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Autore: Gwen Chan    04/04/2017    4 recensioni
Una piccola fiaba, dove Yuri non è più alto di un pollice, Victor è il principe delle fate, e devono affrontare molte avventure prima di poter stare insieme.
O, in altre parole, una Pollicina!AU
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hiroko Katsuki, Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il principe delle fate

Proprio come Hiroko aveva temuto e previsto, la vita non era molto facile per il piccolo Yuri. Sia gli esseri umani sia gli animali, che egli poteva comprendere, spesso lo prendevano in giro per la sua minuscola statura. Gli scarafaggi e i topi che ogni tanto entravano in casa si divertivano molto a spaventarlo. Spuntavano fuori dai buchi nel muro o da sotto il pavimento solo per inseguirlo.
Gli uccelli che venivano sul davanzale della finestra per mangiare le briciole di pane e che erano grandi come aerei agli occhi di Yuri, spesso lo afferrarono per le spalle e lo sollevano in aria, ignorando le sue grida di terrore.
Solo il cane di Hiroko trattava bene Yuri. Anzi, sembrava aver preso il dovere di proteggere il ragazzo molto seriamente, da come abbaiava senza sosta contro i coleotteri, gli uccelli, e qualsiasi altro animale volesse deridere o ferire il ragazzo.

Dal punto di vista umano le cose non erano migliori. Hiroko sapeva che una bella, giovane coppia che viveva non lontano da casa sua e che era stata in rapporti amichevoli con sua figlia aveva tre gemelle. Erano bambine intelligenti, anche se un po’ birichine.
Forse, pensò Hiroko, mentre tagliava la verdura per la cena, Yuri avrebbe potuto giocare con loro. Raccontò al figlio il suo piano e, quando egli infine accettò, fece la visita alla coppia per spiegare la situazione. I coniugi, di nome Yuko e Takeshi Nishigori, furono perplessi all’inizio - nessuno aveva mai visto un ragazzo non più grande di un pollice - e considerarono il tutto come uno scherzo. Accettarono comunque l’invito di Hiroko di portare le tre gemelle a giocare con questo Yuri; più per curiosità che per altro.

Arrivò domenica. Il trillo del campanello svegliò uno Yuri che sonnecchiava nel letto che Hiroko aveva creato da una scatola di cerini. Saltò in fretta fuori dalle coperte, scalpicciò attraverso il tavolo e sbirciò da dietro un enorme portamatite. Quando Hiroko lo presentò ai Nishigori, s’inchinò cortesemente. Poteva vedere la chiara sorpresa sui loro volti. Le loro tre figlie, invece, erano entusiaste; forse un po’ troppo. Una di loro afferrò il colletto di Yuri fra le dita e lo sollevò, fino a tenerlo sospeso a mezz’aria. Le sue sorelle si avvicinarono, tendendo in avanti le manine, impazienti per il loro turno. Il viso di Yuri prima divenne verde, quindi bianco come un lenzuolo pulito. Sospirò di sollievo quando le ragazze lo rimisero infine su un terreno solido.

Alla fine l’idea di giocare con le triplette si rivelò un fallimento. Erano intelligenti e divertenti, nessun dubbio, ma i giochi che amavano, come la palla o la corda, erano troppo grandi perchè Yuri li potesse apprezzare. Il ragazzo propose di far finta di prendere un tècon alcuni amici immaginari, ma le ragazze sbadigliarono la loro noia. Inoltre, a dispetto della sua dimensione, Yuri possedeva la mente di un adulto e doveva ammettere che giocare con tre bambine di sei anni non era esattamente la sua idea di divertimento. Nonostante ciò, fece del suo meglio per godersi il pomeriggio, alla ricerca di qualcosa che sia lui sia le ragazze potrebbero apprezzare. Quando i Nishigori tornarono a prendere le loro figlie, Yuri li invitò a tornare un altro giorno.
Non lo fecero.

Passarono settimane e poi mesi. Negli ultimi tempi gli insetti e gli uccelli avevano cominciato a deridere Yuri per il suo essere un po’ paffuto. Hiroko era davvero una grande cuoca, così Yuri si serviva sempre il bis della piccola porzione che di solito veniva messa davanti a lui a pranzo e a cena.

Una sera, con il morale a terra, Yuri posò una mano sulla pagina aperta di un libro sulle fate che Hiroko stava leggendo quel giorno. Aveva lettere grandi quasi quanto Yuri e ipnotizzanti illustrazioni. Il ragazzo era particolarmente affascinato da una nell’angolo in basso a destra. raffigurava un ragazzo snello con ali semitrasparenti che spuntavano dalle sue scapole e lunghi capelli d’argento tenuti in una coda. Una corona di rose blu gli cingeva la fronte. Soprattutto, il ragazzo nella figura era piccolo come Yuri.
Yuri accarezzò pagina, con aria sognante.
“Non sarebbe bello se esistessero davvero le fate” chiese al cane, che abbaiò una volta.
“Sì, sarebbe fantastico” continuò Yuri, prima di inchinarsi leggermente davanti alla figura e accettare una mano immaginaria. Fece un passo in avanti, girò sui posto, e iniziò a ballare da solo, in un duetto con un partner invisibile. Mentre ballava la sua bocca canticchiava una canzone su speranze e sogni.

Nel mentre che Yuri ballava da solo, sognando di belle fate con i capelli d’argento e profondi occhi blu, non troppo lontano il re e la regina della corte delle fate erano in giro sul loro carro trainato da due farfalle colorate, per il loro compito annuale di cambiare colore alle foglie per l’autunno. Un gesto ondeggiante delle loro mani e il verde si trasformava immediatamente in giallo brillante, caldo arancio e rosso intenso. Il re, in verità, era un po’ preoccupato - anche un po’ arrabbiato - poiché il principe ereditario era introvabile.
“Quel ragazzo, non sarà mai in grado di guidare un regno se continua così” mormorò, rosso in viso.

Il principe infatti stava volando su un grasso bombo, le dita piegate intorno ai peli gialli e neri dell’insetto. Una fata più piccola lo seguiva su una falena.
“Victor, questa è una brutta, bruttissima idea” borbottò, serrando le mani attorno al corpo del lepidottero mentre volava a tutta velocità per raggiungere il principe. Victor non mostrò alcun segno di volersi fermare, inclinando il busto da un lato per far cambiare direzione al calabrone. Un attimo dopo, eccolo lì a passare davanti alla finestra di Yuri. Si fermò. Guardò prima la finestra, poi il suo compagno, e, infine, di nuovo la finestra. Le sue labbra si piegarono in un sorriso. La fata più piccola incrociò le braccia al petto.
“Oh, no, no, no. Questa è una pessima idea “, lo avvertì. Io me ne tiro fuori”
E con queste parole se ne volò via. Ormai da solo, Victor scese fino al davanzale della finestra; saltò giù il calabrone e gli chiese di aspettare fino al suo ritorno. Per sua fortuna la finestra era stata lasciata un po’aperta. Entrò nella stanza.

“Balli in maniera incantevole!” Victor complimentò Yuri. Aveva preso un ditale e vi si era seduto sopra, lasciando dondolare le gambe.
Inutile dire che Yuri sobbalzò sul posto, rosso in viso, inciampò all’indietro e cadde dritto in una teiera. Victor ridacchiò. Senza smettere di sorridere, volò fino all’oggetto e sbirciò da sopra il bordo. Yuri lo fissò da sotto in su, occhi spalancati per la sorpresa e ciuffi corvini che cadevano sulla fronte.
“Serve aiuto” chiese Victor, allungando una mano verso Yuri . Yuri l’accettò.
Non riusciva a smettere di guardare Victor.

Il ragazzo davanti a lui era esattamente come quello nell’illustrazione, a parte i capelli più corti. La bocca di Yuri si aprì di stupore, gli occhi fissi sulle ali della fata. Lo sconosciuto torse il collo per guardarsi alle spalle. “Qualcosa non va?”
La bocca di Yuri si aprì ancora di più. Boccheggiò sul vuoto come un pesce. “Hai le ali! “
Esclamò infine, con la meraviglia che stillava da ogni sillaba. “Ali!” ripeté. Prima che Victor potesse rispondere, chinò la testa e strusciò i piedi contro la superficie del tavolo, guardando l’altro a malapena. “E sei piccolo come me! Credevo di essere l’unico così!”
Indicò se stesso. “Così piccolo. Mi chiamo Yuri” disse, il corpo piegato in un inchino. L’altro ragazzo ridacchiò. Yuri aggrottò la fronte, distogliendo lo sguardo ancora più in imbarazzo. “Cosa c’è” chiese.
“Niente, è solo che conosco una persona che si chiama come te.”

“Mi chiamo Victor” si presentò infine lo straniero. Questa volta fu il turno di Yuri di ridacchiare, coprendosi la bocca con una mano.
“Viktoru?” ripeté, indulgendo nel modo in cui la lingua si arrotolava attorno quel nuovo e strano nome.
“No, Vi-ctor!”
Ma non c’era animosità nella voce di Victor.

Mentre Yuri stava per chiedere qualcosa a proposito della corte delle fate, con gli occhi che ancora saettavano dal ragazzo nell’immagine a quello in piedi davanti a lui, un ronzio attirò la loro attenzione. Victor corrugò le sopracciglia, schiaffandosi una mano in fronte.
“Che sciocco, me ne stavo quasi dimenticando!” disse volando verso la finestra. Si fermò a mezz’aria, facendo segno a Yuri di seguirlo. Il nostro protagonista, con le guance tinte di un rosa intenso, perché Victor era davvero molto bello, dibatté un poco tra la prudenza e la curiosità.
Vinse quest’ultima.
Vinse tanto che, prima che Yuri potesse anche solo capite il come e il perché, stava avvolgendo le braccia intorno alla vita di Victor, a dorso di un bombo pronto al decollo.

C’erano molte cose che Yuri amava - i chicchi di riso fritto nelle uova che sua mamma cucinava; l’odore del mare che filtrava attraverso la finestra; la musica del grammofono - ma improvvisamente sembrarono tutte cose banali rispetto alla calda e piacevole sensazione che sentiva nello stomaco. Il tessuto della giubba di Victor era morbido sotto le dita e Yuri sentiva il leggero movimento del suo respiro. Premette il viso arrossato contro le scapole di Victor, gli occhi che si chiudevano per paura quando il calabrone accelerava e si aprivano di meraviglia per ammirare la luna riflessa sulla superficie del mare. Una schiuma biancastra copriva la cresta delle onde

Man mano che l’alba si avvicinava, i fili d’erba si coprirono di rugiada, pronta a catturare e a riflettere anche il più piccolo raggio di sole non appena il cielo si fosse tinto di rosa. Lì, su un tappeto di foglie rosse e gialle, Victor si inchinò davanti a Yuri e offrì la mano destra, palmo verso l’alto. Il ragazzo si morse le labbra, strusciando i piedi contro il terreno. Borbottò di non aver mai ballato con nessuno, data la sua dimensione. Victor agitò via la sua preoccupazione.
“Ho visto come danzi. Balli magnificamente!” ribadì, prendendo la mano di Yuri nella sua e posando l’altra sul suo fianco nella posa iniziale di un valzer. Yuri sospirò, ma mise ugualmente la mano libera sulla spalla di Victor. Una canzone misteriosa uscì dalle labbra di Victor e Yuri si trovò a girare, i piedi che a malapena sfioravano il terreno, i passi perfettamente misurati. Victor guidava la danza e Yuri si abbandonò ad essa, seguendo ogni movimento che la musica suggeriva.
Nell’entusiasmo del momento, Victor lo sollevò. Aveva il sorriso più luminoso che Yuri avesse mai visto. Yuri squittì. Victor si spaventò. Inciamparono e rotolarono sull’erba. Yuri fissò Victor per un attimo. Poi scoppiò in una risata cristallina. Il suono argentino fece gonfiare il cuore nel petto di Victor.
Si alzò di nuovo in piedi e offrì a Yuri una mano.

“Tornerai” Chiese Yuri, quando furono tornati sul davanzale della finestra, la testa che girava ancora un po’per la danza. Afferrò la manica di Victor, con la paura improvvisa che non fosse stato altro che un miraggio. Fissò il ragazzo con l’intento di imprimere ogni caratteristica nella sua memoria, dai capelli d’argento ai suoi profondi occhi azzurri.


“Lo farò” assicurò Victor. Mentre diceva così, si tolse una collana e la passò a Yuri. Il ragazzo lo ringraziò, indossandola. Il ciondolo era tiepido per il calore del corpo di Victor.
“Aspetterò allora” sussurrò Yuri. Dalla finestra aperta provenivano le voci delle fate in cerca di loro principe. Ma l’omonimo di Yuri fu stato il primo a trovarlo. Una fata molto piccola e molto arrabbiata stava effettivamente bussando contro il vetro, i capelli biondi che cadevano sulla schiena. Guidava una falena.
“Eccoti! Vai con il principe, sarà divertente dicevano! Tuo padre è furioso!” gridò lo straniero, fissando Yuri come se non riuscisse proprio a capire cosa ci avesse visto Victor in lui.
”Dai, Yurij, sei così noioso” ridacchiò Victor. Si voltò verso Yuri con un sorriso di scusa. “Sembra che io debba andare.”
“Aspetterò.”

Yuri osservò Victor volare via fino a che scomparve nella luce dell’alba.

Ora, qualcun altro aveva visto ballare Yuri. La misteriosa figura aspettò che il ragazzo fosse di nuovo solo, infilato nel suo letto fatto da una scatola di fiammiferi. Sorrise sulla figura raggomitolata di Yuri, prima di prendere la scatola tra le braccia e saltare dalla finestra.
   
 
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