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Autore: ___Page    18/04/2017    4 recensioni
"Nessuno di loro se ne accorse. Nessuno di loro lo vide entrare.
Seppero di essere nella merda solo quando riconobbero la sua voce.
«Portuguese, Monkey, Trafalgar e Surebo.» mormorò Vergo, calmo e atono. «Punizione.»"
*Fan Fiction partecipante al Sfigaship&Crack's Day indetto dal Forum FairyPiece-fanfiction&images*
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Starring: Cora-san, Hannyabal, Koala, Nefertari Bibi, Portuguese D. Ace, Perona, Sabo, Trafalgar Law, Vergo.
Con la partecipazione straordinaria di: Monkey D. Rufy.
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ATTENZIONE: Storia contenente coppie strane. Il Forum consiglia la lettura a un pubblico con alto tasso di sospensione dell'incredulità. Può presentare tracce di latte e frutto a guscio.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Koala, Perona, Portuguese D. Ace, Sabo, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Raftel High School - Le Cronache'
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Raftel High School – Primo piano – Aula punizione
Ore 16.48
 
Aveva sbagliato da qualche parte, ne era certo.
Non era stato permettere a Monkey di uscire, sapeva che non sarebbe tornato comunque. Non era stato nemmeno interrompere la chiacchierata tra Trafalgar e Surebo dopo quasi un’ora. Era arrivato a un passaggio del romanzo troppo saliente per non finirlo prima di intervenire e comunque gli importava solo di infastidire Trafalgar, missione in cui sarebbe anche riuscito se solo la paladina della giustizia non avesse pensato bene di mettersi in mezzo. Ma da qualche parte aveva sbagliato perché, su cinque studenti in punizione sotto la sua custodia, quattro di loro non avevano l’aria di essere scocciati o infastiditi o al limite della sopportazione.
Anzi, tutto il contrario.
Sembravano tutti perfettamente a loro agio, rilassati, finanche contenti. Come se avessero appena passato un pomeriggio di svago e relax, altro che punizione.
Di Monkey non c’era nemmeno modo di conoscerne l’ubicazione, figuriamoci lo stato.
Da sopra il bordo del romanzo e degli occhiali, Vergo lanciò un’occhiata verso la coppia vicino alla finestra. Che avessero mai Portuguese e Mihawk da sorridere tanto gli sfuggiva. In realtà Portuguese sorrideva sempre, non si sarebbe dovuto stupire, era capace di fingere divertimento anche solo per non dare la soddisfazione al professore di vedere che la punizione aveva sortito qualche effetto. Ma Mihawk che era la misantropia incarnata non aveva proprio nessun logico o valido motivo per essere tanto felice.
Eppure lo era e Vergo sapeva fin troppo bene che non stava fingendo.  A lei non era mai importato di nascondere il proprio fastidio verso le punizioni, il corpo docenti e l’umanità in generale. Tanto bastava per sapere che nemmeno Portuguese stava simulando.
Perciò sì, per quanto gli costasse ammetterlo, aveva sbagliato da qualche parte. Di tempo per rimediare, però, ormai non ce n’era più e Vergo scrollò via, insieme alle spalle, qualsiasi vaga punta di contrarietà che aveva cominciato a provare. Non si sarebbe fatto rovinare il resto della giornata e il relax letterario da un gruppo di marmocchi così poco educati da non avere nemmeno l’accortezza e il buon gusto di mostrarsi un minimo provati dopo tre ore di punizione. Tanto più che erano tutti all’ultimo anno e mancavano tre mesi scarsi alla fine della scuola.
Ancora centotredici giorni e non li avrebbe rivisti mai più, almeno sperava. Di certo le probabilità giocavano a suo favore. In molti anni di docenza aveva visto solo pochi alunni tornare alla Raftel non più come studenti ma come insegnanti. Tashigi per esempio, che insegnava matematica, e la stessa Monet, la sua ex allieva più brillante. Nonostante ora fossero colleghi, quei pochi lo chiamavano ancora professore. 
Ora, analizzando la fauna presente nella stanza, l’unico rischio concreto era Surebo, che avrebbe potuto benissimo decidere di cambiare il mondo attraverso la formazione di giovani menti e che era troppo affezionata al professor Cora per non temere che seguisse le sue orme, anche se in una materia differente. Ma, se la fortuna lo assisteva, c’erano buone probabilità che diventasse una giornalista o un’assistente sociale.   
No, non valeva veramente la pena di sprecare energie per loro. Anzi, non valeva la pena di sprecare anche solo un altro minuto del suo inestimabile tempo a causa loro.
Ripose con cura il segnalibro nel romanzo prima di riporlo nella propria borsa di pelle nera e chinarsi ad aprire il cassetto sotto alla cattedra. Ne estrasse un blocchetto di fogli gialli di carta copiativa alternati a fogli bianchi di carta normale e afferrò la penna per completare il primo con grafia curata ed elegante.
Nessuno dei presenti in aula si accorse neanche lontanamente delle manovre del professore, a dimostrazione di quanto poco gli importasse sia di essere in punizione che di potersene tornare a casa. Vergo aveva l’impressione che se ne sarebbe potuto andare lasciandoli lì e nemmeno ci avrebbero fatto caso. Probabilmente si sarebbero resi conto dell’ora troppo tardi, quando Hannyabal li avrebbe chiusi dentro e, per un attimo, ventilò l’ipotesi di farlo per davvero.
Ma non aveva voglia di subire un richiamo formale e dare spiegazioni a Sengoku che avrebbero richiesto l’uso di frasi più lunghe di un sintagma semplice. La vita era troppo breve e l’ATP troppo preziosa per sperperarle così.
«Surebo.» chiamò e l’occhiata che Koala gli lanciò era così genuinamente innocente, come se non lo avesse minacciato appena mezz’ora prima, come se anzi non fosse proprio in grado di minacciare nessuno, che per un attimo il fastidio minacciò di tornare alla carica.
«Sì, professore?»
Vergo contò fino a cinque e poi staccò il foglietto giallo dalla cima del blocco per appoggiarlo sulla cattedra e farlo strisciare fino al bordo opposto della cattedra.
«Consegna questo a Monkey quando lo vedi. E ora prendete la vostra roba e sparite dalla mia vista.»
Koala si scambiò un’occhiata con Ace e con Law mentre il professore intrecciava le dita e posava le mani sulla cattedra, in attesa. L’orologio alle sue spalle diceva che mancavano ancora dieci minuti alle cinque ma il fatto che Koala fosse così avversa alle ingiustizie non la rendeva particolarmente ligia alle regole, così come non lo era nessuno dei suoi compagni in quel momento presenti. In meno di dieci secondi i quattro studenti avevano raccolto i propri effetti personali e si stava rivestendo, infilandosi giacche e cappelli dei più svariati tipi, stampe e colori.
Fuori il sole aveva cominciato a scendere verso l’orizzonte ma c’era ancora molta luce e l’aria sembrava tiepida e croccante come in un giorno di inizio estate. Per un secondo Koala ammise con se stessa che, se fosse tornata a casa all’ora prevista così da poter inviare l’elenco a Cora-san, non avrebbe mai notato  quanto le giornate si stessero allungando e gli alberi riempiendo di gemme. Avrebbe finito di fare tutto ciò che doveva per l’ora di cena, ben dopo il tramonto.
Quel pomeriggio non si era rivelato poi tutta quella punizione alla fine e non solo per il sole. Ma questo a Sabo si sarebbe guardata bene dal dirlo. Recuperò la giacca del suo migliore amico mentre Ace si caricava in spalla il suo zaino insieme al proprio e si avviarono in processione per lasciare l’aula, Perona già sulla porta spalancata, la maniglia stretta in mano, in attesa che loro, o qualcuno in particolare di loro, la raggiungessero.
Con un sorriso, Koala recuperò il foglietto giallo dalla cattedra ed esclamò un “buona serata, professore!”  così cortese da risultare appena tollerabile per Vergo. I corridoi erano ancora vuoti e immersi nel silenzio quasi totale, a parte per i suoni ovattati che provenivano dall’aula dove si teneva il Glee Club, unica attività extracurriculare che non aveva luogo al piano terra, in palestra o in giardino.  
Per un attimo i quattro ragazzi ebbero un assaggio di quello che sarebbero stati i corridoi durante i giorni in cui avrebbero dovuto sostenere i loro esami di fine liceo e, senza tutto lo stress e la tensione che li avrebbe inevitabilmente accompagnati e con il sole che bagnava il pavimento, le pareti e gli armadietti, si sentirono padroni della scuola e delle loro vite, liberi di fare tutto ciò che avrebbero voluto, pronti a spaccare il mondo.
Senza parlare, raggiunsero l’uscita che dava sul giardino frontale. Quando il tepore del sole li investì in pieno senza più il filtro delle ampie finestre di vetro, si fermarono sul patio di pietra grigia per godersi per un attimo quella splendida sensazione.
Fu Ace a rompere il silenzio, le mani in tasca e un’alzata di spalle. «Questo decisamente vale la pena di un otto in condotta.»
 

 
***

 
Raftel High School – Giardino
Ore 16.55
 
«Mi spiace che il secondo piano fosse inagibile.» mormorò Sabo, passandosi una mano sul coppino mentre camminava con Bibi verso una delle panchine della zona del giardino adibita a mensa all’aperto. Data l’impossibilità di accedere al secondo piano dove si trovavano tutti i laboratori, il giro all’interno era risultato paradossalmente molto più rapido e breve di quello all’esterno.  
«Non preoccuparti.» lo rassicurò subito la ragazza, accomodandosi e lisciando distrattamente le pieghe della gonna, gli occhi puntati sul futuro compagno di scuola a regalargli un ampio sorriso. «Alla fine se è esploso il laboratorio… Comunque mi sono fatta un’idea della scuola.» 
Sabo rimase in contemplazione alcuni secondi, riflettendo l’espressione di Bibi ma risultando, per qualche misteriosa ragione, decisamente ebete. Sobbalzò appena nel rendersene conto e si affrettò a raggiungerla sulla panca, sedendosi molto più vicino del necessario. Fu con una piacevole stretta allo stomaco che constatò che, pur avendone lo spazio, Bibi non si mosse di un centimetro per allontanarsi da lui.
«Allora dicevi che dovresti cominciare lunedì prossimo.» mormorò sotto voce, le ciocche turchine della ragazza che gli solleticavano il naso e la guancia.
Bibi gli lanciò una timida occhiata di sottecchi e prese un respiro a labbra schiuse, a corto di fiato. «Sì, i-infatti. Esatto.»
«Ti sei traferita da poco a Raftel?» provò a indagare il biondo, curioso di capire le ragioni di un trasferimento in un momento così casuale del semestre.
«Ahmmm… no, non esattamente. Io… Uh?!» Bibi sgranò gli occhi quando un aeroplanino di carta gialla atterrò lieve sulle sue gambe. Perplessa quanto Sabo, lo prese tra le dita per esaminarlo prima di spiegarlo con cura e leggere in silenzio cosa dicevano le scritte, vergate in elegante corsivo.
L’espressione di Bibi virò a una di stupore mentre le sue guance si arrossavano appena. Si schiarì la gola quando ebbe finito di leggere e tese il foglietto a Sabo, guardandolo con la coda dell’occhio. «Credo sia per te.» affermò mentre si portava una ciocca di capelli dietro l’orecchio con la mano libera.
Accigliato, Sabo afferrò ciò che gli veniva offerto e lo studiò a sua volta, gli occhi socchiusi. Un campanello d’allarme prese a suonare immediatamente nella sua testa, riconoscendo il pezzo carta come qualcosa di famigliare e negativo. E, sebbene non avesse alcun problema a decifrare la precisa grafia con cui era stato compilato il foglio, Sabo ci mise un bel momento, probabilmente perché il suo cervello di rifiutava di prendere coscienza della cosa,  a realizzare pienamente che teneva in mano la copia di un avviso di sospensione, che quella era la scrittura di Vergo e che nelle riga dedicata al nome dello studente c’era segnato il suo nome, così come in alto a destra la data del giorno corrente.
Sgranò gli occhi inorridito. Merda, merda e ancora merda!
Okay, non era come se non sapesse che correva quel rischio, non era come se una piccola e remota parte di lui se lo fosse aspettato. Ma, punto numero uno, non ci stava più pensando, tanto che realizzò solo in quel momento che non aveva con sé giacca e zaino, e, punto numero due, Bibi avrebbe capito, anzi probabilmente aveva già capito, che le aveva raccontato balle per quasi due ore.
Ma chi era lo stronzo che aveva pensato bene di lanciare l’aeroplanino di carta sulle gambe di Bibi anziché consegnare il foglio direttamente nelle sue mani?!
Arrabbiato, sollevò la testa per individuare il colpevole ma non c’era nessuno in vista. A meno che…
«Visto che lancio ad effetto?!»
Sabo si girò di scatto verso sinistra. L’aeroplanino era arrivato da destra ma non si stupì quando vide Ace fingere di lucidarsi le unghie contro il giubbotto di ecopelle, in un gesto di vanto. Suo fratello era un mostro in tutte quelle cose un po’ inutili ma anche inevitabili della vita, come il lancio degli aeroplanini di carta appunto, la pisciata in lungo e il birra-pong.
«E poi si chiedono perché sono la punta di diamante dei Moby Dick.» aggiunse il moro, ammiccando verso Perona, che mandò gli occhi al cielo.
«Vergo vi ha fatti uscire prima.» constatò stupito e accigliato Sabo, osservando il quartetto mentre si avvicinava.
«Per dieci minuti.» puntualizzò Koala, fermandosi davanti a loro. «Te, ti ha fatto uscire due ore fa.» gli ricordò mentre porgeva una mano e un sorriso a Bibi. «Piacere, io sono Koala. Studentessa nuova?» 
«Sì. Mi chiamo Bibi, piacere.» annuì l’azzurrina, afferrando la mano di Koala.
«Benvenuta!» la salutò Koala con un sorrisone che venne subito ricambiato da uno più lieve di Bibi. Koala piegò appena il busto verso di lei. «Spero che Sabo sia stato educato e non abbia dato troppo spettacolo mentre era in tua compagnia.»   
«Senti da che pulpito!» esclamò subito il chiamato in causa, sulla difensiva. «Non sono io ad aver rotto il naso a un professore!»
«Non sono io ad aver fatto saltare in aria un laboratorio.» ribatté Koala, le mani sui fianchi.    
Sabo sgranò gli occhi e deglutì a vuoto, lanciando una rapida occhiata a Bibi. «Non so di cosa tu sti…»
«Dacci un taglio, lo sa tutta la scuola che siete stati tu ed Ace. Lo avrebbe scoperto comunque il suo primo giorno qui alla Raftel.» intervenne Perona, indicando Bibi con un cenno del capo.
Si fissarono alcuni secondi prima che Sabo si lasciasse andare a un sospiro rassegnato ma anche, in qualche modo, liberatorio. Portò una mano alla nuca, troppo in imbarazzo per girarsi a guardare Bibi e chiederle scusa. Fortunatamente suo fratello venne in suo soccorso senza volerlo, cambiando bruscamente argomento prima che la finestra di tempo per le scuse si chiudesse.
«Parlando di spettacoli comunque, non sai cosa ti sei perso!» esclamò Ace, raggiungendo il fianco di Koala in una falcata. «Ha affrontato Vergo come una vera pro! Avresti dovuto vederla, la nostra piccola rivoluzionaria!»
Perona si irrigidì suo malgrado quando Ace passò il braccio intorno alla spalle di Koala e le schioccò un bacio tra i capelli. Koala sorrise con un misto di imbarazzo e soddisfazione e posò una mano sul pettorale di Ace, mentre lui le pizzicava una guancia.
Lo stomaco di Perona si contrasse in un fastidioso e pungente spasmo. Forse era lei che era irrazionale, forse era che a causa della propria misantropia non sapeva come classificare le relazioni altrui ma dal suo punto vista sembrava un gesto parecchio intimo per due semplici amici. Strinse i pugni lunghi i fianchi, concentrata per rimanere impassibile. Non avrebbe rischiato di dare a nessuno, men che meno a quel casanova di Portuguese, l’impressione che fosse delusa.
Anche perché non era vero, non era affatto delusa, non le importava niente, a lei, della vita privata di Ace e delle sue relazioni. Che si comportasse come gli pareva, che si facesse chi meglio credeva, a lei importava meno di zero. Non era come se fosse caduta vittima del fascino di Mr. Lentiggine, lei non era come tutte le altre ragazze della Raftel, non sarebbe stata solo un numero nella sua testa o una tacca sulla testata del suo letto o…
Il filo dei suoi pensieri si spezzò di netto quando qualcosa si incastrò tra le dita della sua mano sinistra. Sorpresa, girò il viso nella stessa direzione e il suo stomaco si esibì in un doppio salto carpiato nel ritrovarsi accanto Ace, con la mano intrecciata alla sua. A occhi sgranati, Perona abbassò lo sguardo sull’intreccio delle loro dita, così incredula da non riuscire nemmeno a protestare.
«Comunque ragazzi, è tutto molto bello ma ora devo salutarvi perché è arrivato il momento di offrire una cioccolata a questa splendida creatura qui accanto a me.» cominciò a congedarsi Ace, con fare teatrale, bloccando con il proprio pollice quello di Perona così da impedirle di sfilare la mano dalla sua.
Quando Perona riportò gli occhi sul viso di Ace il cuore le perse più di un paio di battiti. Nonostante il suo immancabile atteggiamento da playboy, Ace la stava fissando serio, con una muta domanda negli occhi mista a speranza e Perona si diede della deficiente per essersi agitata tanto un attimo prima e per aver pensato davvero che lo scambio con Koala fosse il gesto più intimo che un ragazzo potesse fare con una ragazza.
Non era niente, assolutamente niente, rispetto al modo in cui Ace le stava tenendo la mano. Deciso ma delicato, pronto a lasciarla andare se solo lei avesse voluto ma con tutte le evidenti intenzioni di marcare il territorio e mettere le cose in chiaro almeno davanti ai presenti.
«Giusto.» si riscosse Perona dopo un periodo indefinito, staccando a fatica gli occhi da quelli di Ace. «Noi dobbiamo andare a parlare con Pudding. Anche se io non ti avevo ancora detto di sì all’invito.» aggiunse sottovoce, in modo che solo lui potesse sentirla.
«Sei ancora in tempo a tirarti indietro, se vuoi.» le fece notare il moro con un sorriso, ma c’era una punta di tensione nella sua postura, tensione che si dissolse quando Perona, per tutta risposta, cambiò posizione alla mano per incastrarla meglio con la sua.
«Pudding?» domandò Bibi, corrugando le sopracciglia. «Che strano nome.»
«In realtà si chiama Charlotte. Sono i suoi fratelli che l’hanno sempre chiamata Pudding e sono tipo in ventordici. Quando lei ha cominciato il primo anno di elementari aveva un fratello in ogni classe dalla seconda elementare all’ultimo anno di liceo e così si è trascinata il soprannome fino alla maturità. E siccome poi ha aperto una cioccolateria qua dietro la conoscono ancora tutti così.» spiegò Koala, stringendosi nelle spalle.
Bibi portò una mano alla bocca a coprire elegantemente una risata.
«Ma vuoi dire che non sei mai stata alla sua cioccolateria?» chiese Sabo e Bibi, ancora sorridente, scosse il capo. «Bisogna porre immediatamente rimedio!» affermò il biondo, aprendo appena le braccia. «Tipo ora? Che ne dici?»
«Beh…» cominciò Bibi, chiaramente emozionata dalla proposta.
«A meno che Portuguese e Perona non avessero in mente un appuntamento intimo.» fece presente Law, il tono sempre un po’ strascicato.
Incredulo, Sabo si girò verso di lui e lo fissò alcuni secondi prima di cercare Koala con gli occhi. «Lui parla!» esclamò indicando il compagno di scuola che, braccia incrociate al petto, roteò gli occhi esasperato. «Parla!» ripeté Sabo, voltandosi verso Ace dal momento che Koala si era limitata ad arcuare le sopracciglia.
«Eh già!» rispose Ace, dando una non apprezzatissima pacca sulla spalla a Law. «Pazzesco vero? Comunque se volete aggregarvi non c’è problema, tanto io e Perona andiamo al cinema domani sera.»
Perona gli lanciò un’occhiata indignata. «Ho danza domani sera!»
«Davvero?! Devo essermi confuso, è dopodomani allora.» recuperò subito Ace, con un sorriso da prenderlo a schiaffi.
«La smetti di decidere tutto da solo?!»
«Perché?! Non vuoi andarci?»
«Io… Io… Oh vai al diavolo, Ace!» esclamò la rosa, senza però accennare ad allontanarsi da lui né a separare le loro dita.
Ace la fissò perso un paio di secondi prima di tirarle gentilmente il braccio. «Dai sbrighiamoci che se no finiscono tutti i tavoli.» propose, parlando con tutti ma fissando lei.
Sabo si affrettò a mettersi in piedi, infilare giacca e zaino e porgere il braccio a Bibi che, un po’ titubante, lo agganciò e prese a camminare al suo fianco e dietro a Ace e Perona, diretti verso l’uscita. Koala li seguì a ruota ma si fermò dopo appena pochi passi, girandosi interrogativa verso Law.
«Che fai lì impalato?»
Law sollevò scettico un sopracciglio. «Non so se voglio passare il resto del pomeriggio a sentire esclamazioni su quanto è pazzesco che io parli.» considerò, indicando con il mento Ace e Sabo.
Koala, le mani nelle tasche della giacca di ecopelle, sorrise saputa. «Ne vale la pena per la cioccolata al cocco che fa Pudding. E poi, puoi sempre ignorare loro e parlare con me.» aggiunse con un interessante guizzo negli occhi.
Law non lo avrebbe ammesso mai ma una voce nella sua testa, chiaramente non sua, non poteva essere sua, esultò all’idea di quella prospettiva. E allo stesso modo chiunque fosse dentro la sua testa doveva aver preso possesso delle sue facoltà fisiche perché non era stato lui a ordinare alle proprie gambe di mettersi in moto e affiancarla. Eppure eccolo lì e non era come se volesse essere da qualche altra parte.  
Accelerarono per raggiungere gli altri, che se ne stavano andando senza tanti complimenti, ma una colonna di studenti attraversò il giardino in direzione perpendicolare alla loro, rischiando di investirli. Fu troppo forte l’istinto, per Law, quando vide Koala fare un passo di troppo, afferrarla per la vita e trascinarla indietro, appiccicandosela al torace.
Si irrigidì quando realizzò pienamente ciò che aveva fatto ed ebbe quasi paura ad abbassare lo sguardo per incrociare quello di Koala, quando la sentì chinare il capo all’indietro per guardarlo. Ma Koala si limitò a sorridere, non fece commenti e si separò spontaneamente da lui quando la strada fu di nuovo libera.
Law la raggiunse di nuovo in due falcate, l’espressione impassibile e le mani in tasca. Camminarono senza una parola, finché il chiacchiericcio degli altri studenti non divenne solo un lontano e ovattato sottofondo e il silenzio cominciò a infastidire Law. Il che era un evento più unico che raro perché a Law il silenzio piaceva, e tanto.
«Spero non faccia anche la cioccolata al latte condensato.» commentò senza riuscire a trattenere un ghigno.
Koala si girò a guardarlo quasi indignata.
Sì, il silenzio gli piaceva tanto ma forse gli piaceva di più parlare con Koala.
«Oh ma dai!» protestò Koala, tirandogli un pugno sul braccio e scoppiando suo malgrado a ridere. «E comunque io la cioccolata la bevo normale! Al massimo con la panna.» mise in chiaro mentre recuperavano finalmente gli amici e si accodavano dietro a Sabo e Bibi.
«Ah-ehm.» Sabo si schiarì la gola proprio in quel momento, guardando dappertutto tranne che la ragazza agganciata al suo gomito. «Bibi, io volevo scusarmi per… insomma per…»
«Per avermi detto che sei il reporter dei rappresentati d’istituto e invece ti occupi dello sport? O per avermi fatto credere che Coby ti avesse chiesto di sostituirmi e in realtà eri scappato dall’aula-punizione? O per aver fatto finta di niente riguardo all’esplosione del laboratorio?» venne in suo soccorso Bibi e Sabo si sentì andare a fuoco mentre pregava di venire inghiottito seduta stante dal marciapiede.
«Io non…»
«Non preoccuparti!» lo interruppe Bibi con un sorriso che brillava come il sole. «Ho capito subito che mi stavi raccontando frottole. C’è da dire che ti è andata male. Coby non ha il mio numero di cellulare e poi Cora-san si è lasciato sfuggire quel dettaglio riguardo al tuo articolo… Per quel che riguarda il laboratorio ho fatto due più due e tirato a indovinare.»  si strinse nelle spalle Bibi. «Ma mi stavo divertendo e quindi ho fatto finta di niente. Purché non sia un tuo brutto vizio ovviamente.» mise in chiaro, parlando sempre dolcemente e lasciando Sabo interdetto.
Ace fischiò tutta la sua approvazione, guardandola da sopra la propria spalla. «Fratello, ti ha fregato per bene!» esclamò al colmo del divertimento. Poi un pensiero lo colpì e aggrottò le sopracciglia. «Come mai ti trasferisci alla Raftel a proposito, Bibi? Sei nuova in città?»
«A… A dire il vero no…» tentennò l’azzurrina. «Andavo all’Alubarna prima.»
«La scuola privata nel quartiere di Alabasta?» chiese conferma Koala.
«Sì, quella.»
«E come mai vuoi cambiare?»
«Ace!» lo ammonì subito Perona. «Magari è una cosa personale.»
«No beh, cioè sì in un certo senso sì ma… ecco dubito di poterlo tenere nascosto per molto, comunque.» considerò, tirandosi indietro i capelli dal viso con una mano «Non è che voglio cambiare. È che mi hanno espulsa per aver aggredito verbalmente una professoressa che stava mettendo pressione a una mia compagna di classe durante un’interrogazione.» confessò per l’ammirazione di Ace, Perona e Koala e il genuino shock di Sabo.
Law ghignò divertito, avvicinandosi un po’ di più a Koala. «Questo semestre si fa sempre più interessante.»









Angolo dell'autrice: 
Ebbene sì! E' finita ma non è finita! 
E' finita perchè le tre ore di punizione sono finalmente giunte al termine ma potrei mai abbandonare questi sei cioccolatini al loro destino? No, non credo. 
Quindi intanto io ringrazio molto più che di cuore Jules, Zomi, Anna, Daimler e Momo per le recensioni. Ringrazio tutti coloro che hanno seguito, preferito e letto la storia. E spero di ritrovarvi presto con il seguito. 
Pace e bene e baci a tutti! 
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