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Autore: Lady I H V E Byron    04/05/2017    1 recensioni
"Feel it all... don't look back, just let it go..."
Tutto quello che si impara, vivendo in un quartiere povero e malfamato, è essere egoisti e imparare a sopravvivere, non importa come. Bill e Tom, due gemelli inseparabili contro un intero quartiere, spesso adocchiati dalle varie gang, cercano ogni giorno di farsi strada in mezzo a quell'inferno vivente, fra droga, violenza e furti, e sopravvivere contro i mali che il mondo può offrirci. Fino a quando...
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
Capitoli:
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Note dell'autrice: questa parte sarà un po' noiosa, vi avverto...

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-Ahi! Ahi! Ahi!-
-Ahi, ahi, ahi… Oh, Tom… ti stai lamentando come un bambino…-
La casa dei Kaulitz altro non era che un piccolo appartamento all’ultimo piano di una palazzina in rovina.
Non c’erano molti mobili, se non quelli necessari per sopravvivere. Non avevano nemmeno la televisione in casa o il telefono. L’unica televisione era quella dell’unico bar del quartiere, sempre affollato.
L’attacco all’energia era abusivo, nelle abitazioni potevano usarla solo per il frigorifero e le luci. Se le forze dell’ordine se ne fossero accorte, avrebbero tagliato la corrente a tutto il “Drogeviertel” e allora sarebbe stata la fine.
-Non batti ciglio per due cazzotti che ti becchi in faccia e ti lamenti per un po’ di alcool…- derise Bill, prima di prendere il volto del gemello -Ora stai fermo…- soffiò delicatamente sulla ferita, appena medicata.
I loro sguardi si incrociarono di nuovo: stavano comunicando attraverso i loro occhi color nocciola.
Poi gli occhi di Bill si abbassarono verso le numerose cicatrici che Tom aveva non solo nel volto, ma anche per tutto il torace. Si era tolto la maglia per farsi medicare anche le ferite in petto. I combattimenti lo avevano formato e allenato: si potevano scorgere dei muscoli, nonostante il fisico snello.
Bill soffriva nel vedere quelle cicatrici, causate per la sua debolezza. Non poteva fare a meno di Tom, ma si sentiva sempre in colpa, ogni volta che combatteva contro le gang del quartiere per difenderlo.
-Ancora, comunque, non ti ho perdonato…- riprese Tom, assumendo nuovamente lo sguardo deluso.
Il gemello inclinò la testa, confuso.
-Avevo Adrien in pugno, prima che arrivassi. E tu hai rovinato tutto.-
-Bel ringraziamento, fratellone…- si offese Bill, serrando le labbra, sentendo il freddo dei piercing al labbro inferiore –Quel tipo poteva ammazzarti.-
-Non mi hai salvato la vita, hai rovinato il nostro futuro!-
-Esagerato…-
-Non hai idea di cosa ci fosse in palio…-
Bingo. Ecco il motivo per cui Tom era tornato a combattere, nonostante i continui rifiuti del fratello.
Non era tanto il combattere, quanto il motivo che lo spingeva a combattere.
-Potevamo davvero uscire da questo buco di merda, se avessi vinto…-
-Di quanto si trattava?- domandò Bill, interessato, e sentendosi anche un po’ in colpa.
-Abbastanza per un affitto in città. E, contando i nostri risparmi… anche per un cucciolo di bulldog inglese.-
Un bulldog inglese. La razza preferita di Bill.
Questi rise. Ma non era una risata divertita.
-Bravo, adesso mi stai facendo sentire in colpa…- commentò, dando una lieve botta sulla spalla del fratello.
-Ahi!- si lamentò Tom, toccandosi la parte offesa, prima di ridere anche lui.
Tornò subito serio, mentre osservava Bill rimettere l’ovatta e l’alcool al loro posto.
-Bill, ma tu non sei stufo?-
-Di cosa?- domandò l’altro, voltandosi.
-Di vivere così. Costantemente nella paura di essere aggredito per pochi spiccioli, in un luogo pieno di gente fuori di testa! Siamo praticamente noi contro tutte le gang der Drogeviertel! E soprattutto, stufo dello stronzone vestito di pelle, forse umana.-
-Beh…- fu la risposta di Bill, mordendosi il labbro inferiore; in realtà, non aveva la minima idea di cosa dire e questo Tom lo sapeva –Il signor Trümper, in fondo, non ci tratta così male… ci chiede solo di fare alcuni lavoretti e lui ci ripaga abbastanza da sopravvivere un mese…-
-Bill, ci sta sfruttando!- tagliò corto il gemello, distendendosi verticalmente sul divano –Siamo solo un pezzo di carne fresca da sodomizzare! Degli agnelli da sacrificare! Se avessi vinto, con quella somma potevamo liberarci definitivamente da lui!-
-Se i nostri genitori non avessero divorziato, ora non saremmo qui!-
L’ultima frase di Bill fece impallidire Tom. Senza volerlo, aveva schiacciato un tasto dolente per entrambi.
Era successo quando avevano sei anni: era un periodo oscuro per la famiglia Kaulitz, soprattutto per i genitori; da un po’ di tempo non andavano più d’accordo. Simone si era resa conto che Jörg non era l’uomo dei suoi sogni, lo stesso valeva per il marito. Per questo avevano deciso di divorziare. Anzi, tecnicamente, non erano sposati, quindi non si trattava di un divorzio vero e proprio, quanto, piuttosto, di una separazione. Tuttavia, c’era anche la questione della progenie. Avevano deciso di prendere lei Bill e lui Tom. I gemelli, avendo sentito tutto, per nulla d’accordo sulla decisione dei genitori, presero le giacche e scapparono di casa, senza dire nulla. Non potevano vivere l’uno senza l’altro. Separarsi significava perdere una parte della loro vita. Meglio, allora, per entrambi, vivere loro due da soli, anche se bambini, che vivere con un genitore, ma praticamente da solo.
Da allora, dovettero contare solo su loro stessi.
Non era facile trovare un rifugio per due bambini; per un mese, mendicarono per strada, per cibo, acqua e soldi. Più volte degli zingari cercarono di rapirli, ma Tom, già da piccolo, non permetteva a nessuno di toccare Bill. La sua prima cicatrice risaliva proprio a quel periodo. Fu allora che si imbatterono in Gordon Trümper: lo videro entrare in un bar, scendendo da una macchina lussuosa. Credendo che al suo interno ci fossero dei soldi, allora i due gemelli decisero, furtivamente di entrarvi. Ma non trovarono niente. Non si aspettavano nemmeno il ritorno improvviso del proprietario della macchina. Per un attimo li osservò con aria fredda, mentre loro erano combattuti tra l’intenzione di scappare o restare paralizzati dalla paura, poi chiuse lo sportello, bloccando le porte. Per un attimo, Bill e Tom temevano di essere condotti dalla Polizia e dai loro genitori, di conseguenza, essere separati. Ma Gordon non lo fece: li prese con sé. Li rifocillò, diede loro un nuovo cambio di vestiti e li fece dormire nella stanza degli ospiti della sua villa. Forse mosso da pietà e compassione, forse perché poteva usarli per i suoi scopi.
Fatto stava, che i due gemelli entrarono sotto l’ala di Trümper. Non fece loro mancare niente: giocattoli, cibo, vestiti, libri… nemmeno l’educazione scolastica, anche se assoldò un insegnante per fare loro lezioni private.
Non potevano sapere che, in realtà, colui che chiamavano “der Protektor”, altro non era che uno dei leader di una rete di trafficanti di droga. Avrebbero dovuto sospettarlo dal primo momento in cui, dopo due mesi di permanenza nella sua magione, aveva loro incaricato di fare la loro prima missione: entrare in una fogna, e rubare il tesoro di un ladro. Erano abbastanza piccoli per entrarvi. Da allora, non si fermò: incaricava spesso i gemelli di svolgere compiti simili, e, man mano che crescevano, gli incarichi diventavano sempre più “sporchi” e non si limitavano a rapine.
Li viziava per portarli dalla sua parte e usare la scusa del “Io vi ho accolto sotto il mio tetto, vi ho dato tutto e voi mi ripagate così?!” ogni volta che osavano ribellarsi a lui o discutere i suoi ordini. I sensi di colpa possono essere più efficienti di qualsiasi tortura per manovrare le persone, specie per menti deboli ed ingenue come quelle dei giovani gemelli.
Fu quando compirono la maggiore età che Trümper li inviò nel “Drogeviertel”, di sua proprietà.
Disse loro che era ormai giunto il momento di affrontare il mondo, che mettessero a frutto tutto ciò che avevano imparato dai loro precedenti incarichi. In realtà, voleva solo sfatare delle voci che giravano su di lui, tra i suoi stessi sottoposti: si diceva, infatti, che i Kaulitz fossero suoi figli. Uno dei motivi per cui li viziava e li coccolava. In tal modo ha dimostrato che non valevano né più né meno degli altri.
Fu un periodo complicato per i gemelli, i primi giorni che passarono in quell’inferno.
Almeno l’appartamento in cui risiedevano, per fortuna, lo avevano trovato vuoto, con discreti impianti elettrico e idrico.
Ma non si liberarono dal loro protettore: egli continuò ad affidare loro incarichi sempre più pesanti, e loro venivano ugualmente ad essere ricompensati con quello che volevano, se avevano svolto perfettamente le loro missioni.
Avrebbero potuto usare i soldi ricavati per scappare alla prima occasione, ma non lo fecero. Sprecavano i loro soldi in bevute, donne, parrucchiere (più volte, infatti, avevano cambiato il proprio look), abiti (anche se scadenti e usati), piercing e tatuaggi.
Inoltre, essere i protetti di un grosso trafficante di droga, non poteva rendere i gemelli immuni alla tentazione di provare la stessa droga che contrabbandavano.
Così fu.
Nel sacchetto che Gordon aveva dato a Bill, infatti, c’era mezzo chilo di eroina.
-Scusa, Tom, non avrei dovuto dirlo…-
Il gemello scosse la testa.
-No, hai ragione.- rifletté, storcendo la bocca -Se c’è qualcuno da incolpare per tutto questo, sono i nostri genitori. Se ci siamo ridotti così è colpa della loro inettitudine…-
Bill sospirò: non era passato un giorno, infatti, in cui non rivolgessero un pensiero furioso ai genitori.
La droga li aiutava a dimenticare, a lasciarsi tutto alle spalle.
Osservò il sacchetto, storcendo la bocca. Poi lo prese e lo ondeggiò davanti al fratello.
-Facciamo a metà?-
 
Percepirono persino la dilatazione delle proprie pupille.
La droga stava facendo il suo effetto, entrando in circolo in tutto il loro corpo.
Ancora una volta, dimenticarono il loro rancore.
 
I sogni rivelano i desideri segreti delle persone. Alcuni fanno riaffiorare dei ricordi.
Bill e Tom erano tornati bambini. Erano con i loro genitori. Erano felici.
Stavano viaggiando su una mongolfiera, sopra Disneyland, dove avrebbero sempre voluto andare.
Sorvolavano tutte le attrazioni e i due bambini non facevano altro che ammirarle, sorridendo e ridendo, anche rischiando di sporgersi troppo dalla ringhiera, pregustando il momento in cui avrebbero provato tutte le giostre e fatto le foto con tutti i personaggi della Disney.
Così, infatti, fu.
Il Phantom Manor, il labirinto di Alice, il Big Thunder… si goderono ogni momento. Tutti insieme, come una vera famiglia.
Un intero giorno nel mondo della Disney.
Per concludere il giro, entrarono nel castello della Bella Addormentata.
Salirono fino all’ultimo piano, alla torre più alta, dove, nel cartone animato, la Bella Addormentata giaceva addormentata.
Dall’unica finestra ivi presente, si poteva vedere tutto il parco e i dintorni, accarezzato dai raggi del tramonto.
I gemelli, inoltre, notarono una mongolfiera.
Era la stessa su cui erano giunti al parco.
C’erano i loro genitori su di essa.
Bill e Tom si osservarono terrorizzati; i loro genitori li avevano abbandonati.
-Starete molto meglio qui.- disse la loro madre, prima di voltare loro le spalle.
Il padre non disse una parola; si limitò anche lui ad abbassare lo sguardo e rivolgendolo alla parte opposta della compagna.
-No! Mamma! Papà!- urlarono i bambini, piangendo.
 
Bill si svegliò di soprassalto.
Era ancora nell’appartamento. Nella camera da letto. Sotto il lenzuolo del lettone.
Il cuore gli batteva forte.
“E’ stato solo un brutto sogno…” pensò, prima di guardare a sinistra.
Tom dormiva come un sasso, raggomitolato come un gatto. Russava lievemente.
Lo scosse un pochino sulla spalla.
Forse il gemello fu svegliato più dal contatto con le sue mani fredde alla sua pelle che dal movimento stesse.
Entrambi avevano indosso solo la biancheria intima; dormivano sempre così, per evitare di sporcare altri abiti di sudore. Tra la roba usata che compravano non erano presenti pigiami.
E poi Gordon aveva detto loro che dormire nudi rafforzava il corpo per il giorno seguente.
-Ehi… Tomi…- sussurrò lievemente Bill.
Tom mugugnò qualcosa, prima di muovere un braccio, prendere la mano del fratello senza voltarsi e stringerla a sé come un bambino fa con il suo orsacchiotto.
-Ho fatto uno strano sogno…- proseguì il giovane biondo, guardando prima il vuoto, poi il profilo dell’altro.
-Che sogno?- biascicò questi, ancora immerso nei fumi del sonno.
-C’erano i nostri genitori…-
-Allora era sicuramente un incubo…- tagliò corto, senza voler sentire altro -Dai, dormi, adesso…-
Forse non aveva tutti i torti. Anzi, non ne aveva proprio.
Bill osservò i capelli di Tom: quando andava a dormire li teneva sciolti. Ricoprivano l’intero cuscino.
Erano uno spettacolo rilassante da vedere. Davano sempre l’idea di essere morbidi.
Li toccò, rendendo la sua mano un pettine gigante: erano morbidi e setosi.
Ridacchiò: una volta era lui moro e il fratello biondo.
Si erano promessi di non essere come gli altri gemelli, con lo stesso taglio di capelli e praticamente lo stesso modo di vestire.
“Non possono esistere due mani destre o due piedi sinistri.” si erano detti, prima di concludere il loro accordo.
Più volte avevano cambiato i loro stili, nel corso di quella decade che li separava dal primo anno di età adulta.
Bill sospirò di nuovo, rivolgendo lo sguardo verso la finestra: era ancora notte.
Liberò il braccio dalla stretta del fratello e si avvicinò ad essa.
Il legno umido faceva un effetto sgradevole ai piedi nudi del ragazzo. Ma ormai ci era abituato.
Dalla finestra vide quasi tutta Lipsia: la parte “normale” era illuminata dai luci dei lampioni. Luci proprio luminose, non come quelle delle insegne del “Drogeviertel”.
In realtà, anche lui, come Tom, voleva scappare da quel luogo, ma, poi, dove andare?
Se avessero ottenuto abbastanza soldi per un affitto in città, cosa avrebbero fatto per guadagnarne altri?
In società non c’era spazio per due tossici e con una lunga lista di reati commessi alle loro spalle. Come minimo, sarebbero stati in prigione per il resto della loro vita.
La morte sarebbe stata la scelta migliore.
Gordon Trümper era la loro famiglia, il suo Drogesreich la loro casa. Senza di essi non erano nessuno.
Qualcosa vibrò, facendo quasi tremare un tavolino.
Un cellulare.
Un regalo di Gordon per il diciottesimo compleanno dei gemelli.
Ma non un cellulare di ultima generazione. Era un cellulare risalente agli anni 2000. Costantemente senza credito.
Era l’unico modo in cui l’uomo comunicava con loro, per avvertirli quando sarebbe giunto nel quartiere o per informarli sui loro nuovi incarichi.
Bill osservò lo schermo verde con aria allarmata: un nuovo messaggio da parte di Gordon.
Vide anche l’ora: erano le 4 di notte.
 
Ho un nuovo incarico per voi.
Alle 9:00 vi chiamerò per i dettagli.
G.T.
   
 
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