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Autore: Echocide    12/06/2017    3 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 3.495 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua con un nuovo capitolo di Miraculous Heroes 3. Bene, bene. Si comincia a tirare qualche filo e altre rimangono sempre aggrovigliati, figure misteriose appaiono e tant'altro. In vero, non è che abbia molto da dirvi, senza spoilerarvi l'intero capitolo e quindi vi lascio subito alle informazioni di servizio.
Come sempre vi ricordo la pagina facebook per rimanere sempre aggiornati e ricevere piccole anteprime dei capitoli; inoltre vi ricordo che mercoledì ci sarà il nuovo capitolo di La Sirena, giovedì sarà il turno di Laki Maika'i, venerdì avrete un nuovo capitolo di Miraculous Heroes 3 e sabato sarà il turno di Lemonish.
Come sempre voglio ringraziarvi tutti quanti per il fatto che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie di tutto cuore!



Rafael sbadigliò rumorosamente, strusciandosi gli occhi e osservando il furgoncino di Mercier fermarsi davanti il locale di Alain, vedendo poi Wei balzare giù dal vano di guida e salutarlo con un gesto della mano: «Scusa, amico» bofonchiò il parigino, voltandosi verso la porta de La Cigale e aprendola, facendo passare l’altro con il carico di scatole: «Ma quel genio di Alain si è ricordato all’ultimo di fare l’inventario e…»
«Tranquillo» commentò Wei, entrando e poggiando l’ordine sul bancone, sciogliendosi poi i muscoli del collo: «Tanto dovevo passare lo stesso di qua per alcune consegne.»
«Ti offrirei qualcosa. Se non fosse che è mattina e vorrei evitare che Alain ci scambi per due alcolizzati.»
«Tranquillo, Rafael.»
Il moro annuì, incrociando le braccia e fissando l’amico, trovando un qualcosa di diverso, che quasi intaccava la calma storica dell’altro: «C’è qualcosa che non va?» domandò, osservando Wei abbozzare un sorriso e guardare poi verso l’alto, quasi come se potesse trovare nel soffitto le parole per esprimersi: «Wei?»
«La madre di Lila ci ha provato con me.»
«Cosa? Non ho capito bene. Madame Rossi ci ha provato con te? Provato nel senso di…»
«Il concetto è stato molto in stile ‘se vuoi essere ricco e fare felice mia figlia, devi prima soddisfare me’.»
«Che putt…» iniziò il parigino, fermandosi e guardando la tasca della felpa: «Flaffy, tappati le orecchie.»
«E perché?» domandò il kwami, uscendo dal suo nascondiglio e sorridendo all’altro Portatore: «Ciao Wei!»
«Ciao, Flaffy» lo saluto di rimando il cinese, notando poi il proprio kwami uscire da sotto la maglia e recuperare lo spirito del pavone, portandolo lontano da loro: «Penso che ora puoi commentare tranquillamente.»
«Prima mi esprimevo con più tranquillità, ma da quando so che era appena un ragazzino quando si è offerto come volontario…»
«E’ stato molto coraggioso.»
«Decisamente» sentenziò Rafael, sorridendo al piccolo kwami che parlava entusiasta con Wayzz, scuotendo poi il capo: «Beh, come il nostro Thomas: anche lui è molto coraggioso.»
«Vero.»
«L’hai detto a Lila?»
«Cosa?»
«Di sua madre.»
Wei negò con la testa, sospirando pesantemente: «Non saprei come introdurre l’argomento e poi non voglio…» si fermò, negando con la testa: «Non voglio che soffra ancora per colpa dei suoi genitori.»
«Non è che tenendoglielo nascosto, risolverai questa cosa.»
«E che dovrei fare, grande esperto di relazioni?»
«Esperto di una botta e via, casomai» sentenziò moro, sospirando: «Non so. Parlargliene? Sarah mi ha fatto capire che il dialogo è una cosa importante nel rapporto di coppia.»
«Non voglio ferirla» borbottò Wei, sospirando poi pesantemente: «Ed è già abbastanza ai ferri corti con sua madre…»
«Conoscendo la volpe questo non aggiungerebbe altro che benzina sul fuoco» Rafael si massaggiò il volto, lasciando poi andare un lungo sospiro: «Ma anche tacere…» si fermò, sorridendo appena: «Non vorrei essere nei tuoi panni in quel caso.»
«Nemmeno io.»
«Fidati, amico, se non vuoi che si trasformi e ti infili il flauto dove non vorresti mai averlo…» Rafael si fermò, sogghignando: «Parlale. E trova anche un modo di fermare le voglie della tua futura suocera.»
«Peccato che hai messo la testa a posto. Mi avresti fatto comodo com’eri un tempo.»
«Ah ah ah ah. Molto divertente. E comunque con una del genere non ci sarei mai andato, ho un certo codice morale.»
«Giusto per sapere, con quante…»
«Venti? Venticinque?»
«Uao.»
«E, se devo essere sincero, non ricordo assolutamente niente di nessuna di loro: volti, nomi, quello che abbiamo fatto. Niente» si appoggiò, al bancone sorridendo: «Di Sarah, invece, ricordo perfettamente tutto: la prima volta che l’ho vista nel giardino della scuola, quando mi sono infilato in mensa dietro di lei e l’ho osservata mentre cercava di vedere che c’era da mangiare…»
«Era quella giusta.»
«E Lila, purtroppo per te, è la tua anima gemella, quindi Wei parlale. Veramente. Dille ciò che ha fatto sua madre.»
«Uao» mormorò Flaffy, fluttuando fra i due: «Mi sembra di essere entrato in uno di quei cosi asiatici che si guarda Mikko, manca solo che parta la canzone adeguata e sareste perfetti…»
«Io sono asiatico.»
«Ma Rafael no» sentenziò Flaffy, incrociando le zampine: «E poi non sei il tipo di asiatico che ci serve: quelli di solito hanno tre o quattro nomi, sono una cosa assurda quando si chiamano: Nam Hyung Koo. Andiamo, vuoi mettere l’epicità di…non so? Aragorn! Senti qua. Senti l’epicità!»
«Com’è che non avevo dubbi che infilavi da qualche parte Aragorn?»
«Silenzio, signore dei Nazgul.»
«Qui stavamo parlando di questioni serie!»
«Il Signore degli anelli è una questione seria!»


«Ti stai ossessionando» commentò Mikko, osservando la ragazza mentre recuperava un testo dalla borsa, leggendo il titolo e fissando male la propria Portatrice: «Dovresti…»
«Concentrarmi sulla missione, lo so. Lo so» bisbigliò Sarah, guardandosi attorno e prendendo anche il blocco degli appunti su cui aveva segnato alcune cose della donne che l’avevano preceduta: Mikko le aveva detto che, come il Miraculous della Coccinella, anche quello dell’Ape era andato esclusivamente a donne.
Un caso?
Una coincidenza?
In verità non lo sapeva proprio.
Le sarebbe piaciuto scoprire le loro storie e parlare con una di loro, invidiando i suoi amici che avevano la possibilità di parlare con i loro predecessori: in vero, lei e Lila erano le uniche che non avevano una specie di mentore che le potesse in qualche modo guidare.
Certo, per quanto potesse considerare mentori personalità come Felix…
Sospirò, rileggendo i nomi che aveva scritto sul foglio assieme a pochi dati che le servivano per contestualizzarle: Maria. La donna che aveva combattuto come Abeja al fianco di Bridgette e Felix, magari poteva chiedere informazioni su di lei e il marito…
Henrique, ovvero Zorro.
Sarebbe stato interessante scoprire che cosa avevano da offrire a lei e Lila le loro storie.
Il rumore della porta che si apriva, le fece alzare la testa e notò stupida la figura di Emile Fabre entrare nell’aula, accompagnata dal brusio degli studenti: l’uomo sembrava in salute e tranquillo come se venisse a lezione in un giorno qualunque e non senza una discreta dose di assenze alle spalle.
«Ma che cosa…?»
«A quanto pare siamo rimasti un po’ indietro con il programma» sentenziò Emile, sorridendo a tutti loro: «Dovrò mettere l’acceleratore per riuscire a recuperare. Iniziamo subito, che ne dite?»
Stava bene.
Non sembrava minimamente l’uomo malato che aveva visto l’ultima volta.
Dove era stato? Che cosa gli era successo?
Sarah inspirò profondamente, tenendo lo sguardo fisso sull’uomo mentre apriva il voluminoso libro di storia antica e si fermava su una pagina a casaccio, tenendo sotto controllo i movimenti del professore, cercando di carpire qualcosa.
Qualsiasi cosa.


«Mi hai deluso, Hundun» mormorò Kwon, afferrando la donna per il mento e scaraventandola dall’altra parte della stanza: «In vero, tutti mi state deludendo. E’ così difficile prendere quei gioielli?»
«Io…» Hundun si tirò su, inspirando profondamente e, chinando la testa, si prostrò sul pavimento: «Credevo fosse un buon posto.»
«Una mensa? Una mensa di una facoltà universitaria di Parigi?»
«Ha attirato gli eroi, però» mormorò la donna, mordendosi le labbra: «Loro sono giunti subito, vero?»
«Come Taowu, vi lasciate guidare troppo da ciò che eravate, da ciò che siete» continuò Kwon, avvicinandosi alla donna e carezzandole il volto con le nocche: «Tu sai perché hai attaccato proprio quel luogo, non è vero?»
«S-sì.»
«Così come Taowu, anche tu hai lasciato che la tua umanità ti guidasse…» continuò l’uomo, passandole un dito sulle labbra e vedendola mentre le schiudeva: «E ciò porterà sempre alla vostra disfatta. Volete che loro ci annientino? Che il grande Impero non torni mai?»
«No, mio signore.»
«Non deludermi, Hundun. Non deludermi un’altra volta.»
«Sì, mio signore» mormorò la donna, mentre l’altro la lasciava andare e si voltò, raggiungendo la porta delle sue stanze e ritirandosi in esse; Hundun tirò lentamente su le mani, stringendosi le spalle e inspirando lentamente mentre il suo corpo non la smetteva di tremare: aveva avuto paura, per la prima volta da quando aveva avuto il potere ed era diventata una dei Generali di Kwon, aveva sentito il terrore di perdere tutto.
Ed era colpa di loro.
Era tutta colpa degli eroi di Parigi.
La donna fissò rabbiosa in avanti, stringendo i pugni e storcendo le labbra in un ghigno mentre respirava pesantemente, non accorgendosi della figura che la fissava nell’oscurità.


Felix parò il calcio di Xiang con l’avambraccio, sorridendo strafottente e, portato avanti il pugno, sfiorò il volto della ragazza che indietreggiò, andando a sbattere contro il mobile alle sue spalle; Xiang strinse le labbra, assumendo nuovamente una posizione di difesa e fissando l’altro mentre si muoveva lento: «Non sei concentrata» dichiarò l’uomo, sorridendole appena e parando il colpo della ragazza e trattenendole il polso, lasciandola poi andare: «Si direbbe che tu sia parecchio distratta, anzi. Centra per caso quel yankee?»
«Stavo pensando a Dì Ren…»
«Avrei preferito se pensavi allo yankee» sospirò Felix, passandosi una mano fra i capelli biondi e portandoseli indietro, mentre Xiang rimaneva immobile davanti a lui: «Che cosa temi?»
Xiang lo fissò un momento negli occhi prima di distogliere il proprio sguardo e lasciarlo vagare per la stanza, tirando le labbra fino a farle diventare una linea sottile: «Ha un grande potere nelle mani, eppure non lo usa; potrebbe tranquillamente battere i Portatori, affrontarli a viso aperto e invece manda emissari e creature di Quantum…»
«Si chiama strategia, Xiang» mormorò Felix, posandosi le mani sui fianchi e guardandosi attorno, sorridendo appena: «Kang ha fatto qualcosa con la propria morte, lo so per certo» bisbigliò a voce appena udibile, sorridendo un poco al ricordo dell’anziano: «Non era tipo da sacrificare la vita per niente.»
«Perché non ha detto niente?»
«Tu lo conoscevi da più tempo di me, Xiang» mormorò Felix, portandosi una mano al viso e massaggiandosi il mento: «Sai come ragionava il suo cervello: per enigmi. Ricordi? Sicuramente ci ha detto qualcosa, ma non gli abbiamo dato importanza o non l’abbiamo capito.»
«Vorrei che fosse qui…»
«Anche io, piccola» borbottò il biondo, avvicinandosi alla ragazza e posandole una mano sulla testa, sorridendole dolcemente: «Kang…» si fermò, lasciando andare un lento sospiro e scuotendo la testa: «Per quanto abbia cercato di prepararmi, non sarò mai una guida come era lui: io non so niente se non quello che un misero essere umano sa, mentre Kang era un veggente.»
«Vorrei essermi preparata di più: non ho mai considerato la minaccia del gioiello che custodivamo come reale e tangibile. Era una collana che doveva stare a Shangri-la. Fine. Io…»
«Non potevi sapere, Xiang. Nessuno di noi due poteva saperlo e quel demente di Kang non ha mai voluto renderci partecipi di tutto» borbottò Felix, facendole l’occhiolino: «Non angosciarti, ok? Altrimenti, appena tornerà a casa, dovrò subirmi il terzo grado di Bri per il fatto che sei giù di morale e…» l’uomo si fermò, piegando le labbra in un sorriso sornione: «Fidati, ho altri progetti in mente.»
«Progetti che preferisco non sapere.»
«Brava, ragazza.»


«Tesoro, sono a casa» dichiarò Adrien, entrando nell’appartamento e chiudendosi la porta dietro le spalle, osservando la sala e la cucina deserte: «Marinette?»
«Sono qua!» urlò la voce della ragazza, dal fondo del corridoio, prima che il trambusto di scatole e altri oggetti che cadevano raggiunse le orecchie di Adrien; si mosse velocemente, fermandosi sulla porta dello studio della moglie e, poggiatosi con le braccia incrociate allo stipite, fissò Marinette: aveva un sandalo sulla testa, mentre scatole e scarpe la circondavano: «Non dire niente» lo intimò la ragazza, togliendosi la calzatura dal capo e guardandosi attorno, squittendo di gioia quando trovò il frutto di tanta ricerca.
«Tutto questo per un paio di stivali?» domandò Adrien, chinandosi al fianco della ragazza e iniziando a sistemare il tutto, poggiando un paio di suoi mocassini in una scatola e passando alla moretta un sandalo dal tacco alto.
«Li volevo mettere domani, ma non ricordavo dove erano» spiegò Marinette, chiudendo una scatola e alzandosi, posandola sulla mensola vuota: «Solo che per prenderli…»
«Hai fatto cadere tutto il resto.»
«Esatto!» dichiarò la ragazza, mentre il marito si alzava e le passava una scatola da scarpe che, celermente, lei infilò al suo posto: «Com’è andata oggi?»
«Al solito: lezioni, volpe che rompe, lezioni, servizio fotografico a suon di pasta e gnocchi. Mia madre che chiama…»
«Sophie?»
«Sì» sentenziò Adrien, sospirando e poggiandosi al mobile: «A quanto pare, la prossima settimana, c’è un evento e voleva sapere se andiamo, così da tormentarti per abito, scarpe e…» si fermò, inclinando la testa e studiando la moglie dalla testa ai piedi, mentre lei continuava a sistemare gli oggetti caduti.
«Adrien?» domandò Marinette, voltandosi verso di lui quando si accorse che il ragazzo non le parlava più: «Perché ti sei fermato?»
«Mi stavo chiedendo…»
«Cosa?»
«Ma è normale che tu sia sempre più sexy ogni volta che ti vedo? Insomma, siamo sposati adesso eppure…»
«Oh, per i sette dei!» bofonchiò il kwami nero, palesando la sua presenza e sbuffando, con le zampette incrociate mentre scuoteva la testa con fare indignato: «Possibile che tu sia sempre così…»
«Plagg, dovresti solo stare zitto!» mormorò Tikki, dalla sua postazione sulla scrivania, rigirandosi un biscotto fra le zampette: «Oppure preferisci che racconti ad Adrien…»
«Niente. Tu non gli racconti niente.»
Adrien rimase in silenzio, osservando i due kwami allontanarsi e andarsene da qualche parte della casa, riportando poi la completa attenzione sulla moglie: «Dicevamo? Ah sì, come fai a essere sempre così dannatamente sexy?»
«Forse perché ti lasci accecare dai tuoi sentimenti?»
«Oh. E tu no?»
«Ovviamente» borbottò Marinette, voltandosi di lato e sentendo le guance andarle a fuoco, sobbalzando poi quando avvertì il tocco delle dita di Adrien, che le carezzavano il contorno dello zigomo: la ragazza sospirando e allungando le braccia, in modo tale da stringendosi a lui, lasciando che le catturasse le labbra e la baciasse, sentendo le sue mani posarsi decise sui fianchi e tirandola contro di sé. Marinette sorrise, quando Adrien si staccò, dandole poi dei baci a stampo sulla bocca, mentre le faceva scivolare le mani sotto le natiche, sollevandola: «Micetto, dovrei…» iniziò, intrecciando le gambe attorno alla vita di Adrien e venendo zittita dall’ennesimo bacio a stampo, sentendolo muoversi nella stanza, sorridendo divertita all’idea di ciò che aveva in mente il ragazzo: «Adrien, davvero, dovrei…»
«Goderti le attenzioni di tuo marito. Concordo» dichiarò il biondo, lasciandola andare sul materasso e seguendola, catturandole nuovamente le labbra, mentre si stendeva al suo fianco e lei gli saliva in grembo: «Ti si sono allungati i capelli» commentò, prendendole una ciocca fra le dita e strofinandola fra i polpastrelli: «Mi sono sempre piaciuti i tuoi capelli» continuò, sistemandosi meglio sul cuscino e sorridendole: «E i tuoi occhi. Avevo fatto anche una poesia…»
«Una poesia?»
«Sì, il San Valentino in cui Kim venne akumatizzato» commentò Adrien, lasciando cadere la mano e carezzandole il fianco: «Era schifosa e la buttai, però ho ricevuto una risposta. Non ci avevo più pensato finora…»
«Una risposta?»
«Già. In un bel biglietto a forma di cuore. Ne sai qualcosa, Marinette?»
«Beh, non era firmato quindi…»
«Io non ho detto che non era firmato, my lady» La ragazza lo fissò, un sorriso gelato in volto e poi sbuffò, chinandosi e nascondendo il volto contro il collo, borbottando parole senza senso e facendolo ridere: «I tuoi capelli sono d’oro e i tuoi occhi di un verde splendente, quando ti guardo vorrei condividere con te i tuoi pensieri e sogni corrispondenti…»
«Ma l’hai imparata a memoria?»
«Sì, voglio essere la tua Valentina» Marinette si tirò su, fissandolo imbronciata e Adrien la vide pronta a colpirlo: «Staremo bene insieme, ti amerò per sempre, il mio cuore ti appartiene» recitò velocemente, chiudendo gli occhi e aspettando che la furia della moglie si scatenasse; attese e quando si accorse che la ragazza non stava facendo nulla riaprì lentamente una palpebra, osservandola mentre a cavalcioni su di lui, lo fissava divertita: «Marinette?»
«La sai veramente a memoria?»
«Penso di averla letta all’infinito» commentò il biondo, sorridendole e tirandosi su, portando entrambe le mani sulle guance di Marinette: «E ora ti dimostrerò quanto stiamo bene insieme.»
«Come se non lo sapessi già.»
«E’ sempre bene precisare» dichiarò Adrien, girandosi con un colpo di reni e sovrastandola, chinandosi a baciarle la fronte e poi le palpebre socchiuse: «Ti amo, Marinette. Il mio cuore è tuo» bisbigliò, infilandole le mani sotto alla maglia e carezzandole la pelle nuda: «E lo sarà sempre.»
«E il mio è tuo. Sempre.»


Sospirò, mentre si voltava a osservare i propri compagni attorno a lui e poi, nuovamente, la distruzione che regnava ovunque davanti ai suoi occhi: quando quel sogno l’avrebbe lasciato in pace? Quando quel mondo fatto di rovine e morte avrebbe smesso di perseguitarlo? Di esistere?
Fu non gli aveva saputo dare risposta sulla possibilità che il suo potere funzionasse anche senza trasformazione, sebbene lui continuava a sognare tutto ciò ogni notte: «Non è dovuto al tuo potere» commentò una voce infantile dal tono divertito, facendolo voltare: Rafael osservò il bambino dai capelli chiari avanzare con lo sguardo scuro fisso su di lui, mentre un sorrisetto divertito gli piegava le labbra: «Perdonami» mormorò il piccolo, affiancandolo e fermando davanti a lui, alzando il viso: «Ho dovuto scegliere te perché avevi già dimestichezza con tutto ciò» dichiarò, allargando le braccia con i palmi rivolti verso l’alto, quasi a mostrargli la distruzione sovrana di tutto: «E questo aspetto…beh, pensavo avresti avuto più facilità ad accettarmi così che come vecchio e canuto.»
«Chi sei?»
«Qualcuno che, come te, ha visto tutto ciò tante volte.»
«Quindi…»
«Sì, Rafael. Sono io che ti mostrando questo» spiegò il ragazzino, sorridendo e illuminandosi in volto: «Il tuo potere è sempre stato il più adatto, anche se ho dovuto aspettare e continuare a controllare la linea del tempo per capire quando sarebbe giunto il momento giusto, quello perfetto per mostrarti il tutto.»
«Chi sei tu?» borbottò Rafael, scuotendo il capo e portandosi una mano alla tempia, massaggiandosela mentre la sua testa cercava di collocare tutto in un ordine che non lo avrebbe fatto impazzire: visioni, bambini misteriosi che parlavano…
«Stai pensando che forse sarebbe stato meglio per te non aver mai aperto la scatola che conteneva il Miraculous, vero?»
«Sì» rispose seccamente il ragazzo, sbuffando e incrociando le braccia: «Ero una persona normale e bam! sono stato catapultato in tutto questo.»
«Eri una persona sola e triste, che cercava un sollievo fra le gambe delle donne e nei loro abbracci freddi» mormorò il piccolo, avanzando e fissando in avanti: «Avresti continuato ad andare alla ricerca di ciò che desideravi, senza trovarlo e morendo da solo, in un letto gelato.»
«Mi stai dicendo che se non avessi avuto il Miraculous…»
«Non avresti mai incontrato Sarah» mormorò il bambino, sorridendo e fissandolo serio: «Basta un minimo cambiamento e la storia cambia, si modella su ciò che il nuovo percorso avrà: lei avrebbe avuto un uomo, ma non l’avrebbe mai amato abbastanza, perché non era quello destinato, e tu…»
«Io non l’avrei mai trovata» bisbigliò Rafael, chinando la testa e fissando le punte dei suoi stivali blu, voltandosi poi verso la Bee della visione e sorridendo: «Lei non sarebbe mai entrata nella mia vita, io non sarei mai stato ossessionato da un kwami cioccolato-dipendente e tolkeniano e adesso non starei parlando con un bambino, in un mio sogno, di ciò che sarebbe successo oppure no.»
«Cosa interessate il destino, vero? Ancor più del tempo, devo dire.»
«Si può sapere chi accidenti sei?»
«Il mio nome non ha importanza, Rafael» decretò il piccolo, incrociando le braccia dietro la testa e sospirando lentamente: «Ho voluto mostrarti più e più volte cosa accadrà se Kwon metterà le mani sui Miraculous: so bene che li proteggerete, ma il destino non è mai stato chiaro su ciò che sarebbe avvenuto in seguito ed io non ho avuto la forza per indagare più profondamente. Se vincerete, il mondo continuerà il suo cammino fino a quando non apparirà un’altra minaccia.»
«Un’altra minaccia?»
Il bambino sorrise, voltandosi verso il giovane eroe e ridacchiò all’espressione sconcertata che aveva sul volto: «Non sarete voi a fermarla» dichiarò, alzando il mento: «Nuovi Portatori giungeranno, sebbene ancora devono nascere.»
«Quindi noi andremo in pensione? Mi piace.»
L’altro annuì, voltandosi e osservando il panorama di una città distrutta e in balia della morte e della desolazione: «Ma se voi non vincerete questo è quello che si avvererà ed i vostri eredi non nasceranno mai» sentenziò, scuotendo il capo e abbassandolo, prima di posare nuovamente lo sguardo su Rafael: «Per questo ho voluto mostrarti tutto ciò, per questo ho voluto incontrarti adesso; per questo ho mandato da voi altri, intromettendomi nella linea del tempo e assoggettandola a me, facendo soffrire alcuni: forse ho peccato di superbia, ma non sapevo veramente cosa fare e questa è stata l’unica scelta che ho sentito come certa. Come il mio consanguineo, anche io ho giocato alla divinità.»
«Si può sapere chi accidenti sei?»
«Nessuno di importante, ma Rafael, vi prego di fermarlo» mormorò il piccolo, fissandolo con una serietà e una maturità che mal si adattavano a quel volto infantile: «Fermatelo e fate sì che il mondo segua il suo giusto cammino.» 

   
 
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