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Autore: itachiforever    06/04/2017    13 recensioni
[Venerdì 13]
Una ragazza, i suoi genitori, il suo cane e una nuova casa.
Un lago, una foresta e un campeggio sventurato.
Giovani ragazzi, una piccola vacanza e uno spietato serial killer immortale.
Differenze, similarità e qualche salvataggio.
Crystal Lake troverà la pace?
Genere: Horror, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 2 – Cena in compagnia e visite inaspettate







 Mentre tornavano tutti al piano di sotto, con Finn che esplorava la nuova dimora, sentirono una macchina che si fermava davanti la casa. Andando a controllare furono felici di vedere un furgoncino rosso e bianco, dal quale scesero Jack e Dan e un ometto dall’aria gioviale, vestito con una tuta da lavoro verde militare e un berretto grigio topo in testa. Jasmine non gli avrebbe dato meno di una sessantina d’anni. Andarono tutti incontro al nuovo arrivato.
“Salve gente!” Salutò, tendendo la mano verso Robert “Steve Mills, piacere”
“Robert Hatefield, mia moglie Anna e mia figlia Jasmine” gli strinse la mano e a turno lo fecero tutti, Ian compreso.
“Grazie di essere venuto così in fretta” Gli disse Ian.
“Nessun problema, e poi ero curioso di conoscere i nuovi concittadini. Finalmente tu e la tua agenzia siete riusciti a vendere la casa.” A quelle parole Ian strabuzzò un po’ gli occhi, ridacchiando nervosamente.
Dan e Jack iniziarono a tirar fuori degli scatoloni dal furgone, aiutati da Steve e Robert. Jasmine e Anna invece presero dal cofano dell’auto delle buste della spesa, piene di provviste, e iniziarono a sistemarle in cucina. Anna aveva provveduto a portare un bel po’ di roba a lunga scadenza, per evitare di doversi subito sbrigare ad andare a fare la spesa una volta arrivati.
Jasmine sistemò per prima cosa le due ciotole di Finn accanto alla porta sul retro. Ne riempì una di crocchette e una d’acqua e il cane vi si fiondò immediatamente. Poi passarono a mettere tutto nella dispensa. E mentre all’ingresso si accumulavano scatoloni di piatti, pentolame e biancheria da cucina, i quattro uomini provvedevano a portare al piano superiore un divano letto color sabbia da mettere in una delle camere degli ospiti.
Verso le 20 il camion venne svuotato completamente, Dan e Jack vennero pagati e si congedarono. Steve salutò tutti, e sembrava davvero felice di aver conosciuto nuova gente. Questa famiglia gli sembrava composta da brave persone. Venne pagato anche lui, salì sul suo furgone e prima di imboccare la strada e lasciarsi la casa alle spalle non riuscì a trattenersi dal raccomandargli un “Fate attenzione!” che preoccupò non poco la signora Hatefield e Ian Blake. Il signor Hatefield si sforzò di non farci caso e alzò una mano in segno di saluto. Jasmine, dal canto suo, sentì un brivido attraversarle la schiena, non seppe dire se di eccitazione o di paura.
Una cosa era certa: se davvero Jason era in zona, lei non avrebbe fatto nulla per disturbarlo.
I film glielo avevano insegnato. Quello era il suo territorio, e non avrebbe permesso a nessuno di invaderlo per fare stupidi festini tra adolescenti che pensavano solo a sesso, alcol e fumo. Chiunque si fosse avvicinato troppo sarebbe stato punito.
Se il problema era quello, Jason non avrebbe avuto grossi problemi. Jasmine era una ragazza molto tranquilla, non aveva alcun interesse in quelle cose. Preferiva divertirsi facendo altro.
A tal proposito recuperò gli scatoloni col suo nome scritto sopra e iniziò a portarli ad uno ad uno in camera. I muratori avevano lasciato tutto pulitissimo, quindi non c’era bisogno di spolverare o altro. Il materasso a una piazza e mezza era coperto da un telo di plastica. Neanche il tempo di levarlo che già Finn vi era saltato sopra.
“Finn! Scendi di lì prima che ti veda la mamma!” Jasmine fece scendere il suo amico peloso dal materasso. Da uno scatolo tirò fuori una delle due cucce di Finn, quella colorata come una mimetica, e la mise al lato del comodino. “A cuccia, da bravo” Ubbidiente, il piccolo docile cucciolone andò a sistemarsi al suo posto, ricevendo come premio qualche carezza e il suo osso in pelle di cinghiale.
“Ti piace qui? Credi che ci troveremo bene?” per tutta risposta lui la guardò inclinando un po’ la testa di lato. Jasmine decise di iniziare dal letto e vi mise sopra le lenzuola azzurre e una leggera trapuntina bianca a righe blu e due cuscini quadrati, uno bianco con la siluette nera di un cervo intento a saltare e uno grigio con un albero in bianco. Sistemò dentro l’armadio tutte le altre lenzuola e coperte varie, per poi dedicarsi a sistemare più in ordine possibile tutti i vestiti.
“I cappotti e le giacche qui, i maglioni qua e lì i vestiti. Tutta la roba pesante la metto qua e quella leggera là…” In breve tempo armadio e comò erano praticamente pieni e tutto ciò che riguardava l’abbigliamento aveva trovato una postazione.
Mentre tirava fuori dal suo incartamento la lampada da comodino passò davanti alla finestra. Con l’oggetto ancora in mano si fermò con sguardo rapito a guardare fuori, le luci esterne che illuminavano i cespugli attorno alla casa. Rimase a fissare per un po’ un punto imprecisato sotto la sua finestra, finchè sua madre non irruppe in camera senza annunciarsi, facendo prendere un colpo sia alla ragazza che al cane.
“Jasy!” la ragazza sobbalzò al sentire il suo nomignolo e per poco non fece cadere la lampada. Finn scattò in piedi, tutti i sensi in allerta.
“Mamma! Mi hai fatto prendere un infarto!” Non era certo la prima volta che succedeva una cosa del genere.
“Oh scusa amore! Ti ho spaventata? Ma guarda! Hai già sistemato quasi tutto…non vedevi l’ora eh?” L’ultima frase la pronunciò con un tono strano, rassegnato quasi. Il suo sguardo materno si soffermò su un grande foglio di carta lucida arrotolato su se stesso. Lo prese e  lo porse alla figlia. “Questo hai intenzione di appenderlo?”
La ragazza mise la lampada al suo posto e srotolò quella che si rivelò essere la locandina dell’ultimo film uscito della saga di Venerdì 13. La stese sul letto, rimirando uno dei suoi tesori. “ No, non credo che l’appenderò…sarebbe un po’ di cattivo gusto qui…”
Sua madre sembrò sollevata dalla risposta. “Bene. Sai che non mi sono mai opposta a questa tua “passione” perché non ci ha mai causato problemi, nonostante non la condivida.” Si avvicinò alla figlia e le prese le mani “Non mi sono opposta molto neanche quando hai insistito per venire a vivere qui. Ma cerchiamo di continuare a fare in modo che non sia un problema”.
“Tranquilla mamma. Non ho intenzione di andare in giro per il bosco alla ricerca di un energumeno con manie omicide.” Jasmine abbracciò la madre. “Però io e Jason abbiamo qualcosa in comune, sai?”
“Come? E cosa?” strinse di più la figlia a se, sperando che non dicesse nulla di preoccupante.
“Entrambi vogliamo tanto tanto bene alla nostra mamma” Jasmine sorrise. Ovviamente era sincera, lei adorava i suoi genitori. L’avevano sempre sostenuta e non l’avevano mai obbligata a scegliere una strada che non volesse percorrere.
Anche sua madre sorrise, rilassata “Ora sistemati e scendi, piccola maniaca. Andiamo a cena fuori.” Uscì e lasciò sua figlia a prepararsi.
Jasmine stava ancora sorridendo. Riarrotolò la locandina e la conservò con cura nell’armadio, poi si buttò sul letto, guardando il soffitto. “Farò in modo che tutto vada per il meglio.”
Si alzò, prese dei vestiti puliti e le sue asciugamani rosse e andò in bagno a darsi una rinfrescata e a cambiarsi. Mise un paio di jeans chiari, sandali alti argentati, una maglietta bianca a maniche corte che cadeva morbida e lunga e faceva risaltare il nero corvino dei suoi lunghi capelli lisci. Mise giusto un po’ di rossetto rosa chiaro e un filo di matita sugli occhi. Truccarsi non era una delle cose che faceva con piacere. Una spazzolata ai capelli, prese una borsa a tracolla bianca non troppo grande e poi scese al piano di sotto, accompagnata dal fedele cagnolino, che ormai avrete capito la seguiva ovunque.
Anche i suoi genitori si erano cambiati. Sua madre aveva indossato una blusa nera e bianca e un paio di pantaloni neri, mentre suo padre il classico pantaloni e camicia. Anche Ian si era cambiato la camicia, sarebbe andato a cena con loro. “Con questo caldo tengo sempre una camicia in più in macchina” aveva detto.
Salirono ognuno sul proprio veicolo alla volta della cittadina. Decisero di andare a mangiare in una delle tavole calde. Erano tutti stanchi e non gli andava di aspettare troppo per ricevere le ordinazioni. Si fermarono davanti ad una tipica tavola calda, all’angolo fra due strade. L’insegna luminosa sopra la porta recitava a lettere rosse “Da Horace”. Presero posto ad un tavolo per quattro davanti una delle vetrate e attesero di ordinare. I signori Hatefield chiacchieravano del più e del meno col signor Blake, mentre Jasmine tirava fuori dalla borsa il suo J3 grigio con cover azzurra trasparente. Aveva notifiche di praticamente tutte le applicazioni installate e aprendo whatsapp si accorse dei 347 messaggi sul gruppo “JAWS”. Il nome era un simpatico acronimo per “Jasmine – Alex – Wendy – Stuart”. Alex e Wendy erano le sue migliori amiche, mentre Stuart era il fidanzato di Wendy e il fratello maggiore di Alex. Almeno la metà dei messaggi della chat erano per lei. Le chiedevano se c’era, se era arrivata, che fine aveva fatto e simili. In effetti non aveva toccato il cellulare da quando in macchina si era addormentata.
Jasmine: Ehi :)
Alex: Jasey! Sei viva! Iniziavamo a pensare che Jason ti avesse già trovata :D
Wendy: Ehiiii! Finalmente! Sei partita stamattina e già ti sei dimenticata di noi?
Sorrise leggendo le risposte. Le sarebbero mancate moltissimo.
Jasmine: Scusate, ero troppo presa per stare al cellulare. Nessun segno di Jason per il momento, conto di andarlo a cercare domani. Sto già preparando le stanze per quando verrete a trovarmi ;)
Gli altri messaggi erano di altri amici meno stretti e di parenti, anche quelli italiani. Le sue cugine le chiedevano del posto, le dicevano che avrebbero sentito la sua mancanza questa estate.
Praticamente ogni anno, in estate, andava con i suoi genitori in Italia per un paio di settimane. La prima stavano a Roma e dintorni, dove viveva la maggior parte del ramo materno, e la seconda andavano a visitare altre città. Aveva visto Torino, Milano, Venezia, Perugia, Firenze, Tropea, Palermo e Siracusa. Perugia e Siracusa non le ricordava, ci erano stati quando era piccola, ma aveva guardato spesso le foto. Un’altra volta erano andati tutti a Parigi e un’altra a Londra. Ma anche tutto il parentado era venuto a trovarli in America e li avevano portati a New York, a Los Angeles e a Orlando. Solo un anno non li avevano visti per niente, a quanto ricordava lei, quando avevano deciso di andare in vacanza a Santorini. Questo sarebbe stato il secondo, ma già si vociferava di una possibile vacanza in Croazia o a Vancouver.
Persa nei suoi pensieri non si era accorta che di tanto in tanto qualcuno si girava verso di loro e li guardava, scambiando qualche parola con i vicini. Finn cercava di attirare la sua attenzione mettendole le zampe sulla gamba e appoggiandosi a lei, facendole gli occhioni dolci da cucciolo. Quando finalmente se ne accorse, rimediò un pezzo di pane, che mandò giù di gusto.
Dopo un po’ arrivarono le ordinazioni e tra uno scambio di battute e aneddoti del passato arrivò il momento di tornare a casa. Ian consegnò loro un mazzo di chiavi ben fornito e poi salì in macchina, alla volta di un b&b dal quale sarebbe ripartito in mattinata.
Gli Hatefield varcarono la soglia di quella che ora era ufficialmente casa loro. Anna andò al piano di sopra a sistemare la camera da letto, mentre Robert nello studio a cercare di collegare il telefono e il modem per internet. Jasmine andò in camera sua, come al solito insieme a Finn. Guardava gli scatoloni che le rimanevano da svuotare, ma la stanchezza del viaggio si faceva sentire quindi si sistemò per andare a dormire.
Una volta messo il pigiama, maglietta e pantaloncini azzurri a pallini bianchi, e data la buonanotte ai suoi genitori, si mise a letto. Guardò per un po’ le cime degli alberi e il cielo estivo che si vedevano fuori dalla finestra, poi spense l’abatjour e in breve si addormentò.
 
Quando tutte le luci della casa furono state spente, una sagoma emerse dai cespugli. Una sagoma umana, ma decisamente più alta e più massiccia della norma.
Jason stava osservando l’abitazione attentamente, girandovi intorno senza fare un minimo rumore, come uno squalo che sta per attaccare la sua preda. Finalmente tutto il trambusto degli ultimi tempi aveva un senso. C’era carne fresca a Crystal Lake e lui non se la sarebbe lasciata sfuggire.
Era da tanto che una normale famiglia non si trasferiva in zona. Generalmente erano sempre gruppi di ragazzi che affittavano una casa per qualche giorno e poi tornavano a casa dentro un sacco per cadaveri. Sempre che avesse lasciato ritrovare il corpo, o parte di esso.
Sarebbe potuto entrare senza problemi e senza fare troppo rumore. Avrebbe potuto ucciderli tutti nel sonno, ma il brivido della caccia era l’unica cosa che aveva per passare il tempo.
Avrebbe aspettato il momento migliore e intanto li avrebbe osservati. Non avrebbe permesso a nessuno di disturbare lui e sua madre.
E così come era arrivato se ne andò. Aveva del lavoro da sbrigare.
 
La mattina seguente si alzarono tutti di buon’ora, Jasmine compresa, anche se nessuno l’aveva svegliata. Dopo una veloce colazione a base di fette di pane con marmellata e succo d’arancia se ne tornò in camera. Voleva finire di sistemare tutto il prima possibile, così sarebbe potuta andare in giro ad esplorare la zona. Si cambiò, mettendosi un paio di pantaloncini corti di jeans e una maglietta bianca con l’elmo di uno stormtrooper di Star Wars, e riprese a svuotare gli scatoloni. Portò tutte le asciugamani, l’accappatoio e i cosmetici in bagno, sistemandoli in un’anta del mobiletto in legno chiaro. Nel loro vecchio appartamento avevano un solo bagno e lei doveva tenere le sue cose nell’armadio della camera a causa del poco spazio disponibile. Poi passò a riempire la libreria, riempiendo quattro ripiani di libri di quasi tutti i generi, due di dvd e cd vari. Uno lo dedicò ai dischi dei videogiochi e al suo vecchio DS nero, ricoperto da adesivi di teneri gattini e cagnolini e uno a fumetti e manga. Negli ultimi due, quelli più in alto, sistemò i peluche.
Solo il piccolo mopeez di Jason ebbe il posto d’onore sulla cassettiera. Insieme a lui mise la sua piccola collezione di Pop che comprendeva un Darth Vader dalla testa molleggiata, un Goku (nonostante il suo personaggio preferito fosse Cell), il Joker della trilogia di Nolan, un Severus Piton e l’immancabile Jason. Poi notò un chiodo che sporgeva dal muro, proprio sopra la cassettiera. Andò ad uno degli ultimi scatoli che le mancavano e ne tirò fuori una cornice a giorno, completamente avvolta dalla carta di giornale. La spacchettò e l’appese, restando a rimirare l’effetto che dava la foto di gruppo di lei e dei suoi quattro amici, Finn compreso ovviamente. Il trio le aveva fatto questo regalo prima che si trasferisse, così avrebbe pensato a loro ogni volta che fosse entrata in stanza. Sorrise al ricordo di quando avevano scattato la foto. Erano andati a fare un picnic al parco del quartiere dove abitavano tutti. Finn si era messo a rincorrere uno scoiattolo che preso dal panico aveva scambiato Stuart per un albero e gli si era arrampicato sopra, seguito dal cane che gli era saltato addosso, facendolo finire a terra per lo spavento. Stuart era sempre il bersaglio degli animali che incontrava. Era stato rincorso da un’oca e da un cigno e svariate volte cani e piccioni lo avevano scambiato per gabinetto. Per non parlare poi dell’odio che il gatto di sua nonna nutriva nei suoi confronti.
Sistemò tra scrivania e cassetti i suoi svariati articoli di cancelleria, accessori per elettronica e quant’altro. Poi scese al piano di sotto, con l’intento di ispezionare la cantina, ma il campanello della porta suonò. Chi poteva mai essere? Dal poco che riusciva a vedere dalle due finestre ai lati della porta, si trattava di almeno due uomini dall’abbigliamento identico. Sua madre accorse subito ed aprì la porta, seguita dal padre.
Si ritrovarono davanti niente meno che lo sceriffo e un agente, entrambi in divisa grigia. Una volante era parcheggiata davanti casa, con le lettere CLPD in risalto sulla fiancata.
“Buongiorno! Scusate il disturbo. Io sono lo sceriffo Tom Berger e questo qui è mio figlio Mike, nonché collega” disse accennando al giovane accanto a lui con un movimento del capo. Lo sceriffo era un uomo abbastanza robusto, con capelli brizzolati e un paio di baffi a coprirgli il labbro superiore. Il ragazzo, che sembrava un po’ imbarazzato, salutò educatamente. Aveva corti capelli biondo scuro e occhi grigio fumo.
I suoi genitori si presentarono e invitarono anche Jasmine a fare altrettanto.
Tutti si strinsero le mani a vicenda, poi Robert chiese “Allora sceriffo, a cosa dobbiamo questa visita? C’è forse qualche problema?”
“No, non ancora almeno. Sono venuto solo per dirvi un paio di cose, delle raccomandazioni. Non prendetela sul personale, ma ho il dovere di farlo. Suppongo sappiate cosa è successo in questa città…”
Lo sceriffo Berger si sentiva un po’ a disagio a dover fare quel discorso ad ogni persona, quelle pochissime almeno, che decideva di trasferirsi o soggiornare per un po’ di tempo a Crystal Lake. Ovviamente ebbe subito tutta l’attenzione di Jasmine, ansiosa di sapere cosa aveva da dire.
“Sì, lo sappiamo. Possiamo capire e ci dispiace molto per quello che è successo ma noi non vogliamo avere e non vogliamo creare problemi. Giusto?” Robert si voltò in direzione della moglie, che subito annuì. “Ma sì, certamente!” E poi entrambi si rivolsero alla figlia, rivolgendole intense occhiate, forse un po’ accusatorie. Anche lei annuì, emettendo un suono affermativo dalle labbra che a lei non sarebbe sembrato molto convinto, ma bastò allo sceriffo.
“Non avevo dubbi su questo” continuò il signor Berger “Innanzitutto voglio darvi il benvenuto. Ora però devo mettervi in guardia su un paio di cose” la tensione di Anna era palpabile, fra i tre era la meno convinta della scelta fatta. Anche Jasmine era un po’ agitata, e per nasconderlo si stava torturando le pellicine dei pollici con le mani dietro la schiena. “Devo avvisarvi che è assolutamente vietato entrare nella zona del vecchio campo abbandonato. Per nessuna ragione. Dovete starne lontani e fare attenzione, se mai doveste vedere qualcuno che cerca di intrufolarsi di nascosto. Ogni estate è pieno di ragazzi e curiosi che provano ad entrare. La seconda cosa è che se avete intensione di passeggiare per il bosco dovete fare molta attenzione a dove mettete i piedi. Qualche squinternato cacciatore di frodo crede di poter fare quello che vuole e ha piazzato trappole e tagliole in giro, sperando di far ricadere la colpa su qualcuno…bhe di più famoso diciamo.”
“Oh cielo!” Anna si portò una mano alla bocca, preoccupata. La sola idea le metteva i brividi.
Intervenne prontamente Mike a mettere un freno al padre. “Non spaventarli, papà. Ovviamente la zona è sicura, basta solo fare attenzione come si farebbe in qualunque altra zona boschiva. Non c’è pericolo qui” Jasmine, e in buona parte anche i suoi genitori, non la credevano così. Lei comunque non sembrava troppo preoccupata della cosa. Anni di film, letture e approfondimenti l’avevano preparata psicologicamente a come comportarsi.
“Bene…allora leviamo il disturbo, chiamate per qualsiasi cosa, siamo sempre a disposizione” Sceriffo e collega salutarono, si rimisero in auto e se ne andarono. La famiglia rientrò in casa chiudendo la porta.
Per prima cosa i due coniugi lanciarono eloquenti occhiate alla figlia, che avendoli notati si precipitò a salire le scale, prima che potessero dirle qualunque cosa.
“Jasmine! Dove stai andando?!” esclamò sua madre.
“In bagno!” e invece si chiuse in camera, per ora dimentica della sua missione in cantina.
Si buttò sul letto, come suo solito, a guardare il soffitto. Aveva avuto la conferma che cercava. Non sapeva bene come sentirsi e quello che provava. Sicuramente ora aveva un motivo in più per stare attenta quando sarebbe andata in esplorazione della zona.
Rimase in quella posizione per un po’, elaborando le informazioni ricevute e fantasticando sulla situazione. Erano ormai circa le 11 quando si decise ad andare in cantina, determinata a frugarla da cima a fondo.
Scese di nuovo le scale e aprì la porta. Accese la luce e illuminò una massa di mobilio, casse e scatole ammucchiate alla meno peggio. Scese anche i gradini della cantina e iniziò da subito a frugare in un grosso scatolone, alla ricerca di qualcosa di interessante.
Proprio in quel momento, in un punto non troppo distante dalla casa, in mezzo alla foresta, una tagliola scattava. Le potenti mascelle di metallo si chiusero con un rumore secco, lacerando la carne e spezzando le ossa di qualunque cosa ci fosse finita dentro.
Un grido di dolore lacerò l’aria e una vita si spense.
 




 

Angolo Autrice
Ciao a tutti!
Come promesso, non è passato molto dalla pubblicazione del precedente capitolo, ma per il prossimo ci vorrà sicuramente più tempo.
Qui abbiamo la prima, seppur breve, apparizione del nostro caro Jason. Spero che riuscirò a renderlo bene, è un personaggio piuttosto difficile da “interpretare”.
Spero di avervi incuriosito un po’. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Questo intanto è l'outfit di Jasmine.
outfit-jasmine
A presto!
  
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