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Autore: Kajsa    07/06/2009    2 recensioni
La Magia è tutta intorno a noi, e Stella ne è consapevole fin da quando era molto piccola. Cosa succede quando una ragazza che è sempre stata ignorata dalla folla incontra un ragazzo, che non riesce a decifrare con i suoi poteri, la ricopre di attenzioni? "-Ehi stai meglio?- La sua voce mi colse alla sprovvista. Era roca ma allo stesso tempo incredibilmente armonica. Alzai lo sguardo, -Si grazie... ehm...- -Jamie!-, mi aiutò lui porgendomi la mano. -Stella Damonte.- feci eco io, fissandolo per un istante negli occhi prima stringergliela provocando una reazione inaspettata. Quando la mia pelle entrò in contatto con quella calda di Jamie sentii la sua energia fremere al contatto con la mia e venni percorsa da una forte scossa."
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Secondo:

qualcosa di nuovo



Quella mattina mi svegliai con un terribile mal di testa e il naso gocciolante.
Freia, tutta felice e canticchiante, fece irruzione in camera mia aprendo le finestre per far cambiare l’aria e io iniziai a starnutire a ripetizione.
«Ti sei presa il raffreddore Stellina?»
Quanto la odiavo quando mi chiamava con quel ridicolo diminutivo, ma in quel momento era troppo intenta a combattere contro il dolore lancinante che avevo alle tempie per poterla rimproverare e così mi rigirai nel letto mettendo la testa sotto le coperte.
La mano gelida di Freia si posò sulla mia fronte e, spostando le coperte per farsi strada, sulle guance.
«Forse non è ancora il periodo per stare mezze nude nel bosco sotto l’acqua,  eh piccola mia?»
Mamma uscì dalla mia camera per tornare pochi minuti dopo con in mano il termometro e un panno umido che mi mise sulla fronte.
Non avevo la febbre alta, giusto un po’ a causa del raffreddore, nonostante ciò decedemmo che per quella mattina sarei rimasta a casa.
Mamma mi preparò una tisana a base di calendula e petali di rosa, utile contro le infiammazioni secondo i suoi studi e, in effetti, dopo averne bevuto mezza tazza il lieve bruciore che avevo il gola era quasi passato del tutto anche se il senso di rintontimento c’era ancora.
La mamma mi diede poi da tenere al collo un ciondolo con un bellissimo lapislazzuli. Noi eravamo così, usavamo le medicine solo nel caso in cui tutti i rimedi naturali e, come direbbe mia cugina, alternativi non avevano funzionato.
«Oggi allora vai a trovare i nuovi vicini con Clara?» buttò li Freia mentre guardavamo una soap stravaccate sul divano un’oretta più tardi.
«Forse, se mi sento meglio...». In realtà non ne avevo alcuna voglia.
«Allora ti conviene mandarle un sms così vi mettete d’accordo. Se andate vi porto io mentre vado a lavorare verso le tre.»
Svogliatamente andai a prendere il cellulare che avevo abbandonato da un paio di giorni sulla credenza.
Quando lo accesi non mi stupii di trovare degli sms vecchi di giorni che mi avvisavano che avevo ricevuto delle chiamate da Freia mentre il cellulare era spento.
In fondo alla lista trovai, poi, un sms di Cecilia che mi chiedeva se stavo meglio e se oggi sarei andata a scuola. Appena tornai sul divano le spiegai che avevo preso il raffreddore ma che il giorno seguente sarei tornata sicuramente.
successivamente aprii un messaggio vuoto e scrissi a mia cugina.
“Ciao Clarè, oggi non sono venuta a scuola però dopo, se vuoi, andiamo a trovare i nuovi vicini. Ci porta mamma alle 3pm. Fammi sapere. Stella”
Nemmeno dieci minuti dopo il cellulare squillò due volte, un caso eccezionale per lui.
Clara diceva che per lei andava bene e che ci avrebbe aspettate alle tre, mentre Cecilia mi augurava di guarire presto, aggiungendo che Jamie mi mandava i suoi saluti. Mi sentii avvampare.
Come osava parlare con la mia migliore amica, quel presuntuoso!?
«È successo qualcosa?» chiese mia mamma, probabilmente notando il mio colorito.
Feci cenno di no e risposi alla mia amica ringraziandola.
Quando tornai a seguire il telefilm, il cellulare trillò di nuovo.
«Sbaglio o è il record del mese?» ironizzò mia madre. A lei sembrava non pesare il fatto che a scuola non ero inserita in nessun gruppo particolare e ciò mi aiutava a non perdere del tutto la poca stima che avevo di me stessa.
Quando finii di leggere il messaggio, per poco non rischiai di stritolare il mio Nokia tra le dita.
“Ciao sono Jamie, visto che anche io sono preoccupato per la tua salute?”, rilessi nella mia mente mentre cercavo una plausibile risposta non particolarmente offensiva a quell’ sms.
Alla fine optai per il ringraziarlo, senza aggiungere una parola di più.
Come immaginavo, il telefono suonò ancora una volta, provocando le risate di mia madre che sicuramente aveva intuito che qualcosa non andava.
Questa volta Jamie mi assicurava che era un piacere poter messaggiare con me e immaginai che pure lui si stesse piegando dalle risate, proprio come Freia, felice di prendermi in giro anche se non poteva vedermi.
Avrei tanto voluto non rispondere, ma le mie dita si mossero da sole sulla tastiera del vecchio e, oramai superato, cellulare.
“Spero che ti stia divertendo alle mie spalle perché sappi che non sprecherò un secondo di più per risp ad un altro tuo mess. Sono stata chiara?”
Ovviamente, però, la discussione non si concluse a quel punto.
Jamie continuava a mandare messaggini con cui cercava di assicurarmi che non voleva assolutamente prendermi in giro ma, al contrario, era davvero felice di sapere che stavo meglio.
Chiesi perfino a Cecilia di costringerlo a smetterla di importunarmi, la quale mi garantì che avrebbe fatto del suo meglio.
Destino volle che il mio cellulare si scaricasse sul più bello della mia conversazione con il nuovo compagno e, così, fui costretta a liquidarlo con un semplice: “Scusa ma ho la batteria a terra, ci vediamo domani”.
«Vedo che hai fatto delle nuove amicizie! Sono tutti così preoccupati da scriverti tanto?»
Senza pensarci, fulminai mia madre con uno sguardo assassino e lanciai il cellulare sulla poltrona nell’angolo del salotto.
«Si infatti, sembra strano pure a me…», sbottai, «Ora comunque è meglio che me ne vada un po’ a letto che tra qualche ora arriva Clara.»
Così mi diressi su per le scale scricchiolanti verso la mia stanza.
L’intenso odore di violetta caratteristico della cameretta mi avvolse non appena varcai la soglia.
Non feci caso al disordine che infestava il pavimento e mi lanciai sul letto.
Allungandomi verso la finestra, ne tirai le tende indaco in modo da creare una certa penombra e, dopo aver acceso una candela, mi accoccolai come un gattino sotto le coperte.
In pochi minuti caddi tra le braccia di Morfeo che mi condusse di nuovo nello stesso bosco della notte precedente.
Questa volta ero da sola, vestita con la mia tunica nera e i piedi scalzi.
Rimasi immobile, come la natura intorno a me.
Non volava un filo di vento e quasi mi mancava l’aria.
Mi chiesi dove fosse finita la piccola lince dal pelo candido e iniziai a guardarmi intorno.
Niente.
Tutto taceva immobile. Allora decisi di muovermi e così m’ incamminai ed attraversai in lungo ed in largo il bosco in pochi secondi, come capita spesso quando si sogna.
Ad un tratto il silenzio venne rotto. Un fruscio alle mie spalle mi fece sussultare e mi voltai, allarmata.
«Chi c’è?»
Non ottenni nessuna risposta. Attesi finché il fruscio non si presentò di nuovo.
Questa volta vidi in lontananza una luce dorata e i miei piedi mi trascinarono verso di lei.
Sentii il mio stomaco contorcersi, come se qualcuno mi avesse appena tirato un pugno, non appena capii che di fronte a me si trovava lo stesso serpente che la notte precedente si era divorato il maestoso orso tutto d’un fiato.
Non osai muovere un muscolo per paura che quella creatura mi attaccasse ma, nonostante ciò, questa si avvicinò a me.
Trattenni il respiro mentre strusciava il suo manto squamoso sulle mie gambe nude.
La sua pelle era gelida e liscia a contatto con la mia. Lentamente il serpente iniziò a salire lungo il mio polpaccio fino ad avvolgermi completamente.
Oramai il suo muso triangolare era alla stessa altezza del mio volto e io chiusi gli occhi in attesa che finisse il suo lavoro, in attesa che aprisse le fauci e mi mangiasse.
«Ti aspetto...» sentii bisbigliare in un orecchio e, quando riaprii gli occhi, vidi che l’enorme serpente era sparito lasciandomi i muscoli tutti indolenziti.

Alle tre in punto, io e Freia ci trovavamo a casa di sua sorella sorseggiando un the ed aspettando che Clara si finisse di preparare.
«Bello il ciondolo, Stella.» disse mia zia osservando il lapislazzuli che portavo al collo.
Le spiegai che quella mattina non stavo molto bene e così la mamma aveva provato a proteggermi con quello.
Rosy mi sorrise, ma notai una vena di amarezza nel suo sguardo. Ovviamente lei non godeva di tutta le libertà che invece io lasciavo a mia mamma.
Per la zia era stato un duro colpo scoprire che sua figlia la considerava una pazza e, da quel giorno, si era chiusa sempre più in se stessa, lasciandosi andare solo quando veniva a praticare qualche rito a  casa nostra insieme ad alcuni membri della congrega di mia mamma.
Notando che la situazione iniziava a farsi pesante, pensai a qualcosa per poter deviare il discorso.
«Zia, mi sa che non posso ancora portare Clara a scuola con la moto. Se non ci sono altri problemi sarà meglio che per un mese non rischi di farmela sequestrare, ok?»
Lei annuì. Mancava solo un mese prima che io compissi diciotto anni, così da poter portare un passeggero, e la mattina precedente era stato un rischioso strappo alle regole.
«A proposito di compleanno! Cosa vuoi che ti regali?» chiese Rosy travolta da un’improvvisa allegria. Cambiava umore come se niente fosse e, in questo, era molto simile a mia madre.
Spesso capitava, comunque, che la gente le confondesse. Erano magre con i capelli biondi e gli occhi chiari, quasi fossero gemelle. Però la zia era di qualche annetto più vecchia di mamma.
«Rosy non voglio niente per il compleanno, al massimo una bella torta!»
Mia madre scoppiò a ridere. «Ma dai Stella! È il tuo diciottesimo! Se non ti facciamo un bel regalo di cui ti puoi vantare a scuola, che parenti saremmo?»
Io la guardai accigliata e scuotendo la testa rassegnata.
«Beh, allora se volete proprio farmi un regalo, fate in modo che sia una sorpresa!»
Le due sorelle si scambiarono uno sguardo d’intesa e scoppiarono a ridere facendomi sentire esclusa dai loro pensieri.
Freia mi accarezzò i capelli e mi diede un bacio sulla fronte dicendomi di stare tranquilla, «Penseremo a tutto noi!».
Non so perché, ma quelle parole suonarono quasi come una minaccia alle mie orecchie, ma non poteri fare a meno di unirmi alle loro risate.
«Che succede? Voglio ridere un po’ anche io!», annunciò Clara con la sua vocina squillante andandosi a sedere accanto a sua madre.
«Stiamo organizzando la festa di tua cugina.» le spiegò allegra sua zia.
A Clara si illuminarono gli occhi.
«Qualunque cosa tu abbia in mente di fare, vedi di cambiare idea!», la minacciai io sorridendo.
«E dai cuginetta!» mi supplicò lei congiungendo le mani sul petto e sporgendosi verso di me col viso rattristato.
«Su Stella. Facci felici…» si unirono poi mia zia e mia madre a lei.
«Ma che noiose che siete!» sbottai io esasperata e loro intuirono che mi ero arresa e, così, scoppiarono a ridere entusiaste della loro vittoria.
«In fondo c’è ancora un sacco di tempo no?» le interruppi, cercando di sviare il discorso dato che c’era fin troppa attenzione concentrata su di me in quel momento.
Clara annuì e, rassegnata, propose di partire prima che venisse troppo tardi.
Si era vestita molto bene per l’occasione e la cosa non mi sorprendeva. Per lei era molto importante fare bella impressione sulle persone. Infatti si era messa un vestitino a fiori molto grazioso. In confronto io sembravo, come sempre, una barbona con i jeans tarocchi e una maglietta lillà che metteva in risalto il decolté praticamente inesistente nonostante la mia età.
«Dai, voi salite intanto in macchina. Io vi raggiungo immediatamente.» ordinò mia madre e noi le ubbidimmo.
Dal sedile posteriore sentivo mia cugina fischiettare allegra un motivetto e le chiesi il perché di tanta allegria.
«Sono contenta! Oggi a scuola è stata una bella giornata e ora andiamo a fare una cosa divertente!»
Era veramente su di giri e un pochino la invidiavo per questo suo carattere sempre allegro e solare. A differenza sua, io non riuscivo a vedere tutto ‘sto gran divertimento nell’andare a trovare i nuovi vicini di casa.
«Ti avviso che io sto poco perché stamattina non stavo molto bene e non vorrei ingerminare le case altrui, ok?»
Grugnendo, Clara annuì evidentemente delusa da quanto avevo appena detto e, di tutta risposta sospirai rumorosamente.
In pochi minuti mia madre salì in auto e ci scaricò di fronte alla villetta appena ristrutturata mettendoci in mano un vassoio stracolmo di biscotti a testa.
Prima di ripartire, Freia si scusò con noi per il fatto di non poterci venire a prendere al ritorno, per cui saremo dovute tornare a casa da sole. Noi la rassicurammo dicendole di non stare a preoccuparsi e così lei partì dopo averci abbracciate entrambe.
Un pochino intimorita, mi avviai così lungo il vialetto che conduceva all’ingresso della villetta grande pressappoco quanto la mia ma messa decisamente in condizioni migliori.
L’esterno era di un delicato color panna e il portone  era decorato con un motivo floreale in ferro battuto molto fine e di buon gusto.
Clara suonò il campanello ed aspettammo qualche secondo che ci venissero ad aprire.
«Sicura che tua madre li abbia avvisati del nostro arrivo?» bisbigliai all’orecchio di mia cugina qualche istante prima che un ometto non molto alto con i capelli castani pettinati all’indietro aprisse la porta.
«Voi dovete essere le nostre vicine?» disse quel signore poco più alto di me sfoderando un sorriso bianchissimo.
Clara ed io annuimmo e il padrone di casa ci fece segno di entrare.
«Grazie mille, signor Fruner.»
Alle parole di mia cugina, il mio corpo ebbe un fremito.
“Fruner? Quel Fruner?!” si stava chiedendo la mia mente.
Il mio dubbio, comunque, non restò irrisolto a lungo.
Appena entrata nel bellissimo salotto arredato con mobili pregiati in legno, una voce roca ma allo stesso tempo incredibilmente armonica irruppe nella stanza.
«Stella! Che piacere vederti!»
Jamie si diresse verso di me sorridendomi con quel suo ghigno che sembrava prendermi in giro.
«Ciao Jamie…» salutai a mia volta facendo un lieve cenno con la mano.
“Ma quanto sono stupida?” continuavo a chiedermi nella mia testa. Non ci voleva un genio per intuire che il nuovo vicino e il nuovo compagno fossero la stessa persona. Mi sentii avvampare non avendo capito prima una cosa così ovvia.
“Probabilmente il mio cervello non voleva avere proprio niente a che fare con quel ragazzo”.
«Non mi avevi detto che lo conoscevi già.» si lamentò mia cugina al mio fianco tirandomi una gomitata tutt’altro che amichevole.
La guardai emettendo una risatina isterica e le spiegai che era il mio nuovo compagno di classe e ci eravamo visti solo il giorno prima, dato che quella mattina ero rimasta a casa perché non mi sentivo bene.
Facendo segno di accomodarci sul divano, Jamie mi chiese se mi ero ripresa e io feci cenno di si con la testa.
Mia cugina sembrava molto interessata a farsi amica il nuovo vicino e lo si capiva dal fatto che non chiudeva bocca un secondo informandosi di un sacco di cose insulse.
Per fortuna, qualche minuto dopo spuntò di nuovo il signor Fruner ad interrompere la sua loquela.
«Mia moglie è andata a fare la spesa, spero possiate aspettare il suo ritorno.»
Clara rispose prontamente di si, mentre io mi scusai dicendo che dovevo tornare a casa dato che non volevo rischiare di attaccare il raffreddore a nessuno.
«No ti prego Stella, resta ancora un po’! Ti faccio almeno visitare la casa.» mi supplicò Jamie con uno sguardo volutamente rattristato.
Clara sorrise, così come il padre del ragazzo che definì la proposta del figlio come un’idea  eccellente.
La sensazione di sentirmi di nuovo al centro dell’attenzione si ripresentò come poco prima a casa di mia zia e, così, mi sentii costretta ad accettare l’idea di aspettare la madre di Jamie.
Il ragazzo si alzò dalla poltrona di fronte a noi prendendo un paio di biscotti dal vassoio e ci invitò a seguirlo per il giro turistico della casa.
Le stanze erano molto luminose e grandi, arredate in stile antico come il salotto e disposte pressappoco come quelle di casa mia. Al piano terra si trovava la zona giorno con la cucina, il salotto e un bagno, mentre a quello superiore erano sistemate le camere da letto, un bagno molto grande e una stanzetta adibita a studio.
Quando passammo per il corridoio del primo piano, notai che vi erano stati appesi dei quadri molto belli, rappresentanti un paesaggio dipinto nelle diverse stagioni.
«Questi li ha fatti mamma quando era giovane. Le piaceva dipingere ma ora ha perso un po’ la mano.»
Io ne rimasi affascinata, specialmente da quello raffigurante l’estate. Il rosso era il colore predominante e il sole, riflesso sull’acqua del lago raffigurato al centro del quadretto, creava dei riflessi, realizzati con varie tonalità di colori caldi, che si univano armonicamente con i colori freddi della superficie dell’acqua.
Probabilmente Jamie si accorse che mi ero imbambolata nell’osservare i dettagli del dipinto e mi si avvicinò da dietro e mi mise una mano sulla spalla.
«Devo dedurre che ti piace questo, vero Stella?»
Io mi voltai annuendo. Lui mi sorrise dolcemente e io non potei fare altro che rispondere a mia volta con un sorriso imbarazzato mentre distoglievo lo sguardo dai suoi occhi.
Probabilmente mia cugina aveva notato il nostro rapido scambio di sguardi e, per distrarci, chiese a Jamie cosa vi fosse dietro ad una porta in fondo al corridoio del secondo piano.
«La mia stanza», rispose lui togliendomi la mano dalla spalla. «Ti va di vederla?», continuò poi rivolgendosi a Clara la quale, ovviamente, rispose affermativamente.
Io rimasi indietro rispetto agli altri due e non riuscii nemmeno ad ascoltare quello che si stavano dicendo tanto ero persa nei miei pensieri.
Continuavo a visualizzare il quadro nella mia mente e non sapevo perché, ma quel paesaggio mi ricordava qualcosa. La sua vista lasciò dentro di me una sensazione di gioia e tranquillità che non riuscivo a spiegarmi e, probabilmente, era lo stesso effetto che faceva su Jamie.
Nessuno, che ovviamente non fosse la mamma o un parente, mi aveva mia sorriso in quella maniera e io ne rimasi piacevolmente sorpresa.
“Forse quello che ha scritto stamattina è vero…”
I miei pensieri furono interrotti, però, quando Jamie aprii la porta della sua camera, diversa dalle altre stanze perché arredata con uno stile moderno. Sulla scrivania, ricavata nello spazio sotto il letto al castello, era dotata di un computer portatile di ultima generazione e, nella libreria, era stato ricavato lo spazio per inserirci un televisore con lo schermo piatto e il lettore DVD.
«Oh, che bella stanza che hai!» commentò mia cugina compiacendo Jamie che si lanciò ridendo su di una poltroncina posta in un angolo della stanza.
«Dai Stella accomodati pure tu!» mi incoraggiò, «E pure tu.» continuò rivolgendosi a Clara.
Io mi sedetti sul tappeto e mia cugina mi seguii a ruota.
«Li avete fatti voi i biscotti? Sono veramente buoni.» si complimentò il ragazzo che ci guardava dall’alto in basso sorridendo.
Clara gli spiegò che i biscotti in realtà li aveva fatti Rosy e lui si raccomandò di ringraziarla e di farle i complimenti.
«Se vuoi un giorno puoi venire a pranzo da noi così mamma prepara qualcosa di buono.»
Io sbiancai. Mia cugina era impazzita, come poteva invitare a casa sua uno che manco conosceva?
Probabilmente Jamie aveva notato il mio sguardo accigliato rivolto a Clara e scoppiò a ridere.
«Tranquilla Stella, non ti mangio la tua amichetta!»
«E’ mia cugina brutto stupido.» risposi io, nuovamente offesa dal suo  modo di fare, ma lui non sembrò fare caso all’insulto che gli avevo lanciato poiché si mise a ridere ancora più di gusto.
«Allora se vuoi vieni pure tu così mi tieni d’occhio.» mi rispose ammiccando.
Con gli occhi che brillavano, mia cugina gli chiese se allora aveva accettato l’invito e il ragazzo fece cenno di sì. Da quel momento fu impossibile tappare la bocca a Clara che, come era nel suo modo di fare, iniziò a progettare il pranzo perfetto informandosi sui gusti del suo futuro ospite.
Fortunatamente, una decina di minuti dopo, qualcuno bussò alla porta della camera.
«Posso entrare o rischio di interrompere tutte queste risate?» chiese una voce melodiosa al di là della porta. Jamie si alzò per andare ad aprire e una donna, la più bella donna che io avessi mai visto, fece capolino nella stanza.
«Ragazze, vi presento mia madre.» annunciò Jamie indicandola con fare teatrale.
Io mi alzai a mia volta e le porsi la mano presentandomi e lei fece lo stesso. «Isotta Fruner, molto lieta».
Quando le nostre dita s’incontrarono, sentii di nuovo la stessa scarica d’energia che invase il mio corpo la mattina precedente quando conobbi suo figlio.
Questa volta riuscii, per fortuna, a mascherare meglio la mia reazione abbozzando un sorrisetto intimidito che la giovane signora di fronte a me ricambiò.
Lei e suo figlio erano molto simili. Il fisico slanciato e snello, proporzionato. Lei aveva lunghi capelli neri che le incorniciavano il viso candido in cui risaltavano i grandi occhi, a differenza del figlio, neri e brillanti.
Dopo aver salutato anche mia cugina, la signora Fruner ci invitò ad andare in salotto a bere un the.
Attraversando il corridoio passammo nuovmente di fronte al dipinto che aveva catturato poco prima la mia attenzione.
«A Stella è piaciuto molto questo qua. Te lo dicevo io che dovevi continuare a dipingere!» la rimproverò Jamie che si trovava al mio fianco.
«Che posto è?» chiesi pensando ad alta voce.
«E’ un posto vicino a dove sono cresciuta, in Austria.» rispose educatamente la signora Fruner.
Io annuii e ribadii che era un quadro bellissimo.
Jamie ordinò poi di andare in salotto perché voleva mangiare i biscotti di Rosy e, avanzando, mi cinse con un braccio il fianco.
«E’ molto contenta che ti piaccia.», mi bisbigliò il ragazzo nell’orecchio mollando poi la presa per raggiungere la madre tutto sorridente.
La mia schiena fu percorsa dai brividi quando lui sfiorò con le sue labbra la mia pelle e quando mi accarezzò il fianco allontanandosi da me.
Non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo.
Il the era pronto e già servito in tazze finemente decorate con motivi floreali appoggiate in un vassoio argentato al centro del tavolino in salotto.
Io mi accomodai sul divano accanto a mia cugina e nelle due poltrone a lato si sedettero Jamie e sua madre.
Il the si stava raffreddando ma io oramai ero talmente abituata a casa a visualizzare il calore che si allontanava al passaggio della mia mano sulla bevanda che, senza pensarci, iniziai a far scorrere le mie dita lungo i bordo della tazza persa nei miei pensieri.
«Ti sei addormentata?» mi chiese scherzosamente Clara tirandomi un colpetto col gomito.
«No, no! È che… mi è tornato un po’ di mal di testa.» mentii.
Jamie spiegò a sua madre che io ero una sua compagna di classe e che dal giorno prima non stavo molto in forma.
Io mi scusai con Isotta, così ci aveva pregate di chiamarla, la quale mi disse di non preoccuparmi e che se avevo bisogno di qualcosa di avvertirla senza problemi.
Io le sorrisi ed assaggiai un sorso della bevanda oramai fredda che tenevo ancora tra le mani.
Era un qualcosa di squisito. «Oltre alla mela e alla rosa che cosa c’è?» chiesi alla bellissima signora seduta sulla poltrona di fronte a me.
«Carcadè!» rispose lei sorridente e sorpresa del fatto che avessi riconosciuto da un solo sorso gli ingredienti principali.
I minuti passarono velocemente e, senza che me ne rendessi conto, si erano fatte le sei passate.
Jamie si propose di accompagnarci a casa e noi accettammo più che volentieri dato che fuori si era fatto buio.
Io e Clara salutammo i padroni di casa mentre aspettavamo che il figlio uscisse dal garage.
«E’ stato un piacere conoscerla.» dissi io sinceramente alla signora Fruner la quale mi prese le mani e mi diede un bacio sulla fronte come aveva fatto con mia cugina.
In quel momento, però, una fitta lancinante attraversò le mie tempie e l’immagine della lince ricomparve vivida nella mia mente.
Il dolore si fece così forte che mi cedettero le  ginocchia e il signor Fruner fu costretto a reggermi per impedirmi di cadere in terra.
«Va tutto bene?» chiese Isotta con la preoccupazione che le si leggeva in volto.
Feci cenno di sì con la testa mentre cercavo di rimettermi in piedi.
«Tranquilla, ora Jamie ti riporta a casa e aspetta che entri, ok?»
«Si», dissi io riprendendomi, «Tanto mamma dovrebbe quasi essere a casa.»
Clara mi aiutò ad arrivare all’auto rossa al volante della quale si trovava Jamie che ci guardava con aria interrogativa.
Sua madre, che ci aveva accompagnate fino in fondo al vialetto, gli spiegò cosa era successo e, così, lui partì subito per portarmi a casa per farmi riposare.
In pochi minuti Clara scese davanti al vialetto di casa sua e Jamie ripartì a razzo seguendo le mie indicazioni per raggiungere abitazione diroccata.
Quando arrivammo vidi che le luci erano ancora spente e ciò significava che Freia non era ancora tornata dal lavoro.
«Vorrà dire che resto qua con te per un po’.» annunciò il ragazzo seduto al mio fianco spegnendo il motore della sua Volkswagen.
Io scesi e cercai dietro ad un cespuglio le chiavi di riserva nascoste sotto una finta pietra di plastica.
«Non avete paura che n ladro le possa trovare?»
«In tal caso ci eviterebbe il problema di comprare un vetro nuovo. Non credo che in casa troverebbe qualcosa degno di essere rubato.» risposi secca io facendolo scoppiare a ridere come ogni volta che aprivo bocca.
Provai il solito senso d’irritazione, ma oramai mi ci stavo abituando e così sbuffai sorridendo rassegnata.
Quando entrammo lo feci accomodare sul divano dove quella mattina stavo massaggiando proprio con lui.
Io mi stavo preparando un bicchiere di acqua e zucchero su suo ordine quando mi chiese perché il mio cellulare giaceva abbandonato sulla poltrona.
«E’ scarico.» risposi io molto semplicemente.
«Se lo metti a caricare stasera ci sentiamo un po’.», disse lui, «Così vedo se ti sei ripresa.»
«O magari per sparare cavolate come stamattina!» battibeccai io sedendomi dal lato opposto del divano rispetto a dove era seduto lui.
Probabilmente lo offesi perché il suo volto si rabbuiò.
«Guarda che tu mi stai davvero simpatica.» ammise Jamie guardandosi le mani giunte in grembo.
Io lo osservai confusa qualche istante e poi gli domandai scusa.
«Sai, non sono abituata a essere considerata dagli altri…»
Jamie alzò lo sguardo e lo incatenò al mio.
«La tua compagna di banco ti vuole bene però. Con lei andate d’accordo da quello che mi ha detto.»
«Lo so. E ne sono davvero molto felice.», risposi perdendomi nel blu profondo dei suoi occhi.
Lui mi sorrise dolcemente e, per rovinare la bellissima atmosfera che si era creata, disse una frase che mi fece perdere le staffe: «E, in fondo, ti sei innamorata di me a prima vista!»
Lui scoppiò a ridere mentre io lo obbligavo a rimangiarsi quello che aveva appena detto a suon di schiaffi.
Quando alla fine anche io stavo ridendo come una bambina nel vedere che non gli stavo facendo assolutamente nulla, gli chiesi se voleva qualcosa da bere.
Mentre ero in cucina a prendere una bottiglietta d’acqua, gli domandai da quanto tempo avesse la patente.
«Da sei mesi circa.» rispose lui e io, sorpresa, gli chiesi come faceva ad averla da così tanto tempo dato che ci volevano almeno un paio di mesi per prenderla ed eravamo solo a Marzo.
«Ho un anno in più di te, Stella.»
«Non lo sapevo! E come mai non sei in quinta?»
Non mi sentii una curiosona nel porgli quella domanda e lui non sembro irritato nel rispondere.
Mi raccontò che aveva passato un anno intero in Austria, dove era nata sua madre, seguendo la scuola con qualche difficoltà dato che il tedesco non era la sua madrelingua, anche se lo parlava molto bene.
«Hai visto il posto del dipinto?» le parole mi uscirono così spontanee che non me ne resi nemmeno conto.
«Si. L’ho visto. Ci ho vissuto di fronte.»
Infondo non rimasi del tutto sorpresa nel sentire quella risposta.
«Ti manca stare là?»
Il suo sguardo era vitreo, perso nel vuoto.
Jamie mi fece cenno di si con la testa e, istintivamente, mi avvicinai a lui e gli accarezzai un braccio per consolarlo. «Vedrai che prima o poi ci tornerai.»
Lui si voltò verso di me sorridendo teneramente e ringraziandomi.
«Sei una brava ragazza. Gli altri non hanno capito nulla di te.»
Nel sentire quelle parole, il mio cuore accelerò il suo battito e sentii le orecchie pizzicare.
Non mi era mai successo nulla di simile.
Non feci in tempo a spiccicare una parola, però, che mia madre entrò in casa.
«Stella? Sei tu?»
«E chi vuoi che sia se no?» risposi io riprendendomi.
Quando lei entrò in salotto e vide Jamie seduto sul divano lo guardò con aria interrogativa e curiosa.
«Scusi il disturbo, sono Jamie Fruner, il figlio dei vicini.» disse Jamie andando verso mia madre porgendogli la mano che lei strinse presentandosi.
«E’ un piacere conoscerti Jamie. Ma non doveva essere mia figlia a venire a farvi visita?»
Io mi alzai arrossendo nuovamente.
«Mi è venuto un capogiro e lui mi ha riportata a casa.» spiegai io impacciata.
Mia madre alzò gli occhi al cielo e ringraziò il ragazzo, più alto di lei, che gli si trovava di fronte.
«Ho una figlia che è una piaga!» si lamentò Freia facendo sorridere Jamie.
Io sbuffai, ma lei non sembrò farci caso e chiese, invece, al nostro ospite se voleva fermarsi a cena.
Lui rifiutò ringraziando mia madre per l’invito, «La prossima volta mi fermerò sicuramente!»
La cosa non mi irritò più come era successo prima quando Clara lo aveva invitato a casa sua ma, al contrario, ne fui quasi felice.
«Allora ci mettiamo d’accordo a scuola.» proposi io.
Mi madre mi guardò e mi chiese se era in classe con me.
Io ammisi di essere stata tanto stupida da non capire che il nuovo compagno, di cui le avevo parlato, era anche il nuovo vicino.
«Perfetto allora,» disse lui,«Domani ci mettiamo d’accordo. Ora devo andare davvero.»
Mia madre lo ringraziò per avermi fatto da baby-sitter e io lo andai ad accompagnare alla sua auto.
«Ci vediamo domani?», chiese lui abbassando il finestrino.
«Si. Spero di stare bene…» risposi io abbassandomi per poterlo vedere in faccia.
Lui mi sorrise e mi diede un bacio sulla guancia.
«Allora a domani!» mi salutò accendendo il motore. Io rimasi senza parole e, dal vialetto, lo salutai con la mano mentre la macchina rossa veniva avvolta dalle tenebre della sera.

«Che caro ragazzo che è.» buttò li mia madre mentre lavava le stoviglie dopo cena.
«Già. Mi ero sbagliata sul suo conto.»
Mia madre si voltò verso di me con un piatto insaponato in mano.
«Probabile. Però avevi ragione sul fatto che ha qualcosa di strano.»
Le sue parole catturarono all’istante la mia attenzione.
«Anche io quando gli ho stretto la mano ho sentito qualcosa. Non è una persona come le altre.»
«Allora sarà una cosa di famiglia. Oggi mi sono sentita attraversare da una fitta assurda alla testa quando ho toccato sua madre.»
Lo sguardo di Freia si perse nel vuoto, come tutte le volte che si concentrava intensamente su qualcosa.
«Farò delle ricerche su di loro.» affermò all’improvviso.
Io ribattei che non era una cosa giusta da fare e lei mi spense ricordandomi che in fondo anche io avevo voluto sapere qualcosa in più su di lui cercando di leggergli l’aura.
«Hai più provato a rifarlo?»
Io feci cenno di no con la testa e lei annuì, pregandomi di ritentarci per cercare di capire qualcosa.
Rassegnata le dissi che ci avrei provato senza, però, garantirle dei risultati.

Mentre stavo per andare in camera, mi venne in mente di caricare il cellulare che era ancora abbandonato sul divano. Poco prima di andare a letto, provai poi ad accenderlo per vedere se davvero Jamie mi aveva mandato un sms.
“Sei una sciocca” dissi a me stessa mentre premevo il tasto che accendeva  l’apparecchio.
Quando stavo per coricarmi, lo schermò si illuminò e il cellulare emise un trillo.
«Mi ha scritto davvero!» bisbigliai io stupita e, in fondo in fondo, contenta.
Jamie mi chiedeva se mi ero ripresa e, alla fine, diceva che mi aspettava il giorno seguente di fronte al cancello della scuola.
Io gli risposi immediatamente che stavo meglio e che non mi stesse ad aspettare perché, conoscendomi, sarei arrivata senz’altro in ritardo.
“Allora c vediamo in classe :-) buona notte e vedi di stare meglio”, diceva la sua risposta e, nonostante fossero poche parole mi resero davvero molto contenta.
“Ho un nuovo amico!” continuavo a ripetere nella mia testa quando mi fui coricata sotto le coperte.
Quella sera mi addormentai col sorriso sulle labbra. Sentivo che era cambiato qualcosa , in positivo, e non riuscivo a nascondere le mie emozioni.



Spero che questo secondo capitolo sia stato di vostro gradimento e che attenderete con ansia i prossimi! :-)
Inutile dire che aspetto delle recensioni perchè mi aiutano a capire quanto ancora devo crescere prima di imparare a  scrivere decentemente! :-) Ve ne sarei grata!
Nel frattempo potreste leggere qualche altro mio lavoro:

http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=70620
Grazie!
Kajsa







                                                                

  
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