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Autore: Abby_da_Edoras    26/05/2017    2 recensioni
Dunque, chi legge le mie storie sa già che non sono normale XDDD e che da un piccolo dettaglio posso inventare deliri allucinanti, soprattutto quando mi prendo a cuore un personaggio e voglio salvargli la vita a tutti i costi.
La mia storia a capitoli (sì, perché ci ho fatto proprio una long con questa vicenda...) si intitola "Shadows and lights" e trae la sua "ispirazione" (vabbè, chiamiamola così...) dalla puntata 02X01 della serie TV The Borgias versione canadese: la parte di me che entra in empatia con i personaggi più improbabili è rimasta sconvolta dalla vicenda tragica del Principe Alfonso di Napoli torturato a morte dai francesi. Ecco, io mi sono creata una versione personale di tale vicenda (approfittando del fatto che, tutto sommato, quel personaggio è una licenza poetica e non è realmente esistito, così come la sua storia) e da questo è nata la ff. Stiamo parlando di AU, OOC e quant'altro, grazie a chi si prenderà la pena di leggere le mie allucinazioni e non siate troppo severi con me, lo so anch'io che sono da neurodeliri!
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfonso II di Napoli, Altri
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Salvation'
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Capitolo 12: Lost

 

It seems we have lost

We keep on running in different directions

Never again

The way you’re turning all my wrongs to right

Never again this one you can’t deny

Never again I wanted to reveal a softer side

Never again

Forgive me if I tried to do what’s right.

(“Lost” – Delain)

 

 

La malattia del Principe Alfonso durò più di una settimana e il fatto innervosì non poco Re Carlo, che avrebbe voluto partire al più presto per la Francia e invece si ritrovava a dover attendere la guarigione di quell’insopportabile ragazzino. A volte si pentiva di aver dato retta al suo Generale e pensava che avrebbe fatto molto meglio a lasciarlo torturare fino alla morte…

“Ma insomma, quel mezzo bastardo di Principe senza corona non è ancora guarito?” sbottò il sovrano al terzo giorno di malattia del giovane. “Noi dobbiamo tornare in Francia, abbiamo uno Stato da rassicurare, un successore da scegliere… non possiamo certo dipendere dai capricci di un inutile moccioso!”

“Vostra Maestà, comprendo benissimo le vostre preoccupazioni, ma la salute del Principe è più preziosa di quanto non crediate” insinuò astutamente il Generale. “Stiamo organizzando tutto ciò che è necessario per poter partire mantenendo in sicurezza il potere sul Regno di Napoli e per assicurarci un viaggio tranquillo fino in Francia; gli uomini sono pronti per affrontare eventuali attacchi da parte di eserciti italiani, ma non ritenete anche voi più saggio avere un buon rapporto con la Spagna in un momento tanto delicato? Se al Principe Alfonso accadesse qualcosa e la famiglia reale Aragonese approfittasse di ciò per muoverci guerra proprio quando siamo più vulnerabili, oppure per tentare di riconquistare il Regno di Napoli?”

Il monarca francese scosse il capo, frustrato. Si domandava fino a che punto il suo Generale insistesse per proteggere quel ragazzino per motivi suoi personali e quanto per il bene della Francia e per l’incolumità sua e di tutti i soldati, tuttavia doveva anche riconoscere che le sue motivazioni erano perfettamente logiche e giustificate.

“E’ vero, ma se intraprendessimo il viaggio adesso e il Principe non ce la facesse” tentò di nuovo il Re, “potremmo sempre sostenere che la colpa non è stata nostra, che abbiamo fatto di tutto per tenerlo al sicuro e che è stata solo una tragica fatalità.”

“Mio sovrano, voi stesso sapete quanto corrano velocemente le voci in queste corti italiane. Gli Sforza e persino il Duca di Mantova hanno dimostrato di sapere più di quanto desiderassimo riguardo alle torture subite dal Principe e sono certo che, in questo momento, le spie delle famiglie più potenti d’Italia hanno già riferito ai loro signori della sua malattia” obiettò il Generale. “Se accadesse qualcosa al Principe durante il viaggio, tutta la penisola affermerebbe che siete stato voi a causarne la morte, forzandolo ad un viaggio faticoso nonostante la febbre. E questa voce arriverebbe in Spagna in men che non si dica. Come ben sapete il vostro nemico, il Papa Borgia, è spagnolo…”

“E va bene!” borbottò il sovrano. “Attenderemo la guarigione del Principe Alfonso! Ma tu fai in modo che il dottore sia più celere nell’occuparsi di lui, abbiamo molte cose di cui occuparci in patria.”

“Sarà fatto come comandate, Vostra Maestà” replicò l’uomo, sollevato per aver ancora una volta convinto il suo Re e protetto il giovane Principe al quale si sentiva legato ogni giorno di più.

 

Dopo una settimana di febbre e malessere, il Principe iniziò a stare meglio, ma era ancora debolissimo, non mangiava quasi più e al Generale ricordava molto il ragazzo che aveva tirato fuori dalle segrete. Temeva, adesso, che il dottore avesse ragione e che Alfonso avesse cominciato un lento declino che, in poco tempo, lo avrebbe portato alla tomba.

Non poteva accettarlo, no! Proprio adesso che aveva finalmente trovato qualcuno che gli scaldava il cuore con la sua sola presenza, qualcuno con cui sperava di dividere un’esistenza fino ad allora dedicata solo alla guerra e al servizio della Corona, no. Lui non poteva permettersi di perdere il suo dolce Principe…

Incalzò il dottore affinché trovasse qualche rimedio, tonici ricostituenti o qualunque altra cosa aiutasse il giovane a rimettersi e a tornare in salute. Il dottore si impegnava già con tutto se stesso per curare il povero Principe ma, dopo tutti quei giorni e vedendolo tanto fragile e privo di forze, ritenne giusto che anche il ragazzo sapesse come stavano veramente le cose. Fino a quel momento aveva creduto di poter rimandare, sperava che Alfonso si sarebbe ripreso più velocemente, invece il Principe non mangiava quasi più e le forze non gli tornavano, forse sarebbe stato suo dovere spiegare anche a lui che non sarebbe più stato quello di prima.

Quella mattina, il decimo giorno che il Principe trascorreva a letto, il dottore giunse nella camera con un nuovo tonico che aveva preparato perché restituisse un po’ di vigore al delicato corpicino del giovane. Gli avrebbe somministrato quello, certo, ma gli avrebbe anche parlato francamente.

“Allora, dottore, avete portato qualche rimedio utile, finalmente?” esordì il Generale, sempre più in pena.

“Questo è un tonico che ho ricavato da miele e erbe selvatiche e dovrebbe avere un effetto rigenerante sul Principe, tuttavia” replicò il medico, guardando prima il militare francese e poi il giovane, “mio Principe, ritengo mio dovere informarvi sulle vostre reali condizioni.”

Alfonso trasalì e iniziò a tormentare il lenzuolo con le mani, mentre il Generale ebbe una reazione innervosita.

“Cosa intendete dire, dottore? Mi sembra perfettamente inutile spaventare il ragazzo, che è già debole e preoccupato. Fate il vostro dovere e andatevene!”

“Mi dispiace, mio signore, ma tra i miei doveri c’è anche quello di mettere al corrente il Principe riguardo alla sua salute, in modo che possa comprendere come gestire le sue forze e prendere i dovuti provvedimenti. Mio Principe, non dovete temere di aver contratto la peste, come vi dicevo non è questo il male che vi affligge, nondimeno si tratta di qualcosa di grave che inciderà sulla vostra vita futura.”

“Proseguite” mormorò Alfonso, stringendo a sé il lenzuolo come per proteggersi dalle parole che avrebbe dovuto ascoltare.

“Purtroppo ciò che vi ha tormentato in questi lunghi giorni non è stato causato da una malattia che io, o chiunque altro, possa curare” riprese il dottore, con un sospiro. “Come immagino sappiate già, le torture che vi hanno inflitto hanno indebolito le vostre membra e straziato il vostro corpo in modi che nulla hanno di umano e chiunque altro non sarebbe sopravvissuto a tali orrori, io lo so bene… Voi, invece, siete giovane e questo vi ha aiutato a riprendervi. Tuttavia… i supplizi vi sono stati inflitti con strumenti infetti e pieni di ogni sporcizia e hanno lacerato i vostri… insomma, i punti del vostro corpo dove più facilmente si espandono le infezioni. Certo gli arnesi di tortura non sono pensati perché il condannato sopravviva, dunque a nessuno poteva interessare quanto fossero ricoperti di sudiciume e altro…”

Il Principe era sempre più spaventato, ma ormai voleva sapere tutto. Annuì per invitare il dottore a continuare, poiché non aveva la forza di parlare.

“Quegli arnesi vi hanno lacerato, ma hanno anche avvelenato il vostro sangue e i vostri organi interni. Io ho curato meglio che ho potuto le ferite esterne, ma nulla posso fare contro ciò che vi divora dall’interno” mormorò tristemente il medico. “Potrei salassarvi per togliere un po’ del sangue infetto, ma siete troppo debole per perderne e, comunque, temo che ben presto l’infezione colpirebbe ancora.”

Alfonso aveva stretto tra le mani il lenzuolo, tirandoselo fin sotto il mento, e adesso si vedeva solo il suo viso pallidissimo e sempre più affilato e i grandi occhi neri pieni di paura e disperazione che sembravano mangiargli tutto il volto.

“Quindi… morirò?” chiese, in un soffio.

“Ma certo che no!” protestò il Generale, attirandolo a sé. Il Principe, però, si scostò da lui e guardò fisso il dottore, aspettando una riposta sincera.

“Io farò di tutto per mantenervi in vita il più possibile” promise il medico, “e voi siete molto giovane e quindi il vostro corpo reagirà sicuramente meglio di quello di un uomo in là con gli anni. Non morirete certo adesso, no, tuttavia sarete sempre molto fragile, cadrete spesso ammalato com’è accaduto stavolta e… e non posso promettervi che avrete una lunga vita. Ne sono addolorato, mio Principe.”

“Ho capito” mormorò il ragazzo, mentre negli occhi gli si leggevano tutto il dolore e la disperazione del mondo. Era condannato. Forse non sarebbe morto subito, ma chissà quanti anni, o forse mesi, avrebbe avuto ancora da vivere? Ecco, Re Carlo aveva comunque raggiunto il suo scopo, si era sbarazzato di lui, lo aveva rovinato e il Generale, che diceva di tenere tanto a lui, aveva fatto ben poco per impedirlo, era intervenuto soltanto quando era ormai troppo tardi!

“Mio Principe, adesso prendete il vostro tonico e riposate. Dovreste anche sforzarvi di mangiare un po’ di più e di fare qualche breve passeggiata, magari sotto il loggiato” lo incoraggiò il dottore, vedendolo tanto abbattuto. “Sono sicuro che vi riprenderete e che sarete anche in grado di affrontare il viaggio verso la Francia. Come vi ho detto, questa infezione lavora contro di voi, ma la vostra giovane età è dalla vostra parte e, se vi impegnerete per guarire, magari riuscirete anche a darmi torto e a stare meglio di quanto io abbia previsto. Perciò ve ne ho voluto parlare, per spronarvi a fare del vostro meglio per guarire. So che ce la farete, mio Principe. Vostro padre ha affrontato una malattia altrettanto grave ed è sopravvissuto fino a tarda età, perciò abbiate fiducia.”

“Seguirò tutti i vostri consigli, dottore” promise il Principe, abbozzando un mesto sorriso.

Mentre il dottore si inchinava e lasciava la stanza, Alfonso pensò che, molto probabilmente, non sarebbe stato in grado di reagire e che sarebbe morto presto ma, in fondo, cosa gli rimaneva per cui valesse la pena sopravvivere? Aveva perso il suo Regno, la sua vita, non sarebbe mai più stato il ragazzino sbarazzino e insolente che si divertiva ad essere quando era veramente il Principe di Napoli, era un ostaggio in mano a dei nemici che lo odiavano… per quale motivo avrebbe dovuto vivere? Certo, la morte nelle segrete sarebbe stata atroce, ma uno spegnersi così lento e graduale, perdendo le forze a poco a poco… sarebbe stato poco diverso dall’addormentarsi, solo che non avrebbe più dovuto svegliarsi in un mondo che ormai gli era sconosciuto ed estraneo.

Il giovane Principe si voltò sul fianco e si sistemò più comodamente nel letto, avvolto nelle lenzuola e nelle coperte.

“Principe Alfonso, non hai sentito cosa ha detto il dottore?” gli disse, premuroso, il Generale. “Non devi cedere alla malattia, devi reagire. Sforzati di mangiare qualcosa e poi ti accompagnerò a fare una breve passeggiata, ti sorreggerò io, non temere. Stamani Sua Maestà non ha bisogno di me e io posso occuparmi di te per tutto il tempo.”

Lo sguardo che Alfonso gli rivolse avrebbe potuto raggelare l’Inferno.

“A voi cosa importa della mia salute?” lo rimbeccò, brusco.

“Certo che mi importa” replicò il Generale, sorpreso da quell’improvvisa ostilità. “Sai che appartieni a me, non solo come ostaggio ma come mio amante, ti ho già detto tante volte che voglio prendermi cura di te, proteggerti e tenerti accanto.”

“Non l’avete fatto la notte delle segrete, però” fu la fredda risposta del Principe. “Mi avete trascinato laggiù, pur vedendo che ero solo un ragazzo spaventato. Mi avete strattonato e picchiato e infine lasciato in balìa degli aguzzini. Vi siete ricordato di venirmi a salvare solo quando era troppo tardi. Sì, mi avete risparmiato una morte atroce e di questo vi sono grato, ma quello che mi hanno fatto mi ha comunque condannato. Non avete detto una parola, non avete nemmeno tentato di intercedere per me presso il vostro sovrano, avete eseguito quell’ordine disumano e basta!”

Una morsa gelida strinse il cuore del Generale, che già da giorni si lacerava l’animo e si incolpava per non aver almeno tentato di mitigare le pene del disgraziato Principe.

“So ciò che ho fatto e, credimi, me ne pento ogni giorno. Non ero d’accordo con Sua Maestà, eppure ho contribuito alle cose terribili che ti hanno fatto” disse, in tono amaro. “Avrei potuto parlargli, come ho fatto in altre occasioni e invece… Non so nemmeno io perché non mi sono opposto subito a qualcosa che offendeva in tal modo ogni senso dell’onore, ma purtroppo non posso tornare indietro e cambiare le cose. Posso solo prometterti che sarò con te per il resto della vita, che mi prenderò cura di te in ogni modo, che cercherò con ogni mezzo di tenerti al sicuro e, se possibile, di renderti felice.”

“Ah, credete davvero che potrò mai più essere felice?” ribatté astioso Alfonso. “Mi avete tolto tutto e ora sono condannato a vivere da infermo e a morire in giovane età. Di che cosa mai dovrei essere felice?”

Il volto solitamente impassibile del Generale mostrò per un attimo tutto il dolore che quelle parole gli avevano causato, parole che andavano a sommarsi a tutto ciò che già da tempo si ripeteva, tormentandosi per non aver soccorso subito il suo prezioso Principe.

“Non lo so” ammise poi l’uomo, avvilito. “Speravo di poterti fornire io stesso dei motivi per esserlo. Speravo che la mia vicinanza e il mio affetto potessero significare qualcosa per te.”

Era la prima volta che quell’uomo coriaceo e austero lasciava spazio ai suoi sentimenti e li esprimeva liberamente.

“Vicinanza e affetto? Dov’erano quando mi straziavano nelle segrete?” obiettò caustico il Principe.

“Vorrei solo trascorrere il resto della mia vita a cercare di farmi perdonare da te, Alfonso” replicò il Generale con veemenza, combattuto tra i rimorsi e il senso di colpa e il desiderio di ritrovare quella pace che provava sempre quando era vicino al giovane Principe. Si avvicinò al ragazzo e lo strinse per le spalle, con il viso vicinissimo a quello di lui. “E’ questo che voglio dedicarmi a fare, se tu me lo concederai. Davvero non puoi perdonarmi per quello che ti ho fatto?”

Il giovane Principe non era veramente arrabbiato, solo confuso, spaventato e tanto, tanto stanco. Aveva aggredito a male parole il Generale per sfogarsi della rabbia e del terrore provati ma, in fondo al suo cuore, sentiva che solo accanto a quell’uomo era riuscito a ritrovare un po’ di serenità, che lui lo faceva sentire protetto e gli scaldava il cuore. Gli occhi gli si riempirono di lacrime.

“Io… ho solo voi…” mormorò, per tutta risposta.

“E io non ti lascerò mai, mai più per niente al mondo, Alfonso” disse il francese, stringendo il ragazzo in un abbraccio avvolgente e sentendo che il peso delle sue colpe gli scivolava via dalle spalle. “Sarò sempre vicino a te e farò tutto ciò che è in mio potere per regalarti una vita felice, piccolo mio.”

Cercò le sue labbra tenere e morbide per baciarlo a lungo e profondamente, per sentirlo suo, godere del suo dolce sapore, respirare il suo respiro e sentire che quel Principe fragile, giovane e indifeso era lì per lui, gli apparteneva e lui non se ne sarebbe mai più separato, lo avrebbe aiutato a guarire e gli sarebbe rimasto sempre accanto per donargli serenità e amore. Ancora piangendo silenziosamente, il Principe si lasciò andare al Generale e nel profondo del suo intimo sentì rinascere il calore della speranza, la consapevolezza che, forse, davvero un motivo per reagire e per tornare a vivere l’aveva…

 

 

FINE

   
 
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