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Autore: La Signora dei No    06/05/2017    5 recensioni
Come si può assemblare nuovamente un cuore ridotto in mille pezzi? Tornerà mai com'era un tempo?. Livio non riesce a darsi pace, da quanto tempo lui e Federico non parlavano veramente, da quanto non riuscivano più a leggere uno negli occhi dell'altro. Come hanno fatto ad aspettare che la situazione esplodesse e li portasse a quelle urla, a quella porta sbattuta con una violenza non voluta. Come hanno fatto a non scorgere quell'insormontabile muro, che ha avuto come unico scopo quello di dividerli. Riusciranno a lottare contro i propri " demoni", uscendone vittoriosi, integri e soprattutto insieme? Non sempre i dissapori possono essere messi a tacere facilmente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
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§ Angolo autrice §

Eccomi qui finalmente. Allora, oggi scoprirete il motivo della loro lite anche qualcosa in più sul passato dei nostri cari Livio e Federico. Grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono.


4. Le paure brillano al Sole:

Quella sera Davide voleva farsi raccontare quello che era successo, a qualunque costo. Avrebbe tirato fuori a forza la verità dalle labbra di Federico se necessario. L’altro era sempre stato una di quelle persone che analizzavano qualsiasi situazione con razionalità e obbiettività. Se c’era qualcosa da fare, non si lamentava mai, procedeva per la sua strada come un treno. Quel pomeriggio Davide aveva provato a mettersi in contatto con Livio, senza successo e questo lo inquietava e non poco. Quando qualcosa non andava, Livio era solito sparire anche per settimane. Una volta arrivato sotto il cancello di casa, citofonò per farsi aprire, lui odiava cercare ogni volta le chiavi nella valigetta.

- Certo che sei ossessionato da quel maledetto citofono – ogni volta Federico si divertiva a prenderlo in giro.

- Scusa eh, ma se l’hanno inventato ci sarà un motivo no –

- Certamente ma quando si tratta di casa tua e hai le chiavi, il motivo svanisce – rispose il coinquilino temporaneo.

- Quanto sei simpatico –

- Io sono proprio un comico nato -.

Entrando in casa, Davide aveva notato un borsone poggiato accanto alla scarpiera.

-E quello? –

- Oggi mentre non c’eri, sono passato da casa e ho preso qualche cambio – stranamente Federico sembrava in vena di parlare e lui avrebbe sfruttato quella vena.

- Quanto tempo pensi di fermarti? –

- Non lo so, sinceramente mi sembra tutto così assurdo –

- Per cosa avete discusso? – eccola la domanda spinosa.

- Domenica sera sono tornato a casa e la prima cosa che ho notato è stata la sua totale mancanza di parlantina –

- In che senso? – chiese Davide.

- Solitamente quando torno a casa, mi salta addosso e inizia a parlare a raffica senza fermarsi un secondo, ieri invece non l’ha fatto anzi l’ho trovato in cucina seduto su uno sgabello a fissare il muro – Federico sospirò. 

- Non è una cosa poi così strana per Livio –

- Lo so cosa intendi, ogni volta che qualcosa lo sconvolge, si rifugia nel suo mutismo. Negli anni ne ho visti tanti di momenti no dei quali conoscevo il motivo però – Davide costatò che l’amico era davvero sconvolto. 

- Appunto e non capisco il motivo per cui abbiate litigato –

- Intenzionato a capire il motivo di quel comportamento, ho iniziato a porgli qualche domanda–

- Per esempio? – domandò il biondo.

- Se avesse cenato, dato che non c’erano piatti sporchi nel lavandino. Non ricevendo risposta ho
iniziato a cucinare vista la fame che avevo e ho acceso la radio, per alleggerire la tensione - .

- Che cosa è successo dopo? -

- Senza dire una parola, si è alzato e l’ha spenta –

- Tu cosa hai fatto?- chiese incuriosito il ragazzo.

- Niente ho continuato a cucinare, non volevo discutere –

- C’è un ma vero? In questi casi c’è sempre un "ma" – il biondo era si preoccupato per l’amico, al tempo stesso, però stava morendo dalla curiosità.

- Dopo un paio di minuti, senza guardarmi in faccia se ne esce dicendomi: << Tu mi stai
tradendo >>. All’inizio ho pensato che stesse scherzando, quando l’ho guardato in faccia, ho capito che era serissimo come mai in vita sua -.

- E perché se ne sarebbe uscito con una frase del genere? Non capisco- in realtà Davide qualcosa del genere l’aveva sospettata, giacché qualche tempo prima aveva sentito una conversazione su
quest’argomento tra Elena e Livio. 

- Non lo so, è vero che ultimamente nessuno di noi era mai a casa, da questo però ad arrivare a dire una cosa come quella ce ne vuole –

- Non hai tutti i torti. Tu cosa hai fatto? -

- Gli ho detto che per quella sera ero troppo stanco per rimanere ad ascoltare le sue idiozie – Federico sospirò nuovamente.

Ritornare con la mente a quei momenti non era per niente facile, la ferita che Livio gli aveva inferto al cuore era ancora aperta e troppo fresca.

- Come ha agito Livio?- Davide aveva intuito che per l’amico quella lite costituiva qualcosa di più profondo, il moro si era sentito strappare la fiducia dall’unica persona di cui gli importava fino in fondo.

- Si è alzato in piedi, ha sbattuto la mano sul tavolo e mi ha urlato contro che aveva ragione e che ero uno stronzo –

- Qual è stata la tua risposta?-

- Che era un idiota e che non avevo nessuna intenzione di discutere per quella sera – Federico
iniziò a giocherellare con le mani volgendo lo sguardo da Davide al ripiano della cucina – Ha incominciato a chiedermi il perché del mio tradimento, cosa gli mancasse e se lo amavo ancora - .

- Vuoi una birra? – il ragazzo stava iniziando a sentirsi a disagio, per lui avere a che fare con le proprie emozioni era complicato e Davide avrebbe fatto di tutto per calmarlo.

- Si grazie. Io senza rispondergli me ne sono andato in camera, cercando di fargli capire che la discussione era davvero finita - .

- Non è stato così però, vero? –

- No, lui mi ha seguito e ha continuato a urlare cose senza senso, per non sentirlo sono tornato
in salone, lui mi ha seguito senza fermarsi fino a quando esasperato, ho tirato un pugno al muro che separa la cucina dal soggiorno – Davide era scioccato.

- Dopo? –

- Livio ha smesso di parlare e quando mi sono voltato per guardarlo stava piangendo, in quel momento ho pensato che la cosa migliore da fare fosse uscire da casa –

- Come hai fatto questa mattina a entrarci? –

- Chiavi di riserva -.

Federico era una di quelle persone che difficilmente perdevano il controllo alle volte, però Livio era davvero esasperante. Quando il ragazzo perdeva le staffe, era meglio stargli lontano e aspettare che sbollisse l’attacco di rabbia.

-Ora che sai com’è andata, possiamo mangiare? –

- Si certamente, anch’io sto morendo di fame – per quella sera quella chiacchierata era più che sufficiente.

Un paio d’ore più tardi, Federico era sdraiato sul letto nella stanza degli ospiti. Mentre stava raccontando a Davide la lite avuta con Livio, gli erano tornati in mente molti ricordi spiacevoli. A differenza del suo ormai probabile ex fidanzato, lui proveniva da una famiglia che sembrava stare insieme per puro caso. Per anni aveva litigato con il padre per la pallavolo, nonostante fosse un ottimo studente e con sua madre non c’era mai stato un vero e proprio rapporto. Oltre ai suoi genitori, faceva parte della famiglia anche suo fratello Marco. Loro due malgrado si passassero poco più di un anno e condividessero lo stesso DNA, erano in sostanza due estranei. Il ragazzo aveva dovuto imparare presto a cavarsela da solo. Federico ricordava ancora pur essendo passati nove anni da allora, il giorno in cui dopo una lunga ed estenuante discussione, aveva comunicato alla sua famiglia che dopo la maturità se ne sarebbe andato via di casa. Quel fatidico giorno gli parlò anche della sua relazione con Livio, col quale stava già da sei mesi. Li informò della sua intenzione di continuare con la pallavolo e di iscriversi alla facoltà di Economia. Dopo il suo trasferimento a Roma, cercò di tagliare ponti con la sua famiglia. Cosa non del tutto possibile poiché le loro famiglie erano amiche. I suoi genitori non fecero mai domande sulla loro relazione. Inoltre ricordava ancora con estrema amarezza quando sei anni prima, i medici lo obbligarono al fermo definitivo dall’attività agonistica. Di certo i suoi parenti avrebbero apprezzato quella notizia. Da loro non ricevette nessun segno vitale. Solo una volta suo fratello era venuto a trovarlo a casa e lui aveva costretto Livio a non aprirgli la porta. In quegli anni si era perso il matrimonio di Marco e di questo si dispiaceva. Ogni volta che tornava a Torino da quelli che ormai considerava i suoi suoceri a tutti gli effetti, stava sempre attento a non frequentare zone in cui avrebbe potuto incontrare qualcuno con cui condivideva l’albero genealogico. Alla fine dei conti tutta la sua famiglia era costituita da Livio e questo peggiorava la situazione. Rigirandosi per diversi minuti nel letto riuscì a trovare la posizione giusta per dormire.

 
Quella mattina Livio si alzò dal letto verso le dieci, per una volta non doveva alzarsi all’alba per andare agli allenamenti. Il giorno precedente, durante gli allenamenti si era infortunato. Mentre stavano disputando una partita d’allenamento, lui e un suo compagno si erano scontrati durante una ricezione. L’altro non si era fatto un granché, lui invece si era lussato il medio e l’anulare della mano sinistra, questo significava che doveva stare in fermo per un paio di settimane, per tornare in ottima forma. In seguito alla colazione per se e per Star, il loro meraviglioso Pomerania nero e crema, decise di farsi una doccia. Odiava sentirsi sporco e appiccicoso. Dopo essersi custodito, si mise a pulire casa. Quando aveva il cervello e il cuore scombussolati, adorava fare azioni casalinghe tra cui le pulizie. Mentre stava spolverando la libreria, notò su uno dei suoi scaffali una cornice d’argento contenente una foto che pensava d’aver perduto ormai da qualche tempo. Lasciando lo spolverino sul medesimo ripiano, prese tra le mani la cornice e si sedette sul divano lì di fianco. Guardandola attentamente quella foto raffigurava Livio a diciassette anni e suo fratello Emiliano a dodici. Quella era l’ultima foto che aveva scattato con suo fratello il giorno del suo compleanno. Se chiudeva gli occhi, poteva ancora vedere il momento dell’impatto tra la macchina e suo fratello, quelle immagini rimanevano una tortura benché gli anni passati. Da fuori quella ferita sembrava chiusa ma dentro Livio sapeva benissimo che sanguinava ancora. Emiliano era morto per colpa di un pirata della strada. Il diciotto marzo di undici anni fa, loro due e Federico stavano tornando a casa da scuola, alla destinazione mancavano due incroci. Il semaforo era appena diventato verde per i pedoni, avevano percorso neanche due metri quando il veicolo investì il più piccolo dei tre, facendogli compiere un volo di dieci metri. Non l’aveva visto arrivare quel maledetto veicolo. Vedere Emiliano a terra immobile l’aveva paralizzato. Se fosse stato per lui suo fratello sarebbe morto disteso sull’asfalto. Fu Federico a chiamare i soccorsi e ad avvertire i suoi genitori. Purtroppo il ragazzino non era riuscito a sopravvivere, aveva abbandonato questa terra durante il trasporto all’ospedale. Quel giorno una parte di Livio era morta assieme al fratello. I due anni successivi furono un’agonia. Percorrere tutti i giorni quella strada, passare davanti ad una porta sempre chiusa e sperare di vederla aperta ancora una volta, il senso di colpa l’aveva logorato dall’interno. Nessun membro della sua famiglia l’aveva mai incolpato di qualcosa, però lui non riusciva a non incolparsi. Quella morte improvvisa aveva cambiato per sempre i rapporti di Livio con la sua famiglia. Dal suo trasferimento a Roma, le visite ai suoi genitori erano diminuite esponenzialmente, fino a cessare del tutto due anni prima. Li sentiva comunque attraverso messaggi e telefonate, di tornare a casa non ne voleva sapere. Riflettendoci bene anche in quel frangente Federico era stato il suo punto fermo, la stella polare, il faro in un mare in tempesta. Livio era sicuro che se si fossero lasciati non sarebbe stato in grado di navigare a vista. Al contrario sapeva che per Federico, lui costituiva tutta la sua famiglia. A mente un po’ più lucida, in qualche modo aveva capito il perché di quel suo comportamento. Sapeva che Federico non l’avrebbe mai tradito, il suo attacco di gelosia era stato scaturito dalle proprie insicurezze. Da ormai due anni a questa parte loro si erano allontanati. Ormai il suo fidanzato non veniva più ad assistere alle sue partite e quando poteva, non lo seguiva in trasferta. Dal canto suo Livio aveva smesso di accompagnarlo nei suoi viaggi di lavoro quando era possibile. Avevano smesso da qualche tempo di parlare veramente, smettendo di condividere la quotidianità di tutti i giorni. Se prima la notte Livio dormiva abbarbicato a Federico neanche fosse una piovra, negli ultimi mesi si addormentava tenendo stretto un cuscino rubato all’altro. Per cercare di alleviare la malinconia e la frustrazione aveva messo in un piccolo album le foto più importanti scattate con il ragazzo. La prima era stata scattata il loro primo giorno di scuola materna e quella seguente raffigurava i due da ragazzini il primo giorno di scuola elementare e così via. Livio se avesse potuto, avrebbe rivoluto indietro il ragazzo raffigurato nelle foto. Si sentiva un completo idiota. Federico aveva sempre avuto difficoltà a esternare i propri sentimenti, lui questo lo sapeva e l’aveva sempre preso bonariamente in giro per questo ma l’altra sera aveva capito davvero cosa provava l’altro ogni volta che doveva esternare le proprie emozioni, avrebbe voluto chiedergli scusa. L’ultima foto contenuta nell’album, quella che li ritraeva in campo con la divisa dell’ultima squadra in cui avevano giocato insieme, era stata scattata durante l’ultima partita giocata da Federico. Stanco di rimuginare a situazioni ancora troppo dolorose, decise di alzarsi e finire di rassettare la casa. La cornice la appoggiò abbassata sul tavolinetto, che si trovava accanto al bracciolo sinistro del sofà. Nel primo pomeriggio, mentre stava guardando svogliatamente la televisione, il suo telefono squillò. Data la sua grande ingenuità a volte disarmante, non lesse il nome della persona che lo stava chiamando.

- Pronto? –

- Ciao fratellino come stai? – meraviglioso era sua sorella Ottavia.

- Io benissimo tu? –

- Non ci si può lamentare. Che stai facendo? –

- Sto sistemando casa, tu? – quella conversazione aveva del surreale in qualche modo.

- Sono sul treno –

- Dove stai andando? – aveva un brutto presentimento Livio.

- A Roma –

- Ottavia cosa vuoi da me? – quando chiamava sua sorella lo faceva sempre con un secondo fine.

- Pensi davvero che voglia qualcosa? –

- Ti conosco fin troppo bene, non puoi ingannarmi –

- Giacché sono a Roma per lavoro per qualche giorno, pensavo che potremmo incontrarci – ed ecco il motivo di quella telefonata.

- Dipende se riesco a liberarmi – in realtà di tempo ne aveva ma non gli andava di incontrare sua sorella.

- E dai! –

- Ti faccio sapere promesso –

- Mi raccomando –

- Si tranquilla, ora devo andare che ho gli allenamenti –

- Allora ciao –

- Ciao - .

Con sua sorella Ottavia si passavano due anni ed era sempre stata quella con cui sentiva più affinità. Con Silvia, Dario e Giorgio, non aveva mai avuto tutto questo feeling. Certo gli voleva bene, però era sempre stato visto come il fratello più piccolo, perfino dopo la nascita di Emiliano. Si sarebbe dovuto inventare una scusa plausibile da rifilare a Ottavia.
 
§ Angolo risposte §

ficcio:
Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e ti ringrazio per i complimenti. Si il mio intento sarebbe quello di farli chiarire ma chissà... non si rilasciano spoilers aahahha.

ARCOBALENO_ : Grazie per i complimenti e spero che la tua curiosità sti acontinuando a crescere. 

In rotta per il paradiso: Spero che il problema dell'andare a capo sia riuscita a risolverlo e che questo capitolo ti piaccia. Ti voglio bene besty. 


 
   
 
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