Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    05/06/2017    1 recensioni
Sono tante le cose che si fanno per amore.
E Mycroft Holmes lo sa bene, anche se non riesce a comprendere cosa spinga le persone a gesti tanto estremi.
Ha visto suo fratello gettarsi da un tetto per proteggere i suoi amici da James Moriarty, rinunciare alla sua vita per due anni per proteggere John Watson, prendersi un proiettile per il suo migliore amico, morendo per mano di sua moglie, soltanto per saperlo al sicuro.
E tutto solo per amore. Quel sentimento che per Mycroft sembra così complicato da comprendere.
Tuttavia, quando Magnussen arriverà a minacciare Sherlock, sarà proprio l’amore a spingere Mycroft a offrirsi al suo posto, mettendo a rischio la propria vita e la propria libertà, per preservare quelle del suo fratellino. La persona che Mycroft Holmes ama più della sua stessa vita.
Perché l'amore ci spinge dove non ci saremo mai aspettati di poter arrivare.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Amore
 

Capitolo II
Solo per Sherlock

 
 
 La sera seguente, come promesso, Mycroft si fece accompagnare dal suo autista fino ad Appledore. Gli ordinò di tornare a casa e gli fece sapere che lo avrebbe chiamato se ne avesse avuto bisogno. Poi scese dall’auto e si richiuse la portiera alle spalle.
 L’aria primaverile gli rinfrescò il viso, bollente per la paura e l’angoscia per ciò che di lì a poco sarebbe capitato.
 Sapeva che se fosse andato da Magnussen avrebbe subito cose terribili, ma sapeva anche che se non lo avesse fatto, Magnussen sarebbe andato a cercare Sherlock e lo avrebbe torturato e costretto a fare cose ancora peggiori.
 Perciò non aveva altra scelta.
 Attraversò il vialetto camminando lentamente, le gambe sempre più pesanti, come se il sangue si fosse tramutato in piombo e stesse tentando di trattenerlo dal proseguire oltre. Il suo cuore accelerò così tanto che prese a rimbombargli nelle orecchie con tanta forza da rendere tutto ciò che aveva intorno indefinito e nebuloso.
 Mycroft fece un respiro profondo e si impose di resistere.
 Per Sherlock, continuava a ripetersi. Per Sherlock.
 Quando bussò alla porta della villa, sperò di trovarsi in un incubo. Forse era tutto un brutto sogno e ben presto si sarebbe svegliato. Forse niente era reale e sarebbe tornato alla realtà, tornando alla sua vita e alle sue abitudini.
 Poi la porta si spalancò di colpo, riportandolo bruscamente alla realtà.
 Un uomo comparve sulla soglia. Non gli diede il tempo di parlare. «La sta aspettando in salotto.» sbottò con voce roca. Poi si scostò per lasciarlo entrare.
 Mycroft mosse un passo all’interno e quando l’uomo ebbe richiuso la porta, lo seguì verso l’enorme salone, le cui immense vetrate si affacciavano sull’esterno della casa.
 La stanza era spoglia. C’era un divano al centro, un tavolino da caffè di fronte ad esso, un camino e alcune piante verdi, l’unico tocco di colore in quell’immensa macchia bianca.
 Magnussen lo stava attendendo in piedi accanto alla finestra, le mani giunte dietro la schiena, lo sguardo puntato verso l’esterno. Quando sentì i loro passi alle sue spalle, si voltò.
 «Signor Holmes.» disse quando lo vide. «Benvenuto.»
 Mycroft rimase impassibile, immobile sulla soglia.
 «Può andare, Malcolm. Ha la serata libera.» disse Magnussen, muovendo qualche passo verso il politico e volgendosi verso l’uomo in smoking.
 «Sì, signore.» replicò lui e si congedò.
 Magnussen sorrise e quando sentì la porta d’ingresso sbattere, tornò ad osservare il maggiore degli Holmes, rivolgendogli un sorriso accennato e carico di malizia, gli occhi vuoti e spenti come sempre, esattamente come quelli di un predatore pronto ad attaccare la sua preda.
 «Avanti, si sieda.» lo incalzò, indicando il divano, senza mai interrompere il contatto visivo.
 Mycroft non si mosse. Si limitò ad osservarlo, lo stomaco in subbuglio, la mente che lavorava freneticamente per riuscire a prevedere le sue mosse. Col tempo aveva imparato che tutto ciò che Magnussen faceva era stato attentamente calcolato. Ogni sua mossa era una strategia messa in atto per raggiungere i suoi scopi, e, anche il quel caso, Mycroft sapeva di non essere altro che una pedina nelle sua mani. Una pedina che sarebbe stata gettata via una volta che il gioco fosse finito.
 «Non può rimanere in piedi.» aggiunse Magnussen, riportandolo alla realtà. Poi, vedendo che il politico non accennava a rispondergli, riprese. «Avanti, non faccia così.»
 «Risparmi i convenevoli.» sibilò Mycroft, parlando duramente, avendo ritrovato la fermezza nella sua voce. «Vada al dunque e mi dica che cosa vuole.»
 Magnussen sorrise e avanzò ancora, fermandosi a pochi passi dal politico. «Voglio lei.»
 Mycroft sentì un brivido serpeggiare lungo la sua schiena dorsale.
 Sapeva che sarebbe andata così. Sapeva che Magnussen avrebbe tentato di distruggerlo pezzo per pezzo. Perché era il suo modus operandi… Sfruttare, distruggere e gettare via.
 Magnussen sollevò una mano e tentò di sfiorare il viso di Mycroft, che si scostò.
 «Devo ricordarle il nostro patto?» chiese l’uomo. «Forse dovrei informarla del fatto che in questo momento tre dei miei uomini si trovano di fronte a Baker Street in attesa di un mio ordine. Basterà una sola parola e faranno irruzione per occuparsi del suo caro fratellino. E mi creda, signor Holmes, non sarebbero gentili quanto io lo sarei con lei.»
 Holmes, a quelle parole, si voltò di scatto e incontrò i suoi occhi.
 Quello non era un bluff. Magnussen non bluffava mai. Lui aveva i mezzi e le possibilità per mettere chiunque con le spalle al muro. Anche Mycroft Holmes. E per farlo aveva scelto di utilizzare Sherlock. L’unico punto debole che lui avesse mai avuto.
 «Stia lontano da Sherlock.» disse soltanto, quando ebbe ritrovato la forza di parlare. «Farò quello che vorrà, ma stia lontano da mio fratello.»
 Magnussen non rispose. Si limitò ad osservarlo.
 Mycroft intuì cosa l’uomo stesse aspettando. «La prego.» mormorò. «La imploro. Lasci in pace Sherlock.»
 L’altro sorrise. «Lo farò.» affermò. «Se lei starà alle mie condizioni.»
 Il politico esitò, poi abbassò lo sguardo. Alla fine annuì, sapendo che non avrebbe potuto fare altrimenti.
 «Molto bene.» sussurrò Magnussen, con voce roca e profonda. Si avvicinò ancora a Holmes e studiò il suo viso, percorrendone ogni centimetro con gli occhi. Poi avvicinò il suo volto a quello di lui e sfiorò le sue labbra con le proprie.
 Mycroft, nonostante avesse tentato di trattenersi, gemette. Tuttavia non si scostò. Non poteva. Non sapendo quanto Sherlock avrebbe rischiato.
 La mano di Magnussen salì fino alla sua nuca, bloccandolo in modo che non potesse allontanarsi. Quando allontanò la bocca da quella dell’altro, sorrise.
 «Si ricordi il nostro patto, signor Holmes.» soffiò sulle sue labbra, sfiorandole con la lingua. «Lo sta facendo per suo fratello.»
 Il politico si impose di resistere, allontanando la sua mente da tutto ciò che stava accadendo. Era solo trasporto. Solo sentimenti. Doveva solo rimanere distaccato e tutto sarebbe finito.
 E in fondo Magnussen aveva ragione: lo stava facendo per Sherlock, per risparmiargli un’umiliazione del genere e la violenza di quell’uomo disgustoso, che gli sarebbero costate la dignità e la libertà.
 Per Sherlock.
 Solo per Sherlock.
 Le mani di Magnussen lo riportarono alla realtà.
 L’uomo le mosse sul suo petto, sfilandogli la giacca e lasciandola cadere a terra. Poi lo spinse verso il divano. Lo fece sdraiare e si posizionò sopra di lui; sollevò le braccia di Holmes sopra il suo capo e le bloccò sul divano, stringendo le dita intorno ai suoi polsi e facendo pressione, in modo che Mycroft non potesse muoversi.
 Quando si allontanò, i loro sguardi si incontrarono.
 «Il grande e potente Mycroft Holmes nelle mie mani…» disse, sbeffeggiandolo. «Se suo fratello potesse vederla adesso… chissà se la guarderebbe ancora con gli stessi occhi.» gli sfiorò le labbra con le dita. «Sa, nonostante non voglia darlo a vedere, Sherlock prova una profonda stima nei suoi confronti. Tiene davvero molto a lei. Ma dopo questo…» si leccò le labbra, famelico. «Forse è meglio che nessuno lo venga a sapere. Non crede, signor Holmes?» si chinò in avanti e soffiò quelle parole sulla sua bocca, scendendo a baciargli il collo, mordendo e succhiando la sua pelle.
 Il corpo di Mycroft tremò sotto quello di Magnussen, nonostante il politico si stesse imponendo di rimanere distaccato. Eppure la sua mente continuava a tornare lì, nonostante i molteplici tentativi di allontanarla…
 Perché non riusciva a chiudersi fuori da tutto ciò che stava accadendo?
 «Oh, no…» lo canzonò Magnussen. «Non vorrà dirmi che ha paura?» chiese, tornando a guadarlo negli occhi.
 Mycroft non rispose. Volse lo sguardo, imponendosi di mantenere calma e contegno. Non poteva permettersi di cedere. Non di fronte a Magnussen.
 Magnussen rise e lo fece voltare verso di sé, stringendo il suo volto con due dita. «Non si preoccupi, signor Holmes.» mormorò sulle sue labbra, stuzzicandole con la lingua e con i denti. «Si lasci andare.» concluse, e prese a sbottonargli la camicia.
 
 Due ore dopo, Mycroft uscì da Appledore.
 L’aria fresca e pungente della notte lo colpì in pieno viso, costringendolo a socchiudere gli occhi. Rabbrividì e si strinse maggiormente nella giacca, scendendo velocemente le scale.
 Nonostante il dolore agli arti e al petto si impose di resistere e continuare a camminare. Doveva uscire di lì e andarsene da quella maledetta casa. Perciò attraversò il vialetto camminando velocemente e raggiunse il cancello.
 Il suo autista – che aveva chiamato qualche minuto prima – aveva già accostato accanto al marciapiede, pronto a scortarlo fino a casa. Mycroft aprì la portiera e salì, prendendo posto sui sedili posteriori. Chiuse la porta e affondò la schiena nel sedile, sospirando di sollievo.
 Finalmente era finita. Era al sicuro, lontano da quell’uomo disgustoso.
 L’autista si voltò. «Va tutto bene, signore?» chiese, cordiale.
 «Sì.» rispose Mycroft, sbrigativo. «Mi porti a casa.»
 L’uomo annuì e si voltò. «Certo, signore.» disse e partì.
 
 Non appena ebbe varcato la soglia di casa, Mycroft raggiunse velocemente il bagno al piano di sopra, senza nemmeno sfilarsi il cappotto o le scarpe.
 Una volta dentro, si chiuse la porta alle spalle, girando la chiave, e si tolse velocemente i vestiti, gettandoli a terra, infischiandosene del fatto che avrebbe potuto rovinarli. In ogni caso, dopo quella notte, li avrebbe buttati. Non voleva indossare nulla che Magnussen avesse anche solo sfiorato o toccato con lo sguardo.
 Sollevò gli occhi e incontrò il proprio sguardo nello specchio.
 Lo abbassò immediatamente, prendendosi un momento per osservarsi.
 Magnussen aveva prestato attenzione a non marchiarlo in modo visibile, in modo da non destare sospetti. Tuttavia la sua pelle, prima pallida e perfetta, era adesso coperta di lividi violacei e neri, sulle braccia, sulle gambe e sul petto. E accanto a quei lividi, c’erano abrasioni e ferite rosso cremisi di ogni tipo, lasciate dalle unghie di Magnussen e dal coltello che aveva utilizzato per rendere il tutto più divertente, a detta sua.
 Tutti segni che probabilmente sarebbe stati indelebili. 
 Mycroft chiuse gli occhi.
 Non voleva ripensare a ciò che era successo. Non poteva.
 Perciò entrò nella doccia. Aprì l’acqua e il getto bollente lo colpì con violenza sulla schiena – ferita anch’essa – facendolo ansimare e togliendogli il fiato per qualche secondo quando entrò in contatto con le ferite ancora aperte.
 Inspirò profondamente, stringendo i denti, e prese una spugna.
 Cominciò a strofinare braccia, petto e gambe, tentando di lavare via il sangue che li macchiava e sperando di ripulire ogni angolo di pelle che Magnussen aveva sfiorato. Ogni centimetro che era stato toccato dalle labbra e dalle mani di quell’uomo spregevole e disgustoso.
 Strofinò, strofinò e strofinò ancora, con violenza e rabbia, e nonostante ciò, la sensazione di essere sporco non sembrava volerlo abbandonare. Perché in fondo si sentiva sporco dentro, nel profondo. E niente avrebbe potuto cancellare quella sensazione.
 Lasciò cadere la spugna e si strinse nelle spalle, sfregando le braccia con le mani, affondando le unghie nella pelle – sentendo il sangue fluire dalle ferite vecchie e nuove, colando lungo le braccia – sperando di scacciare quella disgustosa sensazione che si portava addosso da quando aveva lasciato Appledore.
 Le immagini di ciò che era successo quella notte esplosero nella sua mente con violenza, scorrendo in frammenti sconnessi e privi di senso.
 Mycroft poggiò le mani contro la parete e chiuse gli occhi, tentando di controllare i suoi respiri, che si erano fatti sempre più affannosi e rotti.
 Le labbra di Magnussen che lo baciavano.
 Le sue mani che percorrevano il suo corpo.
 Il suo corpo sopra il proprio.
 Mycroft gemette e si accasciò a terra; le sue ginocchia cozzarono contro il piatto della doccia con violenza, producendo un rumore secco, surclassato soltanto da quello dell’acqua che continuava a scorrere colpendolo sulle spalle e sulla schiena.
 La sua mente era sovraccaricata da un groviglio di ricordi e frammenti di immagini sconnesse che si confondevano fra loro rendendo tutto indefinito e nebuloso, facendola tremare sotto il peso di ciò che stava provando.
 Ogni emozione sembrava amplificata.
 Paura.
 Dolore.
 Rabbia.
 Disgusto.
 Perché faceva così male?
 Mycroft si portò le mani alle orecchie, rannicchiandosi su sé stesso.
 Le lacrime gli rigarono le guance e lui prese a singhiozzare convulsamente. Ansiti e singhiozzi si mescolarono, rimbombando tra le pareti del bagno, mentre il corpo del politico tremava sotto il peso di tutta quella sofferenza.
 Mycroft circondò le ginocchia con le braccia e vi poggiò sopra il capo, continuando a singhiozzare a lungo, fino a che non ebbe più lacrime da versare.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti ;) Rieccomi qui, come promesso, con il secondo capitolo della mia ff :)
La storia si sta sviluppando e, come vi avevo anticipando, le cose si stanno facendo molto più complicate e decisamente più delicate e dure.
Spero che nonostante il tema la storia vi piaccia e che continuerete a leggere e magari a lasciare qualche commento ;)
A mercoledì con il prossimo :)
Bacioni, Eli♥
 
   
 
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