Marauder Juggernaut.
Battaglia
La gatta per natura combatte per la supremazia nel territorio che sceglie. E non è minimamente intenzionata a dimostrarsi debole, di fronte a nessun avversario. Lo sa bene che è ardua la lotta contro il cane, una battaglia in cui nessuno dei due cede, mantenuti in vita dall’immenso orgoglio, ma nei loro occhi non c’è alcuna sofferenza, anzi tutt’altro. Sorridono entrambi, la soddisfazione alimenta come fiamme il loro ego smisurato. Una battaglia di graffi e morsi, lasciano marchi sulla pelle dell’altro e mutano in belve: la gatta diventa pantera e il cane fedele un mastino infernale che gode nel vedere la forza e la grazia felina dimenarsi, mentre questa è ansiosa di combattere ancora su quel morbido territorio in cui si sono dichiarati guerra.
La gatta ora sorride e fa le fusa tra le zampe di un cane che quasi la coccola e riflette sulla fortuna che ha di passare quegli attimi di pace con lei.
La gatta ora sorride e fa le fusa tra le zampe di un cane che quasi la coccola e riflette sulla fortuna che ha di passare quegli attimi di pace con lei.
Sarebbe stato relativamente facile per Sakazuki nascondere quelle ferite: le aveva quasi tutte sulla schiena e sui fianchi. Sotto i vestiti, sottili striature carminio di sangue rappreso ornavano la carne sopra le scapole, sopra quella del dorso … e della nuca. Quando provava a muovere il collo sentiva un dolore mirato, come una stilettata ai nervi che lo bloccava per un secondo, per poi permettergli di riprendere a lavorare con molta più calma. Per quanto provasse a tirare su il colletto della camicia, erano evidenti i graffi che aveva sul retro del collo. Quelle ferite avevano risvegliato la curiosità di molti militari della base, che per alcuni secondi si trasformavano in un branco di pettegole che si domandava quale battaglia avesse coinvolto il viceammiraglio. Bastava una singola, fredda occhiata di questi a quei capannelli di due o tre persone che si formavano perché i soldati tornassero a pensare ai propri affari.
Peccato che ci fosse anche chi non si faceva intimidire da un solo sguardo furente.
Kuzan guardò sfilare davanti a sé Sakazuki, fiero e impettito mentre si dirigeva nel proprio ufficio dopo avergli rivolto un lieve cenno col capo in segno di rispettoso saluto. Le ferite non erano passate inosservate.
« Borsalino… ».
Il viceammiraglio in questione, che a sua volta guardava la martoriata schiena del collega allontanarsi, fece un casuale movimento con la testa per far intendere che lo stava ascoltando.
« Borsalino … ma Sakazuki ha ingaggiato battaglia contro un orso, per caso? ».
E in quel frangente, Borsalino si dimostrò più sveglio di quanto tutta la base potesse immaginare. Ma nessuno se ne rese conto, a parte Sakazuki che aveva teso le orecchie quando aveva sentito che anche quei due rispettabili colleghi stavano parlando di lui.
La voce di Borsalino lo fece quasi gelare sul posto: « Contro una pantera, per quanto ne so… ».