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Autore: Syra44    11/06/2009    4 recensioni
Le biblioteche sono forse alcuni dei posti più magici del mondo. Custodiscono gelosamente pagine e pagine di sapere umano, sapientemente scritte anno dopo anno, secolo dopo secolo, millennio dopo millennio da uomini che, nonostante le tante differenze di costume, razza o posizione sociale, decidono di trasmettere al mondo le proprie scoperte e la propria arte nello stesso modo: tramite l’eterna magia dell’inchiostro su carta, l’asso vincente di molti studiosi e di altrettante stelle nascenti.
- Chapter One: Riza POV {RoyAi Day}
- Chapter Two: Roy POV
- Chapter Three: Riza POV
- Epilogue
[Roy/Riza]
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono, ma sono proprietà di Hiromu Arakawa; questa fanfiction non è stata scritt

Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono, ma sono proprietà di Hiromu Arakawa; questa fanfiction non è stata scritta a scopo di lucro.

 

 

 

La biblioteca

RoyAi Day 2009

 

 

 

Ancora una volta alle ragazze del RoyAi Fan Forum.

Perché siete semplicemente mitiche; non c’è altra parola per descrivervi.

Scusate se vi dedico ‘sta roba, ma non sono capace di sfornare altro. Perdonate questa Scrittrice Fallita xD

Vi voglio bene, mie Muse <3

 

 

 

Le biblioteche sono forse alcuni dei posti più magici del mondo.

Custodiscono gelosamente pagine e pagine di sapere umano, sapientemente scritte anno dopo anno, secolo dopo secolo, millennio dopo millennio da uomini che, nonostante le tante differenze di costume, razza o posizione sociale, decidono di trasmettere al mondo le proprie scoperte e la propria arte nello stesso modo: tramite l’eterna magia dell’inchiostro su carta, l’asso vincente di molti studiosi e di altrettante stelle nascenti.

Anche se nell’immaginazione popolare le biblioteche sono sempre enormi, labirintiche e buie come la notte più nera, quella di casa Hawkeye non era una di queste. Anzi, si poteva dire che si presentava esattamente all’opposto.

Questa si presentava come una piccola stanza con un’enorme finestra che si affacciava sull’aperta campagna, adiacente allo studio del padrone di casa, il quale, affamato di conoscenza, aveva col tempo collezionato una colossale quantità di libri sui più vari argomenti, primo tra tutti l’alchimia. Non riuscendo poi a ben sistemare la miriade di tomi acquistati come lui desiderava nella camera in questione -  era molto esigente sull’ordine - aveva deciso di relegare la camera di fianco a “deposito libri”. Col tempo, l’insignificante nomignolo si era perso insieme alle numerose scartoffie presenti sulla sua scrivania, e la stanza era stata finalmente chiamata col nome più adatto e altisonante di biblioteca di casa Hawkeye.

La piccola Riza, unigenita dei proprietari dell’abitazione, era sempre stata affascinata da quella stanza. Nonostante i volumi polverosi e l’imponente altezza degli scaffali, che incutevano timore solo a vederli, amava osservare i giochi di luce che il sole disegnava sul pavimento e aiutare suo padre a mettere in ordine i libri presenti nella stanza, spesso ammonticchiati in un angolo per la fretta di tornare nell’altra camera e continuare gli esperimenti alchemici in atto.

Quando poi sua madre era morta, con tutto il dolore, le lacrime e la tristezza che erano seguite, suo padre si era metaforicamente chiuso in sé stesso e praticamente rinchiuso nel suo studio. In quel periodo, la biblioteca era stata l’unica ancora di salvezza della ragazzina: non avendo amici con cui giocare, poiché vivevano in un luogo isolato, e studiando da privatista, l’unico modo per imbrogliare il tempo, non annoiarsi e allo stesso tempo sentirsi fisicamente vicina a suo padre era entrare nella famosa stanza e perdersi fra le centinaia di volumi presenti. Tra i tanti, adorava leggere quelli che si trovavano sul lato sinistro del terzo scaffale, che aveva chiamato “lo scaffale della mamma” perché vi si trovavano i libri con cui la signora si dilettava nei pomeriggi uggiosi. Tra le vellutate pagine che accarezzava con le dita erano cadute, e a volte continuavano a cadere, molteplici e più lacrime salate.

Fino a quando non aveva compiuto undici anni, era rimasta in completa solitudine, sempre nella “sua” biblioteca, con una mela in mano e un libro nell’altra, a sfogliare le polverose pagine dei grossi e voluminosi tomi e sognando di vivere numerose avventure come quelle di cui leggeva: immaginava di viaggiare per terre sconosciute al fianco di valorosi compagni, o di essere una potente maga pronta a risolvere qualsiasi imbroglio, o, anche se più raramente, anche la principessa in pericolo di turno.

Ma, persa tra le sue fantasie, c’era sempre quella fastidiosa vocina - che col tempo avrebbe imparato a chiamare coscienza - che la riportava alla realtà ricordandole costantemente che purtroppo a lei non erano stati riservati né compagni fedeli, né abilità particolari, né un principe da cui farsi salvare.

Poi, però, come un raggio di sole fa capolino all’alba dopo una lunga notte di veglia solitaria, nella sua vita aveva fatto irruzione Roy Mustang.

Quest’ultimo era il figlio adottivo di una facoltosa signora di dubbia reputazione, la quale aveva deciso di assecondare il desiderio del suo unico erede di studiare l’alchimia. Scovato dopo molto tempo il signor Hawkeye, o, come lo chiamavano loro, il “Maestro”, la signora Mustang si era subito accordata con lui affinché prendesse suo figlio come studente presso di sé. Dopo vari tira e molla, il giovane Mustang era approdato a casa Hawkeye, portando con sé una fresca ventata di novità per la piccola Riza.

In un misto di diffidenza e curiosità, la ragazzina aveva dato il benvenuto nella casa al misterioso Roy, che contrariamente alle sue aspettative - si era aspettata un fragile ragazzetto sempre dedito allo studio - si era rivelato un vero e proprio scavezzacollo.

Dopo la sua rapida ambientazione nella nova sistemazione, non esitava ad approfittare della posizione della villa per andare a divertirsi all’aperto. Riza lo vedeva dalla finestra della biblioteca correre fuori per andare a giocare all’esterno, cosa che invece lei faceva di rado; e per parecchio tempo spariva, facendo agitare suo padre che, al ritorno del monello, urlava qualcosa che suonava come «Piccolo impudente, cosa credevi di fare?! Non sei un apprendista alchimista, sei solo una scapestrato!»

A quel punto Riza pensava che quel Mustang doveva essere proprio scemo. Insomma, sapeva benissimo che suo padre si sarebbe arrabbiato non vedendolo applicarsi al lavoro che gli assegnava e sapendolo fuori, tra il pericolo di cadere vittima di qualche serpente… o peggio. Sicuramente era solo un ragazzino viziato, tipo di persona con la quale lei non voleva avere nulla a che fare.

Per molto tempo quindi  lei e “lo scavezzacollo” si erano ignorati. Ma poi, era arrivato quel giorno.

 

«Ciao»

Riza si era voltata come un fulmine al solo sentire quella voce. Ovviamente sapeva a chi apparteneva, dato che incontrava il suo possessore ogni giorno a pranzo e a cena e che spesso lo sentiva complottare con suo padre nella stanza affianco, ma non si erano mai rivolti altro che saluti formali.

«Buongiorno, signor Mustang» esordì, facendo uso di tutta la buona educazione che gli era stata inculcata e contemporaneamente chiedendosi cosa mai ci facesse lì l’allievo di suo padre.

«Leggevi?» chiese Roy avanzando verso di lei, girando intanto lo sguardo da uno scaffale all’altro per poi tornare a posare i suoi occhi scuri su di lei e sul libro che teneva tra le mani.

«Sì» rispose Riza con tono sicuro. Poi alzò un sopracciglio.

«Ma lei… cosa ci fa qui?» aggiunse forse con tono troppo accusatorio.

Non sapeva perché, ma sentiva uno strano senso di fastidio vedendo avanzare nella biblioteca, nella sua biblioteca, quel… quel Mustang, ecco.

Il ragazzo rise, una risata pulita e chiara che aleggiò per qualche secondo nell’aria.

«Non c’è bisogno di essere così ostile… è solo che mi annoiavo»

«E allora?»

«Volevo chiederti se ti andava di unirti a me» ribattè lui sorridendo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Riza lo fissò sbalordita per qualche minuto.

«Ti ho vista molte volte alla finestra» spiegò il ragazzo vedendo l’espressione di lei e arrossendo impercettibilmente «e da quel che mi racconta tuo padre, stai sempre qui ad immergerti nei libri, da sola. Io non mi diverto molto in solitario, quindi…» lasciò la frase in sospeso, con una punta d’incertezza nell’ultima frase.

Riza non aveva smesso per un secondo di fissare basita il ragazzino che le stava di fronte, cercando di ricordare l’ultima volta  che qualcuno l’aveva invitata a giocare insieme.

«Beh…» cominciò, ponderando bene le due possibilità che le si presentavano davanti. Da un lato, sapeva che suo padre si sarebbe arrabbiato, vedendo il suo allievo e sua figlia uscire e addentrarsi da soli nella campagna circostante; lei poteva restare tranquillamente lì a leggere nel suo rifugio, tuttavia… c’era qualcosa che la tentava terribilmente in quella richiesta.

E non seppe nemmeno lei perché, forse la delusione che sapeva si sarebbe disegnata sul suo viso se avesse rifiutato, o forse era soltanto impazzita, ma accettò.

 

 

 

 

 

Note finali

Ebbene sì, ci sono riuscita. Ho prodotto qualcosa per il RoyAi Day *-*

Questa è una raccolta davvero piccolissima, tre capitoli circa (forse aggiungerò un piccolo epilogo)

Era nata come One-shot. Tuttavia era troppo slegata e ho deciso di dividerla. Spero che questa prima shot vi sia piaciuta ^^

Ringrazio chiunque mi lascerà un commentino ^^ E un bacione enorme alle ragazze del RoyAi Fan Forum, le mie adorate Muse (ho deciso che d’ora in poi vi chiamerò così) xD

Scusate se non mi dilungo, ma sono distrutta ç_ç è tutto il giorno che lavoro alla fiction e ancora mi sembra che sia orribile ç_ç Beh, io ci ho provato.

Sayonara! Vostra affezionata Syra44

 

  
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