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Autore: La Signora dei No    29/05/2017    7 recensioni
Come si può assemblare nuovamente un cuore ridotto in mille pezzi? Tornerà mai com'era un tempo?. Livio non riesce a darsi pace, da quanto tempo lui e Federico non parlavano veramente, da quanto non riuscivano più a leggere uno negli occhi dell'altro. Come hanno fatto ad aspettare che la situazione esplodesse e li portasse a quelle urla, a quella porta sbattuta con una violenza non voluta. Come hanno fatto a non scorgere quell'insormontabile muro, che ha avuto come unico scopo quello di dividerli. Riusciranno a lottare contro i propri " demoni", uscendone vittoriosi, integri e soprattutto insieme? Non sempre i dissapori possono essere messi a tacere facilmente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
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§ Angolo autrice §
Salve a tutti, eccomi di nuovo qui.Scrivere questo capitolo è stato davvero complicato, non tanto per il contenuto quanto per il fatto che questo sia il sesto capitolo. Come al solito perdonate il mio abnorme ritatdo nell'aggiornare. Spero che il capitolo vi piaccia e al prossimo.






6. Ritornare a casa:



Dopo la telefonata di Ottavia, ricevuta il giorno precedente, Livio non voleva alzarsi dal letto quella mattina. Sentire la sua famiglia in qualche modo lo rendeva felice, vederla invece lo terrorizzava. Al telefono poteva tenere i suoi famigliari a distanza, poteva non fargli leggere nei propri occhi per non farvi scorgere quanto la scomparsa di Emiliano l’avesse sconvolto e terrorizzato. Di persona non riusciva a farlo, per questo aveva smesso di andare a trovarli. La visita di una delle sue sorelle stava creando in lui un enorme stato d’ansia e di paura che da solo non sarebbe stato in grado di gestire. Alcune persone pensavano che lui fosse completamente dipendente da Federico ma non era così. Livio dipendeva dal suo ex-capitano solo quando in ballo c’era la propria famiglia, per il resto riusciva a gestire le emozioni più facilmente rispetto all’altro. Quando l’orologio appeso alla parete di fronte al letto segnò le dieci, il ragazzo decise di alzarsi. Indossò un paio di pantaloncini e una t-shirt neri, togliendosi prima il pigiama. Odiava rimanere tutto il giorno a casa indossando il pigiama. Dato che per due giorni di fila aveva saltato il pasto più importante della giornata, la colazione, si decise a farla. Prima di lasciare la stanza da letto scollegò il telefono dal filo del suo caricatore. Fece colazione con pane, marmellata di fragole, burro e un bicchiere di spremuta d’arancia. Appena finito di mangiare ricevette un messaggio proprio da sua sorella.

“Buongiorno Liv, spero di non averti svegliato. Oggi ci vediamo allora?”. 

Più cercava di non pensare a quella situazione più Ottavia lo trascinava dentro. La cosa davvero disarmante era poi il modo in cui l’aveva chiamato, nessuno usava più “Liv” dai tempi delle medie. Ignorò volutamente il messaggio di sua sorella e si andò a fare un bagno caldo per staccare la spina dalla realtà per una mezz’ora. Dopo pranzo, decise che era arrivato il momento di fare una passeggiata, visto il cielo sereno che s’intravedeva dalla finestra del soggiorno. Indossò dei pantaloni della tuta neri con una semplice maglietta bianca, prese il telefono, qualche spiccio e le chiavi di casa. Appena uscito da casa, un leggero vento lo investì scompigliandogli i folti capelli ricci. Decise di non seguire un percorso preciso ma semplicemente si abbandonò all'istinto. Camminò per un bel po' arrivando fino al parco del quartiere che distava quasi due isolati da casa sua. Data la sua stanchezza e il sole che aveva iniziato a picchiare forte, entrò nel parco e si sedette su una panchina all'ombra di una quercia. Quel periodo di fermo lo stava facendo impazzire. Proprio in un momento in cui avrebbe potuto tenere la mente occupata per evitare di pensare ai problemi che lo affliggevano, lui si faceva male. La fortuna lo stava abbandonando se lo sentiva. Mentre fissava le fronde dell'albero muoversi a causa del vento udì il pianto di un bambino. Senza alzarsi girò la testa per capire se sarebbe dovuto intervenire. Il ragazzino avrà avuto otto anni e si lamentava perché candendo dalla bici, si era sbucciato il ginocchio sinistro. Si stava per alzare quando scorse una figura alta, snella e dai lunghi capelli rossi fluenti. Avrebbe riconosciuto quella chioma ovunque, alla fine aveva rivisto Ottavia. Sua sorella si avvicinò al bambino gli disse che andava tutto bene, raccolse la bicicletta e la poggiò sul suo cavalletto. Subito dopo s’inginocchiò accanto al ragazzino e lo aiutò a rialzarsi e aspettò che lo raggiungesse il papà del piccolo. Quel piccolo incidente gli aveva riportato alla mente un ricordo di quando era poco più che un bambino anche lui. Era estate e Livio e i suoi fratelli stavano andando in bici al parco dietro la casa dove abitavano da piccoli a Torino. Livio aveva ancora le rotelle e mentre attraversavano sulle strisce una di esse, s’incastrò in una buca. Nel frattempo una Fiat si stava avvicinando Dario accortosi che, all'appello mancava proprio il piccoletto fece in tempo a tornare a prenderlo e a portarlo via. La bici fu investita. Una volta dall'altra parte della strada, Livio corse ad abbracciare Silvia giacché spaventato a morte. Col tempo aveva cercato di dimenticare quel brutto incidente e nel farlo si era scordato il terrore visto negli occhi dei suoi fratelli poco prima che Dario lo salvasse. Il suono del campanello della bici nera lo richiamò alla realtà, riuscendo a realizzare quanto i suoi fratelli e tutta la sua famiglia gli mancasse. Voleva rivedere i suoi nipoti, riabbracciare i suoi genitori e trascorrere del tempo con Giorgio, Silvia, Ottavia e Dario nuovamente. Un’idea gli balenò in testa. Sapeva che doveva risolvere la questione in sospeso con Federico ma la voglia di tornare a casa era troppo forte. Corse verso sua sorella e la fermò all'uscita del parco. 

- Ottavia - 

- Ciao Livio, è tanto che non ci vediamo - la ragazza era sinceramente sorpresa di vedere suo fratello, dalla telefonata aveva sospetto che non l'avrebbe visto e invece eccolo lì. 

- Hai finito il lavoro che dovevi fare? -

- Sì, si è trattato di un servizio fotografico che alla fine è durato solo mezza giornata -.

- Perfetto possiamo partire -

- E dove dovremmo andare? – 

- A casa dove altro dovremmo andare noi, secondo te? - .

- Dobbiamo fare i biglietti del treno e poi come mai vuoi tornare a Torino? -

- Ci deve essere per forza un motivo? -.

- Se fosse una qualsiasi altra persona sì, ma sei tu quindi ci deve essere per forza un motivo! - 

- Voglio semplicemente tornare a casa d'accordo? -

- Va bene e già sai come fare? - la testardaggine di Livio non era cambiata per niente e Ottavia di
questo era felice.

- Useremo la mia macchina e ovviamente la guiderai tu - il ragazzo dai capelli ricci s’indicò la mano fasciata. 

- Tu cosa hai combinato? -

- Ho avuto un piccolo incidente mentre mi allenavo niente di grave -.

- Sicuro che posso guidarla io la macchina? - 

- Perché mai me lo stai chiedendo? Se te l'ho proposto, significa che per me va bene - la ragazza
sospirò. 

- Conosco l'ossessione che hai per le tue cose, nessuno le deve toccare -

- Avevo quindici anni! Ora sono cresciuto e poi pure volendo, non potrei con la mano in queste
condizioni - . 

- D'accordo ma poi non lamentarti con me - 

- Si tranquilla - Livio le sorrise per la prima volta dopo anni. 

- Allora cosa facciamo? -

- Passiamo a casa mia a prendere le chiavi dell'auto e poi andiamo a prendere le tue valigie - 

- Allora indicami la strada - . 
 
Impiegarono una ventina di minuti ad arrivare a casa del ragazzo che preparò al volo una borsa contenente le cose essenziali. Una volta recuperate anche le valigie di Ottavia, si misero in viaggio. Poco prima di lasciare Roma il ragazzo inviò un messaggio a Federico dicendogli che se voleva poteva tornare a casa giacché lui sarebbe andato a Torino. Il viaggio fu abbastanza lungo e dopo aver superato Firenze, il proprietario della macchina compose il numero di casa dei genitori e una volta che sua madre ebbe risposto, attivò la viva voce facendo parlare la sorella. 

- Ciao mamma io sto tornando a Torino -

- Ciao Ottavia, tutto bene? -.

- Si tranquilla. Ti ho chiamato per chiederti un favore - 

- Dimmi tutto tesoro -

- Puoi radunare tutta la famiglia per favore ho una sorpresa da farvi vedere-.

- Ottavia quando arriverai qua sarà a tarda sera-

- Lo so mamma ma casa è molto grande e si può ospitare tutti -

-D'accordo, io proverò a fare qualcosa ma tu cerca di arrivare il più presto possibile - detto questo la donna più grande attaccò.

Dopo la conversazione avuta al telefono in macchina, non volò nemmeno una mosca. Ottavia non riusciva a capire il perché suo fratello volesse così disperatamente tornare nella loro città natale da farlo partire in fretta e furia. Dal canto suo Livio non riusciva a spiegarlo neanche a lui stesso. Rivedere quella scena aveva scatenato in lui L'impellente desiderio di riabbracciare la sua famiglia e poi la discussione avuta giorni addietro con il suo fidanzato, gli aveva fatto realizzare quanto fosse importante chiarire subito le incomprensioni. Non si poteva vivere una vita intera con gli scheletri nell'armadio. Quando arrivarono finalmente a destinazione, erano scoccate le dieci da un paio di minuti. Livio aveva dormito per tutto il tempo è quando Ottavia lo svegliò, si sentiva abbastanza rintontito. Stavano percorrendo il viale di casa quando venne un'idea geniale al più piccolo.

- Citofona tu ed io mi nascondo dietro il cespuglio accanto alla porta -.

- Che cosa vorresti fare tu? -

- Tu fai quello che ti ho detto e basta -

- D'accordo -.

Ottavia citofonò e una volte che la signora Rossella apparve sulla soglia di casa la salutò abbracciandola. Un attimo prima che sua madre chiudesse la porta di casa Livio la bloccò con un piede.

- Ahi mamma! Mi fai male! Smettila di schiacciarmi il piede - Rossella aprì la porta e si trovò
davanti al penultimo dei suoi figli.

- Livio? -

- Si sono io mamma -

- Livio? -.

Il ragazzo capito lo sgomento della donna le saltò letteralmente addosso e lo abbracciò. La signora realizzata la situazione ricambiò l'abbraccio.

- Entra tesoro - 

- Ci sono tutti? -

- Manca tuo padre che all'ospedale aveva il turno di notte - . 

Inizialmente ci rimase male poi, però, riflettendoci, arrivò alla conclusione che forse per il momento era meglio così. Mentre parlava con sua madre, udì le voci dei suoi fratelli che provenivano dal soggiorno. Smise di ascoltare quelle che gli stava dicendo Rossella e si sbrigò a raggiungere la stanza principale. 

- Giorgio! Dario! - i suoi due fratelli più grandi erano seduti sul divano e stavano dibattendo tra
Pallacanestro e Pallanuoto fosse migliore.

Giorgio aveva i capelli tagliati alla militare e a differenza di tutti in famiglia li aveva castano chiaro, era l'unico inoltre a essere alto quanto il padre. Dario invece se possibile aveva i capelli di un color pel di carota tendenti all' arancione acceso. 

- Livio? -

- Impossibile Dario, lui non torna a Torino da anni -

- Magari Giorgio se giri la testa verso la porta -seguendo il consiglio del fratello più grande si
voltò e rimase scioccato da quello che vide.

- Sei davvero tu? –

- A quanto pare si Giorgio - il fratello gli corse incontro al ragazzo sulla porta e lo abbracciò. 

Dario si alzò dal divano e lo raggiunse.

- Hey mi sbaglio o ti sei alzato? -

- Probabilmente sei tu che ti sei abbassato -.

Il primogenito non raccolse la provocazione del fratello e lo abbracciò a sua volta. 

- Dov'è Silvia? -

- In camera sua -

- Grazie -.

Salutati i fratelli, salì le scale che si trovavano nell'atrio della casa e raggiunse la camera della sorella.

- Sempre a lavorare stai - 

- Livio - la ragazza si alzò dalla scrivania, dove era seduta e corse incontro a suo fratello. 

Silvia era una ragazza magra che assomigliava molto a Ottavia, i capelli portati a caschetto e gli occhi azzurri erano le sole differenze che le distinguevano. 

- Che ci fai qui? -

- Mi mancavate così sono venuto a trovarvi -.

- Ragazzi tutti a tavola è pronta la cena -.

Quando i due scesero le scale per andare in cucina, Livio trovò seduti al tavolo tutta la sua famiglia, i suoi cognati e le cognate con tutta la banda di nipoti che non vedeva ormai da un'eternità. La sera trascorse serena e tranquilla come non succedeva da tantissimo tempo. Della sua famiglia gli era mancato tutto, i pasti cucinati da sua madre, le prese in giro di Dario, la filosofia spicciola di Giorgio, i dispetti di Ottavia e la voce melodiosa di Silvia. Persino i suoi cognati gli erano mancati. Subito dopo cena salì in camera sua. La casa era una villetta di tre piani situata poco fuori Torino. Al piano terra c'era la cucina open space, il salone che si affacciava sul giardino e la camera degli ospiti con il relativo bagno. Al piano superiore si trovavano tutte le stanze da letto e tre bagni, uno per i ragazzi, uno per le ragazze e quello dei suoi genitori in camera loro. All'ultimo piano infine si trovava una stanza adibita a biblioteca contenente un'infinità di libri, la stanza dove sua madre dipingeva e lo sgabuzzino. Una volta in camera andò alla ricerca di una maglietta da utilizzare a mo’ di pigiama. Tornare era stata una scelta inaspettata, tutti erano rimasti esattamente come li aveva lasciati, non erano cambiati di una virgola. Anche la sua stanza non aveva subito modifiche. La porta si trovava di fronte alla finestra, a destra di essa c'era il letto con l'armadio e nella parte opposta c'era la scrivania con sopra una piccola libreria contenente i vecchi testi scolastici e i suoi libri preferiti. Sotto la finestra era stata posta una piccola cassapanca e le pareti della stanza erano dipinte di blu cobalto, tutto il resto dell'arredamento ruotava intorno a quella tonalità di blu. Accanto al tavolo vi era un antico cassettone di sei cassetti, dove sopra c’era poggiato il televisore e immediatamente sopra c'era una bacheca che conteneva tutti i premi e i trofei vinti. La stanza era tappezzata di foto e quadri. Per niente stanco Livio iniziò a osservarle una per una. La prima raffigurava lui, Elena e Federico il primo giorno di scuola e a seguire si vedevano diverse foto che narravano frammenti della prima parte della sua vita. L'ultima foto attaccata alla parete immortalava la sua squadra di pallavolo del liceo che alzava il trofeo dell'ultimo campionato cui avevano partecipato al cielo. Tutte quelle immagini gli avevano ricordato che Federico aveva sempre fatto parte della sua vita fina da neonati. Doveva risolvere la questione lasciata in sospeso con il suo migliore amico. Negli anni ne avevano superate tante insieme e il loro rapporto si era evoluto passo dopo passo. Inizialmente le loro famiglie erano state amiche, poi il testimone era passato a loro il primo giorno di scuola elementare. Durante le elementari erano diventati poi compagni di squadra, alle medie divennero ufficialmente migliori amici fino a quando durante l'ultimo anno di liceo divennero una coppia. Con quella litigata aveva capito due cose fondamentali. La prima era che lui non era pronto a chiudere la loro storia e la seconda che non aveva nessuna voglia di farlo. L'orologio appeso a destra della porta rintoccò la mezzanotte e Livio decise che era meglio andare a dormire, tutto quel riflettere l'aveva notevolmente stancato. 
 
   
 
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