Capitolo 19
Il ritorno era stato traumatico quanto meno
perché le rivelazioni che Rip, Sara e Laurel avevano avuto erano state tante e poi perché mai
come in quel tempo fuori dal tempo il loro essere una famiglia era uscito fuori
con estrema spontaneità che aveva lasciato uno strascico di emozioni con le
quali fare i conti.
La difficoltà venne però dopo quando tutti riuniti intorno al tavolo della Justice Society, nella loro fatidica stanza delle riunioni,
si trovarono a dover raccontare nei minimi dettagli tutto quello che avevano
scoperto e leggendo così lo sconcerto, che era stato il loro, sui volti dei
loro compagni.
Ormai parlavano da ore e alcuni si stavano stiracchiando, alcuni si erano
alzati in piedi e altri ancora si grattavano il capo, mentre Sara quasi
sdraiata ormai sul tavolo rispondeva alle domande che ancora non avevano smesso
di farle, molte delle quali però non avevano risposte…
Rip dal
canto suo si era allontanato un attimo raggiungendo la cucina ben lieto di andare
a prendere delle birre nuove e fresche per tutti, ma la realtà era che non
riusciva a smettere di pensare alle parole di Sara Assassina e di come quelle
gli erano entrate dentro senza più lasciarlo. Il frigo era aperto, le birre di
fronte a lui eppure non le vedeva, perso com’era a rivivere tutto ciò che aveva
vissuto e ancor più alla rivelazione che era stato marchiato…
«Tutto bene?»
L’arrivo improvviso di qualcuno Rip non lo aveva
proprio calcolato e così si trovò a sobbalzare più spaventato di quanto fosse
normale, quando voltandosi si sentì ancor più disagio a scoprire che era dovuto
all’arrivo di Laurel.
«Ehm scusa non volevo disturbarti…» mormorò quella a disagio, ma in realtà
ridacchiando sotto i baffi, un gesto che non poté non far nascere anche un
sorriso sul volto dell’uomo che non stava disprezzando l’idea di sentirsi di
nuovo padre, seppur lo terrorizzava.
«No è… ero sovrappensiero…»
«E stanco… lo siamo tutti… sono stati giorni intensi…»
Notò Laurel che lo aiutò con le birre, mentre
recuperando l’apri bottiglie lo porse al padre. Ormai erano settimane che erano
nel passato e che vivevano lì, tanto che ormai quella convivenza forzata era
divenuta quasi una piacevole normalità e il loro ritorno dalla mente di Sara,
solo qualche giorno prima, aveva lasciato strascichi di indagini, domande e
pezzi del puzzle da mettere insieme che aveva tolto il sonno e il respiro a
tutti…
«Già… tu… tutto bene?»
Rip
teneva il capo basso, come se aprire le bottiglie fosse un esercizio assai
complesso che necessitava tutta la sua attenzione, ma la verità è che non aveva
coraggio di guardare negli occhi Laurel, che in cuor
suo sapeva di aver tradito e deluso. E infatti fu quando trovò il coraggio di
incontrare i suoi bellissimi occhi che venne trafitto al cuore. Lei lo guardava
come si guardavano gli eroi, con lo sguardo ricolmo di orgoglio e di amore.
Soffermandosi ad osservarla. come non aveva mai fatto, notò che delle
lentiggini le erano spuntate con il sole sulle gote e sul naso, proprio come
Sara. Come lei poi aveva la pelle chiara e i lunghi capelli biondi, ma il
sorriso era proprio quello di un Hunter… era come quello di Jonas e si stupì di
notarlo solo in quel momento.
Era minuta, ma snella e atletica, aveva le unghie colorate di rosso come il
rossetto per via del look anni quaranta che aveva adottato e guardandola meglio
notò che era già una piccola donna fatta e finita, di cui già si sentiva
geloso…
Anche Laurel si era soffermata a guardarlo e dopo
aver pensato a lungo cosa dirgli non era riuscita a trattenersi di lasciarsi
andare a uno slancio affettuoso e lo abbracciò. Non era più una bambina, andava
al college e a fatica univa la sua vita da giovane adulta a quella da vigilante
eppure non era mai riuscita a fare a meno dall’affetto e la forza che i suoi
genitori le davano e adesso che era consapevole di una realtà in cui non li
aveva avuti al suo fianco, ancor di più.
Affondò così il suo viso nel petto del padre prendendolo alla sprovvista,
ma sentendolo poi avvolgerla con le sue braccia e tenerla contro di sé con quel
fare goffo, ma amorevole che le ricordava casa.
«Sono orgogliosa di te… tu ci hai salvato… a me e alla mamma…» mugugnò con
la voce attutita dalla stretta, mentre Rip si
irrigidì involontariamente. Era felice delle sue parole, ma al contempo si
sentiva male. Lei non lo meritava un padre come lui, come Sara non meritava un
uomo come lui… Loro meritavano un amore vero, forte e coraggioso come lui non
era. Loro che erano in ogni battito del suo cuore e che per questo meritavano
un amore con la capacità di superare gli uragani e di lasciarsi da parte il passato... senza
ferirle...
Era ormai notta fonda e Rip era sveglio seduto
alla sedia della scrivania della camera da letto che condivideva con Sara e
mentre lei dormiva, lui si versava l’ennesimo bicchiere di scotch con ancora
nella mente la scena del suo abbraccio con Laurel e
di come lo aveva fatto sentire. Sporco. Sbagliato. Ingiusto.
Picchiettò la penna contro la tempia e cercò le parole che gli rifuggivano
per lasciarle senza fare loro troppo male, ma scriveva una riga per poi
cancellarla… Strizzava gli occhi e di nuovo beveva un sorso avvicinandosi il
bicchiere freddo, per via del ghiaccio che conteneva, alla testa come a voler
cercare una chiarezza che non arrivava. Sospirò e accartocciò l’ennesimo pezzo
di carta abbandonandosi con la schiena contro la sedia. Era un codardo?
Indubbiamente. La sua soluzione era scappare. Non ne conosceva altra. Cercò di
nuovo la bottiglia, ma quando fece per versarsi l’ennesimo cicchetto ormai lo
scotch era finito, come lui. Imprecò sotto voce e forse questo svegliò Sara che
confusa e assonnata si voltò nel letto a cercare il suo compagno e non
trovandolo spingerla ad alzarsi a sedere. Non ci mise molto ad abituare gli
occhi al buio e quando lo fece sospirò pesantemente nel scoprire la lucina
della scrivania davanti al letto accesa e alla scrivania, su cui era, un Rip ancora sveglio nonostante l’ora e la stanchezza.
Il suo passo leggero prese alle spalle l’uomo che sobbalzò quando percepì
il suo abbraccio alle spalle. Lei che scivolò al suo fianco, per poi sedersi
sulle sue gambe e cercare quegli occhi che conosceva come le sue tasche.
Lui che poteva rifuggirle, poteva alzarlo al cielo e nasconderlo, ma sempre
avrebbe trovato e sempre avrebbe letto. Loro erano due anime alla deriva,
spezzate e consumate dalla vita che si erano ripromesse di prendersi cura l’uno
dell’altra…
Ecco perché quando lui voltò il capo, lei gli posò un dito sotto il mento e
lo costrinse di nuovo verso di lei.
«Non puoi nascondermi nulla Hunter, lo sai…»
«Sono solo stanco…»
«Sei strano da giorni…»
Lo corresse lei con fermezza, ma comunque con dolcezza.
«Oso solo immaginare i fantasmi del mio passato che hai dovuto vedere… te
ne ho parlato, ma non è la stessa cosa… Ma lo sai vero che tu mi hai salvato
vero? Che è stato il tuo arrivo nella mia vita a salvarmi?»
Erano domande retoriche eppure aveva la sensazione che lui avesse bisogno
di sentirle.
Sara non era romantica, non era parte di lei, ma ciò non toglieva che la
presenza di Rip nella sua vita la stava cambiando o
quanto meno il suo affetto e i suoi baci erano riusciti a far rivivere una
parte di lei che credeva inesistente…
«Anni interi senza poter scappare dalla mia solitudine e poi tu come niente
hai distrutto quella gabbia… aiutandomi a vivere di nuovo… Sono io che dovrei
ringraziarti per avermi salvato… più e più volte…» la corresse Rip.
«E lo rifarei ancora…»
Perché era questo che lei stava leggendo in lui. Che stava per qualche
ragione andando a fondo e invece di lasciare che lei gli tendesse la mano,
preferiva fuggire. Fingere che tutto andasse bene e Dio… quanto la faceva
incazzare questo!
«Ti amo Rip Hunter riesci a capirlo? Ti amo e ti
ho dato tutto il mio amore… quello che credevo si fosse esaurito dopo Nyssa lasciandomi arida di sentimenti…»
Il tono di Sara sembrava un rimprovero, mentre tenendogli il viso tra le
mani gli diceva quelle cose a denti stretti, ma non era sua intenzione… Infatti
quando lui prese le sue mani e gliele tolse dal viso, tenendole sulle sue… Capì
che forse quello era suonato diverso da ciò che voleva fargli capire…
«Ed è questo il problema Sara! Stai solo perdendo tempo…»
«Maledizione! No… No Rip…»
Sara incespicò sulle sue stesse parole, mentre alzando gli occhi al cielo
tornò a guardarlo con più calma o almeno provandoci.
«Quello che volevo dire è che… E’ che tu mi hai reso di nuovo umana… Mi hai
fatto riscoprire la vita nella sua interezza, insegnandomi perfino a rendere
grazia ai suoi momenti più bui… In tutti noi c’è una zona d’ombra e una di luce…
Darkseid fa leva sulla prima e quello che ti ha tanto
sconvolto sono sicura sia stata incontrare questa parte di me… quella che
sicuramente ti ha riempito di sciocchezze sul fatto che quello è tutto ciò che
di noi c’è, ma non è così Rip… non è così…»
Fare quel discorso la fece ridere, non era certo lei quella che di solito
faceva i discorsi motivazionali, ma si rendeva conto che adesso era lui che
aveva disperatamente bisogno di lei. Così prese una sua mano e se la posò sul
ventre ancora piatto, ma così pieno di vita…
«E ora quello stesso amore sta per portare qualcuno nella nostra vita per
cui non possiamo tirarci indietro…»
Rip
corrugò la fronte, era sicuro che l’alcool gli aveva annebbiato la testa come
le lacrime aveva fatto con i suoi occhi eppure il sorriso di Sara non lasciava
spazio a dubbi. Era radioso come poche volte aveva visto e ora ricordava
quando: ogni volta che Laurel appariva nel suo campo
visivo.
Deglutì e cercò di parlare, ma nessuna parola uscì tanto che Sara rise nel
vederlo così inebetito, ma poi si strinse maggiormente a lui felice di sentire
le sue mani sui suoi fianchi fare lo stesso.
Fronte contro fronte entrambi ridevano, piangevano, balbettavano e venivano
investiti da una piena di sensazioni.
«Noi…»
«Lo so, è spaventoso… Laurel esiste dunque non
dovremmo stupirci, solo che… ecco non credevo…»
«… sarebbe arrivata ora…»
«Già…»
Sara tornò a guardarlo per decifrare la sua espressione, ma la risposta che
ricevette in cambio ai suoi dubbi fu solo un lungo e appassionato bacio nel quale
si perse.
Le piaceva quando lui sapeva prenderla in quel modo, tirando fuori una
grinta e un polso che apparentemente poteva sembrare non avere. La sua passione
e il modo in cui la stringeva era qualcosa di inspiegabile che le accendeva
dentro un fuoco inestinguibile…
Fu così che Sara si alzò, ma solo per potersi mettere a cavalcioni su di
lui e approfondire quel contatto, mentre disperatamente gli tolse la canotta
che indossava per cercare il contatto con la sua pelle, stessa cosa che lui
fece velocemente con la sua t-shirt, passando la mano sulla sua schiena alla
ricerca del gancetto del suo reggiseno, mentre le spostava i lunghi capelli
biondi da un lato e finalmente poteva lasciare che la sua bocca dalle sue
labbra scendesse al suo collo per torturarlo di baci solo per poi camminare con
la punta della lingua fino alla sua spalla dalla quale aveva fatto cadere la
spallina del suo reggipetto, che velocemente finì a terra.
Lei che aveva le braccia incrociate dietro al suo collo e sorrideva
maliziosa di nuovo alla disperata ricerca delle sue labbra sulle quali morire,
mentre con molto piacere si alzò avanzando fino alla scrivania alle sue spalle
ove assestò i suoi passi e vi finì seduta sopra quando lui prendendola in
braccio l’aiutò nell’intento. Si insinuò tra le sue gambe, lì dove le mani
accarezzavano le sue cosce, mentre Sara faceva vagare le proprie alla ricerca
della cinta dei suoi pantaloni che slaccio con necessità. Le loro bocche si
staccavano per brevi momenti, lo stretto necessario per prendere aria prima di
ritrovarsi più innamorate di prima.
Ansimi e risolini riempirono la stanza, mentre Sara poggiando una mano sul
dorso di Rip lo spingeva indietro solo per potersi
alzare in piedi, liberarsi dai micro short che indossava e spingerlo abbastanza
per farlo sedere sul letto, lì dove posando un ginocchio tra le sue gambe, sul
materasso e vestita solo di un semplice slip alla brasiliana nero, si accostò
di nuovo al suo corpo… leccandone il costato fino al collo che prese a mordere
e baciare, accedendo in lui bassi istinti che lo portarono a strattonarla a sé
prima di gettarla schiena contro il materasso per poi sovrastarla con il
proprio di corpo. Ormai anche l’ultimo pezzo di stoffa che indossavano era
divenuto di troppo e mentre divenivano un groviglio di corpi e lenzuola si
lasciarono andare a quel sentimento che non riuscivano più a trattenere, ma
mentre Sara quella notte fece l’amore con l’unico intento di lasciarsi
trasportare da quegli stessi sentimenti che le davano nuova forza ed energia, Rip dall’altra parte vi ci si aggrappava disperatamente
come chi sa di stare andando a fondo e non smette di sperare in un ultima lunga
boccata d’ossigeno…
Sara si era svegliata di buon ora, non era di natura una dormigliona e
dunque come ormai faceva ogni mattina alle prime luci dell’alba apriva gli
occhi, si lavava il viso, andava a farsi una corsa oppure a dare qualche pugno
al sacco da box, si faceva una doccia tonificante e poi un buon caffè nero
bollente in attesa che il resto dei suoi compagni si svegliasse. Tuttavia da
quando era nel passato quella sua ultima parte se la regalava seduta sulla
grande terrazza del loft osservando Star City e come lentamente il brulicare
delle persone riempiva le strade con voci e rumori. Il tutto però da qualche
giorno era cambiato, non c’era più un caffè forte nella sua tazza, ma un buon
tè e il suo sguardo era spesso rapito volentieri dall’immagine di Laurel che insieme a Mia la mattina presto si allenavano.
Non badavano mai a lei, anzi dopo averla salutata si allontanavano nella parte
più spaziosa della terrazza ed iniziavano con la loro sessione di yoga. Da
quando però lei, Rip e Laurel
erano tornati da quel viaggio onirico sua figlia non mancava mai di lasciarle
un bacio sulla guancia dopo averle augurato il buongiorno e poi apprestarsi ad
iniziare l’esercizio fisico.
Quella mattina però non le sfuggì la breve chiacchierata che tra le due ci
fu dopo la loro sessione di yoga.
«Dobbiamo poi tornare a lavorare al tuo esercizio…» aveva esclamato Mia che
si stava tirando un braccio per stendere i muscoli, mentre Laurel
rifacendosi la coda la guardò strabuzzando gli occhi.
«Mi stai davvero dicendo questo o ancora non mi sono svegliata del tutto e
ho allucinazioni sonore?»
«Quanto sei idiota! Dico sul serio! Hai le nazionali tra qualche mese…»
«E forse non ci arriverò nemmeno considerando l’Apocalisse a cui stiamo
andando incontro!»
Laurel ridacchiò e mettendosi sul suo tappetino si preparò per gli addominali,
mentre Mia inginocchiandosi di fronte a lei le teneva le gambe.
«Darkseid sarà nulla contro tua madre se saprà
che non ti stai allenando!» ironizzò Mia. Sapeva quanto ci tenesse al sogno
della figlia e di come entrambe ci avevano lavorato duro. Tutti i loro genitori
lo avevano fatto, perché se da una parte erano fieri del loro percorso da eroi,
dall’altra ci tenevano che creassero anche un percorso reale e normale… che
inseguissero i loro sogni e non ci rinunciassero.
«Sei la promessa della ginnastica artistica della nazionale statunitense…
si parla addirittura di olimpiadi… non puoi tirarti indietro e siccome io e tua
madre siamo le tue allenatrici…»
«Oh capito!» concluse infine Laurel lanciando
un’occhiata a Mia e ridacchiando con lei. Era tremenda, ma per questo era la
sua migliore amica.
Sara le guardava da lontano orgogliosa di quello che aveva sentito e
accarezzandosi distrattamente il ventre, rivedendo nel loro rapporto quello che
lei aveva con la sorella.
Tuttavia il flusso dei suoi pensieri venne interrotto per via di qualcuno
che si sedette al suo tavolino e la guardò assai colpita.
«Buongiorno anche a te Sara…»
«Buondì Amaya…»
Aveva colto appieno il tono ironico dell’amica che stretta nella sua
vestaglia non smetteva di guardarla dall’alto del suo caffè. Ecco cosa c’era di
bello nella Justice Society, quel senso di unione.
Quei brevi momenti di normalità che riuscivano perfettamente a cucire insieme
la necessità di famiglia e quotidianità con la missione che avevano deciso di
intraprendere.
«La vuoi smettere di fissarmi?»
«E’ che conosco quello sguardo, tutto qui…»
Amaya si nascose dietro la sua tazza, mentre bevendo, ridacchiò ripensando
a come anche lei si era sentita tre metri sopra il cielo quando aveva scoperto
di aspettare Jeanne.
«Da quanto lo sai?» chiese poi la donna assai incuriosita e notando per la
prima volta Sara a disagio. Era chiaro che era fuori dalla sua comfort zone, ma
tuttavia non sembrava che questo la dispiacesse.
«L’ho scoperto mentre ero in coma e… ieri sera l’ho detto a Rip…»
«E lui come l’ha presa? Perché Nate svenne…»
«Non mi sorprende…»
Le due ridacchiarono unendo così le loro risa a quelle delle ragazze poco
lontane da loro che seppur perse in discorsi diversi e non ascoltandosi l’une
con le altre erano tutte e quattro in una predisposizione d’umore assai
positivo.
«Non ne sono certa ad essere sincera… insomma a quanto pare è chiaro che
diverrò madre…» ironizzò Sara indicando con lo sguardo Laurel
poco lontano da loro.
«Ma non pensavo così presto. Io? Sara Lance? Mi ci vedi? Non pensavo nemmeno
che mi sarei innamorata di nuovo e tanto meno di un uomo e invece…»
«E invece il destino è imprevedibile… Dillo a me, non credevo che avrei
dovuto incontrare dei folli dal futuro per trovare l’uomo della mia vita…»
E di fronte a tale constatazione entrambe si trovarono a fare tintinnare le
loro tazze una contro l’altra in una sorta di brindisi alle bizzarrie delle
loro vite, senza le quali però non sarebbero state così felici. Il che era
assurdo: si poteva essere tanto gioiosi alla vigilia dell’apocalisse?
La risposta non giunse mai a loro perché quel momento venne interrotto dal
brusco suono di un allarme, segno che qualcuno aveva superato le difese della
base della Justice Society e aveva fatto irruzione
nel palazzo.
Ci siamo la fine è vicina e proprio per
questo ho voluto fare un capitolo un attimo di calma e intimità seppur, se
sapete leggere tra le righe, scoprirete già un indizio importante sul grande
finale. Come vi è sembrato finora? Anche voi grandi fan dei Canary
Time come me? E cosa vorrà dire questa grande novità per la relazione tra Sara
e Rip? Non smettete di seguirmi ormai la conclusione
è alle porte!