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Autore: gattina04    07/05/2017    2 recensioni
È un momento tranquillo ed Emma ha tutto ciò che ha sempre cercato e voluto; non c’è niente che possa desiderare, nemmeno il giorno del suo compleanno, ad eccezione di un piccolo insignificante rammarico. E sarà proprio quel pensiero a stravolgere completamente la sua esistenza catapultandola in un luogo sconosciuto, popolato da persone non così tanto sconosciute. E se ritrovasse persone che pensava perse per sempre: riuscirà a salvarle ancora una volta?
E cosa succederà a chi invece è rimasto a Storybrooke? Riusciranno ad affrontare questo nuovo intricato mistero? E se accadesse anche a loro qualcosa di inaspettato?
Dal testo:
"Si fermò e trasse un profondo respiro. «Benvenuta nel mondo delle anime perse Emma»."
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Robin Hood, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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16. Sono qui adesso
 
POV Killian
Sentivo ancora il battito del suo cuore nelle orecchie e non sapevo come riuscire a scacciare quell’orribile sensazione che avevo alla bocca dello stomaco. Emma non mi era mai sembrata più vicina di allora; anche se non l’avevo vista era stato sicuramente un momento più intenso di quando le ero apparso davanti per darle l’anello di Liam. L’avevo vissuta nel vero senso della parola; sentire il suo cuore battere e accelerare era stata la sensazione più intensa che avessi provato da quando quel maledetto desiderio ci aveva separati.
Tuttavia anche se avevo avvertito Emma sapevo che non era ancora finita. Avevo fatto il mio dovere, ma non me ne sarei certo rimasto senza far nulla semplicemente aspettando di vederla comparire da un momento all’altro. Non poter fare di più, non poter scendere ad aiutarla era terribile, ma l’avrei dato comunque tutto l’appoggio che potevo e di cui aveva bisogno.
«E adesso che facciamo?». Artù espresse ad alta voce la domanda che mi frullava in testa da quando avevo sentito affievolirsi il battito del cuore del mio cigno.
«Non ne ho la minima idea», risposi, «ma so che dobbiamo continuare a cercare. Non voglio lasciare nulla di intentato. So che Emma è in grado di salvarsi da sola, ma ciò non significa che non posso aiutarla ancora».
«Beh io non so cosa farete voi», ci interruppe la Strega Cieca. «Io però vado a riaprire il mio locale. Ho già perso troppi clienti per oggi». Non aspettò una nostra risposta e tornò a svolgere il suo compito di locandiera.
«Anch’io ho altre cose da fare», intervenne Crudelia. Si alzò dalla sedia su chi si era posizionata e fece per andarsene.
«Aspetta», la fermai alzando la mano. «Non puoi andartene».
Alzò un sopracciglio rivolgendomi un’espressione incredula. «Certo che posso, vi ho già aiutato abbastanza per oggi. Ti ho aiutato a salvare colei che mi ha tolto la vita, ricordatelo pirata».
«Beh pensavo l’avessimo superata», sbottai. Quante altre volte avrebbe tirato fuori il fatto che Emma l’avesse uccisa? Aveva sbagliato e se ne era fatta una colpa fin da subito.
«Superata?». La sua risata risuonò in tutto il locale deserto. «Sono ancora qua! Secondo te come avrei potuto superarla?».
«D’accordo, calmatevi voi due», intervenne Artù. «Hook, Crudelia ha ragione, ha già fatto abbastanza per oggi». Lo guardai male, infastidito dal fatto che avesse preso le sue parti. D’altronde cosa potevo aspettarmi? La gratificazione sessuale era sicuramente un punto a suo vantaggio a cui io non avrei di certo potuto sopperire.
«Va bene», mi arresi. «Puoi solo dirci dove hai trovato questo libro di incantesimi?». Sollevai il volume che era rimasto incustodito sul tavolo dove eravamo seduti io e la strega.
«Potrei…», mi pungolò.
«Crudelia». Il rimprovero di Artù servì per farla parlare.
«In fondo alla biblioteca, proprio nell’ultimo scaffale, in mezzo ad una serie di libri scritti in una lingua incomprensibile». Quell’ultime parole attrassero subito la mia attenzione.
«Grazie», disse Artù anche al mio posto.
«Non c’è di che bocconcino. Quando ti sarai stancato di giocare all’eroe con il pirata vienimi pure a cercare». Uscì ancheggiando e stringendosi nella sua costosa pelliccia.
«Quindi qual è il piano?». Artù si voltò di nuovo verso di me e aspettò che fossi io a decidere cosa fare.
«Beh direi che potremo dare un’occhiata ai libri di cui ha parlato Crudelia». Avevo uno strano presentimento e per una volta era una sensazione positiva. Era come se avessi saputo che io sarei riuscito a leggere quei libri. Era come se avessi la certezza che quelli sarebbero stati la chiave di tutto.
Proprio per questo, ci dirigemmo alla biblioteca e, esattamente dove aveva detto Crudelia, trovammo una decina di libri scritti in una strana lingua. Tuttavia aver fatto la marina militare per una volta mi avrebbe portato un enorme vantaggio: io sapevo tradurli, o almeno potevo provarci. L’avevo già fatto quando io ed Emma avevamo provato a cercare l’ambrosia. Adesso, però, non si trattava di una sola frase ma di intere pagine che forse avrebbero potuto esserci utili.
Non sapevo bene cosa cercare, ma una cosa era certa: quando Emma fosse uscita da quel dannato fiume, sarebbe rimasto sempre un problema; a Storybrooke c’era una bambina che rendeva materialmente impossibile il ritorno a casa della mia Swan. Forse quei libri potevano contenere un incantesimo, o qualsiasi informazione, che avrebbe potuto farci eliminare quell’ostacolo.
Non sapendo quale libri poter scartare, li prendemmo tutti quanti e tornammo alla tavola calda. Occupammo un intero tavolo, con disapprovazione della Strega Cieca, e iniziammo quella immensa opera di traduzione. O meglio io iniziai quell’arduo compito, Artù si limitò a segnare e trascrivere alcune cose che avrebbero potuto dimostrarsi utile.
Tuttavia leggere quei libri non si dimostrò affatto facile; ero arrugginito e stentavo a ricordarmi le parole. In fin dei conti era comprensibile: erano passati secoli da quando l’avevo studiato. E poi io non ero mai stato portato a stare sui libri, ero un uomo d’azione non un topo da biblioteca.
Dopo quella che mi sembrò un’eternità, mi alzai e mi stiracchiai. Mi scoppiava la testa e non avevo ancora trovato niente di interessante. C’erano incantesimi, storie e altri racconti, ma niente che potesse minimamente interessarci.
«Devo fare una pausa», mormorai osservando la porta d’ingresso del locale. Il cielo era decisamente più scuro, anche se rossastro come al solito, segno evidente che ormai si era fatto sera.
«Mi piacerebbe poterti aiutare di più», ammise Artù. Spostai di nuovo lo sguardo su di lui e accennai un mezzo sorriso.
«Beh hai già fatto molto. E poi potrebbe essere tutto un buco nell’acqua». Era la mia paura più grande anche se non volevo ammetterlo. A dispetto delle mie sensazioni, l’idea di stare solo perdendo tempo mi terrorizzava, soprattutto quando non avevamo più tempo da perdere.
«Credo invece che troverai quello che cerchi», disse con tono sicuro. «Inoltre non penso che potremmo fare di più per Emma. Le hai detto ciò che le serviva».
«Sì lo so, ma l’idea di non poter fare nient’altro mi uccide». Mi portai una mano alla testa, infilando le dita tra i capelli. «Se solo potessi scendere là sotto. Se avessi la possibilità di andare là e di raggiungerla non esiterei a gettarmi in quel fiume».
«Ma non è così, non ti riunirai a lei facendo una sciocchezza simile».
«Lo so», sospirai. Sentii il campanello della porta suonare alle mie spalle e cercai di concentrarmi su quello per evitare che lo sconforto prendesse il sopravvento.
«Solo che», continuai, «sono passate delle ore e, anche se ho fatto di tutto pur di non pensarci, ancora non è successo niente. Lei non è salva ed è ancora là, il tempo passa ed io mi chiedo se sono arrivato in tempo o quanto dovrò aspettare. Io odio aspettare e stare qua mi sembra ogni istante più inutile». Temevo di non essere riuscito nella mia impresa, anche se al momento ero stato certo del contrario e quel senso di impotenza mi stava lentamente distruggendo. Facevo di tutto per non pensarci, ma quella sensazione rimaneva là a chiudermi la bocca dello stomaco.
«Vorrei solo un segno», conclusi. «Vorrei solo che lei fosse qui».
«Killian». La sua voce arrivò da dietro di me nell’esatto istante in cui espressi quel desiderio. L’avevo sentita milioni di volte e sapevo riconoscerla all’istante ma mi ci volle un secondo per rendermi conto di ciò che stava accadendo.
Mi voltai di scatto e ciò che vidi fu in assoluto la perfezione. Emma mi stava fissando con occhi sgranati proprio davanti alla porta d’ingresso; la sua espressione era un misto di incredulità, di sollievo e di gratitudine ed ero certo che potesse rispecchiare esattamente quella presente sul mio viso.
«Emma». Corsi da lei, aggirando tavoli e clienti, mentre lei faceva lo stesso. Si gettò tra le mie braccia, nell’esatto istante in cui io le allargavo per poterla stringere forte al mio petto.
«Sei qui», mormorò affondando la testa sulla mia spalla. Le passai la mano tra i capelli, mentre con l’uncino spingevo i suoi fianchi contro i miei.
Alzò la testa e mi fissò con quello sguardo che mi faceva perdere la testa. Aveva gli occhi lucidi e mi stava trafiggendo con uno sguardo talmente intenso da farmi mancare il respiro. «Oddio! Sei qui! Non posso crederci, è da pazzi. Tu sei… non sei… vero?». Per un attimo la sua espressione si fece preoccupata, ma io avevo capito cosa intendeva e sapevo benissimo come tranquillizzarla.
«No, Swan sono qua solo per te». Il sorriso che le si disegnò sul volto riuscì a cancellare ogni dolore avessi provato in sua assenza.
«Dio! Sei sceso qua sotto solo per me; dopo tutto quello che abbiamo passato per via di Ade non posso credere che tu sia stato tanto sciocco da tornare quaggiù solo per venirmi a cercare». Sapevo che dietro le sue parole in realtà mi stava ringraziando. Era il suo modo per dirmi che non mi avrebbe mai chiesto di farlo, ma che mi era enormemente grata di averlo invece fatto. Era quello di cui aveva bisogno anche se non l’ammetteva.
«Tu sei scesa per salvarmi Emma, dovevo fare lo stesso». Non mi lasciò continuare perché premette le labbra sulle mie, stringendomi ancora di più a sé. Ricambiai prontamente assaporando il suo dolce sapore e ritrovando finalmente il mio amato cigno. Mi sembrava passata una vita dall’ultima volta in cui l’avevo baciata.
Se c’era una cosa di cui ero certo era che la mia immaginazione non avrebbe mai potuto rendere giustizia ai baci di Emma: non era nemmeno minimamente paragonabile. Le sue labbra si muovevano sulle mie, mentre la sua lingua si faceva strada nella mia bocca, dimostrando lo stesso identico bisogno che provavo io. Il suo sapore era esattamente come lo ricordavo: fantastico ed indescrivibile. Le sue braccia si strinsero sempre più intorno al mio collo, mentre le sue dita si infilarono nei miei capelli, accarezzando e tirando alcune ciocche. Attraverso il suo petto, premuto contro il mio, riuscivo a sentire il suo cuore battere all’impazzata quasi a volerle uscire dal petto, dimostrandomi che non ero l’unico a reagire in quel modo alla presenza dell’altro.
Alla fine, con mio enorme dispiacere, si staccò dalla mia bocca per riprendere fiato, appoggiando la sua fronte sulla mia. I suoi occhi erano lucidi e mi stavano scrutando, non perdendosi neanche un minimo particolare; d’altronde io facevo lo stesso. Le accarezzai la guancia con l’uncino e a quel mio gesto le sue labbra tremarono lasciandosi sfuggire un singhiozzo. Affondò subito la testa sulla mia spalla, per impedirmi di vedere quella sua debolezza, anche se sapeva di non doversi nascondere con me.
«Shh, va tutto bene amore».  Sfiorai i suoi capelli con l’uncino e poggiai la mano sulla sua schiena, premendola contro di me. Il suo respiro era accelerato anche se stava tentando con tutte le sue forze di ricomporsi; ormai la conoscevo talmente bene da capire quanto odiasse mostrarsi vulnerabile. Evidentemente quello che aveva affrontato nel fiume delle anime perse doveva essere stato terribile, non sarebbe scoppiata così altrimenti. Non avevo idea di cosa avesse vissuto là sotto, ma di certo doveva averla scossa parecchio; per non parlare poi della nostra separazione e della lontananza dalla sua famiglia. Era ovvio che il ritrovarmi l’avesse in qualche modo fatta scoppiare.
Lasciai un dolce bacio sulla sua testa, mentre lei riprendeva fiato, e solo allora mi ricordai di dove eravamo e di chi ci circondava. Vederla mi aveva fatto completamente dimenticare il mondo circostante: eravamo solo io e lei, nessun altro. Mentre ci baciavamo il locale intorno a noi era scomparso così come tutti gli abitanti dell’Oltretomba presenti in quel momento. Non esistevamo altro che noi nella nostra bolla di felicità. Non aveva più importanza né il luogo né il futuro incerto: contava solo quel momento.
Tuttavia adesso che l’avevo ritrovata e che la stringevo forte tra le braccia potevo mettere a fuoco il mondo circostante e coloro che stavano assistendo alla nostra scena. Fu quando alzai la testa in direzione della porta di ingresso che la vidi. Sarebbe stato meglio dire che li vidi, tuttavia fu solo una persona ad attrarre tutta la mia attenzione.
Il mio corpo si irrigidì mentre i miei occhi incontravano i suoi e lei mi incatenava con lo sguardo. Erano passati letteralmente dei secoli dall’ultima volta che l’avevo vista, faccia a faccia, realmente, se escludevamo la mia breve e momentanea apparizione nel fiume. Non potevo dimenticare l’ultimo sguardo che mi aveva rivolto prima di morire: era impresso a fuoco nella mia memoria. E adesso me la ritrovavo davanti e non sapevo cosa fare; se da una parte avrei avuto un milione di cose da dirle, dall’altra non sapevo da che parte iniziare.
Emma dovette accorgersi del cambiamento del mio corpo perché alzò la testa, sfiorandomi il collo con il naso, e lanciò uno sguardo alle sue spalle. Sicuramente sapeva a chi fosse dovuta la mia reazione, tuttavia quel piccolo movimento le confermò i suoi presentimenti.
«Va tutto bene Killian», mi sussurrò all’orecchio. «Vai da lei». Distolsi lo sguardo da quello di Milah e fissai Emma sbigottito non sapendo cosa rispondere.
«Io…», balbettai non riuscendo ad articolare una frase.
«Va bene Killian», confermò incatenandomi coi suoi occhi verdi. «Vai a salutarla». Allentò la presa intorno alla mia vita in modo tale che io potessi andare da Milah. Sapevo che l’idea di staccarsi da me e di mandarmi letteralmente incontro al mio primo amore non le piaceva – a chi sarebbe piaciuta? – ma lo stava facendo per me ed io dovevo esserle grato.
Con un sospiro la lasciai andare e mossi i primi passi verso l’altra donna che era stata padrona del mio cuore.
«Ciao», mormorò lei, evidentemente a corto di parole quanto me.
«Ciao». Poi semplicemente annullai la distanza tra di noi e l’abbracciai stringendola a me. Era un gesto che non compivo da secoli ma in quel momento mi sembrò del tutto naturale. Milah ricambiò la mia stretta e affondò la testa sulla mia spalla.
«È così bello rivederti Killian», mormorò in un tono appena udibile.
«Sono contento che tu stia bene». Era una tipica frase di circostanza ed era più vera di qualsiasi altra cosa avessi potuto dirle. Raccoglieva dentro di sé il succo delle miriadi di parole che mi frullavano in testa.
«Lo so». Si staccò da me e mi rivolse un sorriso, facendomi intuire che aveva compreso il significato che si celava dietro le mie parole. Sicuramente avevamo entrambi molte cose da dirci e di cui parlare, ma potevamo pensarci in un secondo momento; non era quello né il luogo né la situazione adatta per i nostri chiarimenti. In fondo, anche se temporaneamente, ci eravamo appena ritrovati e avremo avuto tempo prima di salutarci definitivamente.
Quando la questione Milah fu momentaneamente risolta ed accantonata potei concentrarmi anche sulle altre persone che erano arrivate insieme ad Emma e che in quel momento stavano osservando la scena senza dire una parola.
«Robin!». Ero più che sorpreso di vederlo e allo stesso tempo ero davvero felice che la sua anima si trovasse là e non disintegrata come aveva professato Ade.
«Hook!». Mi dette una pacca sulla spalla e ci scambiammo un goffo abbraccio.
«È davvero una sorpresa vederti», ammisi.
«Potrei dire lo stesso se non avessi saputo fin da quando ho incontrato Emma che saresti venuto a riprendertela». Proprio in quel momento il mio cigno comparve al mio fianco e strinse il mio uncino tra le sue dita.
«Lascia che ti presenti gli altri miei compagni di avventura», intervenne rivolgendo loro un ampio sorriso. Mi indicò prima un signore piuttosto anziano e una ragazza invece molto giovane. «Loro sono Joe ed Elizabeth, detta Lizzy. Lui è Killian, il mio fidanzato». Cercai di mascherare la capriola che il mio cuore aveva fatto alla parola fidanzato e strinsi la mano ad entrambi.
Dopo queste prime presentazioni, Emma si girò verso l’ultimo membro del loro assortito gruppo. «E questo è Charlie». Era un uomo che poteva avere la stessa età di Emma, con capelli ed occhi neri e che ci stava guardando con uno sguardo indecifrabile. Avrei detto che fosse accigliato ma non ne sapevo il motivo; sicuramente però guardava Emma un po’ troppo intensamente per i miei gusti. Il fatto che fosse a petto scoperto mettendo in bella mostra il suo fisico scolpito era un altro punto che non andava a suo favore. Non aveva una dannata maglia?
Nonostante questa prima impressione, allungai la mano e strinsi la sua con forza. «Piacere Killian Jones».
Ricambiò la stretta con altrettanta forza e guardandomi dritto negli occhi. «Piacere Charlie Stevens». Non abbassai lo sguardo e continuai quella battaglia visiva, sapendo bene che non sarei stato il primo a cedere.
«Bene», intervenne Emma, «perché non ci sediamo? Abbiamo tante cose di cui discutere». Fu solo perché lei mi tirò per l’uncino che distolsi lo sguardo e la seguii al tavolo dove Artù era rimasto ad osservare la scena. Lasciai che lei e gli altri lo salutassero, ma continuai a lanciare occhiate furtive a quel tipo. L’idea che Emma nel fiume avesse passato tutto il tempo con quel pomposo non mi piaceva per niente. Non lo conoscevo, ma il mio istinto mi diceva di non sottovalutarlo. Il modo con cui guardava Emma era stato palese fin dal primo istante; lei poteva non essersene accorta, oppure poteva passarci sopra, ma io dovevo fargli capire fin da subito con chi aveva a che fare. Nessuno poteva toccare la donna di Capitan Uncino, tantomeno un bamboccio uscito da un fiume di anime perse.
E proprio per questo glielo dimostrai subito. Visto che eravamo in tanti e il tavolo non era molto grande, e data l’impossibilità di occupare un altro tavolo senza incorrere nell’ira della Strega Cieca, mi infilai sul divanetto facendo sedere Emma sopra le mie gambe. La vidi alzare gli occhi al cielo, ma non protestò per quel mio gesto. D’altronde il bisogno che sentivamo l’uno per l’altra era più forte di qualsiasi altro senso del pudore che solitamente l’avrebbe trattenuta.
La mia mano risalì lungo il suo fianco fino a posarsi esattamente sotto il suo seno, premendola contro di me. Sfiorai il naso sul suo collo e le lasciai un dolce bacio proprio mentre Charlie si sistemava di fronte a noi.
Emma si voltò leggermente verso di me per potermi guardare negli occhi. «Hai finito di marchiare il territorio?», sussurrò in modo tale che solo io potessi sentirla. Non era arrabbiata; il suo tono era più che altro divertito.
«Non finirò mai amore».
«Beh adesso dovrai piantarla. Abbiamo molto di cui parlare». Si sistemò meglio, trovando la posizione più comoda sopra le mie gambe e poi tornò a guardare gli altri con stampato in faccia un meraviglioso sorriso.
«Va bene Swan», sussurrai, «sono tutto orecchie».
 
POV Emma
Avrei dovuto rimproverare Killian per il suo comportamento da maschio alfa, ma mi era mancato talmente tanto che desideravo le sue attenzioni come mai prima di allora. Avrei dovuto sentirmi in imbarazzo visto che ero seduta sulle sue gambe e che la sua mano continuava a vagare per il mio corpo in maniera più che palese. Eppure non mi ero mai sentita meglio; era esattamente ciò di cui avevo bisogno. Volevo solo sentirlo vicino e non lasciarlo più andare.
Proprio per questo riuscire a mantenere un filo del discorso logico non era affatto facile; sentire le sue dita infilarsi sotto la mia maglia, il suo uncino tracciare la linea del mio seno e percepire il suo respiro caldo sul collo, non facilitavano certo la mia concentrazione. Nonostante ciò riuscii a raccontargli parte delle nostre avventure nel fiume, scremando al minimo gli eventi. Non volevo che sapesse quanto era stato terribile essere confinata in quel mondo e quanto mi fossi sentita vulnerabile. Sapevo che in fondo l’avrebbe capito comunque, ma non volevo essere io a rivelarglielo direttamente. Fui grata agli altri per il loro silenzio e per avermi così lasciato decidere cosa raccontargli.
«Bene adesso che abbiamo aggiornato Killian delle nostre avventure», intervenne Milah alla fine del mio discorso. «Perché non ci spieghi cosa diavolo è successo in quel portale?».
Hook scattò subito. «Portale? Swan ti avevo detto di non entrare in quel maledetto portale!».
Alzai gli occhi al cielo e mi voltai verso di lui. «È una lunga storia, ma non ti preoccupare. Sono qui adesso».
Mi riaccomodai di nuovo nella posizione di prima e tornai a fissare glia altri. «Ci stavo arrivando. Dovete sapere che ci sono alcune cose che non vi ho detto».
«Questo lo sapevamo», mi interruppe Robin. «Per esempio perché hai legato Charlie come un salame?».
Sentii Killian ridacchiare sentendo la domanda di Robin e le sue labbra avvicinarsi di più al mio orecchio. «E così hai incatenato quel bamboccio? Scommetto che se lo meritava».
«Beh se non mi sbaglio ho ammanettato anche te. Più volte». La mia voce fu talmente flebile che fui sicura che solo lui potesse avermi sentito. E fui altrettanto certa che la sua espressione fosse cambiata di colpo udendo quelle parole.
«Giusto», continuò Lizzy ignara di quel nostro scambio di battute, «e perché Charlie è senza maglietta?».
«Me lo chiedo anch’io», commentò Hook meritandosi una gomitata nelle costole.
«Questo mi sembra irrilevante», continuò Milah. «Piuttosto perché Charlie era fuori del portale e tu come hai scoperto della scala?».
«Se mi lasciaste parlare», proruppi facendo tacere tutti quanti, «forse potrei spiegarvi».
«Bene», aggiunsi quando fu calato il silenzio e l’attenzione di tutti fu rivolta su di me. «Come vi dicevo ci sono alcune cose che non vi ho detto. Prima di lasciare Euridice lei mi ha rivelato un segreto, mi ha chiesto di fare una scelta e ha voluto che fossi solo io a decidere. Voleva darmi la possibilità di salvarvi, di salvarvi veramente».
«Ma tu ci hai salvato», replicò Joe allungando una mano verso di me.
«No». Presi un enorme respiro e puntai lo sguardo sull’unica altra persona a conoscenza della verità. «Charlie?». Non dovetti aggiungere altro perché lui capisse; armeggiando sotto il tavolo afferrò la nostra borsa improvvisata e l’appoggiò sul piano. La maglietta si era rigirata ed impediva a chiunque di vedere cosa ci fosse all’interno e forse era meglio così. Eravamo pur sempre in un locale affollato.
«Cosa c’è là dentro?», mi domandò Milah fissandomi con uno sguardo intenso.
«Vi ricordate le due mezze colonne, quelle che tu Milah mi hai aiutato a tradurre? Sapevo benissimo dove conduceva l’altra; ho sempre saputo che c’erano due strade e conoscevo anche a cosa ci avrebbero condotto. Ora non ero a conoscenza dell’inganno del portale, ma sapevo quale era la mia scelta: l’Oltretomba o la vita, proprio come c’era scritto. Euridice mi ha rivelato cosa c’era dall’altra parte, ma non potevo portarvi con me. Era troppo rischioso e per questo ho aspettato fino a che non vi ho creduto al sicuro nel portale. Una volta che tutti, o meglio quasi tutti eravate passati, credendovi ormai salvi, sono tornata indietro e ho aperto l’altro passaggio. Charlie però mi ha visto e mi ha seguita, cercando prima di fermarmi e poi venendo con me».
Presi un altro respiro e continuai. «Non vi ho portato con me perché prendere ciò che si trovava in fondo all’altro tunnel avrebbe fatto scattare una sorta di allarme e di valvola di sicurezza. Ed è stato così; non è stato per niente facile tornare indietro e ce l’abbiamo fatta solo per un soffio. Se fossimo andati insieme non saremmo adesso tutti qua a raccontarlo».
«Emma cosa c’è la dentro?». Milah mi pose la stessa domanda di prima, ma adesso potevo darle la risposta che voleva. Avevo dato loro abbastanza informazioni da comprendere la sacralità di quel momento.
Prima di pronunciare quella parola magica, mi voltai verso l’unico di cui desideravo osservare l’espressione. Non volevo perdermi l’attimo in cui Robin avrebbe realizzato ciò che gli stavo offrendo. «L’ambrosia», annunciai con emozione. Vidi una miriade di sentimenti alternarsi sul suo volto: prima ci fu la sorpresa, poi ci fu l’illuminazione, la consapevolezza degli effetti che l’ambrosia avrebbe avuto. Infine giunsero la gioia e la gratitudine. I suoi occhi mi guardarono colmi di commozione ed ebbi la certezza che ne era valsa la pena. Avrei affrontato di nuovo tutto per poter osservare quella miriade di emozioni sul suo volto.
«Hai rischiato la tua vita per noi?», sussurrò.
«Sì, ho sempre saputo che riportarvi nell’Oltretomba non era sufficiente. Volevo fare di più per tutti voi».
«E ci sei riuscita», commentò Charlie guardandomi con uno sguardo altrettanto intenso.
«Con l’ambrosia potremo tornare in vita, giusto?», intervenne Lizzy con tono incredula.
«Già piccola ci riprenderemo la nostra vita». Charlie le passò un braccio intorno alle spalle tirandola verso di sé.
«Non posso credere che tu abbia rischiato così tanto. Grazie Emma», mi disse Joe, allungando di nuovo una mano verso di me.
«Io invece ne ero certo», sussurrò Killian contro il mio orecchio. «Non avevo dubbi sul fatto che avresti salvato tutti, come sempre d’altronde». Con l’uncino mi fece voltare la testa e posò dolcemente le labbra sulle mie.
Quando mi staccai da lui, mi voltai verso l’unica persona ad eccezione di Artù che ancora non aveva parlato. Milah non ci stava guardando, stava invece fissando le sue dita sopra il tavolo che erano intente ad attorcigliarsi. Sembrava pensierosa e la sua espressione lasciava trasparire un che di tristezza. Era l’unica ad aver reagito in quel modo ed io credevo di conoscerne il motivo; lei era in assoluto la sola che non avrebbe guadagnato nulla nel tornare in vita. Cosa avrebbe trovato? Un ex marito che l’aveva uccisa e un uomo che un tempo l’amava ma che adesso era perdutamente innamorato della sottoscritta.
«Milah?». Fu Killian ad attrarre la sua attenzione; lei alzò la testa di scatto ridestandosi dai suoi pensieri e ci fissò con sguardo disorientato.
«Grazie», disse soltanto.
Fu Lizzy ad interrompere quello strano momento con la sua solita euforia. «Possiamo vederla?», ci domandò allungandosi sul tavolo per aprire la nostra borsa improvvisata.
«Aspetta», la fermò Artù che fino a quel momento non aveva aperto bocca. «Credo che non dovremo farlo qua». Si guardò intorno con aria sospetta; nessuno sembrava prestare caso a noi, però sapevo dove voleva andare a parare.
«Artù ha ragione», confermai, «non credo che questo sia il luogo più adatto». L’ambrosia era un oggetto talmente raro che se si fosse spanta la voce,  avremo rischiato di mandare tutto a monte. Se nessun altro ne avesse saputo l’esistenza, avremo sicuramente evitato di trovarci a che fare dei possibili ladri.
«Sarà opportuno nasconderla, prima che voi possiate usufruirne dei benefici», dichiarò Killian.
«Conosco il luogo perfetto», continuò Artù.
Mi voltai verso Killian per chiedergli tacitamente se potessimo fidarci o meno. Dal suo sguardo capii che lui non aveva nessun dubbio sulla lealtà di Artù.
Se Killian si fidava, allora mi sarei fidata anch’io. «D’accordo, dopo ti accompagneremo e ci occuperemo della faccenda».
«Adesso», intervenne Robin, «perché non continui la tua storia e non ci dici come tu e Charlie avete saputo del portale?».
«A questa domanda posso rispondere io», intervenne Killian prima che potessi proseguire. «Artù ed io abbiamo scoperto, grazie a varie ricerche, che il portale era un inganno e grazie all’aiuto della Strega Cieca e di Crudelia siamo riusciti a comunicarlo ad Emma».
«Purtroppo però era troppo tardi», continuai. «Voi eravate già entrati ed io e Charlie stavamo tornando indietro. Siamo corsi al portale e…».
«E là mi ha colpito con una pietra», mi interruppe Charlie. «E dopo mi ha legato come un salame».
«Beh era l’unico modo per impedirti di seguirmi là dentro», protestai.
Sentii Killian irrigidirsi, intuendo quello che c’era nascosto dietro le mie parole. «Ti avevo pregato di non entrare», sussurrò così piano che solo io riuscii a sentirlo.
Mi girai di nuovo e gli presi il volto tra le mani. «Dovevo farlo Killian, ero stata io a mandarli là dentro non potevo abbandonarli. E poi adesso sono qui». I suoi occhi erano cupi, ma doveva capire che non avevo avuto altra scelta.
«Non voglio che tu soffra», ammise, rivolgendomi uno sguardo carico di emozione. Era una semplice frase, ma riassumeva benissimo tutta la situazione.
«Lo so». Non mi chiese che cosa avessi visto, che cosa avessi dovuto affrontare nel mio inferno personale, semplicemente appoggiò la fronte sulla mia chiudendo gli occhi. Anche se avrebbe voluto sapere tutto, capiva benissimo che stava a me decidere se raccontarglielo o se tenerlo per me.
«È stato l’anello di Liam a risvegliarmi», dichiarai, «a farmi capire che era tutto sbagliato. Il resto poi lo sapete anche voi».
 «Allora dovremo ringraziare anche voi per l’aiuto che ci avete dato», intervenne Joe, facendomi sorridere per la sua estrema gentilezza. «Non sapremo mai come sdebitarci».
«Beh credo che potrete aiutarci adesso», intervenne di nuovo Killian battendomi sul tempo. «Emma non so se sei a conoscenza di ciò che ti è successo a Storybrooke…».
«Euridice mi ha accennato qualcosa…».
Killian sospirò ed iniziò a raccontare quello che era successo da quando avevo espresso il mio desiderio e di come era sceso nell’Oltretomba. Era una parte della storia che mi mancava e probabilmente anche lui avrebbe filtrato le informazioni come avevo fatto io poco prima.
«Quindi adesso con i miei genitori c’è una bambina che dovrebbe essere me?», domandai alla fine per conferma. Sapevo che era così, l’avevo visto e provato con i miei occhi, ma era ancora difficile da credere. Non mi sentivo come se fossi senza corpo, soprattutto stando così vicino a Killian. Riuscivo benissimo a percepire il bisogno fisico che avevo di lui; eppure non avrei dovuto sentirlo, giusto?
«Già», ammise a mezza voce. «Proprio per questo io e Artù stavamo cercando un modo per farti tornare nel tuo vero corpo. Mi pare ovvio che non puoi semplicemente tornare a Storybrooke se non hai più un corpo adatto dove tornare. Ci manca solo che tu mi resti una bambina per sempre».
«Abbiamo trovato qualcosa in biblioteca», intervenne Artù, indicandoci una pila di libri al lato del tavolo. «Sono scritti in una strana lingua, ma Hook li sa tradurre. Speriamo di trovare la soluzione là dentro». Era pur sempre un inizio anche se piuttosto limitato; di certo come aveva appena dichiarato il mio pirata non potevo rischiare di tornare bambina, non quando l’unica bambina che avrebbe potuto mettersi tra di noi sarebbe stata nostra figlia. Era più pronta a fare da madre che a tornare ad un’età in cui dipendere al cento per cento dai miei genitori.
«Forse anche Milah li sa tradurre», ammisi, ricordando la sua capacità di leggere le parole sulle mezze colonne.
«Ti ho insegnato sulla Jolly Roger», confermò Killian. «Certo ne è passato di tempo, non so se ti ricordi ancora».
«Posso provarci», replicò con un mezzo sorriso. «Posso farlo».
«Certo possiamo farlo tutti», intervenne Charlie. «Mi pare ovvio che non ce ne andremo di qui fino a che Emma non potrà venire con noi. È il minimo che possiamo fare». Il suo tono era così accalorato che sentii un moto di gratitudine nei suoi confronti.
«Torneremo a Storybrooke tutti insieme», confermò Robin.
«E fino ad allora sarà bene mettere l’ambrosia al sicuro», concluse l’altro. «Nessuno la prenderà fino a che non avremo trovato un modo di salvarti».
«Grazie», mormorai commossa.
«Nessuno di noi si salverà», concluse Milah, «fino a che non avremo trovato il modo di farti tornare nel tuo corpo e avremo aperto un portale per il vostro mondo». Il suo tono era strano e lo era anche il modo in cui aveva pronunciato “vostro”. L’aveva detto come se non pensasse che sarebbe diventato anche il suo e probabilmente forse era così. La studiai attentamente cercando di intuire i suoi pensieri; vidi la determinazione nel suo sguardo e capii che ormai lei aveva già fatto la sua scelta e con molta probabilità non sarebbe stata come quella di tutti gli altri. Non sapevo cosa provare a riguardo: era da una parte un sollievo, ma dall’altra era comunque una scelta triste.
Notai che anche Killian la stava fissando e mi chiesi se avesse intuito anche lui la decisione di Milah. Avrei voluto essere dentro la sua testa per capire cosa diavolo stesse pensando. Sapevo che il loro incontro non si sarebbe basato soltanto su quel goffo abbraccio di poco prima; dovevano parlarsi e avrebbero avuto bisogno di un momento di privacy solo per loro ed io purtroppo non avrei potuto assistere. Era giusto così ed era necessario per chiudere per sempre quella loro tormentata storia. Tuttavia il fatto che lui l’amasse ancora – sapevo che era così, provavo lo stesso per Neal – mi rendeva un po’ ansiosa e un tantino gelosa, due aspetti di me che non credevo di avere.
«Direi che per stasera abbiamo già fatto abbastanza». Artù mi ridestò dai miei pensieri, catturando l’attenzione di tutti. «Credo che sia giunto il momento di mostrarvi il mio nascondiglio segreto e poi penso che abbiate tutti davvero bisogno di una bella dormita. Dopo aver riposato un po’ saremo tutti più lucidi».
«Sì», confermai. «Credo proprio che sia ciò di cui abbiamo bisogno. Domani inizieremo le nostre ricerche e torneremo tutti al più presto a casa». Così dicendo mi alzai e lasciai che gli altri mi imitassero. Killian mi prese subito per mano, intrecciando le sue dita alle mie. Quel gesto così semplice mi fece subito notare l’enorme differenza che c’era rispetto a quando era stato Charlie a farlo. Assumeva tutto un altro significato: simboleggiava il nostro amore, il fatto che dopo essere stati tanto lontani non riuscivamo più a staccarci l’uno dall’altra. Era il gesto più semplice e allo stesso tempo più intimo che avevamo per amarci. Nessun bacio avrebbe mai simboleggiato ciò che rappresentavano le nostre mani intrecciate: noi uniti contro tutto e contro tutti.
Quando uscimmo fuori dal locale Killian rallentò il passo per far sì che gli altri proseguissero seguendo Artù e che noi rimanessimo indietro. Si fermò proprio quando gli altri furono ormai a qualche metro di distanza e non potevano più accorgersi della nostra scomparsa.
«Che c’è?», gli domandai voltandomi verso di lui.
I suoi occhi erano così chiari da potercisi specchiare dentro. «Mi sei mancata tanto».
«Anche tu mi sei mancato Killian, non sai quanto». Ogni istante senza di lui era stato una vera e propria agonia; solo adesso che lo avevo di nuovo al mio fianco me ne rendevo realmente conto.
«Ti amo». Con sole due parole riuscì a mandare in tilt sia il mio cuore che il mio cervello.
«Ti amo anch’io». Mi alzai sulle punte dei piedi e lo baciai, posandogli una mano sulla guancia. Sembrava una scena già vista milioni di volte: io e lui che ci baciavamo in mezzo alla strada davanti alla tavola calda; eppure ogni volta assumeva un significato diverso. In quel momento il nostro bacio sanciva la nostra riconciliazione. Finalmente ci eravamo ritrovati, dopo tutte le peripezie che avevamo dovuto affrontare, e da quel momento avremo combattuto insieme le restanti battaglie che ci separavano dal nostro lieto fine. Ora che eravamo insieme non avevo più dubbi: avremo superato tutto e saremo usciti vincitori.


 
Angolo dell’autrice:
Buona domenica! E come al solito ecco il mio aggiornamento.
Questo capitolo è stato un po’ meno denso di eventi: diciamo che è uno di quei capitoli di passaggio necessario per il proseguimento della storia. Comunque nonostante ciò finalmente Emma ed Hook si sono ritrovati. <3 Visto che la puntata con il loro matrimonio è alle porte, io non potevo lasciarli separati più a lungo!
Come sempre un grazie enorme a chiunque legga e/o recensisca!
Un bacione e alla prossima settimana.
Sara
 
  
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