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Autore: Echocide    01/05/2017    8 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 3.915 (Fidipù)
NoteEd eccoci qua con un nuovo aggiornamento di Miraculous Heroes 3: bene, bene. In questo capitolo facciamo la conoscenza di un altro dei Generali di Dì Ren, ovvero di Taowu e vedremo come il caro possessore del Catalizzatore di Routo ha intenzione di arginare la situazione ed evitare che i nostri baldi eroi gli portino via tutti i sottoposti. Bene, bene. Che altro posso dire? Non so se ho già citato la scuola che frequenta Thomas, ma si tratta del Collége de Navarre e non mi sembra ci sia altro da dire...credo.
Come sempre vi do gli appuntamenti di questa settimana (giusto per allungare un po' il brodo in queste note striminzite): mercoledì ci sarà un nuovo capitolo de La sirena, venerdì il consueto aggiornamento con Miraculous Heroes 3 e sabato un nuovo capitolo di Lemonish. E poi muoio.
Scherzi a parte, come sempre vi ringrazio tantissimo, per il supporto e l'affetto che mi date sempre: un grazie a tutti voi che leggete, commentate, inserite le mie storie nelle vostre liste e me fra gli autori preferiti, mi supportate su facebook e...
Beh, ci vediamo al prossimo aggiornamento!



Adrien si sistemò il maglione, voltandosi verso il letto e osservando la ragazza che dormiva profondamente: sorrise, avvicinandosi e sdraiandosi al suo posto, allungò le dita e carezzò il dorso della mano posata sul cuscino, indugiando sulla fede all’anulare.
Sua moglie.
Marinette era diventata sua moglie.
Aveva fantasticato tante volte, ma nessun sogno a occhi aperti raggiungeva la perfezione della realtà o l’emozione che appellare in quel modo, la ragazza che dormiva, gli provocava: sentiva il cuore battere più velocemente nel petto e un qualcosa crescere dentro di lui.
Orgoglio? Forse.
Possesso? Senza ombra di dubbio, era un tipo decisamente possessivo.
Felicità? Sicuramente sì.
Non sapeva dare una definizione a ciò che sentiva, ma era forte e potente dentro di lui.
Marinette borbottò qualcosa nel sonno, voltandosi nella sua direzione e Adrien rimase a fissarla, spostando la mano e portandole indietro una ciocca di capelli: «Abbi pietà di me…» mormorò la ragazza senza aprire gli occhi e facendolo ridere: «Voglio dormire.»
«Ed io che pensavo di svegliare la mia bella addormentata con un bacio.»
«Cambia fiaba.»
Adrien ridacchiò, avvicinando il viso a quello della mora e posandole le labbra sulla tempia: «Mi piacerebbe assecondare i tuoi bisogni di coccinella pervertita e depravata…» si tirò su, in tempo per vedere le palpebre aprirsi e le iridi azzurre fissarlo indispettite: «Ma sono in ritardo.»
«E’ già ora di alzarsi?» domandò Marinette, tirandosi su e fissarlo, massaggiandosi le braccia per il freddo e guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa.
Adrien recuperò la felpa candida, che di solito la ragazza indossava appena alzata, e gliela porse: «Ti ho mai detto che adoro questa tua camicetta da notte?» domandò, facendo il giro del letto e aiutandola ad alzarsi: «La trovo semplicemente adorabile.»
«Sì. Ogni volta che la indosso» dichiarò la mora, sorridendogli mentre Adrien le tirava su il cappuccio: «Penso di averlo capito alla quarta volta, però fa sempre piacere sentirtelo dire.»
«Ottimo. Non avevo in mente di smettere» dichiarò Adrien, prendendo i lembi della felpa e tirando la ragazza verso di sé, dandole poi un bacio a stampo sulla bocca: «Sul tavolo ci sono le brioches di tuo padre. E i biscotti per Tikki.»
«E’ passato anche oggi?»
«Approfittiamone finché possiamo, my lady» dichiarò il biondo, posandole la testa contro la spalla e baciandole il collo: «Non voglio andare…»
«Non andare» mormorò Marinette, passandogli le braccia attorno alle spalle: «Rimani con me.»
«Mi stai mettendo a dura prova, mon coeur» sospirò Adrien, ricambiando l’abbraccio e cullando la ragazza: «Ma se non vado mio padre mi uccide, stavolta lo fa sul serio.»
«Ma non avevi un servizio per 93 Style oggi?»
«Sì, con Rafael. Dove indosseremo abiti della marca Agreste e daremo alle fans nuove foto da attaccare nelle loro stanze, un po’ come faceva una certa coccinellina di mia conoscenza…»
«Adesso sì, che non voglio che tu vada a fare questo servizio.»
«Perché sai i pensieri perversi che potrebbero avere?»
«Forse.»
«Forse…» Adrien sospirò, intrecciando le mani dietro la schiena di Marinette: «Stiamo facendo progressi» dichiarò, dandole un nuovo bacio e allontanandosi da lei: «Vado adesso.»
«Ok.»
«Ci vediamo oggi pomeriggio al meeting indetto da Lila?»
«Tutti allo Starbucks allegramente.»


Thomas sbadigliò, osservando la professoressa mentre stava segnando qualcosa alla lavagna: sarebbe stato ucciso dalla noia, da un momento all’altro. Ne era certo.
Sbuffò, incrociando le braccia e appoggiandovicisi il viso, sentendo Jérèmie ridacchiare al suo fianco: «Manca poco alla fine dell’ora» lo consolò l’amico, segnandosi qualcosa sul tablet e tenendo l’attenzione sulla donna.
Thomas stava per ribattere, quando un rumore assordante lo fece balzare in piedi, assieme a molti altri compagni: senza attendere alcunché il ragazzo si calamitò fuori dalla classe, ignorando l’urlo dell’insegnante e osservando sorpreso ciò che aveva davanti agli occhi: «C’è Golem nella mia scuola?» domandò, osservando il mostro, fatto completamente di roccia, che tanto gli ricordava il pokemon.
Si guardò attorno, scattando verso la zona ove era la palestra e attraversando velocemente la distanza che lo separava, elencando mentalmente le cose da fare: arrivare negli spogliatoi, controllare che non ci fosse nessuno, chiamare gli altri e poi trasformarsi.
Sì, poteva farcela.
Girò l’angolo, continuando a correre e osservando il mostro che, usando la forma sferica del suo corpo, rotolava per tutto il piazzale interno, distruggendo tutto ciò che trovava: i professori stavano cercando di mettere al sicuro la maggior parte degli alunni e Thomas osservò molti suoi compagni guardare pietrificati la creatura.
Sorrise, vedendo davanti a sé la porta dello spogliatoio e aumentò l’andatura, allungando una mano davanti a sé e aprendola, fiondandosi all’interno e addossandosi poi contro di questa; si tastò le tasche della felpa, alla ricerca del cellulare: «Rispondi…» mormorò, una volta composto il numero di Alex e rimase in attesa, finché non sentì l’americano rispondere all’altro capo: «Alex! C’è una creatura di Dìcoso!»
«Thomas? Cosa?»
«Alla mia scuola, è apparsa una creatura di Dìcoso.»
«Dì Ren, Thomas. Dì Ren.»
«Sì, del tipo.»
«Contatto subito gli altri.»
«Ottimo» Thomas chiuse la chiamata, osservando il cellulare e si guardò velocemente attorno: «Nooroo» mormorò, voltandosi verso il kwami violetto: «Trasformami»


«Niente male, vero?» domandò l’uomo, incrociando le braccia e osservando, attraverso l’enorme polla d’acqua che dominava l’androne dell’abitazione, la creatura che stava seminando panico e distruzione nella scuola: «Niente è più forte della pietra. Niente.»
«Non pensi di cantare vittoria troppo facilmente, Taotie?» domandò Hundrun, affiancandolo e battendo un piede per terra: «Anche la nostra signora era convinta di battere quel gruppo di eroi, eppure è tornata con un nulla di fatto.»
Taotie si voltò, fissando la donna da dietro la maschera di metallo, che era parte integrante dell’elmo che indossava, e poi riportando l’attenzione sulla creatura che aveva generato grazie al potere che il suo signore gli aveva concesso; alzò il mento e strinse la presa sul manico della lancia, sorridendo di fronte a ciò che la creatura di pietra stava facendo: «Sarò io a portare i Miraculous al nostro signore.»
«Ah, quanta ingenuità in così poche parole…» sospirò Hundrun, voltandosi e andandosene, accompagnata dal suono della propria risata.
Taotie strinse la presa sulla sua arma, storcendo le labbra: «Ti farò pentire delle tue parole, donna!» tuonò nella stanza ormai vuota.


«Fatemi capire bene…» mormorò Peacock, atterrando su un tetto e scuotendo il capo: «C’è un pokemon? Un maledetto pokemon nella scuola di Hawkmoth.»
«Eh, a quanto pare sì» dichiarò la voce di Alex, seguita da un rumore ritmico: «Occupato!»
«Ma dove accidenti sei?»
«In un bagno» sbottò l’americano: «Hawky mi ha chiamato mentre ero a lezione e ho cercato un posto tranquillo dove mettermi al lavoro. Voglio il mio pc e la mia casa.»
«Veramente sarebbe casa del maestro» dichiarò Chat, ridacchiando: «Quindi ci stai guidando da un cesso. Uao. Siamo caduti proprio in basso.»
«Io sono caduto in basso…» bofonchiò Alex, facendo ridere gli altri due: «Volpina. Bee. Tortoise. Ladybug. Siete vivi?»
«Purtroppo sì» borbottò l’italiana, sospirando pesantemente: «Ascoltavo ciò che il trio di idioti stava dicendo. Noi quattro siamo nei pressi della scuola, comunque.»
«Ottimo, Peacock e Chat stanno arrivando. E anche Xiang è in zona.»


Hawkmoth balzò a terra, osservando il mostro ruggire in direzione di alcuni alunni più giovani: Alex gli aveva detto di aspettare, ma non poteva farlo. Non poteva lasciare i suoi compagni in balia di quel coso.
Mise mano ai due boomerang e li lanciò contro il bestione, attirando su di sé l’attenzione: «Scappate!» urlò, rivolto al gruppetto e sorrise, vedendoli eseguire immediatamente il proprio ordine, mentre lui riagguantava le proprie armi: «Se avessi una pokeball ti catturerei. Sai, mi manchi nel gioco» dichiarò, osservando il mostro girarsi lentamente verso di lui e ricambiare la battuta ruggendo: «Capito. Capito. Non vuoi essere catturato» sospirò il ragazzino, mentre il mostro assunse la forma di una sfera e rotolò nella sua direzione: Hawkmoth attese, balzando a sinistra e osservando il bestione schiantarsi contro l’ennesimo muro.
«Sbagliato mira?» domandò divertito, lanciando nuovamente i boomerang e storcendo le labbra: la sua arma lo colpiva ma non provocava nessun danno.
Sarebbe stato un vero problema affrontarlo.
E più che altro cosa era?
Un akumatizzato come ai tempi di Papillon?
No, quelli li creava lui adesso.
Un guerriero nero come quelli di Coeur Noir?
Di certo non era uno dei soldati di quel pazzo tedesco che aveva tenuto sotto tensione la città per qualche mese…
Che cosa era?
Un singulto femminile lo fece voltare e osservò Manon Chamack uscire dalla palestra, lo sguardo sbarrato e rivolto verso il mostro, anche quest’ultimo la notò e Hawkmoth lo vide riassumere la sua forma sferica e rotolare in direzione della ragazzina.
Scattò, raggiungendo Manon e prendendola per una mano, tirandola via dalla direzione che il bestione aveva preso: non ce l’avrebbero fatta, quel coso si muoveva troppo veloce e lui…
Qualcosa si avvolse attorno ad Hawkmoth e, stringendo forte Manon contro di sé, si sentì tirare via dalla traiettoria del mostro: «State bene?» domandò la voce divertita di Ladybug, mentre Hawkmoth riapriva le palpebre e fissava la compagna: «Sai, Hawk, ci dispiacerebbe perderti subito.»
«Ladybug…» mormorò Manon, osservando l’eroina a pois e il gruppo assieme a lei.
Erano giunti.
In tempo.
Hawkmoth si mise a sedere, guardando i propri compagni e sorridendo: «E’ la tua fidanzatina, Hawky?» domandò Peacock, indicandolo e rimediando una manata sulla spalla da parte di Bee: «Che ho detto? La tiene stretta come se fosse Chat con Ladybug.»
Cosa stava facendo?
Hawkmoth riportò l’attenzione su ciò che il suo corpo stava facendo e, liberata la ragazzina dalla sua stretta, balzò lontano, fissandola con lo sguardo sgranato: «Io…io…»
«Grazie per avermi salvato» mormorò Manon, aprendo la bocca e scuotendo poi la testa, regalandogli un sorriso appena accennato: «Se non fosse stato per te, sarei morta.»
«D-di niente.»
«Mettiti al riparo, Manon» ordinò Ladybug, sorridendo alla giovane e osservandola mentre annuiva, scappando poi via dopo aver osservato Hawkmoth: «Ok. Che cosa è quel coso?»
«Un Golem» dichiarò Chat, baldanzoso: «Ho dovuto pregare in ginocchio un certo dj di nostra conoscenza per farmi scambiare il mio Graveler e avere un signor Golem.»
«Potevi chiedere a me, mon chatton.»
«Oh certo. Immagina la scena: scusa, vorrei scambiare questo pokemon, così mi evolve. Ci stai? Ah…eh…co-co-co..ah…mh…» Chat sorrise, inchinandosi leggermente davanti la ragazza: «Era un po’ difficile parlare con te.»
Ladybug gli fece la linguaccia, voltandosi e osservando il mostro di pietra: «Io però vorrei sapere cosa è? E’ una persona oppure no?»
«Xiang dice che è una creatura di Quantum» la informò Alex: «Aspetta, la metto in linea. Qualcuno ha dimenticato a casa il proprio auricolare…»
«Non tutti sono fissati con queste cose moderne» sbuffò la voce della cinese: «E’ già tanto se mi ricordo di prendere il cellulare.»
«Ciao, Jian» la salutò Chat Noir, posando le mani sui fianchi e sorridendo: «Che bello sentirti mentre litighi con il tuo bello.»
«Con chi?»
«Con me!» trillò allegro Alex: «Il tuo futuro…»
«E’ una creatura fatta di Quantum» dichiarò Xiang, interrompendo l’americano: «Dopo lo scontro con Yi, Dì Ren si deve essere accorto che possiamo…come dire? Liberare le persone possedute e…»
«E quindi ci manda contro dei pokemon?»
«Avrà preso l’ispirazione da lì...»
«Questo Dì Ren inizia a starmi simpatico» sentenziò Chat, stirando le braccia verso l’alto: «Come lo fermiamo?»
«Distruggendolo.»
«Oh. Questo mi piace. So farlo benissimo.»
«Il problema è fermarlo» dichiarò Tortoise, osservando il mostro che, nel cortile interno della scuola, rotolava da un punto all’altro: «Spero non esca altrimenti…»
«Le ultime parole famose» mormorò Bee, osservando il golem creare una seconda apertura vicino l’entrata della scuola e andare a schiantarsi contro l’inferriata del cortile esterno: «Tortoise, non potevi stare zitto?»
«Chiedo scusa.»
«Con quel coso le mie illusioni non funzioneranno» dichiarò Volpina, muovendo stizzita il flauto: «Non so cosa potrebbe fargli il mio fuoco fatuo.»
«I miei boomerang rimbalzano, invece.»
«Quindi lo faranno anche i miei pungiglioni…»
«O i miei ventagli.»
«Tortoise, devi cercare di tenerlo in un limite circoscritto con le tue barriere» sentenziò Ladybug, sorridendo all’amico: «Peacock, il tuo compito è quello di vedere: Jian ha detto di distruggerlo, ma voglio essere sicura prima di far usare a Chat il suo Cataclisma.»
«Ok, boss.»
«Volpina, Bee. Voi dovrete proteggere Peacock» continuò l’eroina in rosso: «Mentre noi dobbiamo attirarlo in una zona dove Tortoise può creare una barriera senza problemi» dichiarò, rivolta a Chat Noir e Hawkmoth, abbassando poi lo sguardo sullo yo-yo che teneva in mano: «Forse il Lucky Charm può esserci di aiuto.»
«Il Lucky Charm ci è sempre stato di aiuto, my lady» dichiarò il felino, guardandosi intorno e illuminandosi alla vista del marciapiede che divideva le due strade davanti la scuola: «Che ne dici, my lady? Torty potrebbe creare lì la sua barriera e noi ce lo spediamo dentro.»
«Ottima idea, mon chatton» dichiarò Ladybug, avvicinandosi e grattando il mento al biondo, che alzò il capo per godersi quelle attenzioni: «Invoco il Lucky Charm e voi…»
«Hawky ed io giochiamo agli allenatori di pokemon» sentenziò Chat, facendole l’occhiolino e mettendo mano al bastone: «Forza, farfallino è tempo di acchiappare quel coso.»
Ladybug sorrise, osservando Chat e Hawkmoth attirare l’attenzione del mostro e costringerlo a rimanere nel cortile; si voltò, in tempo per notare che Peacock aveva riaperto gli occhi e le stava facendo un segno affermativo con la testa: perfetto, qualunque cosa aveva visto significava che potevano usare il Cataclisma di Chat su quell’affare di pietra.
Lanciò in aria lo yo-yo, invocando il proprio potere e osservando l’oggetto creato cadere fra le proprie mani: «Una fune elastica?» domandò, studiandola e poi guardandosi attorno: a cosa poteva servir…
Si fermò, aprendo la bocca e sorridendo: «Volpina, puoi creare del fuoco fatuo davanti il cancello della scuola?» domandò, osservando l’italiana annuire e invocare il proprio potere, facendo ciò che le era stato detto; Ladybug rimase in attesa, notando come il bestione, deviò il proprio percorso per evitare le fiamme di Volpina.
Perfetto.
A quanto pare era fatto di pietra, ma mal tollerava i loro poteri.
«Bee, usa una frusta di energia per mandarlo contro la porta della scuola.» sentenziò Ladybug, lanciando lo yo-yo e balzando all’interno del cortile: «Tortoise, prepara la tua barriera!» urlò, atterrando su un albero e osservando Bee, Chat Noir e Hawkmoth che limitavano gli spostamenti del nemico: «Chat!»
L’eroe nero alzò la testa al richiamo della compagna e lei gli lanciò un capo della fune, indicando con la mano libera la porta della scuola: «Bee! Mandalo nella nostra direzione, possibilmente a tutta velocità!»
«Cosa?»
«Fidati, Chat»
«Mi fido, ma…»
Ladybug gli sorrise, tenendo il capo di fune che aveva ben stretto fra le mani e osservando Chat fare lo stesso dall’altra parte della porta, mentre Bee a suon di frustate costringeva il mostro a rotolare verso di loro: «Non lasciare la presa, Chat» mormorò l’eroina rossa, poco prima che il nemico rotolasse verso l’interno della scuola; Chat e Ladybug serrarono la presa, facendo appello a ogni oncia della loro forza e la fune elastica fece il suo lavoro, quando fu al massimo della sua elasticità ritornò alla sua forma originaria, spedendo il golem nell’aria e dritto nel punto in cui Tortoise aveva creato una barriera: «Chiudila, Tortoise!»
L’eroe verde annuì, concentrandosi e chiudendo la barriera attorno al mostro: «Tutto tuo, Chat!» esclamò, osservando il felino correre nella sua direzione con la mano impregnata di forza distruttrice, balzò in alto e, sfruttando la mancanza di un soffitto nella barriera di Tortoise, atterrò all’interno e posò le dita sul mostro, osservando l’energia del cataclisma divorarlo e tramutarlo in polvere.
«E il titolo di eroe della situazione va a Chat Noir» dichiarò l’eroe in nero, sogghignando e voltandosi verso i compagni: «Ah, se non c’ero io…»
«Vi prego, ditemi che d’ora in poi non sconfiggeremo i nostri nemici grazie a Chat…» mormorò Volpina, voltandosi verso Ladybug e osservandola mentre lanciava in aria il Lucky Charm, ripristinando tutto: «Non potrei sopportarlo. Non potrei reggere il suo ego.»
«Ah, volpe, se non c’ero io eravate ancora in balia di quel coso rotante.»
«Avete finito?» domandò Alex, sospirando: «No, perché sembra che questo sia l’unico bagno funzionante della zona e…beh, vorrei uscire. Quello che è stato nel box di fianco al mio non deve aver mangiato bene ieri…»
«Sì, Mogui. Abbiamo finito» sentenziò Ladybug, sorridendo: «Ci vediamo oggi.»
«Non mancherò. Tutti da Starbucks.»



«Ah. Starbucks.» sospirò Rafael, sedendosi accanto a Sarah: «Quanto non mi mancavano le nostre riunioni post-battaglia che facciamo qui» dichiarò, prendendo il proprio the dal vassoio e guardando il resto del gruppo: « E sottolineo il non.»
«Oh, andiamo! Stiamo un po’ assieme!» domandò Lila, sorridendo dolcemente: «Insomma, non ci vediamo quasi mai.»
«Veramente noi stiamo sempre assieme» la contraddisse il parigino, scuotendo la testa: «Vedo più voi di mio padre.»
«Ok, volevo provare il nuovo frappuccino. Contento?»
«Ma voi italiani non dovreste odiare questa catena che ha distrutto il vostro caffè?»
«Sì, però i frappuccini mi piacciono, quindi gli perdono quel peccato mortale.»
«No, maledizione!» sbottò Alex, abbandonando il proprio cellulare sul tavolo e sospirando pesantemente: «Una sola nota mancata e potevo fare la Full Combo» bofonchiò, passandosi le mani fra i capelli e recuperando la propria ordinazione, tirando su dalla cannuccia e fissando lo schermo: «Ma sarai mia, Maki. Mia.»
«E’ impazzito del tutto?»
«No, sono ancora sano di mente, Lila» dichiarò il newyorkese, sorridendole e mostrando lo schermo del cellulare: «Solo che un mio compagno di corso mi ha fatto conoscere questo paradiso in terra: è un gioco musicale, dove puoi collezionare carte di idol…» si fermò, armeggiando con lo schermo e mostrando la propria collezione: «Cioè di due gruppi di idols: Maki è la mia waifu. E immaginati la mia frase con un cuoricino finale.»
«Oh, lo conosco» mormorò Marinette, sorridendo: «Juleka ci gioca, è molto brava.»
«Juleka, Juleka…»
«Alta, mora, stile dark» l’aiutò Adrien, sorridendo: «Non la diresti appassionata, lo so.»
«Era al vostro matrimonio?»
«Sì, era insieme a Rose» mormorò Marinette, battendosi le dita sulle labbra: «Adrien?»
«Cosa?»
«Ora che ci penso…» la mora si voltò verso di lui: «Ti ricordi il ragazzo che era con Rose?»
«Ehm…forse?»
«Non era il principe Alì?»
«Abbiamo avuto il principe Alì al nostro matrimonio?»
«Adrien e Marinette. Gli unici che non si ricordano se hanno avuto un reale al proprio matrimonio» dichiarò Rafael, scuotendo la testa: «Solamente voi…»
«Beh, erano presi l’uno dall’altro.»
«Presi l’uno dall’altro? Wei, quando Marinette è arrivata all’altare, c’era il prete che stava facendo notare l’ora, perché questi due avevano da miagolare.»
«Non è vero» bofonchiò Adrien, fissando male l’amico: «E non dovremmo parlare del nemico?»
«Dì Ren fa creature di Quantum che battiamo nel solito modo» riassunse Volpina, sorridendo: «Ecco, abbiamo parlato del nemico.»
«Veloce come discussione» commentò Xiang, studiando il the che aveva ordinato: «E’ veramente…»
«Forse è differente rispetto a quello cui sei abituata» sentenziò Rafael, scuotendo la testa: «Ma qualcuno qui è fissata con Starbucks.»
«Hai problemi?»
«Lila…» sospirò Wei, poggiando una mano sul capo della ragazza e sorridendo, mentre l’italiana fissava imbronciata il modello moro: «Lascia in pace, Rafael.»
«E’ lui che non lascia in pace me.»
«Rafael, lascia in pace Lila» sentenziò Sarah, ridacchiando e osservando lo sguardo di Adrien, posarsi sull’uno e l’altra, pronto ad aprir bocca ma venendo fermato da un solo sguardo di Marinette.
«Io lascio in pace entrambi. Capito il concetto.»
«Che bello, siamo tornati alle vecchie storie? Lila, Rafael e Adrien che si beccano a vicenda, mentre Sarah, Wei e Marinette li devono fermare» sentenziò Alex, divertito: «Ed io non ho fatto full combo di nuovo.»
«Posso provare?» domandò Xiang, prendendo il cellulare e armeggiando con questo, aggrottando le sopracciglia mentre Alex la incitava e anche Thomas fissava incuriosito lo schermo.
«Parlando di cose serie…» mormorò Lila, voltandosi verso Sarah: «Tu ora vai a vivere con il piumino e noi dove faremo le nostre serate al femminile a suon di drama?»
«Sarah, ma ce n’è una che non hai contagiato?» domandò Rafael, fissando la ragazza: «Perché vi piace soffrire così tanto? Non ce n’è uno dove non piangete.»
«Concordo» sentenziò Adrien, annuendo con la testa: «Ne ho visto uno con Marinette e sul finale…»
«Scatola di fazzoletti?»
«Scatola? Si è fatta fuori non so quante confezioni...»
«Esagerato.»
«Marinette, Plagg navigava in un mare di fazzoletti e usava una scatola di camambert come zattera!»
«Voi siete miscredenti che non comprendono la bellezza dei drama. Ecco» dichiarò Sarah, alzando il mento: «Sono certa che, vedendo il drama giusto, anche voi piangereste.»
«Ne ho visti parecchi con te…»
«Oh, ma non ti ho fatto vedere quello che ti fa male proprio qui» dichiarò Sarah, battendosi il pugno all’altezza del cuore: «Moon Lovers.»
«Sarah…» mormorò Lila, inspirando profondamente: «Quella ferita è ancora aperta.»
«Moon Lovers sarebbe...»
«Non l’hai visto, Rafael.»
«Sarà come gli altri.»
«Oh, ti assicuro che non è così» dichiarò Lila, scuotendo il capo: «Anch’io la pensavo come voi e invece…»
«Full combo! Grande Xiang!» esclamò Alex, attirando su di sé l’attenzione dell’intero gruppo, mentre le prendeva il viso e le regalava un sonoro bacio sulla guancia: «Sei un mito.»
«Non è difficile…»
«E Xiang si appassionò al gioco» sentenziò Rafael, ridendo: «Se stai con Alex, impari a giocare.»
«Pennuto, per favore, se vuoi fare battute devi avere un certo non so che.»
«Gattaccio, piantala di miagolare…»
Lila sospirò, alzando gli occhi al cielo: «Quanto mi mancavano le nostre riunioni post-combattimento…»


Felix sorrise, osservando la donna in completo nero che sedeva davanti la sua scrivania: «Non aspettavo una tua visita, Bri» dichiarò, chiudendo dietro di sé la porta dell’ufficio e raggiungendola: doveva essere passata dal parrucchiere perché le onde bionde, che aveva avuto fino a poco tempo prima, adesso erano scure come la notte.
Non le disse niente, sicuro che lei avrebbe trovato una scusa al suo cambiamento e non dandogli nessuna soddisfazione.
Aveva cambiato anche look quel giorno, preferendo un sobrio completo giacca e pantalone, rispetto alle gonne attillate che indossava di solito.
«Hai saputo?»
«Che sono il favorito per l’elezione di sindaco? Sì, il mio segretario mi ha informato.»
La vide sospirare e sistemandosi più comodamente allo schienale della poltroncina: «No, Dì Ren. Ha attaccato nella scuola di Thomas.»
«Sì» sospirò Felix, poggiandosi alla scrivania e incrociando le braccia: «Un mostro di pietra. Alex mi ha chiamato poco dopo, dicendo che era qualcosa simile a un…»
«Golem dei pokemon. Sì, l’ha detto anche me» dichiarò Bridgette, sorridendo: «Cosa ne pensi?»
«Che ha calibrato il tiro. Si è accorto di aver fatto una cazzata – e passami il termine – con Yi e quindi si è regolato.»
Bridgette annuì, tamburellando le dita sul bracciolo e sospirando: «Manderà altri così?»
«Non so dirtelo, Bri» dichiarò Felix, scuotendo la testa e sorridendo: «Però posso dirti una cosa.»
«Cosa?»
«Tu. Io. Un tavolo al Taillevent. Stasera. Che ne dici?»
«Non ti arrendi mai?»
«Non quando so di poter vincere. Allora?»
Bri si alzò, sorridendogli zuccherosa, preludio di un sicuro no: «Stasera devo vedermi con Maxime.»
«E chi diavolo è Maxime?»
«Il mio assistente, genio.»
«Ah.»
Felix la osservò, mentre recuperava la pochette e raggiungeva la porta, fermandosi: «Prenota per un altro giorno» dichiarò la donna, aprendo la porta e chiudendosela dietro, mentre Felix sorrideva divertito.


Taowu sbadigliò, osservando la distruzione fatta da Taotie e poi la polla d’acqua scura: a quanto pareva l’emissario del compagno era stato annientato. Distrutto.
Gli eroi di Parigi avevano vinto nuovamente.
Una folata di vento gli mosse i capelli, facendolo sorridere: «No, non manderò te» dichiarò, alzando la mano e sentendo l’aria intrecciarsi alle sue dita: «Non ancora. Lascia che se la giochino gli altri.» Il vento si mosse nuovamente e Taowu avvertì una carezza sulla nuca: «Noi useremo un’altra strada.»

   
 
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