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Autore: Chainblack    24/04/2017    1 recensioni
In fuga dalla disperazione dilagante della Hope's Peak Academy, sedici talentuosi studenti vengono rapiti e rinchiusi in una località sconosciuta, costretti a partecipare ad un nuova edizione del Gioco al Massacro senza conoscerne il motivo.
Ciò che sanno è che, per scappare da lì, dovranno uccidere un compagno senza farsi scoprire.
Guardandosi le spalle e facendo di tutto per sopravvivere, i sedici ragazzi tenteranno di scoprire la verità sul loro imprigionamento sapendo che non tutti potrebbero giungere illesi fino alla fine.
Ambientata nell'universo narrativo di Danganronpa, questa storia si svolge tra i primi due capitoli della saga.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Prologo

                                                                                                                                      
Dall'alto dell'ultimo piano di un imponente edificio, collocato in una zona deserta e sconosciuta, un uomo fissava il lento e inesorabile calare della sera, seduto dietro ad una scrivania colma di documenti e scartoffie.
Diede un ultimo sorso alla sua tazza di caffè, oramai diventato freddo. Il sapore non era mai stato così amaro.
Aveva passato l'ultima ora a leggere e rileggere le stesse e identiche righe stampate su quei fogli di carta riciclata.
"Emergenza", "Catastrofe", "Vittime"; parole fin troppo ridondanti in quegli ultimi mesi.
Mise da parte i giornali, tutti con la medesima notizia in prima pagina, e tentò di distogliere la mente da quei pensieri anche solo per un istante.
Kyosuke Munakata non era mai stato tipo da arrendersi alle difficoltà, ma in quel periodo aveva quasi raggiunto il limite della sopportazione.
Ogni progetto messo in atto dalla Future Foundation era stato, in qualche modo, annullato o posticipato in favore delle più impellenti necessità.
- Dopotutto... - mormorò tra sé - ...è difficile che una vera e propria apocalisse non abbia la priorità, no? -
Gettò l'occhio su un articolo che aveva appeso alla parete, una sorta di monito personale.
Raffigurava l'espressione giocosa di un famigerato personaggio in compagnia di un folto gruppo di cadaveri.
L'individuo in questione era divenuto il vero e proprio emblema della disperazione, e non passava giorno senza che il suo nome non venisse  pronunciato seguito da un alone di ansia e paura.
- Monokuma... - mormorò Kyosuke, con la voce colma di disprezzo.
Il pupazzo meccanico dalle sembianze d'orso, così come colei che lo aveva manovrato, era riuscito a gettare il mondo nel caos.
Di qualsiasi forma e dimensione, centinaia di quei robot si erano riversati per la strade di ogni città, avviando la loro conquista del globo partendo dal Giappone.
E, nonostante la caduta in diretta mondiale di colei che si pensava fosse la sola artefice di un tale pandemonio, quei mostri non avevano cessato le
loro nefaste attività.
- Vi è ancora qualcuno, là fuori... - commentò a se stesso l'ex "Ultimate Student Council President" - ...a tirare i fili di questa guerra assurda -
Le sue considerazioni vennero improvvisamente interrotte da un bussare familiare alla porta. Anche senza ponderarne l'identità, nel momento in cui
la porta si aprì rumorosamente Kyosuke seppe immediatamente di chi si trattava.
- Hey - sbottò l'altro - Disturbo? -
- Affatto - fu la concisa risposta di Munakata.
Juzo Sakakura sembrava a suo modo provato dai recenti avvenimenti, nonostante facesse di tutto per mostrare una facciata di superiorità.
L'uomo fece il giro della stanza e ne constatò il peculiare ordine nonostante le numerose carte sparpagliate.
Poi il suo sguardo cadde su di uno dei numerosi articoli riguardanti gli incidenti, e gli ci volle un grande sforzo per non cedere alla frustrazione e non schiacciare quel giornale tra le sue mani.
Kyosuke aggiunse alla già numerosa lista delle cose da fare quella di trovare un valido antistress per Juzo.
- Ci sono novità? - chiese il presidente.
- Sì -
- Quante buone? -
L'assenza di risposta e un grugnito di Sakakura fecero intendere a Munakata il corretto responso.
- La disperazione si allarga a macchia d'olio - disse il pugile, stringendo i pugni - Non riusciamo ad individuarne correttamente la fonte, ma almeno
abbiamo capito che si tratta di un concreto gruppo di persone -
- Già. Il "lascito della disperazione", o come si fanno chiamare - annuì Munakata - Abbiamo motivo di pensare che si trattino di ex-alunni della
Hope's Peak. Sono già usciti fuori dei nomi, ma stiamo continuando ad indagare -
Kyosuke passò a Juzo alcuni documenti evidenziati in rosso con annesse alcune fotografie. Vi erano ritratte alcune sagome difficilmente distinguibili.
Juzo Sakakura passò ad osservarle tutte, una ad una. La sua espressione era di evidente sorpresa.
- Le hai ricevute oggi? -
- Oggi, sì -
- Da chi? -
- Chisa si sta dando da fare quanto te -
Il pugile si grattò il mento.
- Abbiamo informazioni su questi bastardi? -
- Alcune, sì... - mormorò Kyosuke, e allungò il braccio verso un'altra pila di documenti dalla quale estrasse una cartella ricca di fogli - Ibuki Mioda,
Gundam Tanaka, Sonia Nevermind: per il momento abbiamo questi tre nomi. Tutti e tre membri della stessa classe, alla Hope's Peak. Sospetto che anche altri della medesima sezione siano coinvolti, ma le prove scarseggiano -
- Un branco di liceali... - bofonchiò Juzo - Sono davvero queste le persone che stanno assoggettando i governi mondiali? -
- Se consideri che una liceale come Enoshima è riuscita a mettere in piedi un gioco al massacro come quello, non c'è da stupirsi. Non trovi? -
- Come negarlo? - sbuffò Juzo - Continua -
Munakata passò da un foglio all'altro rapidamente.
- Sembra che i Monokuma reagissero ai loro ordini; hanno causato un bel caos - spiegò Kyosuke - Stiamo mandando dei nostri agenti a stanare quei tre e chiunque altro ci sia in ballo, ma sono più sfuggenti di quanto mi aspettassi. Sospetto che stiano ricevendo aiuto da alcune potenti organizzazioni per coprire le loro tracce -
- Chi mai vorrebbe aiutare quella feccia? - chiese Sakakura con una punta di disgusto.
- Avranno i loro alleati, no? Innanzitutto, Nevermind sembra essere un'affluente figura politica - osservò il presidente - Per quanto assurdo possa  sembrare, le sue azioni potrebbero aver riscosso consensi. La disperazione è una malattia molto contagiosa. Inoltre si sospetta che vi sia entrata di mezzo la mafia. Il clan Kuzuryuu, della Yakuza giapponese, sembra essere stato attivo di questi tempi -
Sakakura lanciò un calcio alla parete, facendola tremare. La sua pazienza era evidentemente al limite.
- Stiamo dando la caccia a delle ombre! - sbraitò lui - Come è possibile che si sia venuto a formare un movimento bellicoso mondiale partendo da una scuola!? -
Kyosuke gettò uno sguardo triste sui documenti riguardanti la Hope's Peak Academy. Fulcro di tutta la speranza che il mondo serbava per il futuro, ma teatro del principio della più grande forma di follia umana.
In quel disastro, Kyosuke Munakata aveva visto il disgregarsi del sogno di una vita.
- Avrei voluto portare la speranza nel mondo... - mormorò Kyosuke - Ero ad un passo dal realizzare il mio più grande progetto. Tutto ciò è davvero un boccone amaro -
Juzo sussultò per un istante. Che il suo vecchio amico si abbandonasse ad un simile negativismo era una novità.
- Non dire così, il tuo piano era formidabile! - intervenne lui - Aprire altre sedi della Hope's Peak in tutto il mondo, portare il pinnacolo della speranza a risplendere per tutti i popoli! Sei l'unico ad essere stato talmente lungimirante da avviare un progetto così in larga scala. E hai ricevuto il consenso
di quasi tutte le autorità governative mondiali che riesco a ricordare! -
- Ed è qui che arriviamo alla notizia davvero brutta, Sakakura -
Il pugile esitò per un istante. Kyosuke lo riportò alla realtà.
- Quando è avvenuto l'incidente alla Hope's Peak, alcuni studenti stranieri e dei rappresentanti erano stati invitati per visitare la scuola e farsi un'idea di ciò che costituiva l'apice del modello didattico mondiale. Era un'iniziativa portata avanti dal sottoscritto per accrescere l'interesse dei paesi stranieri -
Juzo Sakakura deglutì.
- E... quindi? -
- Non vi è necessità di dire che, una volta accaduto tutto, ho fatto in modo che gli studenti in visita venissero immediatamente riportati a casa. Ma il
dilagare del caos è stato più repentino del previsto... -
Nel piccolo ufficio cadde un silenzio di tomba. I due si squadrarono negli occhi senza dire nulla.
Juzo ruppe il silenzio con una domanda complicata.
- Abbiamo... avuto delle vittime? -
- Non lo so - rispose Munakata - Ma dei sessanta studenti venuti in visita dall'estero ne sono tornati a casa quarantaquattro. Sedici di loro sono scomparsi nel nulla -
Sakakura deglutì.
- Sedici... - mormorò il pugile - Un numero preoccupante -
- Non abbiamo idea delle dinamiche, né del perché siano spariti proprio loro, se per coincidenza o pianificazione - proseguì lui - Ma quei sedici studenti devono essere trovati ad ogni costo. Sono sedici importanti vite che dobbiamo preservare per il futuro del mondo. Voglio che seguiate qualsiasi pista o indizio; non lasciate niente al caso, Juzo. Trovate quei ragazzi -
Sakakura si massaggiò le nocche, annuendo.
- Conosciamo nomi, volti e dettagli utili di questi studenti? -
A quel punto, Kyosuke Munakata tirò fuori l'ennesimo documento rilegato con cura.
Il fascicolo era composto da numerose pagine con descrizioni e foto. All'indice, vi era una lista di sedici nomi catalogati in ordine.
- Presta attenzione, Juzo - gli disse Kyosuke, iniziando a leggere.

                                                                                        -  -  -  -  -  -  -  -                                                  

Nausea, confusione, lievi dolori e una luce tenue e scarsa.
Sensazioni poco confortevoli accompagnarono il risveglio di Xavier Jefferson, che si accorse molto presto di ritrovarsi in un ambiente poco familiare.
Si alzò a fatica dal letto su cui era disteso e si passò le mani sul volto, stiracchiandosi. 
Riacquisita una lucidità sufficiente, passò a guardarsi attorno. Ritenersi "spaesato" era un eufemismo.
"Cos'è questo posto...?"
Si trovava all'interno di una stanza, probabilmente un piccolo monolocale, piuttosto ordinaria. Vi era un armadio, un letto e un tavolino con un paio 
di sedie. Unica fonte di luce era una singola lampadina che pendeva, solitaria, dal soffitto.
Xavier notò una porta alla propria sinistra; conduceva ad un bagno alquanto stretto, ma attrezzato con ogni necessità.
Il ragazzo fece uno sforzo mentale per recuperare quei pochi ricordi prima di essersi addormentato per chissà quale motivo.
"Dove ero e cosa stavo facendo?" si chiese "Stavo tornando a casa, giusto? Ero in Giappone per..."
Un ricordo gli balenò in testa: la Hope's Peak Academy. 
Dei sessanta studenti inviati per partecipare al percorso di orientamento del prestigioso istituto, Xavier non si riteneva il più motivato.
La scuola forniva un livello di istruzione eccellente e imparagonabile in ambito mondiale, ma il giovane non aveva mai sentito l'impellente desiderio
di accedervi, nonostante fosse stato giudicato idoneo e, come gli era stato detto, "talentuoso".
Il suo gruppo, proveniente dall'Europa, sarebbe dovuto rimanere per almeno due o tre mesi. Il rientro anticipato a causa di un grave incidente terroristico aveva messo l'intero gruppo in allarme.
"Già, una serie di suicidi di massa, e orde di orsi meccanici a marciare per le città..." rammentò lui "Un incubo uscito fuori dal più improbabile degli
show televisivi
"
Fece ancora un giro per la stanza, tentando di recuperare dalla propria memoria quanto più possibile.
"Dopo l'incidente..." continuò lui, meditabondo "I trasporti pubblici si sono interrotti per diverse settimane. Siamo rimasti bloccati lì per un bel po'"
Aprì l'armadio. Con sorpresa notò che, al suo interno, vi erano i suoi vestiti e un gran numero di ricambi. Dei suoi effetti personali, però, non vi era
traccia.
"I robot hanno cominciato ad apparire solo dopo, ma il caos si è sparso in fretta. La scuola ha fatto in modo da trovarci un mezzo per tornare a casa, ma..."
Si fermò, in piedi, in mezzo alla sala.
Si rese conto che dopo quel momento non vi era più nulla, nessuna traccia di memorie.
Fece degli ulteriori sforzi, ma si arrese dopo poco.
- Non ha senso forzare una cassaforte vuota... - mormorò, come parlando a se stesso.
Fu il momento di ispezionare il bagno. Vi era un lavandino, un gabinetto e una piccola vasca da bagno in porcellana. Lo scintillio della vasca gli fece
intuire che quel luogo era stato pulito di recente.
Si accorse infine che davanti al lavandino color perla vi era anche uno specchio; ci si fermò davanti come per assicurarsi che fosse tutto al proprio posto.
La sua faccia era sempre la stessa, non vi era nulla di insolito o inusuale. Persino il suo colorito era tornato lentamente alla normalità.
Si scostò una frangia di capelli scuri dall'occhio sinistro: anche lo squarcio che lo aveva accecato era ancora lì.
L'unico occhio buono di Xavier fece un'ultima, rapida controllata prima di accertarsi di stare bene.
Ma una sgradevole sensazione di disagio non accennava ad andarsene.
"Dove diavolo sono...?"
Decise che il modo migliore per scoprirlo fosse di uscire dall'appartamento. La porta della stanza era spessa e solida, lo stesso si poteva dire dei muri.
Xavier picchiettò il pugno sulla parete. Un rumore compatto gli fece intuire che si trattava di un materiale metallico resistente.
Fatto ciò, girò la maniglia. La porta non accennò a muoversi.
"Un po' lo sospettavo"
Diede un'occhiata alla serratura; non appariva complessa. Non vi fu bisogno di ragionarci troppo; il ragazzo notò che sul tavolino al centro della stanza
vi era un centrino di seta, e sopra di esso era poggiata una chiave.
La colse e ne scrutò l'etichetta attaccata ad essa. C'era solo un numero: "8".
A cosa potesse riferirsi non ne aveva idea, ma Xavier decretò che, essendoci una singola chiave ed una singola porta, il ragionamento da fare fosse scontato.
Girò la chiave nella serratura e la porta si aprì, poi se la infilò istintivamente in tasca.
Davanti a sé vi era un paesaggio alquanto peculiare: notò che il suo appartamento era disposto in cerchio, assieme ad altre casupole assolutamente identiche, attorno a quello che appariva essere un piazzale.
Chiuse la porta, camminò in avanti, e si portò al centro della piazza.
La prima cosa che notò era la presenza di un soffitto. L'intero complesso era posizionato all'interno di chissà quale struttura.
Xavier intuì che non avrebbe rivisto il cielo molto presto.
Passò a guardarsi attorno; la piazza era vuota, nemmeno un'anima in vista.
La stanza dalla quale era uscito mostrava un'incisione sulla porta: un grosso numero "8". Le altre quindici presentavano la stessa fattura, ma con
numeri diversi, da "1" a "16".
Alle proprie spalle, invece, vi era qualcosa di sostanzialmente diverso.
Un gigantesco portone blindato dall'aria solida e inespugnabile; sopra vi erano sedici evidenti incavi: delle serrature, numerate anch'esse.
"Chiunque sia stato si è preso la briga di fare le cose in maniera molto ordinata..." constatò lui.
Si avvicinò al portone e lo ispezionò da cima a fondo. Nessuna maniglia, nessun segno di spostamento sul terreno, solo parti meccaniche.
"Decisamente una porta elettronica"
Batté leggermente un pugno sulla porta. Avvertì il freddo del metallo, così come la sua durezza. Anche quella era una porta che non si sarebbe aperta molto facilmente.
Sospirò, grattandosi il capo.
"Non so cosa sta accadendo, e non mi piace" il suo sguardo era visibilmente in apprensione "Ma sarò davvero l'unico presente?"
Si girò verso gli altri appartamenti; l'idea di andarli ad osservare uno ad uno gli era già balenata in mente tempo prima, ma non vi fu il bisogno.
Nel momento in cui diede le spalle all'imponente portone, la porta numero "9" si aprì.
Lo sguardo di Xavier incrociò quello di una ragazza dai capelli corvini in apparente stato confusionale.
Nessuno dei due mosse un passo verso l'altro.
Il ragazzo era in qualche modo sollevato di non essere solo, ma non sapeva fino a quanto fosse un bene.
Si fece coraggio e si portò avanti.
- Mh, salve... - esordì lui con una certa incertezza.
Lei si strinse nelle spalle.
- B-buongiorno...? - rispose, deglutendo - Dove... siamo, esattamente? -
Xavier sospirò.
"E' evidente che si trova nei miei stessi panni, meglio andarci piano"
- Non lo so, sto cercando di capirlo -
- Chiaro... - sussurrò lei.
Vi furono alcuni attimi di silenzio. Nessuno dei due aveva davvero idea di come continuare la conversazione.
- Ci siamo già visti? - chiese lei ad un tratto.
Lui parve sorpreso.
- Non credo di conoscerti -
- No, di certo no - annuì la ragazza - Ma mi pare di averti visto durante il viaggio verso la Hope's Peak. Eri lì per il corso di orientamento? -
Xavier incrociò le braccia. La possibilità che la ragazza fosse nel gruppo di studenti era plausibile, ma durante il suo soggiorno non aveva badato agli
altri studenti. 
- Sì, è così - asserì lui - E se l'intuito non mi inganna, non siamo i soli -
- Come, prego? -
Non vi fu bisogno di rispondere. Altre due porte si aprirono contemporaneamente, rivelando altri volti confusi e spaesati.
Xavier notò come, a poco a poco, sempre più persone facevano capolino uscendo dalle loro stanze.
- Già, come supponevo... - le disse - Andiamo -
Uno dopo l'altro, tutti gli appartamenti vennero aperti. Un buon numero di persone si era riversato nel piazzale, e il silenzio di pochi minuti prima
aveva lasciato il posto ad una notevole confusione.
Sedici persone erano lì, disposte in maniera disordinata, a guardarsi negli occhi gli uni con gli altri.
L'occhio destro di Xavier fece un rapido giro scrutandole tutte da capo a piedi.
Sospirò di nuovo.
"E' giunto il momento di fare chiarezza" pensò, prendendo la parola e richiamando l'attenzione dei presenti.
 
- - - - -


   
 
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