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Autore: Asia Dreamcatcher    11/04/2017    2 recensioni
Johann Schmidt è tornato e con esso le ceneri dell'oscura Hydra, pronta a risorgere.
Ma Teschio Rosso non è solo e Steve Rogers e gli Avengers dovranno vedersela con nuovi nemici. James Barnes sarà costretto, ancora una volta, a lottare contro i propri fantasmi, sperando di non soccombere.
Mentre gli echi di una nuovo guerra risuonano, Captain America e Vedova Nera si ritroveranno ad affrontare una sfida inaspettata, che potrebbe cambiare tutto per sempre.
Terza parte di "Se il passato è alle tue costole, ti volti e lo affronti"
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Se il passato è alle tue costole, ti volti e lo affronti'
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10 Buon pomeriggio a tutti voi, miei cari lettori! Voglio ancora scusarmi con voi per il ritardo nella pubblicazione e ringraziarvi per la pazienza e il supporto! 
So che siete ansiosi di leggere il nuovo capitolo, quindi vi lascio ad esso e noi ci vediamo a fondo pagina!
Buona Lettura!








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Capitolo Dieci: La verità svelata

I problemi sono come onde: c'è la risacca

ma poi... Un'altra ondata ti colpisce”

~Sidney Heron, “Grey's anatomy”



Natasha sollevò le palpebre senza sbatterle, la luce era intensa ma dolce ed inondava la stanza.

Leggeri vagiti attirarono l'attenzione della donna che si diresse verso la culla, su cui pendeva un bellissimo acchiappasogni.

Si sporse verso di essa con un dolce sorriso, che scomparve velocemente com'era apparso. La culla era vuota.

Natasha si volse sconcertata, sentendo i gemiti del bambino forti e disperati che parevano provenire da ogni parte di quella casa dai contorni soffusi. Si mise a correre lungo il corridoio; suo figlio la stava chiamando.

Si fermò a pochi passi da una figura femminile voltata completamente verso la vetrata da cui entrava una luce violentissima, tanto che fu costretta a coprirsi gli occhi con la mano, ferita da quell'intensità.

L'altra donna si voltò, curata ed elegante nell'aspetto. Dopo un attimo di smarrimento Natasha la riconobbe come la sua addestratrice alla Red Room; il suo cuore smise di battere completamente nel vedere che le sue braccia stringevano il bambino.

«Ridammi mio figlio» sibilò pericolosa;

l'altra donna sorrise benevola in direzione del piccolo che gorgogliava calmo, sempre sorridendo pacatamente estrasse un lungo pugnale, l'espressione imperturbabile.

Natasha tremò e si scagliò in avanti, ma le sembrava di essere troppo lenta.

«Ogni debolezza va estirpata, Natalia...».


Natasha si tirò su rapida, lo sguardo sgranato e il respiro affannato.

I suoi occhi smeraldini e lucidi indugiarono su ogni elemento della stanza. La luce che filtrava attraverso le tende chiuse le fece capire che il sole era già alto.

Con una sottile vena di panico si chiese dove fosse Steve, perché non fosse lì, accanto a lei; inspirò piegandosi su sé stessa serrando le labbra dolorante. Rapida fu costretta ad alzarsi dal letto e a chiudersi in bagno.

Quando i conati terminarono, Natasha restò per qualche secondo con la fronte poggiata al water per calmarsi. Strinse i denti lasciando che quel dolore feroce facesse il suo corso, tirò poi un lungo sospiro e si alzò.

Infilò direttamente la testa sotto il getto d'acqua fresca, raccogliendo poi i capelli umidi in uno chignon morbido, cercò di fare del suo meglio per mascherare le occhiaie che gravavano sotto i suoi occhi. Si sentiva spossata come se avesse passato la notte a correre invece che riposare.

Nel tentativo di distrarsi dal dolore cercò di fare un po' di stretching, come le aveva insegnato Laura stando bene attenta a non compiere nessuna mossa troppo rapida o rischiosa. Era più forte di lei, non avrebbe mai potuto passare l'intera gravidanza stesa a letto nella più totale immobilità, il suo corpo aveva bisogno di muoversi... Sentiva che quella era la cosa giusta da fare.

Afferrò una delle camice azzurre di Steve ed iniziò ad abbottonarsela, ma quando arrivò all'altezza del ventre si soffermò guardandolo attraverso lo specchio.

Le sue mani si mossero lievemente tremanti sulla pancia che aveva perso la piattezza che l'aveva sempre connotata, ora era leggermente gonfia, con il dito Natasha ne delineò la curva perfetta, ancora possibile da celare eppure ne avvertiva tutto il peso.

C'era una buona parte di lei che non desiderava sentirsi così, era ancora troppo presto si diceva, ancora tutto troppo incerto... Perché un'altra parte di sè invece, quella che tentava di tenere sotto stretto controllo, era felice. Semplicemente. Ogni giorno passato con quel bambino che resisteva e le cresceva sereno in grembo la accendeva segretamente di speranza; quella parte di lei se ne fregava delle conseguenze, dei pericoli desiderando solo poter stringere a sé quel bambino alla fine di tutto.

Da quando l'aveva scoperto non si era mai soffermata a pensare alla maternità, era qualcosa che si era imposta di non fare. Non voleva cedere alla speranza perché sapeva quanto la vita potesse essere crudele e travolgerti all'improvviso. Inizialmente aveva pensato di non meritare qualcosa di così puro, innocente e bello come poter portare dentro di sé una nuova vita. Ne aveva avuto paura, le prime notti erano state costellate da incubi orrendi, il suo ventre dilaniato e una mostruosa creatura aveva preso il posto del suo bambino... Si svegliava madida di sudore e sull'orlo delle lacrime avendo il timore che nel suo ventre stesse crescendo davvero un mostro.

Poi quella paura era scemata, le visite di Cho le dimostravano che era un bambino vero quello che si stava formando nel suo ventre, e poi Steve e quel suo sguardo dolce, luminoso così vivo l'avevano sempre rincuorata ricordandole che sì, stavano avendo un figlio.

Poi per Natasha era iniziata una nuova paura, quella di poterlo perdere. Nel momento in cui si era resa conto che la gravidanza era reale, quel timore, forse ciò che la spaventava maggiormente, era proprio non riuscire a portarla a termine, scartare l'ultimo regalo della Red Room. Questo era il motivo per cui non voleva sperare, per cui non si lasciava completamente andare a quel sentimento dolce ed avvolgente, per cui lo sguardo di Steve da una parte la cullava e dall'altra l'angosciava. Perché sapeva che se la vita le avesse strappato quella piccola vita lei non sarebbe sopravvissuta, non avrebbe retto il colpo e avrebbe trascinato con sé nel baratro della disperazione anche l'uomo che amava sopra ogni cosa.

Ora però, essere lì ad osservare il proprio ventre ingrossarsi perché suo figlio, suo e di Steve, stava crescendo la faceva sentire felice. Ne percepiva il dolce sapore in bocca, e sempre più forte era il desiderio di poterlo un giorno accogliere fra le sue braccia; malgrado non si sentisse per nulla pronta a divenire madre non nascondeva a sé stessa che anelava conoscere suo figlio.

Paura e speranza si affrontavano furiose dentro di lei, senza che nessuna delle due sensazioni fosse vincitrice; questo insieme agli ormoni che la travolgevano come onde durante un maremoto minavano seriamente il suo ferreo autocontrollo.

Scrollò le spalle e terminò di abbottonarsi la camicia, si infilò un paio di comodi pantaloni neri; sbuffò ecco un'altra cosa che non le andava per nulla a genio: tutti i suoi abiti cominciavano ad andarle stretti sul giro vita. Avrebbe dovuto arrendersi all'evidenza... le sarebbero serviti al più presto degli abiti premaman.


Natasha raggiunse il soggiorno, dove il resto della squadra si era riunita.

«Ecco qui la futura mamma...» la salutò Stark ricevendo in risposta un'occhiata al vetriolo dall'adorabile futura mamma.

La donna si sedette, accanto a Sharon, sul divano lucido e bianco incrociando le braccia; scacciando infastidita il piacevole brivido che l'aveva colta alla parola 'mamma'. Iniziava a piacerle più del consentito.

«Buongiorno anche a te raggio di sole!» ridacchiò Clint, comprendendo benissimo lo stato d'animo dell'amica. Steve uscì dalla cucina con una tazza di tisana allo zenzero e un bicchiere colmo d'acqua che passò alla propria compagna con un sorriso pacato, prima di prendere posto accanto a lei.

La spia gli lanciò un'occhiata grata senza dire una parola; sapeva che detestava il fatto di non poter affrontare la gravidanza insieme, come una qualsiasi altra normale coppia, ma apprezzava quei piccoli gesti che faceva per lei, ad esempio imparare cosa poteva mangiare o bere e cosa no e difatti anche quella mattina le aveva preparato una tisana alla zenzero che a quanto pare riusciva ad alleviare leggere nausee. Lui, era conscia, pensava di non fare abbastanza ma invece Natasha avrebbe voluto riuscire a dirgli che lo amava immensamente per quei pochi ma indispensabili gesti che faceva per lei.

«Allora vogliamo parlare del simpatico agente nemico incosciente?» domandò Tony senza troppi preamboli.

«Posso confermare che quello non è il tizio che ci ha attaccato...» fece presente Clint poggiando pesantemente i gomiti sulle ginocchia ed incrociando le dita fra loro.

«Che cosa hai scoperto su di lui Tony?» domandò Steve grave; il magnate digitò qualche tasto sul tablet e l'ologramma si materializzò in mezzo alla stanza.

«Braccio di ferro qui aveva ragione, abbiamo analizzato il suo DNA ed ha subito esattamente le sue stesse modifiche... questo fa di lui un altro-»

«Winter Soldier» terminò per lui Bucky con un sospiro. Già lo sapeva, ma una piccola parte di lui sperava di essersi sbagliata.

«Abbiamo altro su di lui?» si informò Natasha «Niente dalle impronte digitali?»

«Niente di niente, per quanto ne sappiamo quest'uomo non esiste...»

«Ragazzo» ribatté Steve pensieroso; gli altri lo fissarono appena perplessi.

«E' ancora un ragazzo...» ripeté lui con un sospiro, effettivamente l'aspetto dell'agente era giovane e non doveva superare i venticinque anni; gli altri si ritrovarono ad annuire, consci di ciò.

«Sia come sia, è pericoloso!» borbottò James provando un moto d'odio verso... nemmeno lui lo sapeva dire con certezza, probabilmente se stesso, la Red Room, l'Hydra, chiunque giocasse con la vita altrui. Si sentiva stanco.

«Buc...» sospirò Steve, voltandosi verso di lui «Non essere troppo duro...» mormorò intendendo con quella frase molto più di quanto dicesse;

«E' come me, quindi so quanto possa essere letale» replicò ostinato, digrignando i denti;

«Bene, se è come te vuol dire che non l'ha voluto!» ribatté il capitano stizzito, ammutolendo l'amico.

Sharon e Natasha, come gli altri, avevano seguito in religioso silenzio quel breve scambio di battute e si lanciarono un'occhiata complice.

«Cap ha ragione Bucky.» si intromise cauto Sam «Una volta gli dissi che a mio parere tu eri una persona da fermare e non di certo da salvare... Beh notiziona del giorno: mi ero sbagliato!» terminò con un sorriso caldo e l'atmosfera si stemperò di un poco.

«Posso dire che tutto ciò è molto commovente?» esclamò Stark ironico, asciugandosi una finta lacrima dall'occhio mentre il resto del gruppo emetteva versi esasperati.

«Dovresti parlargli tu...» affermò Sharon osservando il Soldato di sottecchi «Non ha emesso un fiato con nessuno»

«Mi stai chiedendo molto» replicò piano James;

«Lo so. Ma non è detto che non possa esserti d'aiuto...» celiò poggiandogli la mano sopra la sua di metallo.

«Sharon ha ragione» Natasha aveva parlato ma il suo sguardo si era fatto lontano «Meglio che sia tu ad andare dal passato che il passato a venire da te» disse e tutti ben intesero le sue parole visto ciò che era capitato più di un anno addietro.

«Quando te la sentirai» lo rassicurò l'agente 13 guardandolo con espressione carezzevole.

«In ogni caso è troppo rischioso tenerlo qui con noi al momento.» fece notare Tony con tono serio, una volta tanto e si scambiò al volo un'occhiata col Capitano, che annuì. Per quanto quel ragazzo potesse essere una vittima quanto James era ancora potenzialmente una minaccia che non poteva essere lasciata nello stesso edificio con Natasha incinta e non nelle condizioni di difendersi al meglio, l'intera famiglia di Clint, Pepper che andava e veniva e due adolescenti alle prime armi.

«Più tardi verrà trasferito al Playground, ho già preso accordi con Agente»;

«Non che sia il posto più sicuro ora come ora...» fece presente Clint visto che la possibilità di una talpa era alquanto concreta.

«Non che abbiamo altre alternative» affermò Steve anche lui non proprio rassicurato «Ma mi fido di Coulson».


«Sei sicuro che non ci veda?» domandò per la terza volta Alexandra fissando il biondo giovane che era tenuto ben legato al lettino, sveglio e con lo sguardo vuoto puntato dritto davanti a lui.

«Sasha se ti inquieta tanto mi spieghi perché sei voluta venire qui?» domandò Jace con un accenno di canzonatura nel tono.

«Mpf. Ero curiosa, va bene?» sospirò la ragazzina, gonfiando le guance. Gesto che il quindicenne trovò adorabile. Si schiarì la voce;

«Per la terza volta ti dico che no, non ci vede! So che il suo sguardo inquietante è puntato dritto verso di noi, ma sta guardando – se sta fissando davvero qualcosa – se stesso. Noi vediamo lui ma lui non vede noi!»

«Che significa “se sta davvero fissando qualcosa”?» chiese incuriosita Alex distogliendo finalmente lo sguardo dal prigioniero. Jace si morse un attimo le labbra prima di confessare:

«Ogni tanto capitava anche a Bucky. Sopratutto i primi tempi che vivevamo insieme, lo trovavo a fissare un punto imprecisato esattamente con quello sguardo... era intenso ma al tempo stesso non stava realmente guardando ciò che gli stava davanti, era perso... nella sua mente». Aveva cercato di usare un tono calmo, quasi leggero ma il ricordo gli faceva comunque male.

Alexandra abbassò lo sguardo, dispiaciuta.

«Mi spiace... Quindi è davvero un altro Winter Soldier?».

Il biondino si strinse nelle spalle;

«Probabile.» poi si accorse del suo sguardo meditabondo «A cosa pensi?». La giovane esitò un istante prima di rispondere:

«A Bucky... A Natasha, ai miei genitori... A Yelena ed Alexei- erano tutti parte della Red Room ed hanno subito destini così differenti» il suo sguardo si fece triste, l'argento dei suoi occhi da chiaro si fece denso con le nubi cariche di pioggia «Odiavo Yelena, davvero... poi sapendo la sua storia mi è un po' dispiaciuto, anche se una parte di me continua ancora adesso a detestarla. Però ora ho capito e mi dispiace perché non ha avuto una vera scelta, magari col tempo Natasha e forse anch'io e mio padre avremmo potuto aiutarla come tu e Steve avete fatto con Bucky... Guardo quel ragazzo e vedo lei, non lo so, vorrei solo che nessuno debba più morire, non quando qualcun altro l'ha costretto a diventare altro da ciò che era».

Alexandra alzò appena lo sguardo, i suoi occhioni era lucidissimi ed enormi e Jace si sentì totalmente travolto da loro. L'abbracciò d'istinto, facendole poggiare il capo sul suo petto – Alexandra gli arrivava al mento – capendo bene il suo pensiero esposto con quella voce sottile ed incerta.

«Lo capisco, Sasha. Sono sicura che nessuno di loro lo permetterà».

Improvvisamente un allarme si propagò per l'intero piano, Jace ed Alexandra si staccarono e si voltarono terrorizzati verso il prigioniero, che non si era mosso di una virgola, l'espressione immutata.

«Merda. Andiamo Sasha, arrivano i guai!».


«Che altro c'è?» dichiarò esasperato Tony «J.A.R.V.I.S.!».

«Si sta verificando una strage fra gli abitanti di una cittadina del New Mexico, nella zona sud di Las Cruces» spiegò compita l'intelligenza artificiale.

«Origine?»

«Rilevata fonte d'energia che emana radiazioni riscontrate nell'analisi dello-»

«E' lo psychotron!» ragionò Steve passandosi stancamente le mani sul volte e fra i capelli.

«Deduzione corretta, capitano Rogers» concordò J.A.R.V.I.S.

«Fantastico!» risposero in coro Clint e Sam.

«Hanno iniziato ad utilizzarlo, avremmo dovuto aspettarcelo...» berciò Bucky allacciandosi la sua divisa, che si era tolto solo la sera precedente.

«Tutti all'hangar tra dieci minuti! Non possiamo perdere tempo...» esclamò il capitano muovendosi per andare a recuperare il proprio scudo, afferrò la mano di Natasha ed entrambi si diressero nella loro stanza.

In silenzio il supersoldato si assicurò lo scudo alla schiena, rimase fermo mentre Vedova con gesti decisi gli sistemava la divisa, le sue dita abili e rapide stringevano dove necessario le protezioni;

«Non abbassare la guardia, chiedi a Stark di fare un'analisi del perimetro, niente azioni singole... tu sopratutto non-» le sue mani lisciarono inutilmente la bianca stella sul petto e li si arrestarono. Sollevò i suoi liquidi occhi di giada sui suoi, che la stavano osservando attenti.

«Andrà bene» sussurrò lui guardandola con sicurezza;

«Niente cazzate Rogers» frecciò lei e lo attirò a sé per baciarlo. Lui la strinse a sé per un attimo ancora poi si diressero verso l'hangar, in silenzio ma l'uno accanto all'altra e le loro braccia che si sfioravano delicatamente.

Una volta scesi, trovarono Sam e Clint intenti a terminare di rifornire il jet di armi, Tony era già al suo interno ad avviare i motori e più in disparte Bucky e Sharon parlavano piano fra loro. Il Soldato, prima di voltarsi completamente, si sporse verso di lei catturandole le labbra in un bacio, Sharon cercò di prolungare un attimo ancora quel contatto prima di lasciarlo andare.

Steve si scambiò un cenno con Natasha e poi si avviò, ma a metà strada sembrò quasi ripensarci si fermò e voltò appena la testa;

«Natasha lo sai»; la donna inclinò il capo e piegò le labbra in un sorriso dolce ma enigmatico.

«Lo so. Anch'io Steve».

Il jet inghiottì ad una ad una le figure dei propri compagni, Sharon si avvicinò a Vedova, si scambiarono un sorriso.

«Sarai la mia babysitter oggi?» la canzonò benevola la rossa;

«Sai com'è avevo bisogno di una giornata fra ragazze» replicò l'altra divertita. Le due tornarono verso il piano nobile dell'Avengers Tower in un sereno silenzio.

«Come stai a proposito?» domandò sinceramente interessata l'agente 13, Natasha fece finta di rifletterci su;

«Uhm una meraviglia: inizio ad avere fitte alla schiena, devo costantemente andare in bagno, se mangio vomito, ho crampi al ventre, mi sento perennemente stanca... ah e il padre di questo bambino è appena partito in una missione potenzialmente suicida» riassunse brillantemente e con una certa ironia, non di certo rivolta all'amica che era sempre al suo fianco, «Oh dimenticavo, Laura tiene un corso preparto appositamente per me» esalò fintamente sfinita. In realtà era davvero grata alla moglie del suo migliore amico per aiutarla psicologicamente e fisicamente a prepararsi alla nascita di suo figlio, era lei semplicemente che non si sentiva adeguata.

«Uh potrebbe chiamarlo “Come prepararsi alla nascita di un eroe, figlio di eroi”» ci scherzò su Sharon cosa di cui la russa fu grata.

«Ti serve supporto morale?» domandò poi, Natasha ridacchiò e annuì «Ammetto che non vi ci vedo tu e Steve ad un corso preparto...»

«Perché tu mi ci vedi madre?»

«Sì.» affermò la bionda seria. La sicurezza della sua espressione stupì Vedova.

«Non sto scherzando, forse tu non te ne accorgi ma il modo in cui ti rapporti con Alexandra è molto... materno, non trovo altro termine per spiegarlo meglio.»

«Magari sono stata ispirata da te e Jace» replicò dolcemente Natasha facendo lievemente arrossire Sharon. Sapeva quanto significassero quelle parole per lei, teneva moltissimo a quel ragazzino. Lei e James erano la sua famiglia, malgrado Jace non li chiamasse “mamma” e “papà”; ma infondo era poi così fondamentale?

«Vedi, lo fai anche in questo momento. Tu sei un punto di riferimento per tutti noi, Nat ricordatelo» celiò Sharon con sguardo lucido.

Natasha non commentò, ma quelle parole l'avevano profondamente colpita.

«Vieni mia partner».


*


«Buongiorno sono qui per vedere la dottoressa Helen Cho»;

«Identificarsi prego» rispose l'AI dell'Avengers Tower.

«Agente dello S.H.I.E.L.D., Erica Holstein» replicò la donna con un sorriso a trentadue denti.


Era tardo pomeriggio, gli agenti dello S.H.I.E.L.D. avevano prelevato il prigioniero e Natasha era stata accorta a non farsi vedere da Melinda, si sarebbe resa subito conto del suo “stato interessante”, e per il momento era meglio mantenere il segreto.

Si trovava, ora, nell'ampio e soleggiato soggiorno, semidistesa sul divano con accanto Sharon cercavano entrambe di distrarsi con un film Disney proiettato appositamente per i piccoli Barton, presissimi, insieme a Alexandra e Jace – che cercavano di mantenere un certo distacco dal film ma anche loro presi a canticchiare a voce bassa le canzoni – e Laura che cullava tranquillamente Nathaniel addormentato. Steve e gli altri non avevano ancora dato notizie, ma nessuna aveva detto una parola, era come un grosso elefante nella stanza.

Improvvisamente la tv si spense, tutto per esattezza all'interno della Tower smise di funzionare per cinque secondi esatti.

«J.A.R.V.I.S!?» esclamò all'erta Natasha.

Inizialmente si percepì solo un crepitio metallico, poi la voce dell'AI proruppe disturbata;

«Tenta-ti-vo d-di... h-a-ckera-g-gg-io i-n -cor-so, s-si-stemi di -d-ife-sa d-disat-tivati... a-tt-ua-re r-r-pristi-no»;

«Maledizione! J.A.R.V.I.S. contatta Tony! Mi hai capito? Contatta Stark!» frecciò rapida sempre la russa guardandosi attorno, ma non ci fu bisogno di aspettare molto per l'attacco a sorpresa.

«A terra!» urlò Sharon gettandosi insieme a Natasha dietro il divano, mentre agenti Hydra si calavano ed irrompevano dalle ampie vetrate.

«Sharon, sotto il divano... pistole!» mormorò la russa mentre la sua mente lavorava rapida; la bionda agente non se lo fece ripetere le trovò ed iniziò a sparare. Natasha si guardò attorno: Laura stringeva Nathaniel a sé che aveva iniziato a piangere, Lila e Cooper erano accanto a lei tremanti e Alexandra e Jace poco più distanti riparati dietro al mobilio.

«Laura affida Nathaniel a Lila. Jace Alex guardatemi, appena ve lo dirò afferrate Cooper e Lila e correte a nascondervi, andate verso l'hangar d'accordo? Intesi?» ripeté mentre loro esitarono un attimo prima di annuire;

«Ma Natasha tu-?» pigolò Sasha preoccupata;

«Me la caverò! Non posso lasciare sola Sharon. Ascoltate avete un telefono con voi? Bene, chiamate Pepper, se J.A.R.V.I.S. è stato attaccato, Stark risponderà sicuramente a lei e poi contattate lo S.H.I.E.L.D.! Laura tu-»

«Io resto.»

«Non posso chiedertelo...»

«Non me l'hai chiesto, ho deciso io. Sono la moglie di un Avenger credi che non sappia difendermi?» Natasha sorrise appena ed annuì.

«Mamma...» celiò Lila sconsolata, la donna l'abbracciò rapida e sorrise decisa;

«Forza fate come dice zia Nat!».

Non ebbe nemmeno bisogno di dirlo, Sharon comprese perfettamente, le lanciò un'arma e Natasha con uno scatto iniziò a sparare agile scoprendosi fino alle spalle e abbattendo rapida alcuni nemici.

«ORA!».

Jace pronto balzò in avanti insieme ad Alex e proprio come da piano afferrarono i piccoli Barton e corsero verso il corridoio, proprio mentre dall'ascensore altri agenti si riversavano nel salone.

Laura si scambiò uno sguardo con Natasha che le fece un cenno affermativo. Con agilità la moglie di Clint Barton mise fuori gioco un paio di agenti Hydra con mosse quasi circensi.

In effetti Laura Barton non era esattamente una sprovveduta, lei e Clint si erano conosciuti quando da adolescenti lavoravano per il Circo Tiboldt1; lei era un'aggraziata e formidabile acrobata finita anch'essa nei guai con la legge per esser stata complice del ragazzo di cui si era innamorata: il suo attuale marito, che le aveva insegnato, in ogni possibile modo, a sfruttare la sua agilità e flessibilità, oltre che insegnarle a sparare con un fucile o pistola nel corso degli anni. Era un'allieva straordinaria, le diceva spesso lui.

«Oddio! Sono questi gli effetti del pilates?» domandò sconvolta Sharon dopo aver ingaggiato e vinto un corpo a corpo.

«No, circo dall'età di dieci anni!» replicò lei con un sorriso mentre veloce storceva un braccio all'avversario e lo metteva KO;

«Questo invece me l'ha insegnato Clint!» celiò quasi esaltata.

«Ricordami di non sfidarti mai!» asserì Natasha cercando una dopo l'altra le varie armi che aveva disseminato per la stanza e facendo fuoco.

«Fortuna che doveva essere una settimana di riposo assoluto» mormorò a se stessa Vedova cercando di controllare le reazioni del suo corpo, malgrado volesse non sarebbe riuscita ad ingaggiare un corpo a corpo.

Un agente Hydra le si parò davanti, lei aveva appena finito i proiettili. “Stiamo calmi” si disse mentre il suo cervello cercava di elaborare un qualche tipo di mossa, d'un tratto il suo nemico si accasciò privo di vita; la russa si voltò e sospirò di sollievo.

«Scusate il ritardo!» esclamò Niko Costantin armato di fucile e con l'aria pericolosa. Subito accorse da Natasha;

«Tutto okay?» le domandò gentilmente, lei annuì mestamente;

«Mi... Ci hai salvato.» inspirò, poi il suo sguardo si assottigliò facendosi pericoloso «Ora passami entrambe le pistole, e quel fucile a Laura, è il momento di fargli capire chi comanda.» sibilò letale.


*


New Mexico, Las Cruces.

La neve aveva appena finito di scendere, creando un sottile e soffice strato bianco sull'intera cittadina di Las Cruces.

Una piccola città nel sud del New Mexico che si era fatta improvvisamente deserta. Un silenzio irreale e pesante impregnava l'aria, mentre gli Avengers appena sbarcati dal jet si guardavano attorno con aria circospetta.

«Rilevo fonti di calore in direzione nord-est» dichiarò Stark avvolto dall'armatura, mentre dati iniziavano ad apparire nella sua interfaccia.

«Traccia la posizione. Noi ti seguiamo...» berciò serio Steve;

«Non serve» si intromise con tono cupo Bucky, tutti si voltarono verso di lui che indicò a terra, sulla bianca neve imbrattata di vivo rosso.

«Oh magnifico seguiamo la scia di sangue!» esalò Sam levando gli occhi al cielo mentre il resto del gruppo si metteva in marcia.

«Seguiamo il sangue! Non poteva essere seguiamo le farfalle!?» borbottò sconsolato.

Il gruppo continuò a muoversi piano, stando bene attenti a qualsiasi segno fuori posto o attacco sorpresa; Sam volava a più alta quota, mentre Tony gravitava intorno a Steve, Clint e James che procedevano in circolo dandosi le spalla a vicenda.

«Qui! Rilevò una fonte di calore, ma nessuna energia riscontrabile con lo psychotron...» disse il miliardario sbuffando perché qualcosa non andava con J.A.R.V.I.S., possibile che ci fossero apparecchi di disturbo?

Si trovavano davanti a quella che doveva essere la palestra della città. Steve e Clint si accostarono alle porte lentamente e i rumori che provenivano dall'interno non erano per nulla rassicuranti. Sarebbero stati degni di un film horror.

«Anche se lo psychotron non è più in funzione non significa che il suo effetto sia svanito, questo è l'ultimo posto in cui sono state registrate le sue radiazioni, quindi la priorità va alla distruzione del dispositivo. State bene attenti, intesi?» disse ai compagni il capitano poi fece un cenno a Tony.

Il miliardario si posizionò davanti alle doppie porte d'ingresso levò il braccio e l'energia scaturì dal palmo, distruggendo buona parte dell'entrata.

«Oh oh» ebbe il tempo di esclamare prima che un'ondata incazzosa e completamente fuori controllo di persone gli si fiondasse contro.

Immediatamente il resto della squadra si ritrovò ad affrontare un gran numero di persone che non avevano più nulla di umano ed erano ricoperte di sangue, alcune avevano ferite profonde o addirittura brandelli di pelle staccati, e all'interno dello stabile la situazione era peggiore di qualsiasi scena horror: il pavimento era ricoperto di viscoso liquido rosso e diversi corpi erano riversi a terra, spezzati o peggio.

«Ragazzi non so voi, ma io credo che avrò gli incubi per mesi!» gridò Clint combattendo quelle creature furiose, che non potevano più essere definite umane.

«Non guarderò mai più un film sugli zombie, lo giuro!» berciò Sam orripilato.

Nessuno di loro si era accorto che qualcuno stava osservando la scena, dall'alto del tetto dell'edificio e sembrava pure godersela un mondo.

Brock Rumlow afferrò il cellulare e rispose, mentre il sorriso sulle sue labbra non accennava a scemare;

«Mmh. Capisco, sì ci sono cascati in pieno, avranno il loro bel daffare. D'accordo» poi si volse verso L che fissava lo scontro senza nessuna espressione in particolare.

«Andiamocene. Sin ha preso ciò che serviva, forse ha addirittura trovato qualcosa di meglio» detto ciò non attese una risposta che non sarebbe mai arrivata, e si voltò togliendosi dal cornicione.

Fu un movimento impercettibile ma, l'occhio dell'arciere lo colse comunque, alzò appena lo sguardo e fece appena in tempo a scorgere una figura maschile. Fu talmente veloce che un'altra persona avrebbe creduto semplicemente di esserselo immaginato. “Non è possibile...”.

Tony, nel frattempo come gli altri, tentava di sopravvivere a quegli attacchi suicidi, imprecando perché J.A.R.V.I.S. non rispondeva ai suoi comandi, c'era decisamente qualcosa che non andava. Il trillo di una chiamata lo distrasse momentaneamente facendolo finire a terra.

«Pepper!? Tesoro sono un tantino impegnato in questo momento...». Essendo tutti collegati con l'auricolare fra loro, anche il resto dei suoi compagni poteva sentire la conversazione.

«Tony! La Tower è stata attaccata dall'Hydra!» gridò tutto d'un fiato Pepper per nulla divertita, anzi il suo tono aveva un che di isterico.

James, Clint e Steve alzarono il capo in sincrono guardandosi fra loro con occhi sgranati. Il cuore del capitano sprofondò e un terrore nero lo assalì, fu per puro miracolo che non venne travolto dalla carica nemica. Osservò i suoi compagni e i loro volti era stravolti dalla stessa espressione scura ed angosciata che era dipinta sul suo volto.

Natasha”.


*


«Ti prego...» borbottò un agente dell'Hydra a terra e ferito gravemente. Ma Natasha non diede segno di pietà e gli piantò una pallottola dritta nel petto. Aveva visto, aveva capito cosa tentava di nascondere, di proteggere.

Alzò il capo e venne colta da un giramento, subito Niko e Sharon la sostennero preoccupati. La mano di Vedova corse immediatamente al ventre, si concentrò sulla respirazione per qualche secondo.

«Nat? Tutto bene?» domandò il russo, lei annuì seria. Si costrinse a rimettersi dritta sulle proprie gambe anche se aveva un'enorme voglia di crollare a dormire, anche lì sarebbe andato benissimo.

Melinda la osservò meravigliata, fortunatamente Jace e Alex erano riusciti a contattare lo S.H.I.E.L.D. che aveva fatto immediatamente una manovra aerea per tornare indietro ad aiutarli.

«Tu-»

«Non ora ti prego» la interruppe la rossa esausta. Si guardò attorno osservando l'intero salone trivellato e con corpi stesi a terra. Poi un sottoposto di Melinda May sopraggiunse con espressione stravolta e verdognola.

«Agente May! C'è una donna al piano inferiore è stata... stata accoltellata è-è piuttosto grave».

Natasha e Sharon si guardarono ed entrambe si diressero lungo i piani inferiori.

Una volta giunte al piano in cui era situato l'ufficio di Helen Cho, l'agente 13 si portò le mani alla bocca.

Vedova si diresse da Helen riversa a terra immersa in una pozza di sangue, il suo. Sembrava che qualcuno si fosse divertito a trafiggerla come fosse stata un puntaspilli. Non seppe come riuscì a combattere i conati di vomito, ma con un enorme sforzo di volontà, Natasha si accostò alla donna, che improvvisamente aprì gli occhi e li puntò su di lei.

«N-Natasha m-mi dispiace...» sospirò stanca la dottoressa. Natasha si guardò attorno non comprendendo subito, poi i suoi occhi si soffermarono sull'intero ufficio e un brivido di puro terrore le percorse le membra provate.

«Loro lo sanno...» sussurrò, poi alzò lo sguardo su Sharon che la fissava paralizzata;

«Loro lo sanno».






1 = Circo Tilboldt è il circo in cui Clint Barton lavorò insieme a suo fratello dopo essere fuggito di casa e dove, grazie allo Spadaccino e Trick Shot, divenne un formidabile arciere.

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Allora, vi ho fatto attendere ma credo ne sia valsa la pena! (almeno lo spero) come potete constatare no, non me ne sono stata tranquilla a lungo, in questo capitolo dopo un inizio abbastanza riflessivo troviamo un bel po' di azione, l'HYDRA o forse dovrei dire Sin? ha tirato un bello scherzetto ai nostri eroi... e la fine del capitolo mostra fino a che punto; ora anche loro "sanno". Molti si chiederanno perché Sin - anche nello scorso capitolo - era interessata alle cartelle mediche degli Avengers, tutto ha una spiegazione, e presto o darti vi verrà fornita.
Spendendo due parole per Natasha: non è stato facile immedesimarmi nello stato d'animo di una futura madre, questo viene complicato dal fatto che la persona in questione è abbastanza complessa. Natasha oscilla tra la preoccupazione e la felicità a cui comunque non vuole abbadonarsi, perché ne ha davvero passate troppe per vedere il mondo tutto rose e fiori, inoltre credo che una gravidanza, con tanto di ormoni al seguito, sia comunque un avvenimento, un percorso che ti pone davanti a mille dubbi e preoccupazioni... Perciò Natasha ha ancora un po' di strada davanti a sè prima di tornare ad avere il suo consueto controllo e di accettare con serenità gli eventi - sempre che tutto fili liscio - qui però vediamo dei momenti puramente Vedova, non si fa problemi a togliere di mezzo un nemico per proteggere la sua gravidanza e così suo figlio, l'animo da leonessa non è solo di Sharon e anche Nat avrà modo di dimostrarlo.
Per quanto riguarda Laura ho totalmente inventato il suo background, ma doveva pur essere spuntata fuori da qualche parte no? E come ho scritto è la moglie di una super spia e pure Avenger, volete davvero che malgrado l'anonimato suo marito non le abbia insegnato a difendersi!? Dai! In ogni caso spero che questa mia piccola libertà vi sia piaciuta.

Bene! Anche per questo capitolo è tutto... Per qualsiasi dubbio o curiosità non esitate a contattarmi :) Vi invito, come sempre, a seguire la mia pagina autore su fb "Asia Dreamcatcher". Io ringrazio tutti voi: chi commenta, chi inserisce la mia storia nelle differenti liste e anche chi legge semplicemente e vi do appuntamento a VENERDI' 28 APRILE (purtroppo per motivi di impegni sono costretta a rivedere la data di pubblicazione!) tra 18 giorni... e credetemi non sarà piacevole XD
   
 
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