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Autore: endif    09/06/2009    8 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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NOTA DELL’AUTRICE: Calma, calma, questa volta c’è mancato davvero poco …! Vorrei chiarire alcuni  particolari che reputo fondamentali dello strano comportamento di Eddy. Mie care è vero che è un supersrtafigo di eroe, è vero che anche a vederlo per strada si rischia il collasso e gli si vorrebbe saltare addosso, ma insomma, è pur sempre un UOMO, con reazioni nuove all’amore e al sesso! Che cosa avreste fatto voi se la persona che amate più di voi stesse, a cui rischiate di spezzare un osso con una carezza, prima vi provocasse apertamente (e non tanto innocentemente, ricordate la premeditazione) e, poi, fraintendesse il motivo per il quale siete restii a “quagliare”(termine napoletano per indicare completamento di un’azione a lungo attesa!)? Qua sembra che vi siete dimenticate che Bella gli dice che capisce che lui non la vuole solo perché, non essendo vampira, non gli permetterebbe di sfogarsi a sufficienza …! Eddy non si infuria perché lei lo vuole, ma perché lui, pur volendola con tutto se stesso, non riesce a spiegarsi, a farle capire che tormento interiore vive. UE LUI POTREBBE UCCIDERLA!!!!  E l’ultima frase si riferisce al fatto che, come lui aveva previsto, era bastato un niente per fargli perdere un attimo di lucidità e far sfuggire al suo controllo la bestia che, ricordatelo sempre, è parte integrante di lui.

Intendiamoci, niente, ma dico NIENTE, giustifica la violenza. Soprattutto sulle donne. Ma mi sembrava doveroso nella mia ff sottolineare quanto sia duro il dilemma interiore di Edward.

Mi faceva gentilmente notare Davide via mail, che sarei riuscita bene ad entrare nella mente di Edward. Grazie, il tuo commento mi è davvero utilissimo. Per quanto abbia tentato (inutilmente) anche nella vita reale, credo che solo in questa ff mi sia riuscito di capire davvero una mente maschile. O almeno ci ho provato.

Vorrei ringraziare tutti coloro che ancora mi seguono, mi aggiungono a preferiti e mi mandano tante mail carine.

E non finisce qua …

Endif

CAP. 30

SABATO

 

BELLA

Aprii gli occhi a fatica, per poi richiuderli subito dopo.

Li riaprii di nuovo e trovai sempre la stessa immagine ad aspettarmi.

Il viso di Edward era a pochi centimetri dal mio e mi osservava rilassato, completamente disteso sul letto al mio fianco.

«Ciao» mugolai io, con la voce ancora impiastricciata dal sonno.

«Ben svegliata» disse lui, regalandomi un sorriso luminoso, gli occhi dolcissimi.

«Che ore sono?» chiesi, cercando di soppesare la quantità di luce che filtrava dalla parete di vetro.

«E’ ora di pranzo per gli umani. Direi che hai dormito per un bel pezzo.» rispose con tenerezza.

Mi drizzai a sedere e mi ricordai che non mi ero cambiata prima di addormentarmi tra le lacrime. Il vestito era tutto sgualcito, ed io dovevo avere un aspetto orribile. Gli lanciai uno sguardo. Edward  era rimasto disteso, ma era impeccabile in jeans e camicia nera rimboccata alla maniche. Lui, evidentemente, si era invece lavato e cambiato.

Mi guardai intorno dubbiosa. Nel “weekend di passione” della mia testa, forse non sarebbero stati contemplati gli abiti, ma nella realtà sì, ed io ne ero praticamente sprovvista. Avevo bisogno urgente di rinfrescarmi, il mio cervello non connetteva senza una doccia ristoratrice.

«Alice ti ha preparato un borsa con dei ricambi e dei vestiti. E’ nell’armadio.» Continuava a guardarmi con espressione dolce ed assorta al tempo stesso.

Ero confusa.

Non mi sentivo ancora padrona di me stessa, inoltre mi vergognavo da morire per la scena della sera prima.

Avevo praticamente implorato Edward di fare l’amore con me! E lui mi aveva rifiutata… Quando, poi, avevo cercato di recuperare i cocci del mio orgoglio e avevo tentato di fornire a lui, ma soprattutto a me stessa, una spiegazione, l’avevo fatto anche infuriare.

Tremai al ricordo.

Non avevo mai visto Edward così alterato nei miei confronti e non riuscivo a comprenderne il motivo. Sapevo che mi amava, ma forse, il fatto che non fossi una vampira poneva dei limiti al nostro rapporto, che non avrei mai potuto apprezzare appieno.

Mi alzai per avvicinarmi all’armadio, e ci ficcai dentro la testa. Il ricordo della sera prima bruciava ancora dentro di me. I miei occhi erano diventati lucidi e non volevo piangere davanti a lui.

Mi dilungai più del dovuto passandomi un fresco vestitino di lino da una mano all’altra, sperando che le lacrime non rotolassero giù. Poi afferrai l’intimo, lo appallottolai nella mano e ci misi sopra l’abito. Drizzando le spalle, sospirai. Non potevo trattenermi all’infinito nell’armadio di Edward.

Mi girai di scatto e andai letteralmente a scontrarmi contro il suo torace. Le sue braccia mi strinsero per non farmi cadere.

«Scusami, non mi ero accorta …» con lo sguardo fisso sulla sua camicia, tentai di divincolarmi, e lui mi lasciò andare subito, allungando le braccia giù per i suoi fianchi. Sempre con gli occhi bassi, feci per aggirarlo e lui non mi fermò. Arrivai alla porta che già una lacrima mi era scesa sulla guancia.

La spalancai e corsi in bagno.

Richiusi la porta e mi lasciai scivolare a terra. A tentoni raggiunsi un rubinetto e lo aprii facendo scorrere l’acqua.

Mi occorreva un diversivo.

Afferrai un asciugamano e ci immersi dentro la bocca per soffocare un singhiozzo che speravo gli sarebbe sfuggito. Tentai di calmarmi. Non aveva senso tormentarmi a quel modo, altrimenti ogni minuto trascorso in quella casa sarebbe stato una tortura.

Presi a dondolarmi avanti e indietro.

Dopo qualche respiro profondo, più padrona di me stessa,  mi rialzai e cominciai a spogliarmi.

Decisi di buttarmi sotto la doccia e lasciai così che l’acqua bollente mi sciogliesse i muscoli. Mi sentivo indolenzita, e faticavo a muovere il braccio sinistro. Chiusi il rubinetto, mi avvolsi in un asciugamano bianco profumato e, prima di farlo cadere a terra, mi frizionai brevemente tutto il corpo.

Completamente nuda, mi guardai allo specchio e spalancai gli occhi. Avevo un livido alla base del collo, lì dove Edward aveva premuto le dita. Lo sfiorai delicatamente. Mi doleva un poco, ma era sopportabile. Poi, il mio sguardo scese più in basso e notai un vistoso ematoma sul seno sinistro. Quello sì che mi faceva male! I capezzoli si inturgidirono mentre sfioravo quell’alone verde-bluastro e il seno mi fece ancor più male. Mi piegai su me stessa cercando di massaggiare la pelle e distenderla, ma non riuscivo neanche a sfiorarla. Pulsava incredibilmente forte.

Un gemito di dolore mi uscì dalle labbra.

All’improvviso sentii bussare alla porta e sobbalzai.

«Bella, è tutto a posto?» la sua voce era preoccupata, tesa.

Afferrai l’asciugamano, stringendomelo al petto. Doveva aver notato sicuramente i segni sul collo, ma non volevo che vedesse anche quelli sul seno. «Sì, ho urtato contro lo sgabello. Niente di grave. Mi vesto e scendo.» dissi, cercando di assumere un tono leggero.

Non sapevo se mi avesse creduto, probabilmente no, però non sentii nessun movimento dietro la porta. Allora mi vestii velocemente e mi sistemai i capelli sciolti sulle spalle in modo che coprissero un po’ il collo. Dopo un’ultima breve occhiata allo specchio, aprii la porta risoluta.

Quasi urlai quando me lo trovai praticamente dinnanzi. Non si era allontanato per niente, e dal suo sguardo si capiva chiaramente che non aveva creduto affatto alla scusa dello sgabello.

Imbarazzatissima, saettai lo sguardo cercando una via di fuga. La sua figura occupava tutto lo stipite della porta perciò, se avessi provato a spingerlo via, probabilmente mi sarei solo slogata un polso. Mordendomi il labbro, spostai il peso da una gamba all’altra. Poi, improvvisamente, lui si voltò per scendere le scale ad una velocità folle, non senza che le sue parole riecheggiassero ancora nell’aria «Ti aspetto alla Volvo.»

Guardai il corridoio vuoto dinnanzi a me e gli occhi cominciarono a pizzicarmi dolorosamente.

Aveva deciso di riaccompagnarmi a casa!

 

EDWARD

Osservai Bella scendere lentamente le scale del portico e dirigersi con aria affranta verso la portiera che le tenevo aperta. Sembrava triste e mi maledissi per questo. Non potevo certo ignorare il peso che il mio riprovevole comportamento della sera prima aveva in tutto ciò.

“Dopo aver sbollito la rabbia, suonando per ore al pianoforte, mi ero diretto verso la mia camera, dove sentivo che lei si era addormentata da un pezzo. Silenziosamente ero entrato e l’avevo osservata a lungo. Era rannicchiata al centro del letto, con le guance ancora un po’ umide per le lacrime versate, e indosso l’abito di seta blu della “nostra” cena romantica. I capelli tutti in disordine le ricadevano sul collo e sul viso. Mi ero avvicinato, distendendomi accanto a lei con estrema attenzione. A vederla così indifesa, incosciente nel sonno, pareva ancor più bella, ancor più innocente.

Sentivo di non meritarla.

Nello scostarle delicatamente una ciocca che le ricadeva sulla guancia, le avevo scoperto anche parte del collo.

Ero rimasto con gli occhi spalancati, vacui mentre fissavo i segni lasciati dalle mie dita che, da rossi, stavano degradando in un inquietante violastro. Avevo serrato forte i denti e ritratto la mano come scottato.

Chi ero io per lasciare quei lividi sulla pelle candida e delicata di Bella? Chi mi dava il diritto di sfiorarla, pur sapendo che un mio tocco poteva procurarle dolore?

Disteso al suo fianco, avevo ascoltato tutta la notte il suo respiro profondo e regolare. Era stato un balsamo per il mio animo ferito.

E avevo riflettuto. Tanto.

La mia amata non aveva fatto altro che dare voce ad un desiderio struggente, inespresso per entrambi, nonché più che legittimo. Non c’era nulla di strano che una ragazza della sua età volesse completare l’amore che la lega al proprio uomo con un rapporto fisico. Era più che giusto, più che naturale.

L’unica nota stonata in tutto questo, era il suo fidanzato vampiro.

Vampiro e maniaco.

Pur cercando di essere comprensivo, i miei tentativi di farle capire esattamente a cosa andavamo incontro, cosa avrebbe rischiato con me in una situazione tanto delicata, erano stati fraintesi.

Bella si era sentita rifiutata e, peggio ancora, aveva cercato di consolarmi, di giustificarmi, ritenendosi inadeguata. Credeva che io non la volessi, perché, essendo lei un’umana, non avrei mai potuto sfogare pienamente i miei istinti più selvaggi.

Non ci avevo visto più, c’era mancato davvero poco che non riversassi su di lei la mia profonda frustrazione! E nonostante mi fossi trattenuto dal compiere qualche gesto sconsiderato, ero riuscito ugualmente a farle del male, sia emotivamente che fisicamente.

No, così non andava affatto bene. Occorreva porvi rimedio.

Non c’era nulla che non avrei fatto per lei.

Non volevo, non potevo perderla così.”

Mi riscossi, accorgendomi che si era seduta a testa bassa al posto del passeggero, le mani in grembo, il viso pallido.

Aggrottai le sopracciglia.

Poi, accovacciandomi sulle punte dei piedi, le presi le mani fra le mie. Erano forse più fredde del mio corpo. Inclinai la testa di lato cercando i suoi occhi e le chiesi: «Bella, cos’è che ti turba tanto?»

Nessuna risposta.

Ecco un’altra splendida occasione mancata, in cui il mio potere sarebbe stato estremamente utile!

Riprovai con tono più dolce e suadente: «Se preferisci rimanere a casa, non hai che da dirlo. Pensavo ti facesse piacere fare una passeggiata, ma se non è così, possiamo fare qualsiasi altra cosa tu desideri.»

La vidi alzare di scatto gli occhi su di me e sbarrarli per la sorpresa.

«Non … non volevi riportarmi a casa mia?» chiese incerta e speranzosa al tempo stesso.

Edward, sei proprio un testone! Mi dissi mentalmente, mimando la voce che avrei sicuramente ascoltato nella mia testa se Alice fosse stata presente.

Dal mio atteggiamento scostante e impacciato, Bella aveva dedotto che avessi deciso di riportarla a casa sua, che non volessi più stare con lei.

Oh, come era facile cadere in errore, interpretando male i segni del corpo …!!!!

«Ma no che non ti riporto a casa sciocchina! Abbiamo ancora due interi giorni da trascorrere ed ho ben altri programmi per noi due …» mi allungai un po’ per sfiorarle le labbra con delicatezza. Osservai i suoi occhi illuminarsi, così lasciai che la loro gioia mi riscaldasse il cuore freddo e immobile.

Mi gettò le braccia al collo, nascondendo il viso nella mia spalla, senza riuscire a profferire parola.

Allora mi scostai leggermente, le sorrisi con calore e mi alzai, dirigendomi poi al volante.

Sì, decisamente avrei fatto qualunque cosa pur di vederla felice.    

 

PS: DOVEROSI RINGRAZIAMENTI ALLA MIA BETA RITA (OSSIA GAZY). SEI UN ANGELO, NONOSTANTE TUTTI I TUOI IMPEGNI DI FINE ANNO SCOLASTICO HAI CONTINUATO A CORREGGERE I MIEI ORRORI. GRAZIE INFINITE ENDIF
   
 
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