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Autore: Angelika_Morgenstern    04/06/2017    1 recensioni
È la seconda volta che ci provo, cosa credono, che lo faccia per hobby?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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È colpa del sole?
La luce è piacevole, il buio spaventoso.
Come si fa ad affermare una cosa del genere?
Luce significa giorno, giorno significa vita che riprende, vita che riprende significa gente tra i piedi, gente tra i piedi significa problemi nuovi e continui: rapporti da costruire, amicizie che finiscono, difetti insormontabili e insopportabili, regole da rispettare, e poi parole, parole, parole…
Non si è mai se stessi quando si ha a che fare con gli altri.
Ci si deve adeguare se non ci si vuol sentire pesce fuor d’acqua.
Questa è la regola primaria dei rapporti umani: adeguarsi.
Perdere se stessi.
Appiattirsi.
Bah.
Questo significa luce, chiarore, giornata, sole.
Ecco perché è sempre e solo colpa del sole: al suo sorgere ci svegliamo tutti, la vita ricomincia nella sua quotidianità e con essa si presentano problemi vecchi e nuovi.
Al contrario, al tramonto tutto tace: rumori, costrizioni, amori e dissapori.
Si rimane soli col proprio crogiolo di personalità, quel barlume che splende in un angolino del nostro cervello e ci ricorda chi siamo, se non abbiamo ancora perso del tutto il nostro io per adattarsi alle regole del viver comune.
Si è se stessi solo dormendo.
Si assume fisicamente una posizione senza regole, liberi nello spazio.
Ci si muove nel sonno, senza pensieri, paure, ordini da eseguire e conseguenze da realizzare.
È il nostro inconscio a guidare l’attività onirica, nel sogno sfoghiamo paure, sensazioni, aspirazioni, rabbia e sentimento.
È il buio ad essere bello, non la luce.
La luce costringe, svela e rivela.
Il buio nasconde e dona la libertà.
È colpa del sole se siamo tutti intimamente depressi.
 
La fila davanti a me si muove di un passo, destandomi dalle mie riflessioni.
Rimango al mio posto, accorgendomi poi che la persona dietro di me ha appena sbuffato.
Mi volto a guardarla: rossa in viso, preda dell’agitazione. Chissà, magari ha qualche appuntamento più importante.
Ma dovrà aspettare: sono davanti a lei.
Continuo a fissarla poiché mi stupisce la sua voglia di arrabbiarsi per così poco.
Praticamente mette a disposizione la sua vita per qualsiasi cosa che non sia se stessa, altrimenti non si spiegherebbe tutto questo stress.
Non è sciocco?
Vivere, intendo.
Sorrido, comprendo la piccola distanza che mi separa dal mio predecessore, e sento la donna dietro di me borbottare un — Finalmente! – molto eloquente.
Per quanto tempo ancora dovrò sopportare questa gente?
 
— Ci hai provato davvero?
Questa domanda un po’ mi stupisce.
— Perché, non si vede?
Mari – che sta per Marina – è una mia antichissima amica che mi porto dietro dall’infanzia, praticamente l’unica amichetta che avevo alle elementari.
— Beh – risponde – mi stupisce. Di solito i suicidi sono persone depresse che non sanno reagire alla vita.
Il cameriere ci interrompe, portandoci i nostri drink: un mojito per lei, un’acqua liscia con limone per me.
— Tu, invece… – prosegue lei, smorzando la frase.
Non c’era bisogno di continuare, sappiamo benissimo che soggetto sono, e difatti annuisco.
Lei forse è l’unica che può capirmi, perché non illustrarle la situazione?
— Io sono il tipo di persona che vive tutto con distacco, giusto?
Annuisce, facendo ondeggiare i capelli freschi di permanente mentre appoggia le labbra scarlatte al bicchiere decorato con una fetta di lime verde acido su una corona di zucchero grezzo.
Immergo la punta delle dita nell’acqua, tirando fuori una delle due fette di limone al fine di spremerne via il succo — Sì, Mari, io analizzo tutto. Osservo, valuto, archivio. Resto sempre distante perché non trovo stimoli che possano motivarmi ad uno scambio di opinioni con qualcuno.
— Lu, sei una persona molto intelligente, ma questo non significa che tu debba restare sol…
— Mari, io ormai ho le mie convinzioni. – replico seccamente – Sono abbastanza grande da rendermi conto se valga la pena continuare oppure no.
Un gelido silenzio calla sul tavolino tondo che occupiamo mentre mi accingo a spremere placidamente l’ultima fetta di limone, come se avessi appena decretato che domani pioverà.
Gli occhi di Marina si dilatano — Non vorrai mica… rifarlo?! – domanda atterrita.
— Certo che sì. – rispondo tranquillamente.
Lei scuote il capo — Ma non pensi a chi ti è vicino? A quanto questo farà soffrire noi?
Annuisco.
— E non t’importa?!
Dio, che fastidio.
Mi sto pentendo di avergliene parlato.
— E agli altri?
La mia domanda la blocca, turbandola.
— Ti chiedi il senso della mia domanda, vero? – incalzo – Niente di più semplice. Agli altri quanto importa della mia felicità? Cos’hanno fatto finora per adoperarsi nel realizzarla?
Gli occhi della mia amica diventano sempre più grandi, sembrano tazzine da caffè.
— Così non avrei di nuovo possibilità di scelta, Mari. Io che non amo vivere, devo continuare a farlo per rendere felici altre persone.
Quanto mi riguarda la loro felicità?
E la mia che fine fa?
Perché devo mettere in secondo piano i miei desideri in favore di quelli altrui?
— Non… non credevo potessi essere così…
— Egoista? – chiedo, alzando le sopracciglia – Avanti, è questo che pensi. Ma non mi ferisce, perché vedi, Marina, io sono allo stadio finale della vita.
Il mio male mentale è così radicato che non m’importa più di niente. Nutro indifferenza totale nei confronti di qualsiasi essere umano, compresa te.
Il vostro dolore passerà, sarà momentaneo ma verrà sostituito lentamente. Vi abituerete, voi.
Ma la mia ideologia è questa, resta qui, è nata con me e morirà con me.
Non ho intenzione alcuna di vivere in questo modo puerile, sgomitando contro gente mediocre per guadagnarmi un posto nella società.
Non ho nemmeno voglia di mettermi a gareggiare con gli altri, facendo in modo che persone meno intelligenti di me si mettano in una condizione di superiorità per valutare se io sia l’elemento perfetto per il loro puzzle.
Io non sono il mezzo di nessuno.
Sul viso della mia amica è comparsa un’espressione a dir poco deludente, una sorta di sorpresa mista a terrore.
Mi alzo — Pensavo mi conoscessi. – dico.
Un vero peccato.
Lascio i soldi della mia consumazione, andandomene.
 
Il sole che tramonta attira la mia attenzione mentre passeggio senza meta sul ponte che collega le due parti della città.
È così bello.
Mi appoggio alla balaustra, e in quel mentre sento arrivare il treno del metrò, che passa sotto di me.
Immagino la gente compressa nei vagoni che torna a casa dal lavoro, un altro giorno della loro vita passato a fare gli schiavi per una società che non ti regala nulla, neanche quando te lo meriteresti.
Vedo già le donne rientrate e ritrovarsi le faccende di casa da compiere: panni da stirare, piatti da lavare, pavimenti da spazzare, mariti d’accudire per le più sfortunate, quelle che credevano nell’utopica promessa di una vita vissuta nel romanticismo post matrimoniale ma che invece si sono ritrovate a servire persone che non si rendono minimamente conto di quanti sacrifici facciano per loro.
Il proprio tempo è il bene più prezioso e gli altri, soprattutto le persone vicine, sono abituate a riceverlo in dono.
Ciò le rende egoiste: più dai, più pretendono.
Non basterà mai ciò che fai, e se ti permetterai d’inciampare un solo attimo, quello sarà il momento in cui nessuno riconoscerà il tuo bisogno.
Guardo in alto, notando uno stormo di uccelli dirigersi alla mia sinistra.
Non riesco a non pensare all’essere umano, al suo bisogno di vivere in branchi e alla pretesa degli che altri che tutti lo facciano.
Non voglio vivere così.
 
 
Rieccomi qui, buonasera!
Questo terzo giorno di Lu mi sta particolarmente a cuore, poiché sono io in primis che rifletto spesso su cose del genere. Le regole, le convenzioni sociali e tutte queste rone qui che servono per vivere e regolare i rapporti umani... sono odiosi.
Ma del resto spesso sono proprio gli altri a costringerti a comportarti in un certo modo, la cattiveria usata, l'invidia provata, e così via.
Viviamo tutti in una costante finzione, e ciò non è bello, ma ci salva spesso e volentieri.
Che fatica!
Vorrei ringraziare per le recensioni Megara X e Himenoshirotsuki, ringraziando anche tutti coloro che leggono la storia.
Purtroppo non ho aggiornamenti regolari: la mia nuova vita di coppia mi porta via tanto tempo, Lu - il mio ragazzo, non il protagonista della storia! - e io ci ritroviamo a passare insieme giornate intere pur non programmandolo. Molto bello, ma ciò mi ruba un sacco di tempo alle storie.
Spero che il tipetto si renda conto di quanto conti per me sottrarre tempo alla scrittura per darlo a lui!
Beh, buona serata e alla prossima!
Have fun

- A.


 
   
 
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