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Autore: TheSlavicShadow    01/06/2017    4 recensioni
Caso: Terra-3490.
Il 47esimo modello pacifico ha beneficiato principalmente dalla relazione tra Capitan America, Steve Rogers, e Iron Woman, Natasha Stark.
Agendo da deterrente per i comportamenti più aggressivi degli altri, ha consentito al Reed Richards di questa Terra di portare a termine con successo il programma di registrazione dei supereroi e di avviare l’Iniziativa dei 50 Stati.
{Il ponte - Capitolo due da Dark Reign: Fantastic Four n. 2 del giugno 2009}
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Wherever you will go'
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Gennaio 1997

 

Capitano, ho vinto il primo premio al concorso!

 

[Congratulazioni, Natasha! Dobbiamo festeggiare!]

 

✭✮✭

 

“Quindi domani sera vai a cena con Tiberius Stone?” James Rhodes aveva preso una fetta di pizza dal cartone, mentre era seduto sul letto di Natasha e guardavano Jurassic Park per la centesima volta.

“Ha detto che mi portava in un posto chic e che ha dovuto usare diverse conoscenze per trovare un tavolo.” Aveva a sua volta preso una fetta di pizza non staccando gli occhi dallo schermo. “Per festeggiare il primo posto al concorso. Per me si poteva anche ordinare una pizza e guardare un film come stiamo facendo noi ora.”

Aveva notato Rhodes scuotere la testa, bevendo un sorso di birra dalla lattina. “E poi hai anche il coraggio di dire che non è una cosa seria con Stone.”

“Perché non lo è. Vado a cena con molte persone.”

“Stronzate e lo sai benissimo anche tu. Con gli altri vai a letto un paio di volte e poi tanti saluti.”

Aveva alzato gli occhi al cielo, ma non aveva voluto rispondergli. Rispondergli avrebbe significato dovergli dare ragione e questo non voleva assolutamente farlo. Anche perché era vero che con tutte le altre persone con cui era uscita le cose erano naufragate subito. A volte già al primo appuntamento.

E Rhodes lo sapeva perché più volte si era presentata in piena notte nella sua stanza in dormitorio, e questi non aveva fatto altro che abbracciarla forte. La trascinava allora fino al proprio letto, a volte anche letteralmente, dicendo al proprio compagno di stanza di tornare a dormire e cercava poi di tranquillizzarla. La faceva sdraiare accanto a sé. La faceva sfogare e piangere fino a quando non si addormentava. E non glielo aveva mai rinfacciato. Di questo gli era sempre fin troppo grata.

“Per Ty non sono solo Natasha Stark. Cioè, sì, lo sono. Se non lo fossi non ci sarebbe tutta questa sottospecie di relazione in corso solo per dare fastidio ai nostri padri. Però è diverso in qualche modo.”

Rhodes aveva sospirato e lei non aveva il coraggio di guardarlo. Non la giudicava mai. Mai una volta le aveva detto qualcosa di cattivo sulla quantità di ragazzi con cui era uscita. Solo le diceva spesso di doversi amare un po’ di più. Con Tiberius Stone compreso.

“Senti, Tasha… So che per te non è facile trovare amici o ragazzi, ma voglio solo che tu stia attenta. Stone non mi piace. Non può nascere nulla di buono da un legame con l’unico erede del più gran nemico di tuo padre.”

“Ehi, non siamo in una tragedia shakespeariana.” Aveva sorriso, sorseggiando altra birra mentre non stava più assolutamente seguendo il film. “Senti, Howard non mi ha detto neppure un misero ed insignificante brava quando gli ho telefonato per dirgli del premio. E’ rimasto un attimo in silenzio e poi ha iniziato a parlare di cose sue.” Sua madre le aveva spedito un mazzo di rose rosse. Non se lo era assolutamente aspettato. Credeva che le avrebbe solo telefonato per congratularsi e poi avrebbero parlato di cose più femminili. Invece Maria le aveva mandato dei fiori. I suoi preferiti. E le aveva anche scritto una dedica.

“Anche le donne Stark sono fatte di ferro.”

“Parliamo di cose più interessanti piuttosto. Hai chiesto di uscire alla tipa di Biologia?” Si era completamente voltata verso il proprio migliore amico.

“E chi ha tempo di uscire con qualcuna se devo badare a te a tempo pieno?” Rhodes l’aveva guardata a sua volta.

“Non trattarmi come se fossi una mocciosa a cui devi cambiare il pannolino ogni cinque minuti.”

“Ti ricordo che quella volta quando sono uscito con Rebecca di Storia Moderna mi hai chiamato 16 volte e mi hai raggiunto al ristorante trovandomi tramite nonsoqualedispositivotifossiinventata solo perché Dum-E non funzionava come volevi tu e avevi bisogno di una maratona di Star Wars.”

“E’ capitato solo una volta.”

“Tasha, le altre volte o mi hai aspettato fuori dalla stanza con McDonald's o non mi ci hai nemmeno fatto uscire per seguirti in chissà quale esperimento. La percentuale di successo dei miei appuntamenti è pari allo 0,1% da quando ti conosco.”

“Sono un'amica così pessima?”

“Oh, non così pessima. Mi hai risparmiato forse più di una serata di noiose chiacchiere vuote. E poi ho sempre i weekend quando te ne torni a casa per concludere.”

“Oh, ottimo! Quindi esci con la ragazza di Biologia?”

“Possibile. Quando torni dal tuo Capitano?"

“Non è il mio Capitano.”

Rhodes l’aveva guardata. Il suo sguardo diceva chiaramente, senza che dovesse neppure aprire bocca, “Mi stai prendendo per il culo, vero?”.

“Sul serio, Rhodey! Ci sentiamo ogni tanto, ma nulla di più. Ci siamo incontrati per il Ringraziamento, ma poi più nulla.”

Howard aveva deciso di fare una bella cena per il Giorno del Ringraziamento. Aveva invitato Peggy Carter, Steve Rogers, e altre persone. Steve si era seduto accanto a lei a cena. Non avevano parlato molto, ma per lei aveva significato tantissimo il gesto del Capitano. E poi non si erano più incontrati. Si scrivevano ogni tanto. Si sentivano al telefono. Lei era stata impegnata con alcuni esami e lui era stato spedito in Europa. Poi c’erano state le vacanze di Natale. Aveva quasi sperato che Howard lo avesse invitato a trascorrere il Natale con loro. Ma non lo aveva fatto. L’aveva anzi trascinata nella loro casa di Aspen per passare un terribile Natale in famiglia. Avevano anche litigato perché l’avevano fotografata in compagnia di Tiberius Stone.

“Davvero… Gli ho scritto per dirgli del premio e mi ha detto che dobbiamo festeggiare, ma tutto qui. Non c’è null’altro tra di noi.”

Aveva messo il broncio, guardando male il proprio migliore amico che continuava a guardarla con un sopracciglio inarcato e poi sospirava e si voltava verso il televisore.

“Usciamo questo sabato. Cinema e hot dog al solito fast food dove andiamo sempre noi.”

“Ottima scelta.” Si era di nuovo comodamente seduta sul letto, appoggiando la schiena contro il muro e felice che Rhodes avesse cambiato argomento. “Se ti servono preservativi sono nel primo cassetto.”

“Non ho intenzione di andarci a letto al primo appuntamento.” Rhodes aveva mormorato imbarazzato e lei aveva solo sorriso. Adorava metterlo in imbarazzo.

“Ma se lei vuole? Oseresti rifiutare una bella ragazza che ha bisogno di te?”

“Tu sei una donna impossibile e compatisco l’uomo che ti sposerà.” Il ragazzo si era alzato dal letto quando aveva sentito qualcuno bussare alla porta.

“Sai che non mi sposerò mai e tu resterai per sempre al mio fianco, Sugarbear!” Natasha aveva sorriso, finendo di bere dalla propria lattina di birra. Aveva poi osservato Rhodes avvicinarsi alla porta ed era solo un po’ curiosa di sapere chi osasse disturbare il loro pomeriggio di dolce far nulla. Grazie ad Howard e i suoi soldi era riuscita ad avere una stanza solo per sé, perché era sicura che non sarebbe mai riuscita ad andare d’accordo con un’altra persona. Solo che ogni tanto le ragazze del suo piano venivano a chiedere le peggio stronzate quando vedevano Rhodes da lei. E lei ormai mandava sempre lui ad aprire la porta. Anche quando poi si trovava davanti qualcuno dei ragazzi con cui usciva e le loro espressioni confuse erano stupende.

“Tasha, hai di nuovo chiamato degli spogliarellisti da ubriaca?” Rhodes aveva girato solo lievemente la testa, alzando la voce per essere sicuro di farsi sentire dalla ragazza ancora seduta comodamente sul letto.

L’aveva vista spalancare gli occhi e scattare in piedi come se avesse preso una scossa.

“Cazzo, temo di sì! Chi hanno mandato stavolta?”

“Un biondone pompato dagli occhi azzurri.”

“Ma chi? Kevin?” Natasha si era avvicinata velocemente alla porta, spalancandola completamente e pietrificandosi all’istante. “Ah, ciao Capitano. Non ti aspettavo oggi. Fatto buon viaggio?”

Quel Capitano?”

Natasha aveva sorriso. Poteva immaginare l’espressione di Rhodes, ma non riusciva a togliere gli occhi dall’uomo che aveva di fronte. Era la prima volta che lo vedeva vestito normalmente.

Quello. Rhodey ti presento il Capitano Steve Rogers. Capitano, ti presento James Rhodes.” Aveva osservato i due uomini stringersi la mano. Cercava di mantenere un’espressione seria, ma stava fallendo miseramente. Ma solo perché il suo migliore amico sembrava essere sul punto di esplodere dall’imbarazzo.

“Le chiedo scusa, Capitano, non potevo immaginare che fosse lei. Come può ben immaginare sono ben altre le persone che vengono a fare visita a Tasha e che non indossano giacca e cravatta.”

“Grazie, Rhodey. Splendida presentazione. Capitano, dai entra. Non ti aspettavo proprio per oggi.” Si era spostata dalla porta per far entrare Steve. “Perdona il caos, ma eravamo nel bel mezzo dei festeggiamenti.”

Aveva storto il naso osservando la propria stanza. Un conto era farla vedere a Rhodes che era fin troppo abituato a lei e al suo disordine. Un conto era farla vedere alla persona per cui provava qualche interesse e col quale stava fallendo ad ogni passo che faceva. Se avesse continuato così Steve non l’avrebbe proprio più voluta vedere.

“Spero di non aver interrotto nulla.” Steve l’aveva guardata, e sembrava imbarazzato. Ma Natasha sperava fosse solo la sua immaginazione.

“Stavamo solo guardando Jurassic Park.” Gli aveva sorriso e aveva notato Steve guardare Rhodes. “Capitano, non hai interrotto nulla. Sul serio.”

“Confermo.” Rhodes si era avvicinato dopo aver chiuso la porta. “Questa è come una sorellina da cui non posso togliere gli occhi di dosso per un istante sennò combina qualche guaio.”

Natasha lo aveva guardato male e si sarebbe vendicata non appena fossero rimasti soli. Ora però riusciva solo a pensare all’uomo che era in mezzo alla sua stanza e si guardava in giro.

“Perdona il caos, ma non sono molto brava a tenere in ordine. Ci provo anche ma fallisco sempre miseramente.” Si era passata una mano sulla nuca, imbarazzata per l’aspetto della sua stanza e anche per il proprio aspetto. Era scalza. Con i pantaloni di un pigiama troppo grande e una maglietta che aveva visto tempi migliori. Si andava di male in peggio quando era accanto al Capitano.

“Non è un problema. Immagino che lo studio e i robot, e anche le maratone di film portino via molto tempo.” Steve le aveva sorriso e sembrava davvero che non gli importasse di quello che li circondava. O del suo pigiama discutibile. “Volevo solo farti le mie congratulazioni di persona. Avrei potuto avvertirti, ma non sarebbe più stata una sorpresa.”

Aveva osservato l’uomo che le porgeva un mazzo di fiori. Altre rose. Ma questa volta colorate. Come se non avesse saputo quale colore scegliere esattamente.

“Grazie, Cap. Sono stupende.” Aveva guardato i fiori, e aveva sorriso. Se sua madre avesse visto un bouquet come quello le sarebbe venuto un mezzo infarto. Ma per lei era il mazzo di fiori più bello che avesse mai ricevuto. “Ora dovrò trovare il modo di preservarle in qualche modo. Magari posso provare a costruire una teca criogenica che le mantenga intatte nonostante il passare degli anni.”

“Tasha, tu leggi troppi fumetti.”

“Le idee migliori mi sono venute così, quindi non è un argomento valido, Sourpatch.” Gli aveva fatto un gesto con la mano, senza neppure guardarlo. Era troppo concentrata a guardare quelle rose. “Se mi dai dieci minuti, Capitano, mi cambio e possiamo uscire. Hai fatto così tanta strada che sarebbe un peccato non fare qualcosa.”

“Ma non è necessario. Se avevi dei piani con James non serve che li interrompi per me.”

“Capitano Rogers, in realtà le sono grato di liberarmi di lei per qualche ora. Fare da baby-sitter a tempo pieno non è facile.”

Questa volta non aveva resistito e aveva gettato tutte le buone maniere alle ortiche, voltandosi verso Rhodes e mostrandogli il dito medio.

“Vado a cambiarmi. Rhodey, non far scappare il Capitano!” Aveva recuperato dall’armadio quelli che era certa fossero dei vestiti puliti e si era chiusa in bagno alla velocità della luce. Poteva sentire attraverso la porta le voci di Steve e Rhodes. Non riusciva a capire di cosa stessero parlando, ma sperava tanto di non essere lei l’argomento di discussione. Rhodes non avrebbe mai fatto qualcosa che potesse rovinare il suo rapporto con Steve, ma Steve era pur sempre un uomo di altri tempi e non sapeva mai come avrebbe potuto reagire a certe cose.

Si era guardata allo specchio. Era solo una ragazzina. Non avrebbe mai potuto avere possibilità con il Capitano. Lui aveva visto così tanto. Aveva combattuto una guerra per salvare il mondo. Era quasi morto per questo. Erano così diversi che non capiva pure come potessero essere amici. Sempre se era quello il tipo di relazione che avevano e Steve non passasse del tempo con lei solo perché era la figlia di Howard.

Questo era sempre un dubbio che la seguiva. Non sapeva mai per quale motivo la gente davvero le si avvicinasse. La maggior parte delle volte era stato il suo cognome. Quasi sempre era stato solo per il suo cognome. Solo Rhodes sembrava essere davvero suo amico.

Era uscita dal bagno e aveva trovato i due uomini ancora intenti a parlare. Sembravano tranquilli e ogni imbarazzo iniziale si era dissipato.

E non appena aveva messo piede nella stanza, Steve Rogers si era voltato verso di lei e le aveva sorriso.

 

✭✮✭

 

“Scommetto che i vestiti te li ha scelti Coulson.” Natasha aveva esordito dopo un lungo sorso di caffelatte, mentre erano seduti nella sua caffetteria preferita, in cui aveva passato fin troppo tempo mentre scriveva i vari saggi da presentare ai docenti. E anche gli articoli da spedire alle riviste scientifiche.

“Cosa te lo fa pensare?” Steve aveva inarcato un sopracciglio e le sorrideva. “Pensavi che mi sarei presentato in uniforme? Oppure, e Dio ce ne scampi, a stelle e strisce?”

Aveva riso stupidamente alle sue parole. Oh, avrebbe pagato oro per vederlo con la divisa con cui si esibiva sul palcoscenico.

“Semplicemente troppo moderno. Ma anche molto sexy.” Aveva fatto un sorriso malizioso, e se ne era resa conto quando era troppo tardi e solo perché l’uomo che aveva di fronte era arrossito e aveva distolto lo sguardo. Si era allora sporta un po’ di più verso di lui, appoggiandosi sul tavolo. “Dovresti seriamente prendere in considerazione l’idea di mandare a fanculo lo S.H.I.E.L.D. e di intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo. Diventeresti famoso nel giro di niente e guadagneresti una barca di soldi.”

“Non credo faccia per me. Credo di essere troppo all’antica per buttarmi in questo tipo di lavoro.” Steve aveva parlato dopo un attimo di silenzio, come se avesse seriamente preso in considerazione le sue parole. “Una volta sognavo cose semplici. Trovare un lavoro. Mettere su famiglia. Ci pensavo anche mentre ero in Europa. Ma poi ho deciso diversamente ed eccomi qui. Ad avere 24 anni negli anni ‘90.”

“Beh, sei la prova vivente che un corpo congelato si può resuscitare.”

Steve aveva ridacchiato e l’aveva guardata negli occhi. Ogni volta che lo faceva Natasha sentiva un brivido correrle lungo la schiena e lo stomaco andare sottosopra.

“Cos’è questa fissazione per i congelamenti?”

“Batman. O meglio, Mr. Freeze.” Lo aveva guardato attentamente ed era sicura che l’uomo seduto di fronte a lei non avesse idea di cosa stesse parlando. “Ma lo leggevi Superman quando eri piccolo?”

“Lo leggeva Bucky. Ed eravamo già grandi quando è stato pubblicato.”

“Questo gap generazionale sembra tremendo.” Aveva scosso la testa e aveva bevuto dalla propria tazza prima di riprendere a parlare. “Dicevo, in Batman, che è un amico di Superman per capirci, c’è questo cattivo che anche definire cattivo non è molto giusto, che ha messo la donna che ama in una cella criogenica quando si è ammalata di una malattia incurabile. E intanto lui cerca una cura per la sua malattia. Ma quello che a me interessa è la cella criogenica. Come puoi mantenere in vita un corpo ad una temperatura così bassa senza ucciderlo?”

“Aspetta, lui lo fa per amore? Per salvare la donna che ama? E a te interessa solo la cella criogenica?” Steve la guardava e sembrava divertito.

“Cos’altro mi dovrebbe interessare? Non credo che nella vita di ogni giorno si possa incontrare questo tipo di amore. O se lo incontri non è detto che sia ricambiato. E se è ricambiato non è detto che vada a buon fine. Tu lo dovresti sapere meglio di me.”

“Ma sei sicura di avere solo 16 anni?”

“No, a volte credo mi abbiano fatto un trapianto di cervello e per quello parlo come una vecchia zitella inacidita.”

Steve aveva riso di nuovo, e non c’era davvero nulla di più bello al mondo del vedere quell’uomo sorridere. Si ricordava di un vecchio video che le aveva fatto ovviamente vedere suo padre. Steve era con James Barnes e stavano ridendo entrambi. E aveva sempre immaginato come sarebbe stato vederlo ridere così dal vivo.

Superava ogni sua immaginazione.

“Allora credo di aver trovato il regalo giusto per te.” Lo aveva osservato incuriosita mentre Steve cercava qualcosa nella tasca del cappotto. Steve aveva estratto una scatola. Sembrava una di quelle scatoline che contenevano un gioiello.

“Capitano, non stiamo correndo un po’ troppo?” Aveva inarcato un sopracciglio, ma non poteva non sorridere. “Ai tuoi tempi si usava così? Al primo appuntamento?”

“Cosa? Io non… Non è quello che pensi!” Steve Rogers era arrossito di nuovo e lei non riusciva davvero a non prenderlo in giro. Poteva diventare il suo nuovo hobby preferito.

“Stavo solo scherzando, Rogers!” Aveva allungato la mano senza alcuna vergogna verso l’uomo. Steve l’aveva guardata, prima lei e poi la sua mano. Aveva appoggiato la scatolina sul suo palmo aperto.

“E’ solo una sciocchezza. Anzi, forse è davvero un’idea stupida, ma sul momento mi era sembrata la cosa più adatta.”

“Se mi hai regalato un robot in miniatura ti potrei sposare seduta stante, sappilo.”

Aveva alzato solo un attimo gli occhi su Steve, che era arrossito di nuovo, e poi aveva aperto la scatola. Ne aveva osservato il contenuto con attenzione. Sentiva i propri muscoli facciali muoversi mentre osservava con attenzione il piccolo oggetto di metallo all’interno della scatola. E quella scatola era davvero una scatolla per gioielli. Quello era un cuscinetto rivestito di velluto. Rosso. Steve sapeva che le piaceva il rosso.

“Nella mia lingua questa potrebbe essere una proposta di matrimonio in piena regola, lo sai?” Lo aveva guardato di nuovo e aveva preso l’oggetto di metallo tra le proprie dita, tenendolo tra di loro. Era un bullone. Un semplice bullone. “Immagino che sia di qualcosa di importante, no?”

“Del Valchiria.”

Natasha doveva aver fatto una faccia fin troppo stupita, perché Steve le sorrideva dolcemente. Aveva guardato prima l’uomo e poi di nuovo il bullone che teneva tra le dita.

“Stai scherzando, vero?” Non sapeva cosa guardare. Steve o il bullone. “Come l’hai avuto? Non e’ possibile che te lo abbiano dato così. Sei andato da Fury e gli hai detto che volevi un bullone come souvenir della tua quasi dipartita? Lo hai rubato? No, non puoi averlo rubato. Sei Capitan America. Capitan America non ruba. Forse solo ai nazisti. Tecnicamente questo è di proprietà dei nazisti. Hai rubato un bullone dal Valchiria per me?”

Steve aveva ridacchiato, scuotendo lievemente la testa e l’aveva guardata. Aveva notato che lo faceva spesso quando era in sua presenza.

“Ho chiesto consiglio all’Agente Coulson su cosa potesse essere un regalo adatto a te per la vittoria con Dum-E e Coulson si è presentato con questo. Presumo lo abbia rubato lui.”

“Voi siete pazzi.” Aveva stretto il bullone nella mano e aveva guardato Steve. Questi non aveva smesso di sorriderle. “Un bullone del Valchiria. Wow. Questo devo farlo vedere a Rhodey. Non sai quanto mi invidierà.”

“Deduco che ti sia piaciuto il regalo.”

“Piaciuto? Lo adoro! Sono indecisa se metterlo in una teca e tenerlo esposto da qualche parte, o trasformarlo in collana e non togliermelo mai di dosso. Possiedo un bullone del Valchiria. Questo mi mancava nella collezione di Capitan America.” Gli aveva sorriso ed era forse il sorriso più genuino che avesse fatto a qualcuno negli ultimi tempi. “Grazie davvero, Capitano. Lo custodirò come se fosse un tesoro prezioso.”

Steve le aveva semplicemente sorriso, e le farfalle nel suo stomaco erano esplose in un turbinio di ali senza precedenti.

 
   
 
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