggire qualche mormorio appagato mentre piano piano prendeva a trattenersi contro le sue dita per ricevere i suoi grattini.
   «E naturalmente anche un forte legame che vi unisce» aggiunse poi, senza smettere di coccolare il Pokémon. Ridacchiò intenerito di fronte all'affettuosità di Lucario, e quando dovette allontanarsi lo fece un po' a malincuore. Diantha se ne accorse e non poté fare a meno di sorridere: aveva sempre ammirato la tenerezza che riusciva a riservare in maniera così spontanea ai Pokémon. Serena da parte sua si affrettò a richiamare a sé Lucario. Quella confidenza che si era preso nei confronti del Professore la faceva sentire leggermente in imbarazzo, ma egli non ne sembrava affatto risentito. In effetti, ora che ci ripensava, per quel che si ricordava era sempre stato un tipo gioviale e bendisposto in ogni caso, non l’aveva mai visto pensieroso o sgarbato, tuttavia per lei si trattava pur sempre di una figura di riferimento a cui rivolgersi con il dovuto rispetto. Era da molto tempo, comunque, che non lo vedeva. L’ultima volta risaliva al momento in cui le aveva affidato Bulbasaur, che ormai era diventato un Ivysaur ed era in procinto di evolversi in Venusaur. C’era sì stata qualche conversazione attraverso l’Holovox, ma sempre breve e sommaria, spesso volta esclusivamente al riepilogo di obiettivi e traguardi vari. Dava un certo conforto rivedere l’uomo davanti a sé in carne ed ossa, con quel sorriso gentile e rassicurante che mai un ologramma sarebbe stato in grado di rendere ugualmente vivido.
   «Un legame, hai detto?», chiese Diantha, richiamata da quell’affermazione.
   «Sì», rispose il Professore annuendo e fissando intensamente il ciondolo che la donna portava al collo, «Un legame proprio come quello che c'è fra te e la tua Gardevoir. Secondo le mie teorie, il legame tra Allenatore e Pokémon è la chiave per scoprire il mistero della Megaevoluzione. Ma cos’è esattamente questo legame? Per il momento non mi è ancora chiaro. Ed è per questo che sto cercando un collaboratore che mi permetta di approfondire le mie ricerche e di trovare delle risposte».
   «Ora capisco. Mi dispiace davvero di non poterti aiutare, Platan. Purtroppo al momento ho molti impegni e con i numerosi spostamenti che mi tocca fare immagino sarebbe problematico riuscire a seguirmi con dei ritmi del genere».
   «È vero, ma non preoccuparti, dopotutto mi hai già aiutato tantissime volte al di là della sfera lavorativa. Ti ringrazio per essermi sempre accanto, Diantha…».
   Serena rimase abbastanza sorpresa dallo sguardo che i due si erano scambiati subito dopo quell’ultima frase, ma soprattutto dal tono di voce con cui Platan l’aveva pronunciata. Per la prima volta le parve di scorgere una sorta di tentennamento nel comportamento del Professore, come se avesse appena messo a nudo una sua debolezza. Negli occhi chiari di Diantha vi erano sicurezza e compassione: dall'intensità dell’espressione impressa sul suo viso era chiaro che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di mantenere segreta quella parte più intima che Platan doveva evidentemente averle mostrato in precedenza, e che l’avrebbe custodita con riguardo, lontano da occhi indiscreti.
   L’uomo aveva cominciato ad abbozzare un sorriso estremamente grato da rivolgerle come ulteriore segno di riconoscenza, ma nel momento in cui si ricordò della presenza di Serena lo interruppe bruscamente, impacciato, e lo mutò in uno meno coinvolto, più semplice e simile al suo solito. Questo tuttavia non riuscì affatto ad acquietare la curiosità della ragazza di fronte al comportamento che sia lui che l’altra avevano appena mostrato.
   «Ah...» incespicò, cercando di riprendere il filo del discorso «Ecco. La Megaevoluzione è un fenomeno ancora sconosciuto per molti versi. Come stavo dicendo, restano ancora tante domande senza risposta. Ad esempio, per quale motivo è attestata solo tra i Pokémon della regione di Kalos?».
   «Beh, è un po' come per i Pokémon Leggendari di Kalos, credo» provò a riflettere la donna «Essi hanno delle caratteristiche tipiche, esclusivamente proprie di Kalos e non di altre regioni, no?».
   Platan rimase a pensare qualche istante, poi i suoi occhi brillarono e si girò di scatto, elettrizzato da quell’ipotesi: «Giusto! Ma certo!» esclamò, gesticolando con le mani in maniera concitata.
   Diantha aveva ragione: Xerneas e Yveltal avevano delle qualità che nessun altro Leggendario avrebbe potuto avere all’infuori di Kalos. Non sarebbero mai potuti stare al fianco di un Dialga e di un Palkia a Sinnoh o di un Kyogre e di un Groudon ad Hoenn, poiché essi appartenevano solo e soltanto a Kalos ed integravano nella loro essenza la natura peculiare ed esclusiva di quell’unica regione, erano la sua storia e la sua cultura. Lui più di molti altri, forse, riusciva a comprendere meglio quell’aspetto, ora che Diantha gliel’aveva fatto notare, essendo egli stesso parte fondamentale di quel circolo, di quella rete di collegamenti che dal passato continuavano senza sosta ad intrecciarsi e confondersi. Allora, quando si concentrò più intensamente su quel pensiero, un certo timore lo paralizzò per qualche secondo, ma si affrettò presto a camuffarlo, che non voleva darlo troppo a vedere alle due ragazze.
   «Ottima osservazione!» asserì poi, dopo essersi ricomposto «Più si scopre e più c’è da scoprire. Non si finisce mai d’imparare».
   Diantha annuì, d’accordo con lui, poi si accinse a controllare l’ora sul suo orologio e le sfuggì un’esclamazione di dispiacere. Guardò con rammarico sia Serena che il compagno e si scusò infinitamente mentre afferrava saldamente la valigia che aveva lasciato a terra.
   «Perdonatemi,» disse muovendo qualche passo per cominciare ad avviarsi «mi stanno aspettando in albergo e non vorrei tardare troppo: si è già fatta una certa ora. Platan, continueremo i nostri discorsi non appena tornerò a Luminopoli, intanto cercherò di farti sapere per i Superquattro. E tu,» si rivolse poi alla ragazza rivolgendole uno sguardo particolarmente interessato «Serena, stai dando davvero un gran parlare ai Capipalestra. Ho sentito molte voci sul tuo conto negli ultimi tempi. La prossima volta che ci incontreremo faremo una lotta, okay?».
   Ella fece cenno di sì col capo, onorata da una simile richiesta. Lucario le andò vicino e assieme a lei sostenne lo sguardo di sfida che la donna aveva rivolto loro con evidente entusiasmo. Diantha sorrise, raccomandandosi ancora un’ultima volta e dando poi la buonanotte prima di partire definitivamente.
   «Sicura di voler andare da sola? Non vuoi che ti aiuti con i bagagli?» chiese però il Professore mentre la vedeva valicare la porta d’uscita, provocando subito le risate della donna.
   «Risparmia le tue maniere da gentiluomo, Platan, e rivolgile a qualcun altro che ne ha più bisogno! A presto!».
   La stazione si era fatta improvvisamente più silenziosa e solitaria. Serena rimase un attimo impensierita da quel clima che era sceso, come quando ci si deve salutare malvolentieri con gli amici per andare via e mentre si percorre la strada per tornare a casa non restano altro che gli echi delle risate e delle voci nelle orecchie, che si vorrebbero ancora vicine e presenti. Si stropicciò un occhio e si rese conto che era anche la stanchezza a trasmetterle quella fiacchezza un po’ vaga. Ripensò a Shana e intanto si accostò a Lucario, come a volergli far cenno di andare, poi si girò verso il Professore con l’intenzione di salutarlo, ma egli la bloccò, pur non senza rammarico.
   «Ascolta, Serena,» le disse con voce bassa e gentile «so che è tardi, ma il motivo principale per cui sono venuto a Temperopoli è perché volevo parlarti. Ce la fai a star sveglia ancora un po'? Te la senti? Perdonami il disturbo, so di non averti dato neppure il minimo preavviso… Ti riaccompagno io, dopo».
   Lei gli rivolse uno sguardo interdetto, avendo colto una certa nota di urgenza nel suo tono premuroso. Osservò Lucario ripensando ancora una volta a Shana e indecisa sul da farsi. L’occhio le cadde distrattamente sul bracciale e vide la pietra colorata. Rifletté qualche istante. Infine si decise.
   «Per favore, Lucario, torna all’albergo e rassicura Shana. Io e il Professore abbiamo bisogno di parlare un po' da soli. Tornerò presto, non preoccuparti».
   Il Pokémon allora scrutò a lungo e in silenzio l’uomo per accertarsi di potergli affidare la propria Allenatrice. Platan sorrise, comprensivo.
   «Tranquillo. Serena è in buone mani» disse poggiandone una sulla spalla della ragazza.
   Lucario allora diede segno di approvazione con un cenno della testa. Si mosse verso la porta a vetri e si avviò lungo la strada del ritorno, non senza però aver prima rivolto un ultimo sguardo per controllare i due: la vista del viso tranquillo di Serena bastò a confortarlo del fatto che ormai ogni tormento pareva essersi dissipato.
   Il Professore propose che uscissero anche loro, per fare due passi.
   «Deve portarmi da qualche parte?» chiese Serena mentre attraversavano la strada per raggiungere il marciapiede che correva più vicino alla costa.
   «No» rispose Platan sistemandosi accanto a lei e assicurandosi che non passasse qualche auto «No, vorrei semplicemente parlare un po' con te. È da parecchio che non ci vediamo, e mi farebbe piacere scambiare quattro chiacchiere insieme. Però, sai, era da molto che non venivo a Temperopoli, anche. Diantha ha sempre avuto ragione: è una città splendida».
   Il villaggio era immerso in una gradevole calma. In giro vi era ancora qualche gruppo di turisti che per la maggior parte passeggiava sul lungomare, dove chioschetti colorati e vivaci rallegravano l’aria. Da lontano sembrava provenire l’accenno di una musica e un leggero brusio di voci, ma per il resto la città era tranquilla e nelle zone più interne vi era un silenzio sereno, interrotto soltanto dallo scroscio delle onde che di tanto in tanto si abbattevano sulla costa.
   «La preferisco di gran lunga a Luminopoli: troppo dispersiva e caotica per i miei gusti».
   «La prima volta che venni al suo Laboratorio mi chiesi appunto come facesse a viverci. È decisamente enorme, poi, beh, soprattutto per una come me che si è trasferita in un paesino come Borgo Bozzetto e che non ha mai vissuto in città così grandi».
   «Oh, quando mi ci trasferii per il mio tirocinio presso il Laboratorio dopo l’apprendistato con il Professor Rowan mi perdevo in continuazione» le confidò con una risata «Dopotutto anch'io vengo da un villaggio di campagna. Sono nato a Ponte Mosaico. Ci misi un po' di tempo a memorizzare le strade e le piazze, mi sembravano tutte uguali e probabilmente non sarei riuscito a distinguerle se non fosse stato per i colori degli obelischi. Il mio Garchomp, che all’epoca era ancora un Gabite, sapeva orientarsi meglio di me e dovevo corrergli dietro per non perderlo di vista. Ma, anche se a volte mi capitava di rimanere solo, potevo sempre contare su una tazza di caffè. Non era male. A volte quando ci si perde si possono fare degli incontri che migliorano le giornate più di quanto ci si potrebbe aspettare».
   Serena vide di nuovo quello sguardo assorto e intenso. Lo osservò attentamente, accorgendosi che non era simile a quello che aveva rivolto a Diantha venti minuti prima come le era parso lì per lì. Sembrava anzi molto più vivido e coinvolto. Si domandò a cosa o a chi stesse pensando. Sapeva che probabilmente non sarebbe stato il caso di chiedere, ma era difficile tenere a freno la curiosità. Così, mentre Platan si risvegliava dalle proprie riflessioni e si apprestava a scusarsi per quel suo solito pensare ad alta voce, Serena disse, con una punta di imbarazzo: «Professore, ma... Ecco, che sia stato un incontro tra lei e Diantha?».
   Egli rimase un attimo frastornato da quella domanda. Serena sentì il sangue gelarlesi nelle vene e si maledisse per essersi azzardata a compiere un gesto così avventato nei sui confronti: il comportamento di Lucario passava sicuramente in secondo piano rispetto a quello che aveva appena avuto lei. Distolse gli occhi dallo sguardo dell’uomo e si girò dal lato opposto, a fissare il mare, o forse le stelle, non sapeva dire se ci fosse qualcosa in quel punto indeterminato a cui stava tentando di aggrapparsi disperatamente per sfuggire alla vergogna. Il Professore sorrise, rassicurante, ma ella non lo poté vedere.
   «Non preoccuparti, non sei di certo la prima a chiedermi della mia vita sentimentale. Né sarai l’ultima, suppongo» disse per confortarla «Comunque no, si tratta di un’altra persona. Io e Diantha ci conosciamo da molti anni, sin da bambini. E, beh, in realtà non ti nascondo che per un certo periodo ho effettivamente provato dei forti sentimenti per lei. Ma non è andata a finire proprio a rose e fiori».
   In quel mentre sbucò da un cespuglio un Patrat che sgattaiolò rapidamente di fronte a loro per andarsi a riparare dalla parte opposta della strada. Serena lo osservò incuriosita, non essendo ancora riuscita a catturarne uno, al contrario Platan si inceppò un attimo tra i propri passi.
   «Diciamo che ormai Diantha è diventata per me come una specie di sorella. Una sorella troppo buona», riprese a parlare con una leggera amarezza di cui tuttavia Serena non si accorse.
   «E siete fidanzati?», chiese infatti lei.
   «Cosa?».
   «Dico, lei è fidanzato con questa persona a cui si stava riferendo?».
   Platan tacque per molto, molto tempo prima di trovare la maniera in cui avrebbe potuto rispondere. La ragazza temette d’aver fatto nuovamente un passo falso, ma il Professore le si dimostrò aperto ancora una volta, mentre scuoteva la testa e un sorriso divertito gli si imprimeva sulle labbra: non sapeva neppure per quale motivo si sentisse così incline a confidarsi con una ragazzina, per di più sua allieva, e questo lo faceva sentire un po' in imbarazzo. Che fosse in virtù di quel legame segreto che sembrava unirli l’uno all’altra?
   «Non so neppure se si possa definire un fidanzamento, ormai» disse con tono lievemente ironico «Ma certamente tengo molto a questa persona, come anche questa persona tiene molto a me».
   Ad un tratto cominciò a diffondersi nell’aria un profumo zuccherato. Serena si guardò attorno con un certo interesse mentre con una mano tentava di sistemarsi per l’ennesima volta la gonna sulle gambe scoperte. C’era una pasticceria più in là, in fondo alla strada, e l’idea di poter agguantare un bel dolce caldo e saziante iniziò ad allettarla non poco. Bastò un’unica occhiata col Professore per capire che questa volta si trovavano entrambi inequivocabilmente d’accordo.
   Entrarono nel negozio e comprarono due bignè alla crema, appena appena usciti dal forno. Poi tornarono fuori e si sedettero su una panchina a mangiare in silenzio. Serena stringeva il dolce tra le dita tenendo le braccia posate sulle gambe per tentare di riscaldarsi un poco mentre masticava pensierosamente. Il vento si era alzato leggermente un’altra volta e le accarezzava i capelli della frangia, così come anche si divertiva a stropicciare i ciuffi scomposti di Platan.
   Lungo la strada si sentiva di tanto in tanto lo scampanellare di una bicicletta oppure le risate di qualche gruppetto vivace di adolescenti ancora in giro a divertirsi. Una coppia di anziani stava poggiata contro il parapetto che dava verso la spiaggia ad osservare il mare nero come la notte e le barche e i pescherecci.
   «Perché non si può definire un fidanzamento? È da molto che non vi baciate?».
   Platan inavvertitamente arrossì.
   «In effetti» disse con un po’ di esitazione «In effetti è da parecchio, ora che ci penso. Ma sai, Serena, l’amore non è fatto soltanto di baci e quelle cose lì. Voglio dire, non che siano sgradite, al contrario. Tuttavia c’è molto altro che ti lega a quella data persona».
   Serena lo ascoltò con attenzione, sistemandosi sulla panchina nel modo in cui potesse osservarlo e seguirlo meglio.
   «Io sono sempre stato una persona un po' introversa. Da bambino mi sentivo diverso dagli altri. Forse è per questo motivo che ogni tanto ancora oggi cerco di reprimere alcuni miei atteggiamenti e non sempre riesco a dire e a compiere quello che veramente vorrei. Io ero diverso, e sentivo che il mondo mi avrebbe accettato soltanto se mi fossi attenuto a quel che gli altri si sarebbero aspettati che io facessi. Perciò ho tentato di nascondermi dietro un paio di occhiali: nessuno avrebbe potuto oltrepassare la soglia delle lenti e indagare dentro i miei occhi. Ma poi, un giorno, tanto tempo fa, è arrivata questa persona» e detto questo aveva taciuto un istante, immerso con la mente in qualche ricordo.
   «C’era una tale fiamma nel suo sguardo!» sorrise poi, riprendendo a raccontare «C’è ancora adesso. Credo che sia una delle persone più stimolanti che abbia incontrato. Pochi mi hanno mosso quanto lei. Ecco, in realtà all’inizio era taciturna, non parlava mai molto. Ma i suoi occhi, cielo!, i suoi occhi gridavano e urlavano, nonostante da fuori apparissero così freddi. Non era qualcosa che si notava subito, ma ti ci dovevi soffermare attentamente per sentirlo. Ed io percepivo in quelle sue strane grida celate un che di simile a quel che provavo io. Allora ho iniziato ad aprirmi a questa persona, non senza paura, e lei mia ha accolto e spronato con una grande dolcezza. Le ho mostrato la mia essenza più intima e lei l’ha accettata senza tirarsi indietro. È rimasta, pazientemente, quando altri non avrebbero esitato un solo attimo ad andarsene, ha ascoltato le mie parole senza zittirmi. Mi ha salvato dalla foresta buia: da quel momento io ho cominciato a fiorire».
   La ragazza rimase a guardare l’uomo sentendo un grande calore nel petto. Improvvisamente aveva avvertito una profonda e inspiegabile familiarità, come quando si ritrova un qualcosa di caro smarrito da tanto tempo e di cui non ci si ricordava nemmeno, che viene infine riconosciuto come proprio. Sospirò, con gli occhi un po' lucidi per la commozione. Era così riconoscente per quelle parole, che l’avevano aiutata a demolire quell’immagine troppo idealizzata e fatale che in precedenza aveva avuto di lui: adesso lo sentiva molto più vicino di quanto era mai stato. Era una sensazione rassicurante.
   «È una persona estremamente bella e preziosa, in fondo, anche al di là del nostro rapporto. Se soltanto potessi, farei di tutto pur di proteggerla e salvarla a mia volta».
   Serena annuì. Distrattamente guardò i due bignè che ancora avevano in mano, sbocconcellati e con la crema che minacciava di colare fuori. Sorrise con tenerezza, felice di poter dividere con lui quel piccolo pasto insieme alle parole che si stavano scambiando.
   «La ringrazio per aver condiviso con me i suoi sentimenti. Li custodirò con grande cura», disse piano, guardando l’uomo negli occhi. Platan ricambiò il suo sorriso, confortandosi del fatto che quelle sue confessioni non fossero sembrate fuori luogo o eccessive. Non era male confidarsi con una persona che fosse in grado di ascoltare e percepire le sensazioni che provava, si ritrovò a pensare. Serena sembrava una ragazza gentile e di buon cuore.
   «Lo sa?» fece lei ad un tratto, abbassando il viso in un attimo di riflessione, «Fin dal giorno in cui mi arrivò la sua lettera, mi sono sempre sentita legata a lei in maniera particolare. È un po’ strano da dire, ma è come se mi avesse finalmente mostrato e permesso di percorrere la via del mio destino. Se non fosse stato per lei, probabilmente oggi sarei ancora a casa con mia madre, sotto l’ombra della Campionessa di Formula Rhyhorn. Invece adesso sto cominciando a scontrarmi con me stessa, a capire chi sono veramente. È difficile, ma so che è questa la strada giusta. Perciò, io le sarò sempre infinitamente grata, per la sua lettera, per il mio Froakie e per il mio Bulbasaur».
   Platan rimase onorato dalle sue parole sincere, e anche un po' stupito. Purtroppo non riuscì a trovare la forza di dirlo ad alta voce, ma la ringraziò comunque mentalmente, più e più volte. Mai avrebbe pensato che le sue azioni avrebbero ispirato qualcun altro con una tale passione e decisione, nonostante spesso, di notte prima di addormentarsi, si era domandato se sarebbe mai stato capace di instillare qualche stimolo nella mente dei suoi studenti attraverso le lezioni e i dibattiti e gli interventi. A proposito di studi, il suo sguardo si andò a posare sul bracciale della ragazza. Si disse che forse sarebbe stato meglio passare a quell'argomento che gli premeva di più, ma la gente in giro era ancora relativamente molta, ed egli non era del tutto persuaso di affrontare quel discorso nell'eventualità che qualcun altro oltre a loro due avrebbe potuto sentirlo. Così si alzò dalla panchina e fece per sistemarsi meglio il colletto del cappotto.
   «Per caso hai già visitato Temperopoli Alta?».



***
Angolo del francese.
      * Je ne sais quoi = Non so che .




 


Ciao a tutti!
Come va? Spero tutto a posto.
Avrei voluto pubblicare questo nuovo capitolo ieri, ma poi per forza di cose ho dovuto rimandare ad oggi. Spero di non avervi fatto aspettare troppo!
Il rapporto tra Serena e il Professor Platan era un punto che fin da subito mi sarebbe piaciuto mettere al centro della storia insieme ad altre cose. Sia lei che lui svilupperanno un certo legame importante nei confronti dell'altro/a. Mentre per Serena c'è già un significato particolare, Platan lo troverà più avanti. Spero di riuscirlo a delineare bene proseguendo con i capitoli, è qualcosa a cui tengo molto!
Stavolta non ho altro da aggiungere: mando a tutti quanti un bacione grandissimo, e ringrazio di cuore chiunque stia ancora seguendo questa storia, anche solo leggendo silenziosamente, nella speranza che possa appassionare e piacere ancora! ♥
Buon week-end e alla prossima~!
Pers

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Persej Combe