Capitolo 16
Rip e Ray abbigliati come si concerneva nel 1944 erano usciti per
recarsi all’ospedale lì dove dopo aver fatto una breve ricerca sulla Waverider per trovare Icicle ne
avevano scoperto la sua identità, Cameron Mahkent, e
di conseguenza che una persona con lo stesso nome era registrata al Country General
di Star City proprio nel 1944. Andare a dare un’occhiata era dunque d’obbligo.
Mentre i due uomini camminavano per le vie della città, perfettamente mischiati
con le persone del luogo, fu inevitabile per entrambi scambiare due parole che
però con la missione non avevano assolutamente niente a che fare.
«Ho notato che tu e la Signorina Mia andate molto d’accordo…» il tono del
Capitano Hunter era del tutto casuale, anche se ovviamente di occasionale non
aveva assolutamente nulla. Era un’osservazione più che precisa dettata da
quello che aveva visto nel tempo in cui erano stati costretti a stare con la
Legione, di cui conoscevano solo i nomi e non i cognomi per non officiare il
loro futuro.
«Oh sì devo ammettere che è estremamente brillante e simpatica e hai
assaggiato la sua cioccolata è la fine del mondo…»
La bellezza di Ray era la sua totale ingenuità
nel rispondere e nel parlare, tipica di chi non ha notato il tono, al
contrario, indagatore di chi gli aveva porto la domanda. Tuttavia gli bastò
lanciare uno sguardo al compagno di viaggio per notare che c’era un non so che
di malizioso nel suo sguardo.
«Aspetta stai forse insinuando qualcosa… ehm… oddio Rip…
no! Avrà vent’anni meno di me!»
Palmer era totalmente sconcertato, mentre grattandosi il capo si mise a guardare
la strada di fronte a lui un poco a disagio.
«Questo non lo devi dire a me, ma a lei… Credo che la Signorina Mia sia
alquanto a attratta da lei Signor Palmer…» e quella era una constatazione.
Mia non era una bambina, vent’anni potevano essere tanti, come essere assai
pochi se si contava che non erano nemmeno vent’anni precisi, ma qualcosa di
meno… E Ray non poteva negare che fosse estremamente
bella e sensuale e con un carisma dal quale era difficile rimanere
indifferenti. Scosse però vistosamente il capo, a cosa stava pensando?
Oltretutto non sapeva nemmeno chi lei era per lui nel suo futuro e non poteva
permettersi dunque di fare nessun pensiero di nessun tipo…
«E di Laurel cosa mi dici?» chiese
improvvisamente Ray deciso a cambiare totalmente
argomento.
«Non capisco…»
«Ho notato una certa affinità tra lei e Sara… il suo nome e il suo essere
Black Canary immagino l’abbiano confusa…»
«Non immagini quanto!»
In quel momento fu Rip a divenire pensieroso
togliendosi un attimo il cappello che aveva indosso e giocherellandoci.
«Mi preoccupa… è… non so nemmeno come spiegarlo, ma è coinvolta… ecco non
so che altro termine usare… sembra quasi che lei sappia qualcosa che però
nemmeno lei riesce a comprendere…»
«Bè non è l’unica, forse tu non te ne sei accorto Rip,
ma anche tu interagisci con Laurel in modo diverso.
Ad esempio non la chiami “Signorina” come fai con Mia o Dawn
e hai sempre un trattamento di favore con lei che sia assegnandole la camera
migliore della nave o preferendola alle altre per alcuni compiti…»
Il Capitano Hunter rimase sconcertato di fronte a tale considerazione. Lo
faceva davvero? A lui non sembrava minimamente, ma forse questo era dettato dal
fatto che la sua attenzione ultimamente era unicamente e inequivocabilmente
solo su Sara.
Entrambi erano riusciti a mettersi a disagio l’un l’altro così che giunti
di fronte all’ospedale furono ben lieti di avere altro a cui pensare.
«E Snart?» chiese improvvisamente Ray alzando il capo per osservare l’imponente edificio cui
di fronte si trovavano.
«Gideon ha confermato che è il nostro Snart. Niente versione alternative, alterate o future o
passate…»
«Quindi davvero i Signori del Tempo hanno creato una terra di esilio senza
tempo dentro l’Oculus…»
«Ormai non mi stupisco più di niente…»
Rip fece
spallucce, come già aveva fatto precedentemente pronunciando quella frase e con
Ray entrarono nell’ospedale. Fu facile farsi
indirizzare verso la camera di Cameron Mahkent, ma
non servì loro entrare per capire perché fosse lì, in quanto la sua cartella
medica era appesa fuori dalla porta e prendendola la lessero.
«Dubito che il Signor Mahkent possa esserci
d’aiuto…» annunciò Hunter passando la cartella a Palmer che dunque lesse che il
loro sospettato era lì in quanto in coma vegetativo.
«Il nostro ospite ha cambiato corpo…» perché ormai sembrava del tutto
chiaro che avevano a che fare con un’entità. Non c’erano più dubbi.
I due erano già pronti ad andarsene quando una luce dorata attirò la loro
attenzione, proveniva da sotto la porta della camera e dopo essersi guardati
non esitarono ad entrare per scoprire un vigilante mai visto che con la mano tesa
sul viso di Icicle sembrava stesse estirpando da lui
qualcosa. L'uomo dallo strano casco dorato si accorse di loro e dopo averli guardati
una forte luce dorata li investì, la stessa che fece perdere i sensi a Rip e Ray e che una volta
ripresasi non trovarono traccia di quello strano individuo. Che fosse stata
un’allucinazione?
Sara era incredula del racconto di Rip e Ray al loro ritorno, ma meno lo fu Nate che assistendovi
raccontò loro di come solo la sera prima Amaya aveva proprio visto Mick
armeggiare con il casco e di come incredibilmente potente fosse. Senza contare
che Nabu aveva la brutta abitudine di far perdere la
ragione a chi lo indossasse, questo ovviamente gettò nel panico tutti i
presenti, anche se Nate fece presente loro anche un’altra cosa da non
sottovalutare: era il casco a scegliere chi dovesse divenire Dottor Fate e
seppur a suo dire non esisteva una spiegazione logica sul perché avesse scelto
proprio qualcuno come Mick, ciò non toglieva che se adesso così era stato avere
dalla loro i suoi poteri poteva essere un gran vantaggio.
Le parole dello storico non avevano in alcun modo però placcato l’ansia di
Sara che una volta raggiunta la sua camera per mettere ordine alle idee, per
poco non si prese un colpo nel vedere proprio Dottor Fate aspettarla.
Nonostante sapesse ci fosse Mick dietro a quel casco, era come se lui fosse
solo un mezzo attraverso il quale Nabu agiva in
quanto i suoi occhi brillavano dorati e la postura era retta ed elegante ben
lontana dall’immagine del compagno di squadra che lei aveva.
«Ha creato grande concitazione il mio ritorno…» esclamò con la voce roca e
bassa di Rory eppure con un piglio calmo e preciso
che lo rendeva assai diverso.
«Scegliere Mick? Coraggioso da parte tua…» si trovò ad esclamare divertita
la donna chiudendosi la porta alle spalle e poggiandosi alla scrivania posta di
fronte al letto, mentre Dottor Fate preferì non muoversi da davanti la finestra
da cui guardava fuori con sguardo assorto e le mani dietro la schiena.
«Vedo al di là di quello che voi vedete e per questo il Signor Rory è stato scelto. Ciò a cui date la caccia va oltre alla
vostra conoscenza…»
«E tu invece? Sai di chi si tratta?»
«Di cosa sarebbe meglio dire… anche se una volta era solo un uomo che il
potere e l’oscurità ha consumato… Ascoltami bene Captain
Lance quello che ho visto in Icicle oggi ha risposto
ai miei dubbi, al motivo che mi ha spinto a cercare un ospite…»
Dottor Fate parlava calmo, tranquillo ed estremamente preciso spostando lo
sguardo dal paesaggio oltre al vetro allo sguardo cristallino della donna che
lo osservava.
«Una realtà che non ricordate ha svelato il segreto nascosto nelle pieghe
del tempo... ma Battleworld è la causa, non la
conseguenza...»
L'uomo sospirò come se fosse stato testimone di ciò e la sua voce piena di
amarezza e sconfitta, lo testimoniava.
«Questa è una guerra ben più antica del tempo stesso tra due luoghi ormai
persi e dimenticati: Nuova Genesi e Apokolips. Io ho
vissuto nel primo e abbiamo tentato di fermare un'ascesa dettata solo da un
desiderio di conquista privo di qualsiasi morale e virtù della seconda. Nulla
andò come doveva e il sovrano avversario si diffuse nel tempo come una piaga
costringendo i Signori del Tempo a costruire un mondo intero per
imprigionarlo...»
«Battleworld» esclamò Sara sentendo che tutto
iniziava ad avere un senso.
«Ma lui divenne un Dio anche lì, un sovrano come lo era ad Apokolips...»
«Con l'arrivo di nuovi prigionieri esiliati dai Signori del Tempo a Battleworld ebbe dunque solo maggior persone da soggiogare
e su cui comandare...»
«Traendo forza dalla loro disperazione e dolore...» concluse Dottor Fate
conoscendo la pazienza con la quale aveva agito. Disposto anche a passare
l'eternità in quel lento recupero prima di poter poi fuggire. Perchè adesso ora questo era... fumo nero, male puro,
oscurità intangibile che plagiava le anime e ne usava i corpi per i suoi scopi.
I tre vigilanti fuggiti da Battleworld dunque erano
stati solo il mezzo per poter finalmente scappare dalla sua prigionia... Lui
che abilmente aveva approfittato dell'arrivo di Lily Stein in quel mondo per
darle gli indizi per aprire quel portale che a lui era stato vietato, per
impedirne la fuga. Tutto era stato abilmente studiato nei minimi particolari.
Dottor Fate osservò lungamente Sara che stava elaborando tutte quelle
informazioni che come un fiume in piena l'avevano travolta concedendole a
malapena di respirare.
«Perchè stai dicendo questo a me?»
«Perchè il tempo ti ha scelta anche se tu non lo
ricordi o forse sì?» stava forse indugiando sui suoi sogni? Gli stessi che,
come lei stessa credeva, c'entravano con tutta quella storia?
«Forze misteriose e malvagie hanno complottato per indebolire il tessuto
del tempo e separarne gli eroi… Voi ne avete salvato l’ascesa… Ma ora che i tre
universi sono stati uniti e la battaglia finale è alle porte è ora che tu
ricordi Sara Lance...»
Dottor Fate alzò la mano in direzione della donna che, prima che poté
difendersi in qualsiasi modo, venne accecata da un forte lampo di luce. L'ultima
cosa che Sara vide fu Ankh e poi perse i sensi.
«Un giorno voi vi rivelerete al mondo,
molto più di oggi... come squadra, come eroi riconosciuti in ogni angolo del
mondo e non solo come vigilanti o meta umani... Allora quel giorno sarà in
un'altra età diversa da questa... sarà la Silver Age dell'eroismo... voi
porterete speranza nel domani e insegnerete a chi oggi vi vede solo come
giustizieri ad accoglierla. Sarete una fonte d'ispirazione per il domani... lo
stesso che avete già incontrato»
Il salto nel futuro che JJ fece con il
suo anello della Legione passò inosservato per tutti, qualcosa di estremamente
facile visto e considerato in quanti erano e di come tutti erano occupati nelle
più svariate attività. Nemmeno i suoi compagni sapevano di tutto ciò, lui che
era molto più di un semplice membro di quella squadra…
Camminando per i lunghi corridoi bianchi
e neri che si snodavano come una serpentina sotto Star City, JJ dava l’impressione
di sapere esattamente ove andare. Lui che tra quei corridoi era nato e si
sentiva a casa, la stessa che era divenuta tale quando una volta grande passava
più tempo lì con i suoi genitori che in qualsiasi altro posto. Chi lo
incrociava a quell’ora tarda della notte non si poneva domande sul perché della
sua presenza era del tutto normale vederlo gironzolare ad ogni ora, oltre il
fatto che il suo ruolo –alto in gerarchia- lo rendevano al di sopra di
qualsiasi sospetto o domanda.
Tuttavia eliminata l’area centrale della
base operativa che colorata in bianco e nero faceva ben intendere che fosse una
sorta di zona comune, l’ala ovest era tutta nera e quella est –ove si stava
dirigendo- completamente bianca.
Quello era il cuore pulsante dell’intelligence
e a capo ve ne era una donna capace, decisa e con una mente da stratega che la
rendeva perfetta per il ruolo di Regina Bianca.
Il suo ufficio, ovale e analogo alla
forma di quella del Presidente degli Stati Uniti, era in stile liberty ed era l’unica
stanza dell’intera organizzazione personalizzata con le foto della famiglia
sulla scrivania e dei fiori freschi che ogni mattina venivano cambiati.
Caratteristica principale dell'ufficio
erano anche le forme organiche, le linee curve, con ornamenti a predilezione
vegetale o floreale dei mobili e le immagini orientali, soprattutto le stampe
giapponesi, con forme altrettanto curvilinee, superfici illustrate, vuoti
contrastanti e l'assoluta piattezza di alcune stampe ai muri per dargli
personalità.
E anche se la base era sottoterra e non
vi entrava luce delle fini finestre di vetro colorato ornavano la parete dietro
la scrivania così che la luce che dei neon entrava desse la sensazione, seppur
per finta, di essere naturale.
Quando JJ entrò nella stanza la Regina
Bianca lo stava aspettando, ma non seduta dietro la rigida scrivania quanto su
uno dei due divani posti di fronte ad essa in stile art nouveau.
Due tazze di tè e alcuni biscotti per rendere quella chiacchierata ancor più
piacevole, mentre allungando una mano invitava il giovane a sedersi di fronte a
lei per poi versargli un po’ di liquido ambrato nella tazza.
«Hai fatto un buon lavoro…» c’era
orgoglio nella sua voce, mentre alzando lo sguardo gentile lo posò su JJ.
«Zucchero?»
«Una zolletta»
C’era così tanta normalità e familiarità
tra loro, tanto che quando la Regina Bianca prese la sua tazza tra le mani si
permise di saggiare per un lungo momento il sorso che aveva appena preso, prima
di continuare a parlare.
«Cercare le Leggende e metterle sulla
strada di Darkseid, fornire alla Stein e Snart gli indizi necessari per scoprire di Battleworld e assicurarti che la JSA si unisse a loro in
questa battaglia ha fatto sì che la missione fosse compiuta. Era tutto ciò che
volevo che tu facessi. Si sta formando un esercito di nuovi eroi dall'unione di
tre generazioni degli stessi e avremo bisogno di loro se vogliamo sopravvivere
all'Apocalisse che si sta avvicinando…»
E quello era una constatazione frutto
del duro lavoro della sua sezione che era arrivata ad avere tutte le info
necessarie per capire esattamente contro chi fossero e quale fosse l’unica
strategia per batterlo.
«Quindi ora anche loro fanno parte della
Suicide Squad?»
«In un certo senso...» esclamò la donna.
Non aveva mai amato quel nome, ma forse descriveva esattamente ciò che erano, perché
mettersi contro Darkseid voleva dire compiere un atto
suicida «Forse non con condizione di causa... ma è stato necessario agire in
questo modo e lo sai...»
«Sì madre…»
JJ sorrise alla donna che gli aveva dato
la vita e che insieme a suo padre lo avevano reso l’uomo retto e giusto che era
fiero di essere. C’era poca trasparenze in quel loro agire, lo sapeva, ma come
diceva Macchiavelli “Il fine giustifica i mezzi”.
Sono sempre stata
dell’idea che una volta superata la metà di un racconto, il resto del percorso
da compiere è in discesa e in parte è vero in quanto questo capitolo si è
scritto quasi completamente da solo… siamo sempre più vicini alla conclusione,
ma ancora tante verità da scoprire ci sono lungo il cammino. E voi fino a
questo punto che ne pensate? Non esitate da farmelo sapere!