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Autore: Marge    17/05/2017    5 recensioni
Questa è una storia particolare, diversa dalle solite, un’idea che mi è venuta qualche anno fa ma solo ora ha trovato la via della luce.
L’umanità – o almeno quel che ne resta – vive in Navi organizzate in una grande Flotta spaziale. La Terra è perduta per sempre a seguito di una grande Catastrofe Naturale, e il Gran Consiglio controlla e coordina la vita delle persone, portandole alla ricerca di un nuovo pianeta dove vivere. Ma questo succede ormai da quattrocento anni, e Shui è depresso e triste di questa vita; Mahi invece sogna la terra e l’erba e il sole sulla pelle, con testarda speranza; oltre a loro una professoressa single quarantenne che forse ne sa un po’ di più degli altri, una quindicenne in piena crisi adolescenziale, navi spaziali, universo profondo, lotte di potere, e, ovviamente, i Domini. Ma che fine ha fatto l’Avatar? Come mai da secoli nessuno ne sente più parlare?
Una storia particolare per la quale serve un po’ di fiducia iniziale; non so dove arriverò, ma vi prometto un autentico stile Avatar; pubblicherò un capitolo a settimana e offro biscotti pieni d’amore a chi vorrà farmi avere il suo parere :)
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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LIBRO PRIMO: ACQUA



XI
Fuga
parte prima



Wo aveva vagato per la Nave per il resto del pomeriggio, alla ricerca di Min nei posti dove erano solite andare, fin da bambine, o quelli che sapeva lei frequentasse nella sua vita privata, ma senza successo. Aveva perfino cercato di scovare questa Kara dagli occhi blu, ma anche lei era introvabile. E, alle sue domande, la gente rispondeva alzando le spalle: forse Min era stata riassegnata su un’altra Nave?
“Che branco di stupidi” pensò Wo. Ma, in realtà, neanche lei aveva idea di dove potesse essere finita e non sapeva cos’altro fare.
Rientrò a casa e si mise a fare i compiti: doveva pur continuare a vivere normalmente, almeno finché non avesse avuto qualche risposta, e il miglior modo per combattere la paura era concentrarsi. Si sdraiò sul letto con il tablet fra le mani, la cartella di scuola ed il suo pesante contenuto accanto come sempre.
“Wo, posso entrare?”
Si alzò a sedere quando vide sua madre. Aveva gli occhi rossi.
“È successo qualcosa?” chiese. Forse aveva notizie di Min?
La donna si sedette accanto a lei sul letto, gli occhi bassi. Sospirò prima di cominciare a parlare: “Ti sei fatta grande, lo sai? Una gran bella ragazza.”
Oh, puzzava proprio di discorso con fregatura finale, pensò Wo. Uno di quei discorsi che finiscono su come si fanno i bambini.
“So già tutto” la interruppe. “Non c’è bisogno. Min mi ha spiegato molto tempo fa.”
Sua madre parve sorpresa. Spalancò gli occhi e la bocca le tremò. “Davvero? E… a te sta bene?”
Wo alzò le spalle. La faccenda le faceva piuttosto schifo, ma non c’era bisogno che la mamma lo sapesse. “Non c’è alternativa, vero?”
L’altra scosse la testa. “Non dipende da noi” sussurrò. Sembrò riflettere un momento, poi si portò le mani dietro al collo, armeggiò con le dita sotto il colletto della giacca e ne tirò fuori un filo. Lo sfilò dalla testa e lo porse a Wo.
“Questo fa parte della nostra famiglia da secoli” disse.
Vi era un ciondolo, attaccato alla cordicella. Wo lo rigirò tra le mani: era di pietra piatta, circolare, con inciso un motivo a spirali che lei non conosceva. Sembrava un oggetto veramente antico, un oggetto…
“Viene dalla Terra!” esclamò.
Sua madre annuì con un sorriso. “Avrei voluto dartelo più tardi, come è stato dato a me da mia madre, ma non credo che vi sarà molto tempo, ormai. Vorrei solo che ti ricordassi di noi, dopo.”
Wo rimase un attimo interdetta.
“Dopo cosa?” chiese. La paura le esplose in petto, mozzandole il respiro.
“So che è colpa mia, in un certo senso” singhiozzò l’altra. “È una maledizione di famiglia, lo so! Oh, se solo tu fossi stata normale come tuo fratello...!”
La prese tra le braccia e la strinse forte, come non faceva da anni. Wo si divincolò, il respiro difficile. Aria, pensò. Ho bisogno di aria.
In quel momento entrò suo padre, rigido, le braccia dietro la schiena.
“Wo, prepara le tue cose” disse solamente. Il suo sguardo rimase alto, oltre di lei.
Wo guardò sua madre, che singhiozzava silenziosamente, poi suo padre, immobile. Li guardò alternativamente per un secondo che le parve lunghissimo.
Dunque, era il momento. Che stupida che era stata.
“No” sussurrò. Fu certa che non l’avessero udita, perché nessuno dei due si mosse. Afferrò la cartella e balzò giù dal letto. “No!” disse più forte. I singhiozzi di sua madre aumentarono.
“Non hai opzioni” disse suo padre. “Sei stata scelta e dovresti considerarlo un onore.”
“No!” urlò ancora.
“Non sai neanche cosa ti sto proponendo” continuò lui, la voce ora più forte, prossima alla rabbia. “Prepara le tue cose, verrai con me stasera stessa.”
“Wo, sii ragionevole. Tuo padre pensa…”
“Non mi interessa” la interruppe. “Ho detto no!”
“Ecco perché andrebbero presi da bambini, e non da adolescenti” mormorò suo padre. “L’ho sempre pensato.”
Wo sentì il suo cuore aprirsi in due. Fissò ancora le due persone che, nella vita, avrebbero dovuto difenderla e battersi per lei, una impotente in lacrime, l’altro incastrato nel suo ruolo militare, incapace persino di guardarla in volto.
Respirò a fondo, una volta, per impedirsi di piangere. Chiuse gli occhi e immaginò di trovarsi sulla punta dell’aeroplano, il vento a scompigliarle i capelli e carezzarle le guance.
Inspirò ancora, si riempì i polmoni. Poi soffiò fuori, forte, la sua paura e la rabbia e la delusione. Il rinculo la spinse contro la parete. Udì a malapena le grida dei suoi genitori.
Si gettò sul letto, lo scavalcò di corsa e si diresse verso la porta. Suo padre era a terra, inspiegabilmente, ma allungò una mano per prenderla e riuscì a ghermirle una gamba. Wo soffiò ancora, forte, con tutto il fiato che aveva in corpo, e sembrava ce ne fosse davvero molto.
Corse via, libera. Corse lungo il corridoio fino alla porta del loro alloggio, la spalancò e si gettò a capofitto lungo il ballatoio, scese le scale e si infilò tra le persone che, ignare, si muovevano per la Nave dove era cresciuta.
Udì la voce di suo padre chiamarla, chiederle di fermarsi. Poi, lui disse: “Prendetela!” e Wo sentì il terrore renderle le gambe di gelatina.
Continuò a correre nell’eco dei passi numerosi che la seguivano, senza avere il coraggio di voltarsi a guardare quanti fossero.
“Vento, ancora vento!” pensò. Si fermò per un momento, respirò a fondo, prese fiato e si voltò.
Soffiò più forte che mai, come non aveva mai fatto. I corpi dei suoi inseguitori rimbalzarono contro le pareti.
Riprese a correre, diretta ai ponti delle Navi Bus.
“Ferma, Wo!” udì ancora gridare suo padre. “Tu non sai cosa…”
Ma Wo era più veloce: sembrava cavalcasse l’aria.
Vide da lontano una Nave Bus in procinto di partire.
“Aspetta!” urlò. Agitò una mano, la cartella ancora stretta al petto.
Forse perché aveva ancora la divisa scolastica, forse perché era una ragazzina, forse solo per fortuna sfacciata: si buttò contro i tornelli strusciando il petto, con il badge appeso, contro il sensore. Quello scattò e Wo si infilò nella Nave. Un momento dopo le porte si chiusero e la Nave Bus si alzò lentamente e voltò la punta verso il tunnel di lancio.
Wo ansimava, sudata per la corsa.
Tra le dita stringeva ancora il medaglione di sua madre. Lo guardò un momento ancora, poi aprì la cartella e lo gettò sul fondo.





Ed ecco come promesso un po' di movimento! Da qui in poi non può che andare peggio, ve lo prometto. Riguardo al medaglione: no, la famiglia della madre di Wo non discende direttamente da Aang, e il medaglione che ho immaginato è sicuramente più discreto di questo nell'immagine, ma è comunque un medaglione sacro tramandato da epoche antiche.
Per i prossimi giorni ho già pronta una nuoca scheda personaggio (avete letto quella su Wo nel mio LJ?) e il prossimo capitolo non tarderà molto. Grazie per tutte le vostre recensioni <3 See ya!
  
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