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Autore: Xion92    29/05/2017    5 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiorno a tutti, finalmente ecco l'aggiornamento, dopo quella cover che mi ha portato via due mesi (la trovate su facebook o nel capitolo scorso). Volevo avvisare che visto che mi sono rimessa in pari con le cover (me ne mancano tre), pubblicherò tre capitoli prima di fare la prossima. Occhio che questo qui è pesantuccio, spero vi piaccia. Buona lettura!


Capitolo 75 – Crisi notturna


Waffle, a quell’unica, singola domanda posta da suo padre, era rimasto pietrificato. Solo una parola era uscita dalle labbra del genitore, ma era stata pronunciata con un tono di voce così freddo e allo stesso tempo così alterato che lui era rimasto congelato sul posto.
Visto che non rispondeva, Flan gli chiese ancora:
“cos’hai appena detto?”
Allora Waffle recuperò il controllo di sé e, torcendosi le mani, rispose esitante:
“quei chimeri che hai creato quando siamo arrivati qui… se le Mew Mew li sconfiggono rilasciano un potenziamento. L’ho visto stasera per caso, e… se non sbaglio, ne sono già apparsi quattro…”
A quel punto, Flan si alzò di botto in piedi e Waffle, per reazione, fece un passo indietro.
Ma suo padre riuscì subito a controllare quel suo brevissimo scatto di rabbia, anche se quella luce sinistra nell’occhio non si spense.
“Figlio…” disse l’uomo adulto con voce calma. “Mi spieghi cos’hai fatto tu, da quando siamo arrivati qui?”
Waffle rimase interdetto. Non si aspettava tutta quella tranquillità da parte di suo padre, davanti a una notizia del genere. Ma sapeva anche che il tono di voce per lui non voleva dire nulla.
“Io… ho combattuto contro quei sette guerrieri al fianco di quei chimeri più potenti.”
Flan annuì. “E in tutto questo tempo, non ti sei mai accorto che potevano rilasciare un potenziamento?”
“Non… non sono mai rimasto in quei combattimenti fino alla sconfitta dei mostri. È successo solo stasera”, tentò di giustificarsi Waffle, tenendo gli occhi bassi per la vergogna.
“Sai, figlio…” disse ancora Flan, col solito tono tranquillo. “Ti ho mai detto che la nostra specie conta poche migliaia di individui, visto che le condizioni di vita sul nostro vecchio pianeta non erano esattamente favorevoli?”
Waffle si stupì di quell’improvviso cambio di argomento.
“Sì, padre, me l’avevi detto.”
“Quindi sai che in un modo o nell’altro siamo tutti parenti, no?”
“Sì, padre.”
“Ecco”, aggiunse Flan, fulminandolo con l’occhio. “Non mi meraviglierei ti scorresse nelle vene qualche goccia di sangue di quei tre incapaci che erano stati scelti. Ci dev’essere un motivo per cui non riesci mai in quello che ti proponi e non fai che darmi una delusione dopo l’altra.”
Waffle incassò quella cattiveria con fatica, e si morse il labbro inferiore, senza guardare in faccia suo padre.
“Quindi adesso, tutto il lavoro che sto facendo da mesi rischia di essere annullato per colpa di quei potenziamenti che hanno preso, qualunque effetto abbiano.” E gli puntò il dito contro. “Per colpa tua!”
“Padre, mi dispiace!” gridò a quel punto Waffle, alzando la testa e con la disperazione nella voce. “Non so davvero cosa dire… mi dispiace.”
“Non c’è proprio niente da dire”, scosse la testa Flan. “Le tue stupide scuse rimedieranno all’errore madornale che hai fatto?”
Il ragazzo riabbassò la testa. “No…”
Flan a quel punto si risiedette.
“Figlio… adesso rispondi a questa domanda: cos’hai combinato di buono da quando sei venuto al mondo?”
Waffle rimase in silenzio a lungo, prima di rispondere. “Niente…”
“Cosa sei riuscito a fare nella tua vita per onorare e rendere giustizia al nostro dio?”
“Niente…” rispose ancora Waffle.
“Cosa se ne fa il nostro dio Profondo Blu di quelli che non fanno altro che deluderlo?”
“Niente…” ripeté il ragazzo, stringendo appena i denti.
“Esatto”, annuì Flan. “Però sono convinto che qualcosa di buono tu ce l’abbia. Ti darò un’altra possibilità. Non m’importa quello che farai o quando lo farai, ma la tua prossima mossa dovrà portare a un risultato positivo. Ti conviene non fallire questa volta, Waffle, lo dico per te. Sarai mio figlio, ma sai bene che un individuo del nostro popolo che non riesce a servire Profondo Blu come si deve è un individuo che non serve a niente.”
E, pronunciando queste parole con voce calma e terribile, riprese in mano i suoi kunai, facendo scorrere il dito sulla lama affilata come una cesoia.
“Mi sono spiegato?”
Anche se non aveva detto nulla di esplicito, Waffle capì subito cosa intendeva.
Strinse i pugni e rispose, con voce controllata:
“perfettamente, padre.”

Pochi giorni dopo, a inizio dicembre, visto che i grandi magazzini iniziavano ad accumulare le forniture per il periodo natalizio, Ichigo, dopo la scuola, telefonò al Caffè e chiese ad Angel se voleva andare per un’oretta in giro per negozi con lei.
Angel accettò subito e si preparò a passare con la sua leader un piacevole primo pomeriggio prima dell’inizio del turno.
Mancavano poche settimane a Natale, e l’arredamento del centro commerciale era cambiato: ora ad abbellire l’ambientazione c’erano decorazioni rosse e argento, abeti agghindati piazzati un po’ ovunque, grandi palle natalizie che pendevano dal soffitto, e in sottofondo allegre musichette a tema natalizio.
Angel non riusciva a dare un senso a tutto questo, ma trovava davvero piacevole questo ambiente vivace e ricco di colori caldi.
Le due ragazze passarono insieme un’ora tranquilla, con Ichigo che si provava ogni vestito grazioso che le capitava davanti, ed Angel che commentava affermando invariabilmente che le stava bene tutto. Anche lei riuscì a scegliersi un maglione nuovo, blu, senza decorazioni, ma che secondo lei aveva il pregio di non prudere la pelle perché fatto di pile.
“È così che si scelgono i vestiti, prima bisogna vedere se non danno fastidio e sono comodi”, disse a Ichigo una volta finito l’acquisto.
Visto che non c’erano nuvole e il tempo era buono nonostante il freddo, le due ragazze decisero di fare a piedi la strada di ritorno. Con le mani piene di sacchetti, ridendo e chiacchierando, finirono col ritrovarsi a parlare dell’ultima avventura che avevano vissuto alcuni giorni prima.
“Ma allora, mi vuoi spiegare come avete fatto tu e Minto mentre noi eravamo imprigionati?” chiese Ichigo, curiosa.
“Beh, diciamo che quando l’ho trovata ho elaborato un piano. Lei poteva entrare da una porta dalla cima del palazzo, però c’era Waffle lì vicino. Allora sono andata da lui, da sola, per tenerlo occupato in modo che Minto potesse venire a salvarvi”, spiegò Angel.
“È stata dura?”
“No, non ci ho neanche combattuto. Se mi fossi messa a combatterlo, e Minto fosse passata lì vicino, lui avrebbe potuto vederla. Invece l’ho tenuto fermo in quel punto parlandoci e, dalla posizione in cui eravamo, Minto non si poteva vedere. Capito?”
“Sei stata davvero brillante, Angel”, si complimentò Ichigo. “Ma di cos’è che avete parlato?”
“Oh, niente di che, ho solo dovuto tenerlo buono”, rispose con modestia Angel. E non perse l’occasione per rimarcare quello che pensava della specie a cui apparteneva Waffle. “È anche vero però che con quelli non si sa mai, quindi non è stata una cosa scontata. Non sai cosa aspettarti da loro, per come sono fatti potrebbero anche attaccarti senza nessun motivo. Sono tutti uguali, tutti malvagi fino al midollo, proprio la specie più vergognosa che sia mai esistita”, sentenziò, col tono di voce che aveva assunto un tono saputo.
E, in cerca di approvazione, si girò a guardare il viso di Ichigo. Notò però con sconcerto che il suo sorriso affabile si era spento. Allora un dubbio la punse: aveva per caso detto qualcosa di sbagliato?
“Ichigo, cosa c’è?”
“Angel, sai che io ho una grande opinione di te”, rispose Ichigo, seria. “Ma ci sono dei momenti come questi in cui cadi davvero in basso. Tu hai sempre da ridire sulla chiusura mentale di Flan, di come disprezzi gli uomini ritenendoli feccia. Ma non hai notato che stai parlando esattamente come lui?”
Angel si fermò, sentendo un senso di paralisi immobilizzarle le membra.
“…Cosa?” riuscì a buttare fuori.
“Sì”, insisté Ichigo, fissandola nelle pupille. “Sono d’accordo che Waffle sia un individuo pericoloso, che va fermato. Su questo hai ragione. Ma se è così, è solo perché lo è diventato, non è certo una cosa spontanea, la sua. Le persone sono fatte così.”
“Ma Waffle non è una persona, Waffle è un alieno”, alzò allora la voce Angel, ritrovando mobilità. “Loro sono tutti così, nessuno escluso, e lo sono perché è nel loro DNA essere malvagi. Fidati, io lo so.”
Ichigo la guardò con uno sguardo preoccupato, poi le disse: “senti Angel, io ho capito che dopo tutto questo tempo ancora vuoi bene a Waffle, ma credimi, non è togliendo la responsabilità a lui ed estendendola a tutta la sua specie che lo aiuterai. Se lui è diventato come suo padre, è perché è stato cresciuto in un certo modo. La sua specie non c’entra.”
Quell’ultimo discorso lasciò Angel pietrificata, e lei ci mise alcuni secondi prima di trovare le parole per replicare.
“Ichigo, ti sbagli, io non voglio bene a Waffle. Gli ho voluto bene, certo, quando eravamo piccoli. Cosa ti fa pensare che ancora senta qualcosa per lui?”
“Non è che ci voglia tanto, in squadra l’abbiamo capito tutti”, rispose Ichigo con comprensione. “Nelle volte in cui abbiamo parlato di queste cose, quando abbiamo discusso di questo senso religioso estremo che porta gli individui a pensare così, tu sembravi accettare il nostro ragionamento; ma appena per caso nominavamo Waffle ti chiudevi e rifiutavi tutti i discorsi e le conclusioni a cui eravamo arrivati prima.”
Angel non rispose e rimase a fissarla, con gli occhi spalancati dallo stupore.
“Posso capire quello che provi, Angel, ma non chiudere così la tua mente. Non risolverai né i tuoi problemi né i suoi”, concluse Ichigo, prima di rimettersi a camminare, ed Angel si affrettò a raggiungerla tenendo il suo passo.

Angel non aprì bocca per tutto il resto del tragitto, e non parlò nemmeno durante il turno di lavoro. Rimase sorridente e cordiale coi clienti, ma con la mente era da un’altra parte. I suoi compagni, preoccupati, cercarono di richiamare la sua attenzione un paio di volte, ma lei pareva a malapena accorgersi che erano lì.
Dopo un pomeriggio interminabile, quando tutti se ne furono andati via, Ryou rivolse la parola alla sua coinquilina che stava ciondolando per la sala.
“Allora, cos’hai?” le chiese con tono indagatore.
Lei gli rivolse uno sguardo meravigliato. “Cos’ho?”
“Era da un sacco di tempo che non ti vedevo così chiusa. Sei stata troppo tempo senza uccidere?” Ryou incrociò le braccia e si appoggiò a una colonna.
“No, non è la caccia che mi manca, ma…” iniziò lei, poi si morse la lingua. Ci rifletté un momento, ma alla fine si decise a non tenergli nascosto niente. Una volta, alla fine dell’estate, le parole del boss l’avevano confortata molto e l’avevano aiutata a rimettersi in carreggiata. Forse poteva schiarirle le idee anche questa volta. Quindi gli riferì lo scambio di battute che aveva avuto con Ichigo poche ore prima.
“Pensi che lei abbia ragione, boss? O ho ragione io?” gli chiese infine con ansia.
Ryou per lungo tempo rimase appoggiato alla colonna, pensieroso, senza mutare espressione. Poi si portò una mano al viso e si strofinò gli occhi col pollice e l’indice.
“Angel, tu lo sai com’è andata la battaglia contro Profondo Blu?” chiese infine.
“Certo, mia nonna me l’ha raccontata”, rispose pronta lei.
“Ti ha raccontato proprio tutto? Non ha tralasciato niente?” insisté lui. “Perché se davvero ti ha raccontato tutto, troverei strano pure da una come te questi ragionamenti che fai.”
“Beh, tutto tutto forse no. Insomma, mi ha fatto un riassunto. Cos’è che non mi ha raccontato?” volle sapere Angel.
“Lo sai che, quando la battaglia stava volgendo al termine, uno di quegli alieni che abbiamo combattuto mi ha salvato la vita? A me, e anche a Retasu, Bu-ling, Zakuro e Minto?”
Angel spalancò gli occhi. “…Davvero? No, boss, te mi prendi in giro!” disse però subito dopo.
“Ti sembra che ti stia sfottendo?” chiese duro lui.
Angel lo guardò bene in faccia. “No. Per niente”, ammise.
“Bene, era l’alieno più grande. Pie, si chiamava. Quando Profondo Blu ha liberato tutta la sua potenza contro la sua volontà, uno dei fasci di energia che ci ha scagliato contro stava per travolgerci. Ma quell’alieno all’ultimo momento ha parato parte del colpo usando uno dei suoi attacchi, e in questo modo ci ha salvati. Però così è morto lui. Pensi davvero che, se fosse stato intrinsecamente malvagio come dici, lo avrebbe fatto?”
Angel era rimasta senza parole. Che grande gesto di coraggio e onore aveva compiuto quel tizio, se quello che diceva il boss era vero. Però non poteva essere vero… ma doveva esserlo, il boss non poteva mentire su una faccenda così seria.
“Non penso che ci sia bisogno di aggiungere altro”, concluse Ryou. “Anzi, forse una cosa c’è. Ti farebbe così brutto l’ipotesi di tornare amica di Waffle? Devi volergli davvero bene, se arrivi al punto da accusare un intero popolo per una colpa che è soltanto sua, e tutto questo solo per giustificare quello che ha fatto e togliergli la sua responsabilità.”
Detto questo, se ne tornò nello studio, lasciandola lì, sola e inebetita in mezzo alla stanza.

Era di nuovo scesa la notte. Nella dimensione aliena, Waffle si era ritirato in una zona molto lontana da quella di suo padre. Aveva bisogno di stare da solo per riflettere bene. Riflettere, ma rimanendo a mente fredda. Doveva elaborare un piano efficace, senza lasciare che il pensiero di quello che sarebbe successo se avesse fallito intaccasse i suoi ragionamenti.
‘Cosa posso fare, cosa posso fare?’ si ripeteva come un mantra.
Aveva pensato vari obiettivi, ma alla fine li aveva scartati tutti. Attaccare una qualunque di quelle guerriere era fuori discussione. Forse avrebbe avuto qualche possibilità se fossero state da sole, ma sapeva come fossero in grado di chiamare in aiuto i loro compagni con quel ciondolo attaccato al collo. Ed inoltre ora avevano un potenziamento su cui poter contare. Il Cavaliere Blu, che era il solo a non poter chiamare in aiuto gli altri? Escluso nella maniera più assoluta, a Waffle non sarebbe mai saltato in mente di mettersi contro di lui, nemmeno se fosse stato da solo. Era davvero troppo forte per la sua portata.
Ma allora, così, si trovava di fronte a un vicolo cieco. Si sistemò con le gambe e le braccia incrociate e socchiuse gli occhi, mentre sentiva la disperazione iniziare a pervadergli la mente. E, come un fulmine, una rivelazione gli attraversò il cervello.
“La sciarpa!”, gridò, aprendo all’improvviso gli occhi gialli.
Gli era infatti venuta in mente Angel, e quell’incontro con lei che aveva avuto alcuni giorni prima. Allora non ci aveva fatto caso perché era buio, ma ora che ci ripensava, realizzò che Angel quella volta non aveva la sciarpa al collo. Indossava solo il collarino, il punto era che attaccato al collarino… non aveva niente.
Realizzato questo fatto, Waffle rimase per un attimo stupito, a bocca e occhi spalancati, poi iniziò a sentirsi sempre più amareggiato e sconfortato, insieme a un gran senso di rabbia che stava iniziando a crescergli dentro.
“Lei… lei non ha il ciondolo…” prese coscienza a denti stretti.
Esasperato, diede un pugno alle mattonelle del pavimento, sentendo le ossa scricchiolargli dentro la mano.
“Io, per tutto questo tempo, non me ne sono accorto… perché quella sciarpa… quella dannata sciarpa che si porta sempre addosso me l’ha nascosto.”
Preso dalla frustrazione, si ficcò l’unghia del pollice fin dentro la carne del palmo della mano, facendola sanguinare.
“Questo vuol dire che… che se me ne fossi accorto prima… se me ne fossi accorto all’inizio avrei potuto ucciderla da un pezzo.”
Che errore stupido, cretino, che aveva commesso. Questo era ben peggiore dell’aver lasciato che le Mew Mew avessero ottenuto il loro potenziamento.
“Se me ne fossi accorto, tutto sarebbe stato facile”, ripeté, maledicendosi, con le lacrime che gli appannavano gli occhi. “Avrei potuto ucciderla subito, e io e mio padre saremmo potuti tornare nel nostro tempo senza pericolo che gli altri guerrieri ci seguissero.”
Ma recuperò in breve tempo quel poco di lucidità che gli era rimasta. Non tutto era perduto. Quello che avrebbe dovuto fare il marzo scorso l’avrebbe fatto ora. Angel non aveva il ciondolo. Non aveva modo di chiamare aiuto. Tutto quello che doveva fare era sorprenderla in un momento in cui si sarebbe trovata da sola. Forse ci sarebbe voluto molto tempo, perché aveva notato che lei non si allontanava mai troppo dai suoi compagni. Ma non aveva fretta. Poteva aspettare tutto il tempo che voleva.
Ed inoltre doveva trovare un modo per isolarla ancora di più dagli altri, in modo che potesse occuparsi di lei con tutta calma; magari portarla in un posto che fosse favorevole a lui e svantaggioso per lei. Sapeva però che non poteva in alcun modo sperare di trascinarla dove voleva lui usando la forza fisica: se ci avesse provato, lei sarebbe anche stata capace di staccargli la mano dal polso. Doveva agire d’astuzia e colpirla nei punti deboli del suo carattere, se voleva sperare che cadesse nella sua trappola. E non era neanche detto che in questa maniera ce l’avrebbe fatta, furba com’era.
Rimase alcune ore ad elaborare il suo piano, finché, almeno sul piano teorico, non l’ebbe portato a termine.
Sarebbe andato tutto bene. Lui era un giovane forte e prestante. Lo sguardo del suo dio era su di lui. Quale altre garanzie per la vittoria gli occorrevano?
Però, dopo pochi minuti di tronfia tranquillità e sicurezza, il cuore del ragazzo iniziò a vacillare.
Poteva andare tutto bene, sì… ma questo non era affatto scontato. Non poteva venir meno a questo compito, altrimenti suo padre lo avrebbe ucciso. E se avesse perso contro Angel, sarebbe morto comunque.
Fino a pochi mesi prima, tutto quello che Waffle avrebbe pensato in proposito sarebbe stata soltanto l’esclusione della possibilità di perdere contro una donna umana. Ma adesso, aveva preso coscienza che le cose non erano più così semplici.
Angel era molto cambiata, era diversa dalla prima volta in cui si erano rivisti da grandi. Era diventata una guerriera forte, abile, astuta e svelta a pensare. Bastava vedere come l’aveva messo nel sacco l’ultima volta che si erano incontrati. Waffle non aveva idea di come avesse fatto a crescere così tanto in un lasso di tempo così breve. Dubitava che avesse fatto tutto da sola, di certo i suoi compagni dovevano c’entrare qualcosa. Ma i suoi occhi glielo rivelavano ogni volta che si trovava a guardarli. Avevano lo sguardo fiero di chi è perfettamente conscio delle proprie capacità, e lui sapeva bene che ora Angel era diventata forte almeno quanto lui. Chi mai poteva assicurargli che sarebbe uscito vivo da uno scontro con lei?
Era in trappola. Non poteva sottrarsi. Doveva farlo. Sia che avesse perso, sia che si fosse ritirato, sarebbe morto. Se invece avesse vinto, suo padre e Profondo Blu gli avrebbero concesso la loro approvazione.
Era ora di smettere di avere paura, ed era il momento di comportarsi da uomo. Poteva farcela. Il piano che aveva studiato era perfetto. Lui era un combattente potente ed abile, e non era nulla da meno di Angel. Con lo sguardo del suo dio su di lui a proteggerlo, poteva stare tranquillo. Si ripeté più volte questa rassicurazione e si preparò per andare a dormire.
Ma, nonostante fosse tardi e la stanchezza per l’intensa attività mentale fosse tanta, Waffle non riuscì a prendere sonno. Nessuno gli stava mettendo fretta per l’esecuzione del suo piano, ma sentiva un gran senso di angoscia turbargli ogni angolo della mente, come se avesse dovuto mettere il tutto in atto il giorno dopo.
Sentiva che stava per commettere l’azione più rischiosa di tutta la sua vita: andare volontariamente contro Angel era molto pericoloso, soprattutto ora che era diventata così forte. Eppure lo doveva fare, perché alternative non ne aveva; diversamente sarebbe morto. Ma anche così avrebbe rischiato grosso. Angel era una guerriera feroce e spietata in combattimento, una volta accettata la sfida lei non si sarebbe mai tirata indietro, e non avrebbe mai avuto dubbi o ripensamenti; non si sarebbe fatta nessuno scrupolo ad ammazzarlo, questo era sicuro. Il pensiero di morire ucciso in battaglia, soprattutto per mano di una donna terrestre, lo atterriva profondamente, e mai nella sua vita si era ritrovato a dover affrontare una prospettiva così potenzialmente fatale.
Lui era solo un ragazzo giovane, e non aveva mai avuto nemici da temere. Era sempre vissuto all’ombra di suo padre, questo sì, ma aveva ricevuto da parte sua quella protezione e sicurezza che ora erano venute a mancare completamente. Ed anche in tutte le battaglie contro quei guerrieri, non era mai stato da solo, ma aveva sempre combattuto insieme ai chimeri. Contro Angel, contro un’avversaria così pericolosa, né Flan né i chimeri lo avrebbero aiutato. Avrebbe dovuto affrontarla completamente da solo, senza nessun aiuto esterno; nessuno sarebbe venuto in suo soccorso se le cose si fossero messe male.
Al pensiero di un peso così gravoso che gli incombeva addosso, al pensiero di quella battaglia imminente da cui forse non sarebbe più uscito, Waffle si sentiva il cuore sempre più pesante. E il tutto era mischiato ad un altro sentimento che lo lacerava.
Qualche giorno prima, Angel, per aiutare i suoi amici, lo aveva ingannato, ma quella chiacchierata che avevano avuto nel momento centrale del loro incontro non era stata una montatura. Quello sguardo e quella voce non potevano mentire. Angel davvero, in quei momenti, aveva avuto nostalgia per quei bei tempi in cui loro due erano stati buoni amici. E, cosa che lo spezzava in due, anche lui, insieme a lei, aveva sentito quel desiderio ritornargli, dopo tanti anni che non lo aveva sentito più. Era inutile negarlo e far finta di non aver provato nulla di simile.
Waffle provava tutti questi sentimenti senza riuscire a concretizzarli nella mente, perché le barriere mentali che suo padre gli aveva costruito intorno per tutti quegli anni erano troppo salde. Però, se avesse potuto dare una forma a quelle sensazioni, avrebbe espresso il suo desiderio di poter tornare ad essere con Angel quello che era stato molto tempo prima; il guardarla non più come nemica giurata e feccia del creato, ma come una cara amica che si corre ad abbracciare non appena la si vede. Quel periodo spensierato che aveva passato con lei era stato davvero il migliore della sua vita, e in tutto quel tempo trascorso insieme aveva provato quei sentimenti positivi che non aveva più sentito da quando ne era stato strappato via da Flan.
Ma tutto quello che riusciva a pensare nel concreto era la paura che ora lei gli strappasse via la sua vita, a lui che aveva solo quindici anni e tutta l’esistenza davanti.
“Perché…? Come ho fatto a ritrovarmi in questa situazione?… Io non voglio morire… non voglio morire…” ringhiava disperato, sdraiato nel suo letto, a denti digrignati ed occhi strizzati, con le lacrime che gli bruciavano sotto le palpebre, stringendosi forte al cuscino.
Solo verso le tre del mattino finì per cedere alla stanchezza.

In quella stessa notte, sola nella sua camera, Angel si cambiò mettendosi il pigiama pesante e si infilò sotto le coperte. Era rimasta profondamente turbata per tutta la serata, ma Ryou e Keiichiro, discreti, non le avevano detto nulla.
Si rigirò tra le lenzuola e il piumone almeno per un’ora, senza riuscire a prendere sonno. Si stava sentendo vacillare, sia nella mente sia nel corpo. Le sembrava di essere sospesa nel vuoto, come se a tutta la solida impalcatura di princìpi e valori che si era costruita con fatica nell’arco della sua vita fosse stata tolta la base. Ed in effetti era così. Il principio della malvagità assoluta degli appartenenti a quella specie aliena era diventato col tempo per lei quasi un dogma da non mettere in discussione, un qualcosa su cui aveva costruito tutte le sue convinzioni. Già tempo fa, Zakuro prima, Bu-ling e Retasu poi, avevano cercato di far vacillare questo suo principio, ma lei aveva opposto strenua resistenza rifiutandosi di ascoltarle. Ma Ichigo, lei non poteva rifiutarsi di ascoltarla. Tanto più che aveva tirato fuori un elemento che Angel non aveva mai davvero realizzato sul piano concreto: lei veramente aveva da sempre pensato così al solo scopo di giustificare Waffle? La ragazza, ponendosi questa domanda, tentò di tornare indietro con la mente, molto indietro negli anni, cercando di ricordare quando effettivamente avesse preso questa decisione sulla natura degli alieni. E, sforzandosi, le venne in mente: nel periodo di convalescenza successivo al tradimento di Waffle, quando le ferite fisiche e psichiche che le aveva procurato erano ancora fresche. Ma, in tutti quegli anni, anche se si erano chiuse, le cicatrici non avevano mai smesso di bruciare. Ancora, se ci ripensava, sentiva il cuore diventarle un macigno. Era per questo che si era costruita tutte quelle convinzioni?
Allora, premendosi il cuscino sopra la testa, cercò, per la prima volta nella sua vita, di trovare qualche elemento concreto, delle prove, che giustificassero questa sua incrollabile certezza. Rimase a riflettere a lungo ma, con sgomento, non ne trovò nemmeno una.
Non ce n’erano. Quei due alieni con cui si era ritrovata a parlare quasi per caso, Tart e Quiche, non sembravano affatto possedere un qualche tipo di cattiveria intrinseca, non c’era nulla che lo dimostrasse. Sostenere il contrario significava pensare in malafede.
Zakuro, l’estate scorsa, le aveva spiegato con chiarezza che il problema di Waffle e Flan era solo una questione di cultura e religiosità estrema, che non aveva nulla a che vedere con la loro specie.
Bu-ling era molto affezionata a quell’alieno più piccolo con cui aveva parlato, ed Angel sapeva che una ragazzina giusta e corretta come lei non si sarebbe mai potuta legare a qualcuno che fosse portato a fare del male.
Retasu le aveva aperto uno spiraglio su una possibilità di dialogo col più giovane dei loro due nemici, perché essendo ancora non completamente cresciuto, una speranza per lui ci poteva ancora essere.
E in tutte queste occasioni, Angel aveva rigettato con decisione ogni loro considerazione, senza preoccuparsi minimamente di portare prove concrete che potessero smentirle. Su cosa si basava allora, tutto quello che aveva pensato fino a quel giorno? Sul nulla assoluto, ecco la verità. Aveva condannato un’intera specie senza avere dei motivi per farlo. Ichigo aveva avuto ragione: in cosa era diversa lei da Flan, che tanto disprezzava?
La ragazza, sepolta sotto le coperte, iniziò allora a sentire un senso di dolore nel petto, come le fauci di un animale che le azzannavano il cuore. E più pensava alle parole che Ichigo e Ryou le avevano rivolto quel pomeriggio, più sentiva i canini di quella bestia impiantarlesi più in profondità nel petto.
“Quindi, io…” mormorò Angel, premendosi il cuscino sulla testa. “Se avessi iniziato a ragionare da prima… se avessi ascoltato da subito quello che gli altri mi dicevano, forse, ora, non mi troverei in questa situazione. Per tutto questo tempo, ho pensato una cosa sbagliata su Waffle.”
Strizzò le palpebre per la vergogna e il rimorso, sentendo le lacrime iniziare a uscirle dagli occhi. Non voleva piangere. Ma tanto ora non la vedeva nessuno.
“Ho sbagliato, ho sbagliato, per tutti questi anni ho sbagliato”, ammise ripetutamente, a denti stretti. “Se Waffle è diventato quello che è diventato, la colpa è stata solo sua, che ha ceduto a tutto quello che suo padre gli ha inculcato. È solo per questo che è così, non era una cosa scontata. Ma se avessi… se me ne fossi resa contro prima, avrei potuto cercare di aiutarlo. Lui avrebbe potuto resistere, ma io avrei potuto parlarci, cercare di impedire che Flan lo plagiasse così tanto. Invece ho lasciato correre… ho lasciato stare, mi sono voluta convincere che la sua cattiveria fosse intrinseca in lui. È anche colpa mia se ora lui è diventato così.”
Arrivata a questo punto del discorso, dovette smettere per un attimo e togliersi il cuscino da sopra, perché stava soffocando. Prese fiato e si rimise a pensare, soprattutto a un particolare che le avevano detto la sua leader e il suo boss.
“Allora io… mi sono veramente macchiata di questa colpa perché ancora gli voglio bene e non volevo dare la responsabilità a lui?”
Rimase a pensarci su alcuni minuti, immobile, poi affondò singhiozzando la faccia nel cuscino.
“Sì, è vero, hanno ragione. Ancora, dopo tutti questi anni… Waffle, mi dispiace… avevi bisogno del mio aiuto e ti ho lasciato nelle mani di quel pazzo. Che razza di amica sono? Sono uno schifo, ecco cosa sono. Se avessi fatto qualcosa, ora saremmo ancora insieme, io e te, come una volta, e saremmo migliori amici. Quella volta, sul grattacielo… era un piano all’inizio, sì, ma mentre parlavamo non ti ho mentito. Eravamo di nuovo amici in quei momenti. Perché le cose non possono tornare com’erano? Perché ho fatto uno sbaglio del genere? Come ho potuto? Che razza di guerriera sono? Che senso di onore e dignità ho?”
Dopo essersi sfogata e aver bagnato buona parte del cuscino, si calmò a fatica, anche se il suo respiro rimase affannoso.
“Tutto quello che posso fare ora è cercare almeno di rimediare al mio errore: voglio seguire il consiglio di Retasu, voglio cercare di parlarti. In te quel giorno ho visto ancora qualche traccia di quello che eri una volta. Te non sei come tuo padre, lo so che non sei come tuo padre. Non voglio più combattere contro di te, non voglio più essere una tua nemica. Ti parlerò quando potrò, da pari a pari, sono sicura che mi ascolterai.”
Solo verso le tre del mattino finì per cedere alla stanchezza.

Erano sempre a Tokyo. Ma non questa Tokyo viva e vitale, ma quella in cui erano nati e cresciuti. Si capiva perché i grattacieli erano pochi e con l’ossatura di ferro scoperta. Ma questo non si notava molto, perché i palazzi erano lontani. Si vedevano solo gli alberi del boschetto in cui un tempo usavano incontrarsi per giocare. Anche se erano anni che non ci andavano, non avrebbero mai scordato quel posto e la strada per arrivarci. Entrambi arrivarono al luogo dell’incontro trafelati, Angel si fermò stremata dopo aver corso per tutto il tragitto, Waffle, appena atterrato, dovette passarsi un braccio sulla fronte bagnata. Non era inverno, visto che gli alberi erano pieni di foglie e i praticelli di fiori. Appena i due ragazzi si videro, i loro visi si illuminarono e si corsero incontro, gettandosi una nelle braccia dell’altro.
“Fai piano Angel, altrimenti mi ribalti!”, rise Waffle staccandosela di dosso e porgendole le mani con i palmi rivolti all’insù.
“Era tanto che volevo rivederti” esclamò Angel, battendogli le mani rispondendo al gesto di saluto. “È molto tempo che non ci vediamo, ma non è cambiato niente”, aggiunse con sollievo.
“No”, rispose Waffle, con tono sicuro. “E niente mai cambierà.”

Nel sonno, Angel e Waffle sorrisero.


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Che dite? Brutto, eh? Ma era anche ora che Angel si desse una svegliata. Solo un paio di puntualizzazioni: vi dirò, all'inizio non sapevo se fosse "da Ichigo" aprirle gli occhi su questo argomento, ma poi mi sono tolta ogni dubbio, perché il vederla come un po' stupida e superficiale è un fraintendimento dei fan molto comune; ma in realtà Ichigo quando vuole sa ragionare molto bene, e riesce benissimo ad essere razionale, empatica e lucida. Un chiarimento, non è che difende gli alieni perché simpatizza per loro o cose del genere. E' evidente, dalla prima serie, che a lei degli alieni non potrebbe importargliene di meno. Li difende solo perché è sbagliato il principio di condanna che Angel gli ha attaccato addosso, ma lo avrebbe fatto con qualunque popolo, anche umano, non c'entra che siano alieni.
E per quanto riguarda Flan: la sua reazione potrebbe sembrare esagerata, ma ricordiamoci che lui è in pratica l'integralismo religioso incarnato. Quante volte abbiamo letto, sui giornali, di uomini di fede islamica che hanno ucciso le loro figlie perché si vestivano e comportavano in maniera troppo occidentale? Messa in questa prospettiva, per Flan uccidere suo figlio perché non risponde in modo adeguato alla sua dottrina religiosa non è affatto una cosa strana o esagerata.

Vi dirò, questo capitolo l'ho scritto in due giorni. E questo per un motivo: questa parte, che viene ora, era da tipo un anno e mezzo che la volevo scrivere, quindi l'avevo già pensata tutta. E finalmente, dopo tutto questo tempo, ci sono arrivata. Anche i prossimi due capitoli arriveranno presto, non dovrete certo aspettare un mese per leggere il prossimo.

Beh, fatemi sapere cosa ne pensate. Al prossimo aggiornamento!

   
 
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