NOTA
DELL’AUTRICE:
Calma, calma, questa volta c’è mancato
davvero poco …! Vorrei chiarire alcuni
particolari che reputo fondamentali dello strano
comportamento di Eddy.
Mie care è vero che è un supersrtafigo di eroe,
è vero che anche a vederlo per
strada si rischia il collasso e gli si vorrebbe saltare addosso, ma
insomma, è
pur sempre un UOMO, con reazioni nuove all’amore e al sesso!
Che cosa avreste
fatto voi se la persona che amate più di voi stesse, a cui
rischiate di
spezzare un osso con una carezza, prima vi provocasse apertamente (e
non tanto
innocentemente, ricordate la premeditazione) e, poi, fraintendesse il
motivo
per il quale siete restii a “quagliare”(termine
napoletano per indicare
completamento di un’azione a lungo attesa!)? Qua sembra che
vi siete
dimenticate che Bella gli dice che capisce che lui non la vuole solo
perché,
non essendo vampira, non gli permetterebbe di sfogarsi a sufficienza
…! Eddy
non si infuria perché lei lo vuole, ma perché
lui, pur volendola con tutto se
stesso, non riesce a spiegarsi, a farle capire che tormento interiore
vive. UE
LUI POTREBBE UCCIDERLA!!!! E
l’ultima
frase si riferisce al fatto che, come lui aveva previsto, era bastato
un niente
per fargli perdere un attimo di lucidità e far sfuggire al
suo controllo la
bestia che, ricordatelo sempre, è parte integrante di lui.
Intendiamoci,
niente,
ma dico NIENTE, giustifica la violenza. Soprattutto sulle donne. Ma mi
sembrava
doveroso nella mia ff sottolineare quanto sia duro il dilemma interiore
di
Edward.
Mi
faceva gentilmente
notare Davide via mail, che sarei riuscita bene ad entrare nella mente
di
Edward. Grazie, il tuo commento mi è davvero utilissimo. Per
quanto abbia
tentato (inutilmente) anche nella vita reale, credo che solo in questa
ff mi
sia riuscito di capire davvero una mente maschile. O almeno ci ho
provato.
Vorrei
ringraziare
tutti coloro che ancora mi seguono, mi aggiungono a preferiti e mi
mandano
tante mail carine.
E
non finisce qua …
Endif
CAP.
30
SABATO
BELLA
Aprii
gli occhi a
fatica, per poi richiuderli subito dopo.
Li
riaprii di nuovo e
trovai sempre la stessa immagine ad aspettarmi.
Il
viso di Edward era a
pochi centimetri dal mio e mi osservava rilassato, completamente
disteso sul letto
al mio fianco.
«Ciao»
mugolai io, con
la voce ancora impiastricciata dal sonno.
«Ben
svegliata» disse
lui, regalandomi un sorriso luminoso, gli occhi dolcissimi.
«Che
ore sono?» chiesi,
cercando di soppesare la quantità di luce che filtrava dalla
parete di vetro.
«E’
ora di pranzo per
gli umani. Direi che hai dormito per un bel pezzo.» rispose
con tenerezza.
Mi
drizzai a sedere e
mi ricordai che non mi ero cambiata prima di addormentarmi tra le
lacrime. Il
vestito era tutto sgualcito, ed io dovevo avere un aspetto orribile.
Gli
lanciai uno sguardo. Edward era
rimasto
disteso, ma era impeccabile in jeans e camicia nera rimboccata alla
maniche.
Lui, evidentemente, si era invece lavato e cambiato.
Mi
guardai intorno
dubbiosa. Nel “weekend di passione” della mia
testa, forse non sarebbero stati
contemplati gli abiti, ma nella realtà sì, ed io
ne ero praticamente
sprovvista. Avevo bisogno urgente di rinfrescarmi, il mio cervello non
connetteva senza una doccia ristoratrice.
«Alice
ti ha preparato
un borsa con dei ricambi e dei vestiti. E’
nell’armadio.» Continuava a
guardarmi con espressione dolce ed assorta al tempo stesso.
Ero
confusa.
Non
mi sentivo ancora
padrona di me stessa, inoltre mi vergognavo da morire per la scena
della sera
prima.
Avevo
praticamente
implorato Edward di fare l’amore con me! E lui mi aveva
rifiutata… Quando, poi,
avevo cercato di recuperare i cocci del mio orgoglio e avevo tentato di
fornire
a lui, ma soprattutto a me stessa, una spiegazione, l’avevo
fatto anche
infuriare.
Tremai
al ricordo.
Non
avevo mai visto
Edward così alterato nei miei confronti e non riuscivo a
comprenderne il
motivo. Sapevo che mi amava, ma forse, il fatto che non fossi una
vampira
poneva dei limiti al nostro rapporto, che non avrei mai potuto
apprezzare
appieno.
Mi
alzai per avvicinarmi
all’armadio, e ci ficcai dentro la testa. Il ricordo della
sera prima bruciava
ancora dentro di me. I miei occhi erano diventati lucidi e non volevo
piangere
davanti a lui.
Mi
dilungai più del
dovuto passandomi un fresco vestitino di lino da una mano
all’altra, sperando
che le lacrime non rotolassero giù. Poi afferrai
l’intimo, lo appallottolai
nella mano e ci misi sopra l’abito. Drizzando le spalle,
sospirai. Non potevo
trattenermi all’infinito nell’armadio di Edward.
Mi
girai di scatto e
andai letteralmente a scontrarmi contro il suo torace. Le sue braccia
mi
strinsero per non farmi cadere.
«Scusami,
non mi ero
accorta …» con lo sguardo fisso sulla sua camicia,
tentai di divincolarmi, e
lui mi lasciò andare subito, allungando le braccia
giù per i suoi fianchi.
Sempre con gli occhi bassi, feci per aggirarlo e lui non mi
fermò. Arrivai alla
porta che già una lacrima mi era scesa sulla guancia.
La
spalancai e corsi in
bagno.
Richiusi
la porta e mi
lasciai scivolare a terra. A tentoni raggiunsi un rubinetto e lo aprii
facendo
scorrere l’acqua.
Mi
occorreva un
diversivo.
Afferrai
un asciugamano
e ci immersi dentro la bocca per soffocare un singhiozzo che speravo
gli
sarebbe sfuggito. Tentai di calmarmi. Non aveva senso tormentarmi a
quel modo,
altrimenti ogni minuto trascorso in quella casa sarebbe stato una
tortura.
Presi
a dondolarmi
avanti e indietro.
Dopo
qualche respiro
profondo, più padrona di me stessa,
mi
rialzai e cominciai a spogliarmi.
Decisi
di buttarmi
sotto la doccia e lasciai così che l’acqua
bollente mi sciogliesse i muscoli.
Mi sentivo indolenzita, e faticavo a muovere il braccio sinistro.
Chiusi il
rubinetto, mi avvolsi in un asciugamano bianco profumato e, prima di
farlo
cadere a terra, mi frizionai brevemente tutto il corpo.
Completamente
nuda, mi
guardai allo specchio e spalancai gli occhi. Avevo un livido alla base
del collo,
lì dove Edward aveva premuto le dita. Lo sfiorai
delicatamente. Mi doleva un
poco, ma era sopportabile. Poi, il mio sguardo scese più in
basso e notai un
vistoso ematoma sul seno sinistro. Quello sì che mi faceva
male! I capezzoli si
inturgidirono mentre sfioravo quell’alone verde-bluastro e il
seno mi fece
ancor più male. Mi piegai su me stessa cercando di
massaggiare la pelle e
distenderla, ma non riuscivo neanche a sfiorarla. Pulsava
incredibilmente
forte.
Un
gemito di dolore mi
uscì dalle labbra.
All’improvviso
sentii
bussare alla porta e sobbalzai.
«Bella,
è tutto a
posto?» la sua voce era preoccupata, tesa.
Afferrai
l’asciugamano,
stringendomelo al petto. Doveva aver notato sicuramente i segni sul
collo, ma
non volevo che vedesse anche quelli sul seno. «Sì,
ho urtato contro lo
sgabello. Niente di grave. Mi vesto e scendo.» dissi,
cercando di assumere un
tono leggero.
Non
sapevo se mi avesse
creduto, probabilmente no, però non sentii nessun movimento
dietro la porta. Allora
mi vestii velocemente e mi sistemai i capelli sciolti sulle spalle in
modo che
coprissero un po’ il collo. Dopo un’ultima breve
occhiata allo specchio, aprii
la porta risoluta.
Quasi
urlai quando me lo
trovai praticamente dinnanzi. Non si era allontanato per niente, e dal
suo
sguardo si capiva chiaramente che non aveva creduto affatto alla scusa
dello
sgabello.
Imbarazzatissima,
saettai lo sguardo cercando una via di fuga. La sua figura occupava
tutto lo
stipite della porta perciò, se avessi provato a spingerlo
via, probabilmente mi
sarei solo slogata un polso. Mordendomi il labbro, spostai il peso da
una gamba
all’altra. Poi, improvvisamente, lui si voltò per
scendere le scale ad una
velocità folle, non senza che le sue parole riecheggiassero
ancora nell’aria «Ti
aspetto alla Volvo.»
Guardai
il corridoio
vuoto dinnanzi a me e gli occhi cominciarono a pizzicarmi dolorosamente.
Aveva
deciso di
riaccompagnarmi a casa!
EDWARD
Osservai
Bella scendere
lentamente le scale del portico e dirigersi con aria affranta verso la
portiera
che le tenevo aperta. Sembrava triste e mi maledissi per questo. Non
potevo
certo ignorare il peso che il mio riprovevole comportamento della sera
prima
aveva in tutto ciò.
“Dopo
aver sbollito la rabbia, suonando per ore al pianoforte, mi ero diretto
verso
la mia camera, dove sentivo che lei si era addormentata da un pezzo.
Silenziosamente ero entrato e l’avevo osservata a lungo. Era
rannicchiata al
centro del letto, con le guance ancora un po’ umide per le
lacrime versate, e
indosso l’abito di seta blu della
“nostra” cena romantica. I capelli tutti in
disordine le ricadevano sul collo e sul viso. Mi ero avvicinato,
distendendomi
accanto a lei con estrema attenzione. A vederla così
indifesa, incosciente nel
sonno, pareva ancor più bella, ancor più
innocente.
Sentivo
di non meritarla.
Nello
scostarle delicatamente una ciocca che le ricadeva sulla guancia, le
avevo scoperto
anche parte del collo.
Ero
rimasto con gli occhi spalancati, vacui mentre fissavo i segni lasciati
dalle
mie dita che, da rossi, stavano degradando in un inquietante violastro.
Avevo serrato
forte i denti e ritratto la mano come scottato.
Chi
ero io per lasciare quei lividi sulla pelle candida e delicata di
Bella? Chi mi
dava il diritto di sfiorarla, pur sapendo che un mio tocco poteva
procurarle
dolore?
Disteso
al suo fianco, avevo ascoltato tutta la notte il suo respiro profondo e
regolare. Era stato un balsamo per il mio animo ferito.
E
avevo riflettuto. Tanto.
La
mia amata non aveva fatto altro che dare voce ad un desiderio
struggente,
inespresso per entrambi, nonché più che
legittimo. Non c’era nulla di strano
che una ragazza della sua età volesse completare
l’amore che la lega al proprio
uomo con un rapporto fisico. Era più che giusto,
più che naturale.
L’unica
nota stonata in tutto questo, era il suo fidanzato vampiro.
Vampiro
e maniaco.
Pur
cercando di essere comprensivo, i miei tentativi di farle capire
esattamente a
cosa andavamo incontro, cosa avrebbe rischiato con me in una situazione
tanto
delicata, erano stati fraintesi.
Bella
si era sentita rifiutata e, peggio ancora, aveva cercato di consolarmi,
di
giustificarmi, ritenendosi inadeguata. Credeva che io non la volessi,
perché,
essendo lei un’umana, non avrei mai potuto sfogare pienamente
i miei istinti
più selvaggi.
Non
ci avevo visto più, c’era mancato davvero poco che
non riversassi su di lei la
mia profonda frustrazione! E nonostante mi fossi trattenuto dal
compiere
qualche gesto sconsiderato, ero riuscito ugualmente a farle del male,
sia
emotivamente che fisicamente.
No,
così non andava affatto bene. Occorreva porvi rimedio.
Non
c’era nulla che non avrei fatto per lei.
Non
volevo, non potevo perderla così.”
Mi
riscossi, accorgendomi
che si era seduta a testa bassa al posto del passeggero, le mani in
grembo, il
viso pallido.
Aggrottai
le
sopracciglia.
Poi,
accovacciandomi
sulle punte dei piedi, le presi le mani fra le mie. Erano forse
più fredde del
mio corpo. Inclinai la testa di lato cercando i suoi occhi e le chiesi:
«Bella,
cos’è che ti turba tanto?»
Nessuna
risposta.
Ecco
un’altra splendida
occasione mancata, in cui il mio potere sarebbe stato estremamente
utile!
Riprovai
con tono più
dolce e suadente: «Se preferisci rimanere a casa, non hai che
da dirlo. Pensavo
ti facesse piacere fare una passeggiata, ma se non è
così, possiamo fare
qualsiasi altra cosa tu desideri.»
La
vidi alzare di
scatto gli occhi su di me e sbarrarli per la sorpresa.
«Non
… non volevi
riportarmi a casa mia?» chiese incerta e speranzosa al tempo
stesso.
Edward,
sei proprio un testone!
Mi dissi mentalmente, mimando la
voce che avrei sicuramente ascoltato nella mia testa se Alice fosse
stata
presente.
Dal
mio atteggiamento
scostante e impacciato, Bella aveva dedotto che avessi deciso di
riportarla a
casa sua, che non volessi più stare con lei.
Oh,
come era facile
cadere in errore, interpretando male i segni del corpo …!!!!
«Ma
no che non ti
riporto a casa sciocchina! Abbiamo ancora due interi giorni da
trascorrere ed
ho ben altri programmi per noi due …» mi allungai
un po’ per sfiorarle le
labbra con delicatezza. Osservai i suoi occhi illuminarsi,
così lasciai che la
loro gioia mi riscaldasse il cuore freddo e immobile.
Mi
gettò le braccia al
collo, nascondendo il viso nella mia spalla, senza riuscire a
profferire
parola.
Allora
mi scostai
leggermente, le sorrisi con calore e mi alzai, dirigendomi poi al
volante.
Sì,
decisamente avrei
fatto qualunque cosa pur di vederla felice.