Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.452 (Fidipù)
Note: Una nuova settimana inizia ed eccomi qua, pronta a
tormentarvi anche in questi giorni! Bene, bene: abbiamo un nuovo nemico,
un nuovo combattimento e un ristorante come location per una scena, ovvero Le Quai, un ristorante
sulla Senna che, grazie alla sua terrazza galleggiante, permette ai
commensali di pranzare (o cenare) con una meravigliosa vista del fiume e
della Parigi storica; inoltre il ristorante si trova a pochi passi dal
Museo D'Orsay.
Detto questo, come sempre, vi passo a elencare gli appuntamenti di questa
settimana: mercoledì ci sarà un nuovo capitolo di Inori,
venerdì come sempre il nuovo aggiornamento di Miraculous Heroes 3 e,
sabato, il nuovo capitolo di Scene.
Come sempre, vi rimando al mio profilo, dove c'è il calendario degli
aggiornamenti per il mese di Maggio.
E, per concludere, i ringraziamenti di rito: grazie a tutti voi che
leggete, commentate, inserite le mie storie in una delle vostre liste e me
fra gli autori preferiti.
A tutti voi: Grazie!
Lila scattò di lato, nascondendosi in uno
degli spogliatoi e ignorando le grida delle altre clienti e delle
commesse, mentre il suo cellulare vibrava nella borsa: «Sono già sul
posto» dichiarò, una volta preso e accettata la chiamata: «Manda subito
tutti gli altri.»
«Ok» esclamò allegro Alex, ridacchiando: «Efficiente la nostra Volpina,
eh?»
«Sbrigati» sentenziò Lila, chiudendo la chiamata e osservando Vooxi volare
fuori dalla borsetta e annuire con la testa: «Vooxi, trasformami» ordinò,
chiudendo gli occhi e sentendo l’energia della trasformazione avvolgerla e
darle forza e potere: quando riaprì gli occhi, lo specchio del camerino le
dette l’immagine di Volpina e lei sorrise, aprendo una mano e vedendo una
nuvola di fumo arancio creare il lungo flauto.
Bene.
Era ora di dare una lezione a quella rosellina là fuori.
Chat Noir balzò sul lampione, chinandosi e osservando i compagni, poco
distanti da lui: «Andiamo, gente. Non abbiamo tutta la giornata» dichiarò,
mentre Tortoise superava la sua postazione, subito seguito da Ladybug e
Hawkmoth: «Comunque io vorrei far notare che il luogo dove ha attaccato il
nemico…»
«Era un altro dove c’era uno dei nostri» sentenziò la coccinella,
fermandosi per lanciare il suo yo-yo contro l’edificio davanti a lei e
usarlo come punto per saltare: «E’ veramente…»
«No. Io mi riferivo al fatto che la nostra Volpina era in un negozio di
biancheria intima» dichiarò l’eroe nero, ridacchiando: «Seratina bollente,
Torty caro?»
«Penso piuttosto che abbia avuto di nuovo uno scontro con la lavatrice»
sospirò Tortoise, fermandosi all’inizio di una via e indicandola con un
cenno del capo, guardando poi in alto e ricevendo un segno affermativo da
parte di Ladybug: «Sicuramente mi starà ricomprando ciò che ha distrutto…»
«Ma quella ragazza è capace di non demolire niente?» domandò Peacock,
raggiungendo l’amico e posandogli una mano sulla spalla: «Veramente, ti
sei preso una bomba in casa. E non sto usando il termine in senso
positivo…»
«Ha dei lati positivi.»
«Immagino quali.»
«Ehi, non sta bene parlare di me in mia assenza» sbottò la voce di Volpina
all’auricolare, seguita dai suoni della battaglia: «Volete venire qui o io
e Rosellina qua faccio da soli?»
«Rosellina…» mormorò Chat, balzando su un nuovo lampione: «Volpina, tu ed
io dobbiamo fare un discorso sui soprannomi che diamo ai nemici.»
«Parli tu che l’ultima l’hai chiamata ‘Panterona’?»
«E’ un bel nomignolo, volpe.»
«Bei vecchi tempi quando davamo soprannomi nerd…» sospirò Alex, facendo
ridacchiare Chat Noir: «Siete vicini ragazzi. E’ ora di andare al gran
ballo.»
Il gruppetto si mosse, raggiungendo velocemente il negozio in cui era
apparsa la creatura di Dì Ren, in tempo per vedere Volpina balzare fuori
dalla vetrina e atterrare per la strada: «Finalmente!» sbottò l’eroina,
posandosi le mani sui fianchi e fissandoli male: «Pensavo di dover fare
tutto da sola…»
«Ma quanto ti piacerà lamentarti?» sospirò Chat, osservando il nemico
uscire dal negozio: «Oh. E’ proprio una rosellina!»
«Che avevo detto?»
«Che sai dirci, Volpina?» domandò Ladybug, osservando la creatura che,
incurante di tutti loro, si guardava estasiato attorno: «Cosa…»
«Usa il profumo come arma: lo solidifica e attacca» dichiarò l’eroina
arancio, osservando il nemico muovere la lunga pipa fra le dita, mentre
volute di fumo grigio si dipanavano e si allungavano verso di loro: «Ecco
che arrivano…»
Volpina saltò indietro, portandosi il flauto alle labbra e suonando alcune
note, creando copie di tutti loro e sperando che questo distraesse il
nemico; Chat e Peacock misero mano alle loro armi, centrando i colpi a
loro diretti mentre Tortoise si sistemò davanti Bee e Hawkmoth,
proteggendoli con il suo scudo.
Ladybug iniziò a far girare velocemente lo yo-yo e, similarmente a
Tortoise, si protesse dall’attacco del fumo grigio: «Peacock.»
«Ci penso io!» dichiarò l’eroe blu, socchiudendo gli occhi e invocando il
proprio potere speciale: l’oscurità l’avvolse completamente, mentre ai
suoi occhi appariva Rosellina e il suo fumo, poi un vento forte si alzò,
spedendo l’arma del nemico contro di sé e annientandolo: «Il fumo.
Dobbiamo rimandarglielo indietro!»
Ladybug annuì, saltando indietro e osservando Volpina posizionarsi davanti
a lei e invocare il fuoco fatuo, lanciandolo contro le volute di fumo che
stavano per colpirle, contemporaneamente Chat, con la mano impregnata del
potere della distruzione, balzò sulla sinistra di Tortoise e colpì il
fendente nemico, osservandolo disgregarsi sotto di lui. Hawkmoth lanciò i
suoi boomerang, tagliando in due una voluta che si stava dirigendo verso
Peacock, mentre Bee sparò un pungiglione alla solidificazione di fumo
davanti a loro, invocando poi il suo potere speciale e, piroettando su sé
stessa, colpì una seconda voluta in contemporanea con Peacock, che aveva
lanciato un dardo del ventaglio.
«Se li distruggiamo, però non li rispediamo contro di lui» bofonchiò
Peacock, osservando Ladybug usare il proprio potere e lanciare in aria lo
yo-yo, notando poi un ventilatore cadere fra le mani della ragazza che,
con una smorfia, lo tenne evitando che cadesse a terra.
«Bene» dichiarò la coccinella, osservandosi attorno e sorridendo: «Lo
potete distrarre?» domandò, sorridendo ai propri compagni e, stretto il
ventilatore contro il petto, corse verso il negozio, saltando attraverso
la vetrina rotta e atterrando all’interno: Rosellina si voltò e, muovendo
il corpo come un lanciatore di baseball, lanciò contro di lei una voluta
di fumo denso e consistente che la colpì al fianco, spedendola contro il
muro.
«Ladybug!» tuonò Chat Noir, allungando il bastone e ingaggiando un duello
contro il nemico, mentre la ragazza si tirava su e, con un sorriso
sofferente in volto, afferrò la spina del Lucky Charm e la inserì nella
presa lì vicino; voltandosi poi verso il compagno, quando lo sguardo verde
si fissò su di lei, fece un segno con il capo: Chat Noir costrinse
Rosellina a rientrare all’interno del negozio, aiutato da Bee e Hawkmoth
e, dopo essere balzato alle sue spalle, si mise davanti a Ladybug: «Dimmi
quando» mormorò, osservandola mentre posizionava le dita sopra i pulsanti.
«Ora» mormorò la ragazza, mentre il nemico si preparava a lanciare un
nuovo colpo verso di loro: Chat annuì, mettendosi in posizione di difesa e
sentendo il ventilatore azionarsi alle sue spalle; Rosellina lanciò un
nuovo attacco e il felino balzò di lato, lasciando Ladybug pronta a
respingere il fumo del nemico verso questo e notando come, più si
avvicinava, più il volto e il corpo s’ingrigiva e diventava grinzoso,
accartocciandosi su sé stesso e diventare poi polvere.
Ladybug fece un altro passo, uno di troppo e la spina scappò dalla presa,
scivolando per terra, mentre la ragazza osservava il piccolo mucchietto di
polvere che era diventato il loro nemico: «E’ veramente inquietante…»
mormorò, balzando poi indietro quando la polvere si mosse e diventò
velocemente una piccola tromba d’aria, dalla quale si materializzò una
donna vestita di bianco e con una maschera dello stesso colore che gli
copriva il volto.
Chat Noir balzò davanti a Ladybug, il bastone stretto fra le mani, mentre
il resto del gruppo la circondava e rimaneva in allerta: «Oh» mormorò la
nuova venuta, guardandoli uno a uno: «Ecco qui il gruppetto di bambini che
ha reso la vita difficile alla povera Yi» bisbigliò, piegando le labbra
rosse in un sorriso divertito: «Ma come siete carini.»
«La povera Yi?» domandò Peacock, piegando le labbra in un sorrisetto:
«Questa è amica della panterona.»
«Panterona…» mormorò la donna, ridacchiando: «Mi piace. Mi piacete. Avete
umorismo» fece vagare lo sguardo su tutti, fermandosi poi su Ladybug: «Ma
non vincerete questa guerra: siete destinati a perdere?»
«Vuoi scommettere che adesso perdi tu?» domandò Chat, roteando il bastone
e mettendosi in posizione di attacco, caricando poi contro la donna che,
ridacchiando, schioccò le dita, sparendo in un turbine di polvere e
lasciando che Chat lo attraversare, rovinando poi contro Hawkmoth.
«Quante volte ti devo dire di pensare prima di agire?» sospirò Ladybug,
scuotendo la testa e sorridendo dolcemente, lanciando poi in aria il Lucky
Charm, osservando tutto tornare alla normalità: «Bene, che ne dite di
andarcene?»
Gabriel poggiò il cellulare sul tavolo, sospirando pesantemente: a quanto
pareva i ragazzi avevano agito tempestivamente e sistemato nuovamente
tutto. Si sistemò gli occhiali, osservando Nathalie entrare nell’ufficio:
«Signore, c’è il signor Kun Wong» dichiarò, facendosi da parte e lasciando
entrare il cinese che, regalandole un sorriso, si dedicò completamente
all’uomo dietro la scrivania.
«Gabriel Agreste!» esclamò Kun, porgendogli la mano e sorridendo: «Sono un
suo fan e la sua griffe è la mia preferita» dichiarò, stringendo la mano
di Gabriel e sedendosi poi, dandosi una sistemata alla giacca.
«Noto» dichiarò il francese, catalogando il vestiario dell’altro a una
prima occhiata: riconosceva la giacca scura e i pantaloni color crema come
capi della sua collezione invernale, la camicia sembrava appartenere al
marchio di Willhelmina e la cravatta…
Una Vittorio J?
Sì, quell’uomo sapeva vestirsi bene a quanto pareva.
«Immagino che sappia perché sono qui» dichiarò Wong, sorridendo: «La sua
assistente…»
«Immagino che Nathalie le abbia detto che voglio avere azionisti» dichiarò
Gabriel, intrecciando le mani davanti a sé: «Non ho intenzione di vendere
nessuna azione dell’Agreste Maison e, quando sarà il momento, mio figlio
erediterà tutto…»
«Suo figlio non è uno stilista»
«Mia nuora sì, però»
Kun annuì, sorridendo: «Marinette Agreste…» mormorò, sorridendo: «L’ho
incontrata proprio oggi all’IMF: una ragazza veramente graziosa e con un
talento veramente grande. Un ottimo acquisto, devo dire.»
«Sì, Marinette ha un grande talento…» mormorò Gabriel, assottigliando lo
sguardo e sorridendo glaciale: «Ma più di ogni altra cosa, lei e mio
figlio si amano e sono contento di ciò» continuò, fissandolo e poi
spostando lo sguardo verso la porta dove Nathalie stava aspettando: «Ora
se è così cortese da andarsene, monsieur Wong. Avrei del lavoro da
finire.»
Il cinese annuì, alzandosi e sorridendo: «Spero che ripensi alla mia
offerta, soprattutto considerato il consistente aiuto che…»
«Nathalie, puoi mostrare a monsieur Wong l’uscita?»
«Certamente» dichiarò la donna, aprendo la porta e facendo cenno all’uomo
di uscire, osservandolo un attimo dietro le lenti quadrate e seguendolo
quando questi si mosse, uscendo dall’ufficio: «Buonasera, signorina Hart»
mormorò l’assistente, osservando la donna entrare nell’ufficio di Gabriel
e chiudendosi poi la porta dietro di sé.
«La tua assistente mi mette sempre i brividi»
«E’ brava in quel che fa» dichiarò Gabriel, osservando la donna davanti a
lui: «Sei venuta a chiedermi per la cena di stasera?»
«Tua moglie è morta» mormorò Willhemina, sbuffando: «Oh, Willie. Mi sono
dimenticata di dirti che ho invitato anche Marinette e Adrien. E Felix.»
«Ah, Adrien e Marinette anche? Stamattina non mi ha detto niente.»
«Sicuro che eri tu il supercattivo in famiglia?»
«Sei ancora ai ferri corti con il tuo uomo?»
«Felix non è il mio uomo, è la mia spina nel fianco.»
«Non vedo nessuna differenza.»
«Oh. C’è. Eccome se c’è!»
Wei osservò il campionario di biancheria maschile, ordinatamente piegato
sul letto, scuotendo la testa e iniziando a riporre il tutto nel cassetto
del comodino: «Ma quante ne ha comprate?» domandò Wayzz, aiutando il suo
Portatore e andando poi a controllare la busta del negozio, controllando
che non ci fosse altro: «Oh. Questo non penso sia per te…» dichiarò,
tirando fuori un impalpabile indumento femminile e mostrandolo al ragazzo.
Il giovane prese l’indumento per le spalline sottili, posandoselo poi
contro l’addome e sorridendo al kwami: «Come mi sta?» domandò,
ridacchiando all’espressione confusa del kwami; Wei si buttò sulla spalla
la sottoveste, una di quelle che Lila indossava sempre per andare a
dormire o distrarlo da qualche danno che aveva fatto, mettendosi alla
ricerca della giovane e trovandola in salotto, completamente assorbita
nell’operazione di darsi lo smalto ai piedi: «Lila?»
L’italiana alzò il capo, osservandolo in attesa, mentre lui prendeva
l’indumento e lo spiegava davanti a sé: «Questo non è per me, vero?»
«Definisci per te, cucciolo» dichiarò Lila, ritornando alla sua
operazione, mentre lui attraversava la stanza e le si parava accanto: «Non
è per me, nel senso che non lo devo indossare io?»
«Esattamente.»
«Ma è per me perché sarai un bello spettacolo con solo questa addosso.»
«Solo quella?»
«Solo questa.»
Vooxi sbuffò, alzando il musetto dal libro di Harry Potter, che stava
rileggendo, e fissò i due umani: «Io pretendo una casa tutta mia»
dichiarò, voltandosi verso Wayzz e fissandolo: «Vorrei un po’ di aiuto in
questi casi.»
«Possiamo andare sul terrazzo?»
«Wayzz è molto più saggio di te, Vooxi» sentenziò l’italiana, facendo la
linguaccia al suo kwami e notando il suo cellulare vibrare: «Non
rispondere» ordinò, bloccando Wei, mentre stava allungando verso
l’apparecchio.
«Lila, è tua madre»
«Lo so. Vorrà sicuramente invitarmi a una nuova sessione di shopping e…»
Lila si voltò verso di lui, scuotendo la testa: «…io impazzirò se devo
stare un’intera giornata con lei.»
«Lila…»
«Le risponderò. Prima o poi.»
«Lila…»
«Lo farò, davvero. Ma non oggi. Ti prego, non oggi.»
«D’accordo.»
«Mamma mi ha mandato un messaggio» dichiarò Adrien, facendo voltare la
ragazza verso di lui mentre si sistemava nel posto davanti a lei: «Ah. Ci
aveva invitato a cena…»
«Per quando?»
«Stasera» dichiarò Adrien, digitando velocemente la risposta e prendendo
il menù del ristorante: «Certo, avvisasse un po’ prima…»
«Possiamo andare…»
«Ci sono anche Felix e Willie. Non ho voglia di trovarmi in mezzo al tiro
al bersaglio» Marinette sorrise, voltandosi poi verso l’ampia vetrata
della piattaforma che, ancorata alla riva del fiume, permetteva di
pranzare e cenare con una meravigliosa vista sulla Senna: «E poi tua madre
ci ha invitato dopodomani, no? Li vedremo tutti e quattro assieme.»
«Non pensavo che fossi il classico tipo che, una volta lasciato il nido,
non ci saresti voluto tornare nemmeno per sbaglio…»
«Voglio bene ai miei genitori, Marinette, ma sinceramente voglio passare
più tempo possibile con te» dichiarò il ragazzo, facendole l’occhiolino da
sopra il menu e tornando alla lettura dei piatti: «Ah, ti ricordi che
avevo preso la patente, l’estate scorsa?»
«Sì»
«Stavo pensando di prendermi qualcosa…»
«Una macchina?»
«Una moto, in verità.»
«Una moto?»
«La pelle nera mi sta divinamente.»
«Sei sicuro?»
«Sì.» assentì il biondo, sorridendole: «Un ragazzo che frequenta la mia
facoltà lavora part-time in un negozio e mi farebbe uno sconto. Sia a me
che a Rafael…»
«Voi due siete passati dal litigare ogni tre per due all’andare dal
parrucchiere assieme»
«Beh, quello lo facevamo anche prima» dichiarò Adrien, ridacchiando: «Sai,
quando ci sistemano per le sfilate o i set…»
«Sì, sì. Hai già scelto il modello?»
«Ne ho visto uno sportivo, nero. Stavo puntando a quello.»
«Come vuoi…» mormorò Marinette, dando un’occhiata al menu e decidendo cosa
prendere: «Nathaniel mi ha detto che si è pentito di non essersi fatto
avanti a me…» dichiarò, guardando Adrien mentre, dopo un momento di
sorpresa, chiudeva il menu e, preso il tavolo con entrambe le mani,
respirò profondamente: «Adrien?»
«Mi sto trattenendo dall’andare a ucciderlo…»
«Sei geloso?» domandò Marinette, allungandosi sul tavolo e sorridendo:
«Comunque parlava al passato, penso fosse un ricordare occasioni perse…»
«Ah. Perché ha mai avuto un’occasione?»
«No.» dichiarò la ragazza, tornando al proprio posto: «E poi la
professoressa Leroux mi ha presentato uno.»
«Oh. Ma insomma!»
«Un possibile datore di lavoro, a cui ho detto no.»
«Chi era?»
«Un certo Kun Wong: possiede un marchio e mi ha chiesto di lavorare per
lui.»
«Tu non andrai più in quella scuola…»
«Adrien.»
«Testa di pomodoro che si fa avanti, Kuncoso che si fa avanti…» bofonchiò
il biondo, incrociando le braccia e imbronciandosi: «Ma la vedono la fede
al dito o sono ciechi?»
«Ti fidi così poco di me?»
«No, mi fido così poco di loro. E’ differente, mon coeur.»
La ragazza ridacchiò, osservandolo mentre imbronciato, aveva incrociato le
braccia: «E’ un vero peccato che io sia completamente persa di un certo
ragazzo che mi chiese scusa dandomi un ombrello…»
«Oh. Io pensavo che avessi perso la testa per il mio aspetto affascinante»
«Anche per quello»
«Marinette…»
«Starò attenta, te lo prometto» dichiarò la ragazza, portandosi una ciocca
dietro all’orecchio e osservando la cameriera avvicinarsi: «Pronto a
ordinare, mon minou?»
«Ovviamente, my lady.»
Manon osservò Hawkmoth balzare in camera sua e, poco dopo, la
trasformazione sciogliersi facendo ritornare il giovane eroe a essere
semplicemente Thomas Lapierre: «Ok, ammetto che è comodo» dichiarò il
ragazzino, guardandosi attorno e cogliendo qualche particolare qua e là:
la camera in tonalità pastello e i mobili bianchi, ai muri erano appese
foto di Manon con alcune compagne e, in molte, era assieme a Marinette;
parecchi peluche occupavano il letto singolo e la libreria era piena di
libri e manga: «Uao! Questo lo seguo anch’io!» esclamò, avvicinandosi e
prendendo il volume uno di una fumetto, sfogliandolo velocemente: «Non ti
facevo tipo da manga sportivi, però.»
«Li preferisco: papà mi faceva sempre vedere dei vecchi cartoni animati
sul calcio e quindi…» la ragazzina si fermò, osservando Thomas sfogliare
interessato il volume, con la fatina – o kwami, come l’avevano corretta
più volte – sulla spalla: «Com’è andata?»
«Come al solito: abbiamo combattuto e il nemico è stato sconfitto»
dichiarò Thomas, riponendo il volume e voltandosi verso di lei: «Tua
madre…»
«Non è mai salita. E’ dovuta andare di corsa allo sede per un’edizione
straordinaria.»
«Ottimo.»
«Te l’avevo detto che ti avrei aiutato…» dichiarò Manon, alzandosi in
piedi e guardandosi impacciata attorno: «Mh. Ti serve qualcosa?»
«Sto bene, grazie.» dichiarò Thomas, voltandosi poi verso Nooroo: «Tu?»
«Non hai usato il tuo potere speciale, quindi non ho bisogno di mangiare
niente.»
«Cosa mangi di solito?»
«Caramelle, signorina.»
«E non una marca qualsiasi» bofonchiò Thomas, sedendosi per terra: «Quelle
della Cure Gourmande.»
«Oh…» mormorò Manon, sistemandosi davanti al ragazzino e annuendo con la
testa: «Quindi, quella volta che ti ho incontrato in quel negozio…»
«Stavo comprando le caramelle per Nooroo» spiegò Thomas, indicando il
kwami: «Ero diventato da poco Hawkmoth e avevo bisogno di fare
rifornimento.»
«Ne comprerò un po’»
«Cosa?»
«Da tenere con me, se…» Manon scosse la testa, sorridendo: «….beh, in caso
di emergenza.»
«Ok.» mormorò Thomas, annuendo: «Grazie, Manon.»
Avrebbe ucciso i coniugi Agreste.
Avrebbe chiesto a Thomas di akumatizzarla, poi avrebbe creato Marshmallow
e avrebbe imposto le peggio torture a Sophie e Gabriel.
«Dal tuo sguardo posso dedurre che i tuoi pensieri sono un tantinello
violenti…» dichiarò Felix, ondeggiando il liquido ambrato nel bicchiere e
abbozzando un sorriso: «E’ così terrificante stare da sola con me?»
«Sì»
«Andiamo! Hai anche accettato il mio invito a cena, che poi hai rifiutato
perché quella piaga del tuo assistente ha dovuto darti del lavoro extra.
Ma di solito non è il contrario?»
«Ciò mi ha permesso di rinsavire.»
«Bri…»
«No, niente Bri, Felix.» dichiarò lei, accavallando le gambe e guardandolo
male, mentre lui si sistemava sulla poltrona davanti a lei: «Ti ho creduto
morto per bene due secoli. Sono andata avanti, sai?»
«Talmente avanti che non hai mai avuto un uomo, vero?»
«Io…»
«Lo so, Bri» dichiarò Felix, ingollando un nuovo sorso di liquore e
sorridendole: «Vuoi che ti corteggi come tutti? Lo farò. Vuoi che ti
supplichi di riprendermi con te? Metto da parte il mio orgoglio e lo farò.
Dimmi quello che vuoi che io faccia e lo farò: ti amo, Bri. E farò
qualsiasi cosa per averti.»
«Qualsiasi cosa?»
«Sì.»
«Anche camminare nudo per gli Champs-Elysées?»
«Ne risentirà la mia elezione a sindaco di Parigi ma sì, lo farei. Vuoi
che lo faccia?»
Bridgette scosse il capo, poggiandolo poi contro il pugno e fissandolo:
«Perché vuoi diventare sindaco? Eri un militare, potevi…»
«Perché potrei dare una mano ai ragazzi in questo modo: Parigi non è più
una città sicura da parecchio tempo e questo mondo è completamente
impazzito, come sindaco potrei attuare dei piani e permettere che…»
«…che anche chi non sa usare un’arma o non ha le possibilità di
proteggersi da solo possa essere al sicuro» finì, per lui, la donna:
«Avevi fatto un discorso simile anche quando ti chiesi perché eri
diventato un militare.»
«E’ vero. Ci eravamo appena conosciuti…»
«E tu mi guardavi dall’alto in basso, come se fossi…»
«Veramente stavo cercando di guardare dentro la scollatura» bofonchiò
Felix, portandosi il bicchiere alle labbra: «Avevi quel vestito così
scollato…»
«Cosa?»
«Ehi, se non volevi essere guardata potevi metterti qualcosa di più
accollato.»
«Quindi, ogni volta che ci incontravamo e avevi quello sguardo serio, il
collo rigido e…»
«Ero bravissimo, vero? Nessuno si è mai accorto di niente»
Bridgette rimase a bocca, scuotendo il capo e lasciandosi andare contro il
divano: «Ed io che ho sempre pensato che eri un uomo dalla morale
integra…»
«Apprezzare una bella donna e le sue grazie non centra un cavolo con la
morale.»
Sophie guardò il marito, mordendosi il labbro inferiore e accostandosi di
più alla porta, cercando di carpire il più piccolo suono: «Secondo te come
sta andando?»
«Non sento grida disperate o rumore di oggetti lanciati…»
«Quindi bene?»
«Forse l’avrà soffocato con un cuscino.»
«Gabriel!»
«E’ un’ipotesi.»
«E se entrassimo?»
«Tu pensa all’alibi, io nascondo il cadavere.»
«Gabriel, non sei di aiuto.»
«Non voglio essere di aiuto, voglio essere pronto a qualsiasi situazione
troveremo oltre questa porta!»
«Gabriel!»