Film > La Bella e la Bestia
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Autore: SusanTheGentle    12/05/2017    4 recensioni
Aveva perso ogni speranza di mutare la propria sorte, lo sconforto si era impadronito di lui e il suo carattere era peggiorato ulteriormente. Non riusciva a sperare, tantomeno a credere, che da un giorno all’altro sarebbe potuto cambiare qualcosa. Non credeva neppure di poter cambiare sé stesso, non riusciva ad essere diverso da quello che era. Il suo destino ero ormai segnato, benché in molti cercassero di dargli coraggio.
Doveva essere onesto con sé stesso per una volta, guardarsi dentro e accettare la dura realtà.
Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?
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La mia personale versione di uno dei classici Disney più amati di sempre, con protagonista, ovviamente, il mio adorato Ben Barnes nei panni della Bestia
(NOTA: ispirato al film del 1992, NON al live acton 2017)
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Belle, Gaston, Lumière, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4.
Prigioniera
  
 
 
La ragazza aveva accettato, contro ogni logica. Benjamin rimase a fissarla negli occhi per un solo, lungo istante. Lei lo fissava a sua volta benché tremasse di paura. Era una ragazza coraggiosa.
  « Resterò » dichiarò infine.
 « Ricordate di aver promesso » le disse il principe prima di sorpassarla e aprire la porta della cella dov’era rinchiuso il vecchio.
  Maurice venne afferrato dalla creatura e cercò di dimenarsi, chiamando il nome di Belle, pregando la bestia di non farle del male.
  « Papà! » gridò la fanciulla, cercando di raggiungerlo. Tese le mani, che non raggiunsero mai quelle del padre. « Aspettate, vi prego! Aspettate! »
  La creatura la spinse indietro ed ella ricadde a terra pavimento sudicio e freddo.
  « Non fatelo, non fatelo! » gridava di rimando Maurice.
  Benjamin non prestò attenzione a nessuna preghiera, aprì la porta della torre e la richiuse dietro di sé, facendo scattare la serratura per chiudevi dentro la ragazza. Discese in fretta le scale, trascinandosi dietro il vecchio che tentava di liberarsi invano dalla sua presa. Dalla cima delle scale giungevano le grida della ragazza, i colpi dei suoi pugni sulla porta sbarrata, suoni che svanirono nel silenzio a mano a mano che si allontanava dalla torre.
Maurice piagnucolava e inciampava ad ogni passo, quasi un peso morto che rimaneva in piedi per puro riflesso, perché in fondo sapeva che doveva seguire quella mostruosa creatura, che ormai la sua Isabelle era perduta.
  Quando passarono nel corridoio dove si trovava il salotto in cui era stato fatto accomodare Maurice, tre teste sbucarono dall’uscio per spiare: Tockins, Lumiere e Mrs. Bric osservarono il loro signore trascinare via il buon vecchietto che si erano prodigati di ospitare.
  Benjamin spalancò il portone d’ingresso, discendendo le scale verso il cortile immerso nell’oscurità della sera. Mentre il vecchio seguitava con la sua fastidiosa litania, chiamò un cocchiere che arrivò trottando sotto forma di una bella carrozza scura, aprì lo sportello e vi caricò sopra l’uomo senza troppe cerimonie.
   Maurice era troppo disperato per interessarsi al fatto che la carrozza si sarebbe mossa da sola, senza cavalcatura alcuna a trascinarla.
  « Vi prego, non fate del male alla mia bambina! » implorò, il viso bagnato di lacrime.
  « Si è offerta spontaneamente. La colpa è più sua che mia ».
  Maurice si accasciò sul sedile. « Come potete essere così crudele, come potete... ? ».
La Bestia posò una delle sue grosse zampe sullo sportello facendo trasalire Maurice, il quale smise subito di lamentarsi, gli occhi che indugiavano spaventati sugli artigli.
  « Dovresti esserle grato » ringhiò Benjamin. « Non avresti resistito a lungo in quella cella, te l’assicuro, ma lei sembra più forte di te, perciò ho accettato la sua proposta ».
  « Perché non potete lasciarci andare entrambi? » si arrischiò Maurice, tremando sotto quello sguardo malvagio.
  « Perché mi avete visto ».
  « Non lo dirò. Non parlerò ». Maurice scosse il capo, prima piano poi sempre più forte. « Non diremo niente, non lo racconteremo!».
  Gli occhi neri della creatura dardeggiarono come lampi oscuri. « Tu non lo racconterai. Bada, se dovessi parlare di ciò che hai visto stanotte in questo castello lo verrò a sapere. Starò allerta nei prossimi giorni, e se dovesse presentarsi un altro intruso allora sta certo che tua figlia morirà prima di te ».
  Maurice gemette qualcosa di incomprensibile.
  « Poi verrò a cercarti, e taglierò la gola anche a te » proseguì il principe, inesorabile. « Rammenta bene la mia faccia. E adesso dimenticala ».
  La Bestia chiuse lo sportello con un tonfo, e mentre la carrozza portava Maurice via dal castello, egli piangeva la sorte della sua unica figlia. Non c'era niente che potesse tentare. Lei si era offerta al posto suo e la Bestia non l’avrebbe restituita. Sapeva che parlava sul serio, che li avrebbe uccisi entrambi se lui, Maurice, avesse cantato. Avrebbe voluto avvisare gli uomini più forti del villaggio, farli accorrere in aiuto della sua bella bambina, ma non poteva farlo. Si erano imbattuti in un segreto troppo grande.
  La carrozza uscì dal cancello e si immerse negli alberi della foresta. Dall’alto della torre, Belle si era affacciata a una delle finestre aperte sul cielo, seguendo con lo sguardo la sagoma nera del veicolo – che si muoveva apparentemente senza alcun conducente – sul quale aveva visto salire suo padre. Non lo avrebbe mai più rivisto. Il pensiero le spezzò il cuore. Diede le spalle al cielo, accasciandosi contro la dura parete della torre, scivolando a terra abbracciandosi le gambe. Non riusciva nemmeno a piangere tanta era la confusione che provava in quel momento. Forse era solo un incubo.  
  Che cosa aveva fatto? Si era data in ostaggio a un mostro invece di portar via suo padre. Aveva capito di dover lottare per salvarlo quando lo aveva visto rinchiuso in quella cella, ma non poteva immaginare chi fosse in realtà il carceriere. Come avrebbe potuto combattere contro una creatura simile? A una bestia?
  Passò molto tempo, forse delle ore, Belle rimase rannicchiata contro il muro tremando, dando sfogo alle lacrime esplose contro la sua volontà. Poi udì un tonfo lontano, passi pesanti avvicinarsi sempre più. Attese con i nervi tesi che quel mostro ricomparisse sulla Torre. Trasalì quando il chiavistello cigolò e vide l’alta figura terrificante ricomparire sulla soglia, dove si fermò. Reggeva tra gli artigli un piccolo candelabro dorato. Belle non sapeva cosa sarebbe successo da quel momento in poi, tuttavia decise che non avrebbe abbassato gli occhi davanti a quell’essere che le stava rubando la vita e aveva minacciato quella di suo padre. Trattenne le lacrime che, prepotenti, avevano rigato il suo volto fino a un istante prima.
  « Dove avete portato mio padre? ». La sua voce era appena incrinata.
  « Vostro padre starà bene, l’ho rimandato al villaggio » rispose la creatura con freddezza impossibile.
  Belle si morse le labbra, ricacciando in gola un singulto. « Non lo rivedrò mai più, vero? ».
  « Siete stata voi a scegliere ».
  La ragazza abbassò lo sguardo, le spalle scosse da un brivido di dolore. Non lo avrebbe rivisto in ogni caso, non era possibile tornare indietro dopo aver visto il diavolo in volto. Era preferibile saperlo al sicuro anche senza possibilità di rivederlo, piuttosto che lasciarlo in balia di quel mostro. Avrebbe solo voluto dirgli addio, dirgli che gli voleva bene per l’ ultima volta.
  « Alzatevi » disse poi la creatura.
  Belle aprì gli occhi e tornò a guardarlo. Lui aspettava sulla soglia della torre, una zampa mostruosa posata sulla porta come se aspettasse che lei lo raggiungesse.
  « Cosa? » esalò, sorpresa, obbedendo suo malgrado a quella richiesta. Si alzò rimanendo con la schiena incollata alla parete.
  « Scendete » ordinò lui, brusco. « O volete restare quassù tutta la notte? ».
  « Certo che no! ». Belle fece qualche rapido passo verso di lui, bloccandosi di colpo. Non voleva stargli vicino.
  Benjamin colse nel suo gesto la ripugnanza nei suoi confronti, così le diede la spalle e la precedette lungo le scale. La ragazza lo seguì pur mantenendo una certa distanza.
  Attraversarono corridoi bui, altri semi illuminati, Belle si guardava attorno, incuriosita nonostante la paura. Quel luogo trasudava mistero da ogni angolo, e il fatto che fosse anche molto trascurato non giovava al suo aspetto già di per sé lugubre. Percepì di nuovo quel gelo che l’aveva sopraffatta sulla soglia del castello e un pensiero forse incoerente affiorò alla sua mente: immaginò che doveva essere accaduto qualcosa di terribile tra quelle mura.
  Benjamin, davanti a lei, le lanciava di tanto in tanto un’occhiata per essere certo che lo stesse seguendo. Ancora non si capacitava di quanto era accaduto. Certo era stata una fortuna che la ragazza avesse deciso di sua sponte, senza che lui insistesse, di vendere la libertà per quella del genitore. Benjamin non aveva mai sperato in nulla di simile, ormai le sue speranze si erano totalmente esaurite. Ed ora ecco che si preparava a condividere l’esistenza con una giovane fanciulla apparsa dal nulla, come per magia. Non sapeva ancora cosa ne avrebbe fatto davvero di lei, come comportarsi, cosa dirle. Lei avrebbe potuto essere la chiave per spezzare le catene del maleficio della Fata della Rosa, ma come? La fata aveva chiaramente detto – lo ricordava come fosse quell’istante – che solo l’amore poteva salvarlo, doveva imparare ad amare e farsi amare a sua volta. Utopia. Ecco come avrebbe riassunto quel concetto di amore. Un’ utopia, una chimera. La fanciulla provava ribrezzo per lui, lo aveva visto stampato sul suo volto.
  La guidò fino al secondo piano in totale silenzio. Aprì una porta chiusa a chiave e si spostò per farla passare.
  « La vostra camera ». Si rese conto di non sapere neanche il suo nome. Il vecchio l’aveva chiamata Belle…
  Lei rimase ferma sulla soglia. « Credevo mi avreste lasciato sulla torre », disse senza guardarlo.
  Di nuovo, Benjamin capì che lo faceva per non essere costretta a vedere il suo volto mostruoso e questo lo irritò.
  « Non è mia intenzione farmi morire di freddo e di fame ».
  Lei ebbe appena un fremito delle labbra, come fosse intenzionata ribattere, ma cambiò idea all’ultimo momento. Benjamin si soffermò un istante a guardare il suo profilo e formulò un solo pensiero con cui poteva esprimere una giusta definizione di lei: era bella. E lui un mostro.
  « Allora, grazie » balbettò la fanciulla, entrando nella stanza. Un paio di lumi erano stati accesi e si chiese se la creatura poteva aver avuto quella premura per lei.
  « Se avete fame, tirate il cordone accanto al letto, la servitù risponderà e verrà da voi » proseguì il principe in tono freddo.  Lei annuì. « Se volete cambiarvi e lavarvi, l’armadio contiene alcuni abiti che credo possiate trovare confortevoli e il bagno è dietro quella porta in fondo alla stanza ».
Belle annuì di nuovo.
  « Non andate in giro senza permesso. Non uscite da questa stanza. Sono stato chiaro? »
  « Sì ».
  I due si scambiarono il primo vero sguardo. Poi, rapidamente, Benjamin chiuse la porta e girò di nuovo la chiave nella toppa. Tockins aveva il doppione di tutte le serrature, avrebbe saputo come aprire in caso di necessità.
Una volta sola, Belle si gettò sul grande letto e non si trattenne più, piangendo tutte le sue lacrime. Tutti i suoi sogni di libertà erano infranti. Non aveva voluto sposare Gaston perché l’avrebbe condannata a una vita di sciocche norme e regole che per lei non valevano nulla, e adesso si era fatta spontaneamente prigioniera della creatura più orrenda della terra, gettando via deliberamene la sua vita e la sua libertà.
 
 
  Non mangiò ma dormì profondamente fino al mattino seguente. Si ritrovò distesa su quel letto quasi nell’esatta posizione della sera prima. Aveva ancora indosso l’abito azzurro sgualcito dall’avventura appena trascorsa. Non l’aveva svegliata il sole ma un rumore insistente proveniente dalla porta. Dovevano essere i servitori di cui lui le aveva parlato. Si alzò e nel percorrere il breve tragitto dal letto alla porta scorse il proprio riflesso nello specchio appeso alla parete. Aveva un aspetto orribile! I capelli in disordine, la faccia visibilmente segnata dalle lacrime, e che occhiaie!
  « Madmoiselle, siete sveglia? » fece una voce gentile da dietro l’uscio. Decisamente non era lui.
  « Sì, un momento ». Belle si pizzicò le guance per svegliarsi meglio e cancellare il pallore, cercando di riavviare anche la coda di cavallo. Poi si ricordò che la pota era chiusa a chiave. « Mi dispiace, non posso aprire. Sono chiusa dentro ».
  « Nessun problema, nessun problema » disse sbrigativa la voce.
  « Piano Tockins, mi stai mettendo un piede in un occhio! » fece un’altra voce più squillante.
  « Sta fermo, Lumiere, altrimenti non riesco ad aprire ». Si udì un breve tramestio, seguito il rumore inconfondibile di una chiave che gira nella toppa.
  Belle non vide subito chi era entrato, sentì solamente dei passettini attutiti dal tappeto. Poi li vide: un candelabro e una pendola le sorridevano dal basso, esibendosi in un garbato inchino.
  La ragazza indietreggiò istintivamente. « Che… che cosa...? ». Non era bello dir loro ‘che cosa siete’ , ma non le venne proprio in mente nient’altro, così si limitò a rispondere ai sorrisi a lei rivolti.
  « Non abbiate paura, madmoiselle, non avete nulla da temere » disse la pendola. « Mi presento: io sono Tockins, il capo maggiordomo, responsabile sopra tutta la servitù del castello ».
  « P-piacere » rispose Belle con una riverenza accennata. Tutto questo era decisamente folle, molto più che nei libri che leggeva.
  « Io sono Loius Lumiere, enchanté » si presentò invece il candelabro, allungando una delle sue braccia dorate. Belle si inginocchio di modo che egli potesse prenderle la mano (e non la scottò con la fiammella) per potergliela baciare come un vero galantuomo.
  Belle non trattenne una risata incredula. « Quale magia è mai questa? ».
  « Magia? Nessuna magia! » esclamò Tockins, agitandosi. « Or dunque, madmoiselle… ».
  « Isabelle » lo interruppe Belle. « Mi chiamo Isabelle ».
  « Molto bene, madmoiselle Isabelle ».
  « Solo Isabelle, vi prego. O Belle, se preferite. Mio padre mi chiama sempre così ». Un velo di tristezza oscurò i begli occhi scuri della fanciulla.
  Lumiere e Tockins si scambiarono un’occhiata, a disagio. Pensava al padre e loro non potevano far nulla per impedirlo. Capivano quanto ella soffrisse, tuttavia dovevano perlomeno tentare di rendere il suo soggiorno al castello – o per meglio dire la sua prigionia – meno penoso di come potesse essere. Farle apprezzare il posto era il primo passo verso una più serena, o altrimenti impossibile, convivenza con il principe. Sua altezza aveva sempre detestato circondarsi di persone tristi e ciniche, a dispetto del suo tremendo carattere; la ragazza doveva mostrarsi, se non proprio allegra, perlomeno sorridente.
  « Non temete per vostro padre, mon cher » tentò di confortarla Lumiere, « il padrone potrà essere terribile ma non avrebbe mai fatto veramente del male a vostro padre ».
  Belle non rispose. Non credeva affatto a quelle parole.
  Tockins tossicchiò per poi cambiare rapidamente discorso. « Dunque, madmoiselle, avete dormito bene? ».
  « Sì, grazie. Siete molto premurosi ».
  « Sarà nostra premura, d’ora in avanti » continuò Tockins, « assicurarci che la vostra permanenza possa risultarvi il più gradevole possibile ».
  « Oh… certo ». Belle soffocò la protesta che minacciò di evadere dalle sue labbra. Gradevole? Come poteva trovare gradevole quel luogo?
  « Potremmo iniziare da una buna colazione » intervenne Lumiere. « Che cosa ne dite? ».
  « Bè, in effetti avrei un po’ fame » ammise la ragazza, ascoltando per la prima volta le proteste del suo stomaco.
  Il sorriso di Lumiere si allargò. « Molto bene! Tockins, vai a dire di mettere un coperto per madmoiselle Isabelle, io andrò a chiamare Spolverina per aiutarla a cambiarsi ».
  Tockins fece una smorfia contrariata. « Insomma, che cos’è questa novità che ti metti a dare ordini! Li do io gli ordini, qui ».
  « Lo so, ma tu non li dai! ».
  « Stavo per farlo! ».
  Suo malgrado, Belle si lasciò andare a un sorriso disteso.
  « Bene » riprese Tockins. « Ora, noi torneremo in cucina a  dire di mettere un coperto per voi, intanto manderò Spolverina per aiutarvi a cambiarvi ».
  « Quello che ho detto io » protestò Lumiere a bassa voce.
  Tockins lo sospinse verso la porta facendo un inchino a Belle. Lei li vide fare una cosa molto strana: arrivati sulla soglia, Lumiere si abbassò e Tockins fece per salirgli in groppa per abbassare la maniglia alla quale, altrimenti, non sarebbe potuto arrivare. Belle pensò che doveva essere molto faticoso mettere in atto questa manovra ogni volta che dovevano entrare ed uscire da una stanza.
  « Ecco fatto ».
  « Oh, vi ringrazio, madmoiselle Isabelle » disse Lumiere, tirando un sospiro. « Sapete, di solito non chiudiamo le porte a chiave ed è molto più semplice andare e venire da una stanza all’altra. Ma il padrone ieri sera ha ordinato che si dovevano chiudere le camere in cui… ».
 « Lumiere, andiamo! » lo interruppe svelto Tockins. « A dopo, madmoiselle », e detto ciò sgusciò in corridoio seguito dal candelabro. Una volta usciti, si udì di nuovo un breve tramestio e Belle capì che dovevano aver chiuso a chiave con lo stesso metodo.   Quel posto iniziava a diventare strano oltre che lugubre.
  E così, pensò, il padrone aveva ordinato di chiudere le camere… Naturale, era per lei, perché non uscisse, perché non andasse in giro per il castello. La sua sarebbe diventata una sorta di prigione dorata.
  Mise in pausa le preoccupazioni e la frustrazione per un po’, il suo corpo reclamava cibo, era dal pranzo del giorno prima che non metteva niente sotto i denti.
  Ricordò che il mostro – il padrone, come lo avevano chiamato Tockins e Lumiere – le aveva detto che poteva usufruire di un bagno e di vestiario. La prima cosa che fece fu andare verso il grande armadio di legno bianco e dare un’occhiata agli abiti. Quando aprì le ante rimase meravigliata da tanta bellezza: stoffe colorate, ricchi pizzi, ampie gonne, merletti; i cassetti erano colmi di biancheria pulita, e scarpette decorate. Da dove saltava fuori tutto ciò? Aveva creduto che il castello fosse disabitato, eccetto la bestia, ed ora i suoi bizzarri servitori. Doveva pensare che esisteva – o era esistita – una signora del maniero?
  « Se vi state chiedendo di chi sono questi abiti, ho la risposta » disse una voce all’improvviso.
  Belle fece un balzo indietro, andando a sbattere contro una poltroncina sistemata accanto al letto. L’armadio! L’armadio aveva parlato: sul legno decorato a fiorellini, appena sotto le maniglie, erano comparse labbra che ora le sorridevano, più due occhietti in cima alle ante. Se non avesse visto prima il candelabro e la pendola si sarebbe messa a urlare. I piccoli oggetti erano stati meno impressionanti di un mobile alto due metri. La voce apparteneva a un soggetto femminile, profonda, corposa.
  « Dato che mi avrete sempre qui, tanto vale presentarsi, no? » disse l’armadio. « Potete chiamarmi  Madame Armoire. E voi siete?».
  « I-Isabelle » balbettò la fanciulla, ancora immobile accanto alla poltroncina. « Ma preferisco Belle ».
  « Molto bene, mia cara, allora per me sarete Belle. Tra donne ci intenderemo alla grande ». Madame Armoire spalancò le ante per benino, di modo che tutti gli abiti fossero in vista. « Dunque, vediamo: abbiamo un bell’assortimento qui, non è vero? Personalmente, oltre ad essere un eccellente cantante lirica, ho la presunzione di dichiarare il mio ottimo gusto in materia d’abbigliamento ». Madame alzò gli occhi sulla ragazza. « Suvvia, non avrete paura di me, vero? Venite avanti! ».
  Belle fu riscossa da quella vociona, dai cigolii delle ante, e dal leggermente sinistro scricchiolare del legno mentre si muoveva.
  Bussarono alla porta e una nuova vocina disse: « Madmoiselle, Spolverina è qui ».
  « Aprite, aprite! » esclamò Madame Armoire, emozionata. « Ora sì che ci divertiremo! ».
  Spolverina era un bel piumino per la polvere, davvero graziosa a vedersi con le vaporose piume color caffè somiglianti a un’ampia gonna, il manico snello che formava la parte superiore del corpo, sopra il quale portava una cuffietta da cameriera a misura di una bambola.
  « Sarò la cameriera personale di madmoiselle » assicurò.
  « Non ho bisogno di cameriere, so fare tutto da sola » protestò gentilmente Belle, che si sentiva tanto la protagonista di una fiaba male assortita.
  « No, no, il padrone ha disposto così ».
  « Il padrone? ». Il mostro aveva davvero ordinato che lei avesse una stanza tutta per sé, un armadio pieni di abiti e una cameriera personale? Impossibile. Che prigionia era quella?
  « Proprio lui » annuì Spolverina. « Vi preparo il bagno intanto che scegliete cosa indossare ».
  Non vi fu possibilità di replica: saltellando, Spolverina era già alla porta che conduceva alla stanza da bagno.
  « Molto bene, occupiamoci di voi » canterellò Madame Armoire, sputò fuori dal suo interno decine di abiti e scarpe, lanciandoli letteralmente sul letto, obbligando la ragazza a provarli tutti. Ci volle una buona mezz’ora per accontentare Madame Armoire, e Belle stava svenendo dalla fame e Spolverina scalpitava perché ‘madmoiselle’ doveva ancora lavarsi.
  « Non può scendere a far colazione senza aver fatto il bagno! ».
  « Non può nemmeno scendere senza un abito decente indosso » rimbeccò Madame Armoire.
  « Questo è vero » convenne Spolverina con un sospiro.
  « Cos’avete contro il mio vestito? » chiese Belle, incastrata dentro un corsetto troppo stretto. Il suo abito azzurro era appeso alla spalliera della poltroncina, sgualcito e impolverato. Non dava il meglio di sé in quelle condizioni, doveva ammetterlo, ma non era così tremendo. « Sono sempre vissuta in campagna » si giustificò, notando lo sguardo dubbioso che Madame e Spolverina si scambiarono.
  « Davvero? Bè, questo spiega molte cose » ridacchiò Armoire, ma senza cattiveria. « Magari con una ripulita… ».
  « Ci penso io! » disse prontamente Spolverina. « Lo porto subito giù in lavanderia. Vedrete, tornerà come nuovo! ».
  Belle stava per chiedere come avrebbe fatto a trasportarlo visto che era sprovvista di braccia con le quali afferrarlo, ma a quanto pare Spolverina sapeva il fatto suo. Saltò sulla poltrona, saltò dentro il vestito e veleggiò verso la porta con la stoffa azzurra che le svolazzava attorno, facendola somigliare a un piccolo, assurdo fantasma con un mantello troppo grande.
  Quando finalmente Madame Armoire fu soddisfatta, Belle si ritrovò fasciata in un comodo ma elegantissimo abito verde smeraldo con il corpetto ricamato di tante piccole pietruzze scintillanti.  Lumiere tornò  a prenderla e la scortò in sala da pranzo, un grande salone con un monumentale camino di pietra dorata sovrastato da un busto rappresentante re Enrico IV, le molte finestre drappeggiate da tendaggi rossi, mobili di rovere e con un lunghissimo tavolo rettangolare il quale avrebbe potuto ospitare una ventina di commensali, forse di più. C’era però una nota scordata che capeggiava sulla bella mobilia: le pareti e il soffitto erano ricoperte da uno spesso strato di rampicanti che parevano cresciuti spontaneamente, per qualche magico volere, dentro le mura. Si poteva credere fosse un bizzarro decoro,  ma dopo una più attenta ispezione, Belle ebbe la conferma che erano proprio rampicanti veri. La cosa  più curiosa era che luccicavano lievemente.
  Belle fu fatta accomodare al centro della tavolata, le spalle al camino. A servire il pasto furono cinque camerieri trasfigurati nei più disparati oggetti da cucina, capeggiati da una bella teiera di ceramica bianca abbellita con forellini lilla. Ovviamente, come la maggior parte degli oggetti del castello, parlava e si muoveva.
  « Mrs. Bric, al vostro servizio, cara » si presentò affabilmente. Dietro di lei sbucò una tazzina sbeccata, che sorrise timidamente alla ragazza.
  « E così sei tu la nostra ospite » disse.  Ciao, io sono Chicco. E tu? »
   Belle ricambiò il sorriso.  Essere definita ospite era un eufemismo bello e buono.  Tuttavia non se la sentì di guastare il buonumore di quelli che, con tutta probabilità, sarebbero stati i suoi unici seppur strani amici per molto, moltissimo tempo. Per sempre.
  « Mi chiamo Isabelle, ma tu, se vuoi, puoi chiamarmi Belle ».
  Chicco studiò il suo viso, annuendo. «Belle… Sì, ti si addice. Sei proprio bella, lo sai? Vero che lo è, mamma? ».
  « E’ vero » convenne Mrs. Bric, « ora però non seccare la nostra ospite con le tue domande e lasciala mangiare ».
  Chicco mise su un leggero broncio per via del rimprovero materno, ma si si riprese in fretta e ricominciò a tempestare Belle con domande di ogni genere, alle quali lei rispose volentieri tra un boccone e un sorso di tè.
  Era la colazione più buona che la ragazza avesse mai consumato in vita sua, così abbondante che dovette gentilmente insistere perché i camerieri cessassero di riempirle continuamente il piatto di nuove vivande. L’allegra compagnia di Mrs. Bric e Chicco, rimasti con lei in sala da pranzo, le fece dimenticare per un po’ la sua condizione da prigioniera. Era davvero piacevole discorrere con quelle strane figurette, erano tutti così gentili con lei!
  A metà del pasto, il suo sguardo vagò lungo la tavolata vuota e spontanea sorse la domanda.
 « Lui non mangia con noi? ».
 Mrs. Bric si scambiò uno sguardo ansioso con un porta tovaglioli d’argento.
 « Con lui, intendete il padrone? ».
 « Sì ». Belle posò coltello e forchetta. « Credevo… ».
  Non sapeva esattamente cosa credeva. Immaginava che una creatura simile non sedesse compostamente a tavola come una persona ‘normale’. La fantasia non faticava a rimandarle l’immagine di quella bestia in giro per la foresta a cacciare prede per i suoi pasti.
  Dopo un’accurata scelta delle parole per esporre la faccenda, Mrs. Bric spiegò: « Ecco, il padrone talvolta mangia… ehm, fuori ».
« Vuol dire che lui va a caccia » aggiunse Chicco, digrignando i denti nell’imitazione di un ruggito, imitazione che sua madre censurò con un altro rimprovero.
  Belle rabbrividì nonostante trovasse la cosa piuttosto normale. Normale per quella strana realtà con cui era venuta in contatto.
  Alla fine del pasto si aspettò di essere di nuovo scortata in camera sua, ma in quella giunse Tockins. Il maggiordomo aveva un’aria molto seria e si stropicciava nervosamente le lancette del quadrante.
  « Madmoiselle Isabelle, il padrone desidera parlarvi » annunciò, mentre la lancetta dei minuti scattava come in preda a un tic nervoso.
  Chicco esalò un respiro troppo forte e guardò Belle, la quale tentò di non scomporsi troppo; si alzò da tavola, ringraziò Mrs. Bric e Chicco e seguì Tockins in silenzio lungo il corridoi.
  « Non la mangerà, vero mamma? » chiese tremante il piccolo Chicco.
  « Certo che no, tesoro! » esclamò inorridita Mrs. Bric. « Sua altezza è un essere umano a dispetto della sua attuale forma ».
  « E se invece la mangiasse? ».
  « Suvvia, smettila di dire sciocchezze! Belle è qui per salvarci tutti, ricordalo ».
  Chicco annuì, non troppo convinto. Ricordava assai poco com’era il principe prima della trasformazione, perciò lo giudicava un uomo cattivo e pericoloso.
  Dopotutto, Benjamin non aveva alcuna intenzione di far del male a Isabelle, tantomeno di mangiarla. Vero però che il primo vero dialogo tra i due non fu dei migliori.
  Tockins scortò la fanciulla al primo piano, dentro uno dei tanti salotti. Anche qui, ella vide gli strani rampicanti che aveva notato nella sala da pranzo. Non arrivavano al soffitto ma ricoprivano quasi interamente le pareti e i mobili accostati ad esse. La curiosità di domandare cosa mai fossero quelle propaggini così fuori luogo in una stanza chiusa le venne meno quando, da una porta adiacente, fece il suo ingresso la creatura. Alla luce del giorno era ancora più spaventosa. Nonostante ciò, Belle non poteva fare a meno di fissarlo e registrare ogni singolo dettaglio del suo essere. Pensò che se si abituava in fretta a lui, non avrebbe più avuto l’impulso di fuggire ogni qualvolta avesse varcato l’ingresso di una stanza.
  Allo stesso modo, anche Benjamin appuntò mentalmente qualcosa di lei. La fronte contratta, la studiò per alcuni momenti, in silenzio: la postura diritta evidenziava la tensione, le mani stringevano la stoffa dell’abito, quasi dovesse farlo per aggrapparsi a qualcosa che la trattenesse dalla tentazione di allontanarsi da lui. Era coraggiosa, in ogni modo, poiché non rifiutava il confronto e cercava di non mostrare la paura e la repulsione. L’espressione di lei era quasi impassibile. Quasi. E di nuovo, per quanto comprendesse di possedere un aspetto ripugnante, Benjamin provò irritazione nel vedere la conferma dipinta sul volto di lei. Lei che era bella e non doveva nascondersi dal mondo, che poteva andare in giro a testa alta, uscire alla luce del sole quando lo desiderava. Bene, non sarebbe più stato così. Il pensiero di rinchiuderla dentro il castello gli diede una sorta di conforto.
  « Grazie, Tockins, puoi andare ».
  Il maggiordomo piegò il capo, indietreggiando vero la porta. Le lancette del quadrante avevano ricominciato a vibrare fenetiche. Non pensava fosse una buona idea lasciarli soli ma non si era mai sognato, nei tanti anni di servizio presso la famiglia reale, di venir meno a un ordine del suo signore.
  « Bene » esordì il principe, « vi ho fatta venire perché desidero chiarire alcune cose con voi riguardo la vostra permanenza qui ». Si arrestò, la guardò. Lei rimaneva sempre immobile accanto alla porta. Solo un cenno del suo capo gli fece intendere che lo stava ascoltando attentamente.
 « E’ mio desiderio che usufruiate di ogni camera, salotto e galleria di questo castello come fosse vostro ».
 « Pensavo… » lo interruppe lei. Si fermò a un’occhiata contrariata della creatura. Si schiarì la voce e riprovò un po’ più forte. «Pensavo di non poter uscire dalla mia stanza ».
  « Cosa ve lo ha fatto pensare? ».
  « Mi ci avete rinchiusa ». Fu lì lì per dire che, appena un’ora prima, Lumiere si erano fatto sfuggire che lui aveva ordinato di chiudere le camere del castello, non ultima la sua. Sottointeso era il perché, comunque intuibile.
  « Si è ritenuto necessario » tagliò corto Benjamin.
  « Pensavate potessi derubarvi? » domandò, indignata.
  « Potevate »
  « Come osate insinuarlo! »
  « Non insinuo, sospetto, e ne ho il pieno dritto dato che non ho la minima idea di chi voi siate ».
  Uno davanti all’altra si scrutarono, torvi.
  « Volevate dire qualcos’altro? » chiese Benjamin, notando il modo in cui aveva appena aperto la bocca per richiuderla subito e mordersi le labbra, come per trattenere le parole.
  « No » mentì Belle. Ripensandoci, non voleva mettere nei guai il povero candelabro, che con lei era stato tanto gentile, perciò rinunciò a parlare.
 « Allora lasciatemi continuare e non interrompetemi più ». Benjamin iniziò a misurare a grandi passi il salotto. « Ricordate che avete accettato volontariamente di essere mia prigioniera, perciò le vostre lamentele sono totalmente fuori luogo, madmoiselle. Purtuttavia, non voglio che restiate segregata in una stanza per tutta la vita. Ecco perché mi sono consultato col mio maggiordomo e ho deciso di stilare alcune regole che, mi auguro, siano di vostro gradimento ».
  « Regole? ».
  « Regole ». Benjamin si fermò di fronte a lei. « Se le rispetterete, non vi chiuderò più nella vostra stanza ».
  La proposta a Belle parve buona. Non avrebbe resistito chiusa tra le quattro pareti di una stanza, per quanto spaziosa. Era cresciuta in campagna e odiava restare segregata in casa. Così, ascoltò con attenzione senza più interrompere.
  « Avrete l’intero castello a vostra disposizione, potete uscire in giardino e passeggiare con il vostro cavallo – a proposito, si trova nella stalla, ho provveduto a farlo nutrire. Ovviamente ci saranno degli orari da rispettare per quanto riguarda i pasti, la puntualità è una cosa a cui ho sempre tenuto molto. Potete coricarvi quando lo desiderate, ma ricordate che al mattino dovrete essere in piedi per la colazione, alle otto, il pranzo viene servito a mezzogiorno in punto, si cena alle sette e mezza. Di qualunque cosa abbiate bisogno, come ho già detto, la chiederete ai domestici. Siete libera di occupare il vostro tempo come più vi aggrada, ricamando, passeggiando, dipingendo se lo preferite, oppure nella sala della musica, o ancora in biblioteca, se vi piace leggere ».
 « Adoro leggere! »
 « Molto bene. Vi consiglio di stare lontana dalla serra, le travi del soffitto sono cedute a causa della troppa neve che si è depositata sul tetto lo scorso inverno e stanno cedendo. Preferirei anche che non vi addentraste nelle cantine, sono piene di topi. Per il resto, avete libero accesso a tutte le ale del castello, eccetto l’ala ovest: da quelle parti vi è vietato andare ».
 « Perché? ».
  Benjamin la fissò minaccioso. « Perché lo dico io. E’ la regola fondamentale. Siete mia prigioniera dopotutto, perciò vi conviene obbedirmi. State lontana da quelle stanze o ne risponderete a me. Avete capito tutto? ».
  « Sì » scandì Belle, stringendo ancora le labbra. La sua mente lavorava già sui mille misteri che dovevano celarsi nell’ala ovest. « Grazie per aver dato da mangiare al mio cavallo ».
  Benjamin non rispose. Senza aggiungere altro, fece per andarsene.
  « Posso farvi una domanda? » lo fermò Belle.
  Benjamin si voltò lentamente. « Suppongo di sì »
  « Come vi devo chiamare? ».
  Fu stupito da quella domanda. Ora che ci pensava, nemmeno lui conosceva il suo nome.
 « Potete chiamarmi semplicemente signore ».
 Belle rimase delusa da quella risposta. « Non avete un nome? » chiese, incredula. Ma certo che l’aveva, solo non voleva rivelarlo.
 « A voi non deve importare se ho un nome o no » riprese lui, acido.
 « Volevo soltanto… »
 « Imparate a fare meno domande, fanciulla e tenete a mente quest’altra regola: non gradisco la gente ficchi il naso nei miei affari ».  Lui le rivolse uno sguardo penetrante sotto il quale si sentì intimorita più che mai.
 « Non volevo dire nulla sul vostro conto e non volevo farmi gli affari vostri » si affrettò a dire Belle. « Ero semplicemente curiosa di sapere il vostro nome. Solo questo ».
 Un sinistro ringhio sommesso uscì dala gola della Bestia. «  Potete chiamarmi come più vi aggrada. Magari bestia, come fanno tutti quanti »
 « Tutti chi? ».
 Lui fece una risatina. « Tutti quelli che mi vedono e credono di aver sognato. Quelli che, come vostro padre, hanno avuto la sfortuna di incrociarmi sul loro cammino. La Bestia… così mi chiamano. La bestia della foresta, il mostro, la creatura, come preferite ». Ghignò, motteggiando un inchino.
  Belle non sapeva se le stava dicendo quelle cose per spaventarla, certo era che diverse persone avevano raccontato strane storie e lei, da bambina, aveva creduto ai racconti.
  « Allora, vi chiamerò signore » disse infine. Le sembrava l’appellativo più cortese, sebbene al suo spetto non si addicesse affatto. Pensò che bestia sarebbe davvero stato un nomignolo perfetto ma non si sentiva così temerarietà da chiamarlo a quel modo. Anche se in cuor suo, d’ora in avanti, lo avrebbe apostrofato così.
  Si fissarono ancora qualche secondo, poi lui le passò accanto e aprì la porta per uscire. Belle rimase immobile, benché non avrebbe voluto essergli tanto vicino..
  Benjamin lottò per un momento contro la voglia di allontanarsi dalla commiserazione e il terrore che albergavano nello sguardo della ragazza, e allo stesso tempo contro la curiosità.
 « E voi, madmoiselle? Qual è il vostro nome? » domandò alla fine.
  La fanciulla alzò il capo e incrociò gli occhi neri della Bestia. Non erano più ostili, non la guardavano con alterigia, erano tristi, tormentati.
 « Isabelle » rispose a fil di voce.
 « Avete un bel nome ». Bello come tutto il resto, pensò Benjamin. Poi uscì dalla stanza, lasciando Belle sola e confusa.
 



-Angolino di Susan- 
Sono tornata con questa fanfiction! Mi scuso per la lentezza con cui aggiorno ma come al solito sono presa col lavoro. Ben venga l’influenza volte, che mi dà il tempo di postare (tanto, se domani mi è passata, me ne torno a lavorare...).
Non ho molto da dire su questo capitolo, se non che inizia la convivenza dei protagonisti. Benjamin stilla delle regole non troppo ferree per Belle, ma a lei le regole non piacciono molto, perciò vedremo per quanto riuscirà ad attenervisi ;) Il capitolo era venuto molto più lungo, tuttavia non volevo annoiarvi e così ho deciso di dividerlo. Quindi, la prossima volta approfondiremo la convivenza come si deve.
 
Ringrazio chi ha inserito la storia nelle seguite:  
Aly_Effe, ChibiRoby, Fra_STSF, JessAndrea, Joy Barnes, VelenoDolce
chi l’ha inserita nei preferiti:  Aly_Effe,  JessAndrea, Joy Barnes, marusk, sole13 
chi nelle ricordate: Fra_STSF
e chi ha recensito lo scorso capitolo: Aly_Effe, JessAndrea, Sempreverde03, silverhawk, sole13
 
Grazie a tutte! Alla prossima!
 
Susan <3
   
 
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