Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: jmc    17/05/2017    2 recensioni
Questa storia si svolge durante la permanenza di eren e dei suoi compagni nella vecchia sede della legione esplorativa. sarà una LevixEren incentrata sulla gelosia del Caporale che crescerà a causa dell'arrivo di Jean.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Eren stava sistemando i cavalli nella stalla quando sentì delle voci estremamente familiari. Riconobbe Connie e Sasha che stavano litigando, probabilmente perché lei gli aveva rubato qualcosa da mangiare, e Armin che cercava, inutilmente, di placare il vociare acuto e stridulo dei due compagni. Chiese a Oluo se poteva raggiungerli e non appena il suo superiore accettò si fiondò fuori dalla stalla, riconoscendo anche la camminata lenta e altezzosa di Mikasa.          
Li chiamò molto eccitato poiché gli sembrava di essere tornato, anche se solo in parte, alla normalità del passato. Era estasiato dal fatto che tutti loro avessero preso la strada della Legione Esplorativa e li ringraziò infinitamente di essere ancora tutti vivi.

“Eren la devi smettere di prenderci per dei rammolliti”, aveva detto Connie poggiandosi sulla spalla di Armin e sfregando le unghie della mano stretta a pugno sulla camicia; “dopotutto siamo i sopravvissuti alla battaglia di Trost”.

Armin alzò gli occhi al cielo sapendo quello che stava per succedere. Connie continuò:
“mi ricordo proprio quel titano, stava per raggiungere Sasha e io l’ho a…”
Un pugno. Sulla testa di Connie si formò un bernoccolo enorme provocato dal pugno di Reiner:” abbracciato.”

“Cosa?!?!? Non è vero!” provò a replicare il ragazzo più basso mentre tutti ridevano. “Se non ci fossi stato io Sasha non sarebbe qui”.

Allora Eren, divertito, si girò verso di lei che visibilmente imbarazzata non sapeva cosa dire. Subentrò Armin:
“Smettila di vantarti dato che te la stavi facendo sotto!”
Connie, offeso nel suo orgoglio disse che non avrebbe più parlato con nessuno di loro; cosa che ovviamente nessuno prese in considerazione.            
Eren stava ancora ridendo e rideva tanto, talmente tanto che tutti lo seguirono. Mikasa cominciò a pensare che lo avessero maltrattato a tal punto da fargli perdere la felicità. Poi capì che a lui serviva solo un momento dove non dover essere il ragazzo-titano e rise anche lei.

Quando Eren ritrovò il contegno parlò: “Quindi gli unici che non hanno scelto di unirsi sono Annie, Marco e…”
“Marco è morto.” Una voce lo raggiunse da dietro e il cuore di Eren perse un battito: in quel momento il suo cervello stava lavorando davvero troppo velocemente: aveva pensato a Marco e le lacrime avevano cominciato a farsi sentire negli occhi; si sentiva uno stupido egoista dato che aveva appena perso un amico ma il suo cuore si stava concentrando su altro. Guardò il ragazzo che gli aveva parlato negli occhi: era Jean; era proprio lui.
“Ti sei unito anche tu allora!”. Lo stupore ben visibile negli occhi esattamente come il rossore sulle sue guance (che Jean notò con fierezza). “Non pensavo che potessi prendere una decisione simile”.
“Per chi mi hai preso eh?! Ti ricordo che qui l’essere strambo che diventa un titano sei tu”. Jean cominciò a torturare Eren, prendendo la sua testa sotto il braccio sinistro e scompigliandogli i capelli con il braccio destro.

Risero tutti mentre Eren fingeva di non respirare e cercava di atterrare Jean.

Qualcuno, in un angolo, invece cominciava a capirci qualcosa.
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Eren era talmente di buonumore quella sera che trovò il coraggio di chiedere ai superiori di ritardare il coprifuoco. Durante la cena, il ragazzo presentò la squadra speciale ai suoi compagni. Petra era stranita da questa cosa perché non aveva mai visto Eren in quelle condizioni. Hanji pensò addirittura di farlo trasformare in quel momento, giusto per capire se il suo umore avrebbe influito sulla sua mente titanica. Levi le impose di non farlo: anche lui non sapeva bene cosa pensare vedendo Eren in quello stato di euforia massima; era felice di vederlo sorridere ma al contempo aveva paura di non averlo mai reso felice. Pensava di essere fondamentale per quel ragazzo ma quella sera neanche una volta gli aveva rivolto lo sguardo e mai le loro pupille si erano incontrate.

O meglio…

Più volte Levi si era concentrato e aveva cercato la situazione giusta per rimanere con Eren. La realtà era che il ragazzo non riusciva a stargli vicino; tremava e aveva paura di qualcosa. Era in allerta sulla sua presenza come se fossero in battaglia. Questa cosa dava al più grande davvero tanto fastidio. Un fastidio che aumentò grandemente quando il ragazzo si dimenticò di presentarlo. Levi guardò, allora, la ragazza con i capelli corvini che doveva aver capito tutto e sembrava davvero felice di questo fatto. Continuò comunque a sorseggiare il suo tè mentre il vociare dei ragazzi stava diventando intollerabile per la sua mente così abituata alla calma. Osservò uno per uno tutti i compagni: si ricordò del biondo e della ragazza e probabilmente i due ragazzi possenti dovevano essere quelli che avevano aiutato Eren con l’utilizzo della manovra tridimensionale.

E poi c’era quel ragazzo con la faccia allungata, un certo Jean. Lo squadrò con una tale rabbia che il ragazzo si sentì quasi costretto a girarsi e così si accorse di lui. Tolse una delle due gambe che stavano sotto la panca e si mise a cavalcioni su di essa, girato frontalmente verso Eren che era seduto di fianco a lui. Richiamò l’attenzione del compagno mettendogli un bracciò intorno alla schiena, nella parte bassa; nello stesso momento lo tirò più vicino a se. Le guance di Eren andarono a fuoco e Levi se ne accorse… eccome se se ne era accorto. 
“E quello chi è?” chiese. Eren spostò lo sguardò, sempre con il cuore che batteva incredibilmente forte, e capì di chi stava parlando. Ebbe un fremito, poi uno spasmo, poi la voce gli si fermò in gola quando, a causa dello spostamento, gli occhi incontrarono quelli del Caporale. Guardò in basso e disse:

“Si chiama Levi. È il Capitano della squadra d’élite ed è il mio “tutore” se così possiamo chiamarlo.”

Le parole gli uscirono veloci ma adesso non sapeva cosa fare; non sapeva se guardare il vuoto e impazzire per le dita di Jean che lo stavano solleticando su un fianco o se concentrarsi su qualcosa a caso che non fossero gli occhi del suo Caporale che in quel momento non desiderava altro che guardare. Optò per la prima opzione, cosa che non gli fece affatto bene. Era arrossito così tanto che si sentiva andare la faccia in fiamme; mise una mano per coprirsi gli occhi e Jean, che si era accorto di tutto gli sussurrò nell’orecchio:” ho capito Eren stai tranquillo” disse ritirando la mano “ma non mi dispiace vederti così”; sorrise ghignando quando alla fine riuscì ad infilare per poco la mano sotto la maglia a sfiorare il basso ventre.

“Eren stai bene?” la preoccupazione di Christa (seguita dallo sguardo di Ymir) lo risvegliò da quel momento e, alzando la testa cercando di ritrovare un minimo di contegno, cercò di dire qualcosa di intelligente (che di intelligente non aveva nulla:

“Si con i miei allenamenti sto facendo passi da gigante!”


Che cosa aveva appena detto, pensò. Si guardò intorno e tutti avevano sgranato gli occhi compreso il Caporale; probabilmente erano tutti incerti sul da farsi ovvero se ridere o piangere. Fatto sta che erano bloccati e lo rimasero finchè Jean non lo spinse giu dalla panca: quel movimento diede il via a una serie di calci e pugni che tutti, a turno, diedero a Eren.

Levi si riprese dal ghiaccio che aveva congelato il suo corpo grazie a quella battuta e si “risvegliò” fissando la sua squadra che rideva a crepapelle. Non riuscendo più a vedere Eren lo cercò e vide che era seppellito dal corpo dei suoi compagni e sottomesso alla rissa che si era creata.

“Deficiente! Ti sembrano battute da fare?!” gli ripetevano i compagni che alla fine ridevano più di lui.

Fu in quel momento che notò una cosa:
Eren era stato bloccato per essere dovutamente picchiato dai suoi compagni. Ora però da una persona in particolare ovvero Jean. In quel momento lo aveva inchiodato al terreno e si era seduto a cavalcioni su di lui; con le gambe gli aveva bloccato gli arti inferiori mentre con le braccia lo costringeva a tenere la posizione seduta mentre ormai la battaglia si era trasformata in solletico. Era ovvio: l’istinto di Eren, preso dal ridere, lo portava a stringersi verso il petto del compagno e a stringere la sua camicia, come fosse un’ancora di salvezza. E Jean non gli stava facendo il solletico: lo stava abbracciando. Quando Eren se ne accorse assunse un colorito incredibilmente rosso e questo per Levi fu davvero troppo.

“Ora basta mocciosi, andatevene a letto. E tu vieni con me” disse ad alta voce rimproverandoli e fissando il piccolo con uno sguardo affilatissimo.
Nessuno osò proferire parola, soprattutto il nostro giovane protagonista che solo ora aveva cominciato a capire il perché della rabbia del Caporale e gli si stava gelando il sangue. Una morsa allo stomaco, o forse 100. Le sentì tutte, soprattutto quando il corpo di Jean si staccò dal suo.

Poi accaddero due cose bellissime… O no? Jean stava infilando le mani sotto la zona ascellare di Eren per alzarlo e i due si guardarono. Eren era imbarazzato ma trovò comunque la forza di parlare.

“Graz…” non fece in tempo a finire la frase che un braccio lo prese nello stesso punto in cui si trovavano le mani dell’amico. Eren ci mise ben poco a capire cosa stava succedendo:
Il caporale lo stava tirando su.  
Con un braccio solo.      
Stava guardando Jean con una faccia che non avrebbe riservato nemmeno al titano Colossale.

Tutti gli amici ormai erano usciti dalla stanza quindi Eren non trovò nessun modo per cambiare discorso o sviare la mente dei due che si fissavano senza parlare.
“Moccioso vattene anche tu. Lui deve tornare nei sotterranei” il suo tono non ammetteva repliche.

Jean mollò la presa incerto perché non sapeva se Levi lo stesse davvero reggendo (con una sola mano poi). Fece un sorrisetto strano a Eren che nessuno riuscì a decifrare e mentre si stava rialzando accarezzò il femore dell’amico.

“Buonanotte” disse poco prima di andarsene sorridendo: i battiti di Eren erano aumentati e tutti e 3 in quella stanza lo sapevano; Levi e il suo braccio in particolare.
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Dopo essere stato rialzato, il ragazzo era stato violentemente spinto a camminare verso la porta. Voleva dire qualcosa ma ogni volta che ci provava, e i suoi occhi incontravano quelli del capitano e ogni suo pensiero o non si completava e non aveva più senso. Arrivarono in silenzio alla cella e poco dopo l’apertura della porta, Levi lo spinse dentro senza alcun avvertimento. Inutile dire che il ragazzo cadde in malo modo sul terreno di pietra dura.

“Ahia, ma le sembrano i modi questi???” chiese massaggiandosi la testa.

“Evidentemente si” fu l’unica risposta che Eren sentì prima che la porta si richiuse con un suono secco e feroce.

Già, perché la porta si era richiusa. No aspetta; cosa voleva dire che si era richiusa?!
Eren balzò in piedi guardandosi intorno; lui non c’era. Pensò di chiamarlo ma se l’avessero sentito avrebbero potuto pensare che fosse successo qualcosa. Si sentiva tremendamente solo e in colpa, a tal punto che qualche lacrima cominciò a inumidirgli gli occhi. Si sedette sul letto che di colpo era diventato troppo grande. Non si trattenne più e cominciò a singhiozzare.
“Caporale” diceva “dov’è andato?”
Non era difficile capire quanto gli facesse schifo quella situazione; non aveva pianto nemmeno per Thomas o altri; però in quel momento stava piangendo perché il suo Capitano non c’era. Si sentiva tremendamente stupido…

Passò del tempo indefinito e il suono della chiave nella porta lo fece sobbalzare come anche la sacca fredda che venne posata sulla sua testa. Siccome Eren era seduto con la schiena verso la porta non capì subito chi fosse quella persona ma il tocco caldo e l’abbraccio che seguirono lo fecero stare bene e smettere di piangere.

“Stavi piangendo?”
 
 
 
 
 
Ciao a tutti!
Non sono molto brava a scrivere… ho molte idee in testa e spesso non riesco a redigere un buon testo! Spero comunque che il seguito vi piaccia e che continuerete a seguire la storia. Non ho molto tempo a casa quindi scrivo in università tra una materia e l’altra; direi che sta diventando una sorta di terapia anti stress! Grazie a tutti per i consigli e le recensioni positive!!
A presto!
  
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