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Autore: Sophja99    16/06/2017    4 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo trentacinque

Piano


Gudir era esattamente come la ricordava dall'ultima e unica volta che aveva avuto l'occasione di visitarla. In tutti quegli anni sembrava non essere cambiato nulla, eccetto le persone che incontravano per le strade, talmente tante che sarebbe stato impossibile rammentarle tutte e ricordarle dopo anni. Ciò che era certo era che lei non sarebbe mai riuscita a dimenticare l'ultima e unica visita fatta alla città, sebbene con gli anni i ricordi si fossero come annebbiati. Allora, poi, aveva avuto ben altri pensieri nella testa e faccende più serie di cui occuparsi che guardare la comunità in sé e studiare le persone che la abitavano.

Nonostante tutto il tempo trascorso, però, la città non era minimamente cambiata e poteva ancora riconoscere le vie percorse e le case osservate anni addietro.

Le strade erano talmente affollate di persone e bancarelle dei mercati che i tre facevano fatica a passare e farsi largo tra esse. In quella città i tetti delle case erano leggermente meno a punta dei villaggi del nord di Midgardr: l'inverno rimaneva lungo e rigido in ogni angolo del regno, ma a Gudir e negli altri villaggi del sud esso era temperato per la presenza del mare.

«Casa dolce casa» Silye udì Ashild, che stava camminando accanto a lei, mormorare con un tono di voce da cui traboccava puro disprezzo.

Non poteva trattenersi dal desiderare di sapere cosa fosse accaduto alla giovane guerriera: cosa l'aveva portata a scappare e come aveva fatto a diventare tanto abile con la spada? Le aristocratiche, soprattutto se queste erano delle principesse, non solevano dedicarsi all'apprendimento delle arti della guerra, ma a tutt'altri tipi di insegnamenti.

Si soffermò ad osservare la ragazza di profilo. Il volto era leggermente accigliato e ogni sua parte del corpo, dal modo in cui camminava a quello in cui si guardava intorno, con una mano infilata sotto il mantello a toccare il pomello della spada, trasudava sicurezza e fermezza. Si ritrovò ad invidiarla: avrebbe tanto voluto avere la sua stessa risolutezza anche nei momenti di maggiore difficoltà e pericolo, ma, per quanto si sforzasse, non riusciva mai a reprimere le sue emozioni, che fossero di odio, paura o amore. Ashild mostrava una disinvoltura e al tempo stesso un distacco da ciò che le accadeva intorno che lei non sarebbe mai riuscita a raggiungere, sebbene la stessa guerriera talvolta si lasciasse sfuggire momenti di fragilità, come era accaduto la sera prima.

«Entriamo in questa locanda» disse loro piano, facendoli fermare e facendo un cenno con la testa in direzione di una piccola via che si diramava dalla strada principale, dove si poteva vedere l'insegna dell'osteria posta lateralmente.

«Non sarà pericoloso? Dopo quello che abbiamo passato a Trúar non mi sembra una buona idea rimettere piede in una locanda...» avanzò Silye, ma Ashild era ferma nelle proprie idee e certa di ciò che faceva.

«Di questo non dovete preoccuparvi. Conosco questo posto come le mie tasche. L'oste è un uomo di fiducia... Qui potremo parlare con piena libertà.»

Li superò e fece loro strada fino alla taverna, il cui nome sull'insegna era tanto sbiadito da non essere più leggibile.

«Salve, Edwin» disse, subito dopo essere entrata, rivolta all'oste. Quello sollevò subito il capo non appena si accorse dei nuovi avventori.

Era un uomo sulla quarantina, con il capo rasato, una lunga e riccioluta barba ramata e occhi piccoli, ma svegli. Il suo volto si colorò di stupore e la sua bocca accennò un sorriso quando si accorse che la nuova arrivata era Ashild. Però, non disse nulla, limitandosi a rivolgerle un cenno con la testa calva.

«Rimaniamo per poco.» Edwin indicò loro uno dei tavoli liberi, dove si andarono a sedere. «Portaci qualcosa da bere. Tre birre» aggiunse Ashild.

L'uomo si affrettò ad accontentare il suo ordine, mentre la guerriera tirava fuori da una piccola scarsella, l'unico oggetto che si era portata dietro e che, però, poteva contenere ben pochi averi, una mappa sgualcita, ma sempre in condizioni migliori di quella che Vidar possedeva di Midgardr.

«Questa è la pianta del castello. Conosco i turni delle guardie poste all'entrata nord e di quelle che si trovano nella sala reale, dove il Konungr passa gran parte della giornata con i suoi funzionari ad occuparsi di affari statali e altre idiozie simili.»

«Non credo sia corretto chiamare idiozie argomenti e mansioni importanti quanto quelle che sono nelle mani di un re» puntualizzò Vidar, facendo una smorfia di disappunto.

Edwin raggiunse il loro tavolo con tre boccali pieni. Ashild attese che l'oste se ne fosse andato per ribattere a Vidar: «Senti, dio, da voi sarà anche diverso da come è qua, ma lascia che ti spieghi una cosa: qui non c'è giustizia. Il re fa passare per tale gli ordini che impartisce ogni giorno e le leggi a cui lui si aggrappa così disperatamente, ma questa non è giustizia. Siamo dilaniati dall'odio, dalla corruzione e dal sangue che ogni giorno scorre su queste terre, ad ogni singola condanna a morte ed esecuzione.»

Silye abbassò il viso sulle mani giunte in grembo, ignorando completamente il bicchiere di birra davanti a lei. Non credeva che la situazione a Midgardr fosse tanto critica, vivendo tanto lontano dal sud, dove solitamente si svolgevano il maggior numero di pene capitali ed uccisioni, descritto come un covo di intrighi, criminali ed omicidi. Lei aveva sempre operato nella tranquillità dei villaggi che attorniavano la foresta, del tutto tirata fuori da ciò che nel frattempo tutti i giorni si svolgeva a poca distanza da lei.

«Certe volte voi umani mi fate proprio ridere» affermò il dio, accennando un sorriso di scherno. «Siete tanto attaccati alla vita e alla vostra sopravvivenza da arrivare ad uccidervi l'un l'altro pur di guadagnare qualche anno in più di vita, come se alla fine la morte non dovesse arrivare per tutti voi.»

Silye deglutì quando Vidar fece accenno all'uccidersi l'un l'altro, poiché le tornò in mente il momento preciso in cui aveva assassinato il cacciatore di taglie. Avrebbe dovuto smettere di ripensarci e farsene una colpa, ma non riusciva a fare altrettanto; il rimorso continuava ad attanagliarla.

«Questo perché semplicemente non sai cosa vuol dire combattere per la propria sopravvivenza. Tu sei immortale, perché mai dovresti preoccuparti della morte?» ironizzò Ashild, per poi sembrare riflettere seriamente sulla sua affermazione. «Quindi, intendevi dire che non hai mai ucciso un tuo simile? Un altro dio?»

Vidar parve sbiancare all'improvviso, colto sul vivo, mentre si affrettava a ribattere: «Non intendevo questo. Io... sì, ho ucciso un mio simile, ma non per la mia sopravvivenza. A dire il vero, è stato l'esatto opposto: quello è stato l'unico momento della mia vita in cui io abbia desiderato di morire.»

Silye aggrottò la fronte quando lo sentì pronunciare quelle parole. Non sarebbe mai neanche riuscita ad immaginarsi un Vidar desideroso di togliersi la vita. Cosa sarà accaduto di tanto grave con questo dio da fargli preferire la morte?

«A quanto pare, anche gli dei a loro modo sono... beh, umani» commentò Ashild, prima di liquidare la faccenda conuna scrollata di spalle. «Ad ogni modo, non mi interessano affatto i tuoi affari e la tua vita privata. Sono una donna d'onore e non verrò meno alla mia parte dell'accordo. Vi aiuterò ad entrare nel castello e, una volta lì, le nostre strade si separeranno per sempre.»

«Questo era sottinteso nell'accordo» affermò Silye, intervenendo per la prima volta nella discussione. «Ora pensiamo al modo più efficace per entrare nel palazzo senza farci scoprire.»

Ashild la guardò e annuì, per poi rivolgere di nuovo lo sguardo sulla mappa. Iniziò a dire qualcosa e la sua mano passò sopra il foglio, ma tutto ad un tratto quella cominciò ad apparire sfocata alla ladra.

Silye si portò una mano alla tempia, conscia di ciò che stava per avvenire. L'immagine della locanda e del tavolo lasciò il posto ad una ancora più confusa. I colori si mescolavano tra loro senza un ordine, fin quando non andarono a formare una scena precisa. Vedeva una ragazza, ma solo da lontano; ella si trovava su un'impalcatura, su cui si trovava un palo, che ne sorreggeva uno orizzontale, da cui pendeva una corda. Era un patibolo e degli uomini erano impegnati a stringere la fune intorno al collo della giovane.

Quello che più la sconvolse non fu l'orrore provocato nel vedere quello strumento della morte accingersi a privare quella ragazza della sua vita, ma il fatto che quella che stava per essere impiccata era proprio lei. Quei capelli rosso fuoco e l'espressione imperscrutabile e determinata che la giovane aveva in viso erano inconfondibili.

La ragazza che stava per essere impiccata era senza ombra di dubbio Silye.

Proprio mentre l'uomo aveva appena finito di stringerle al collo la corda e faceva per andare a tirare la leva che avrebbe aperto la botola sotto i piedi della giovane, decretandone la morte, Silye si accorse che quella era ferita al braccio e gocce di sangue colavano dal suo arto, finendo a terra. Quindi, il suo campo visivo venne interamente occupato dalla discesa delle stille al legno del patibolo, come fossero state ingrandite e rallentate, per poi vedere il pavimento duro variare in neve, su cui queste si posarono macchiando quel bianco candido.

Sangue sarà versato le disse quello che le parve essere un coro indecifrabile di voci.

L'immagine sembrò quindi sfumare, facendola tornare con i piedi per terra, nella locanda insieme a Vidar e Ashild, che avevano entrambi le teste abbassate sulla cartina, troppo occupati a parlare sottovoce per accorgersi di ciò che aveva appena visto.

Silye si portò entrambe le mani alla fronte, per tentare di affievolire il terribile mal di testa che quella visione le aveva lasciato.

«Tutto bene?» domandò Vidar, facendole alzare lo sguardo. Il dio doveva essersi accorto di quel suo repentino movimento; sembrava leggermente allarmato.

«Naturalmente» mentì Silye. Chi potrebbe sentirsi bene dopo aver visto la propria morte? si domandò, realizzando solo in quel momento che le sue mani sudavano e tremavano. Cercò di nasconderlo agli occhi indagatori di Vidar portandole sotto il tavolo.

Quella risposta, però, almeno apparentemente, sembrò dissipare i suoi dubbi, sebbene, dall'occhiata eloquente che le rivolse, la ladra capì che il sospetto persisteva in lui.

«Scusate, mi sono distratta. Di cosa avete parlato?» chiese, per sottrarsi allo sguardo guardingo del dio.

«Non ho idea del perché tu ti sia distratta, ma ti farò comunque un piccolo riassunto di ciò che ho detto. Stavolta, però, vedi di stare attenta, perché non ho intenzione di ripeterlo ancora» iniziò Ashild. «Il castello è circondato da delle mura, che avrete sicuramente notato una volta arrivati a Gudir, perché si trova più in alto rispetto al resto della città, su una collina, perché sia meglio difendibile durante un eventuale attacco. In tutto vi sono quattro torrette, da cui le sentinelle osservano e identificano chiunque provi ad avvicinarsi alle mura, e vi è un'unica entrata, controllata costantemente dalle guardie, notte e giorno. Potremmo tentare di travestirci e fingerci dei normali servi che lavorano al castello, ma non riusciremmo ad entrare perché i Liði ci riconoscerebbero in meno di qualche secondo. Sono addestrati per questo, soprattutto i soldati posti a guardia della porta d'entrata.»

«E allora come faremo a fare irruzione?» domandò Vidar. Probabilmente fino ad allora avevano preso in considerazione solo quella opzione.

«Beh, noi abbiamo dalla nostra qualcosa su cui loro non potranno mai contare...»

«Ovvero?» intervenne Silye.

«Un dio» affermò la guerriera, rivolgendo a Vidar un'occhiata soddisfatta.

La ladra dovette trattenere una risata. «Ah, sì? Beh, finora la sua presenza non mi è stata molto di aiuto per la mia sopravvivenza.»

«Ti ho salvata più volte di quanto tu riesca ad ammettere. È solo che finora ci siamo imbattuti in avversari non facili da battere; i cacciatori di taglie dell'altro giorno sono un'eccezione» ribatté l'altro, senza riuscire a mascherare un sorriso quando Silye levò gli occhi al cielo dopo la sua affermazione. Poi si rivolse ad Ashild: «Cosa intendi dire?»

«Insomma, non è cosa da tutti i giorni avere come alleato un dio, per di più il figlio di Odino... Entreremo alla vecchia maniera, stanotte stessa.»

«Alla vecchia maniera?» domandò Silye.

«Ci infiltreremo nel castello, stordendo le guardie, e da lì vi guiderò fino alla camera di mio padre. Una volta superate le mura che circondano il castello, allora entrare sarà un gioco da ragazzi: lo faremo passando per una porta che usavo sempre da bambina. So dov'è nascosta la chiave.»

«Hai pensato al fatto che è un piano davvero rischioso? Se qualcosa dovesse andare storto, anche il minimo particolare, i Liði potrebbero chiamare rinforzi e allora non vi è certezza che riusciremo a uscirne vivi.»

«Mi stupisco di te, Silye. Una ladra che teme di entrare nelle case degli altri. Dovresti essere un'esperta in questo campo» disse Vidar.

«Io non mi sono mai introdotta nelle abitazioni altrui per derubarle. Quello lo faceva... mio padre» disse, deglutendo prima di pronunciare quelle due ultime parole.

«Un po' di attenzione, per piacere» li richiamò Ashild. «Vorrei ricordarvi che sono riuscita a fuggire da quel posto; se vi dico che possiamo farcela ad introdurci all'interno in questo modo, dovete credermi.»

«Già, ma, se crederti equivale a farci uccidere, allora preferisco evitare» ribatté il dio.

«Non abbiamo altra scelta» affermò Silye. «Tu potrai anche essere un esperto del tuo mondo magico, ma qui, soprattutto in questa città, quella che ne sa di più è Ashild.»

L'altra annuì. «E poi a te cosa importa, dio? Siamo noi che dovremmo preoccuparci. Tu sei immortale.»

«Sì, ma non sono invincibile, né invulnerabile. Vi è meno probabilità che le armi umane possano ferirmi o uccidermi, ma, se anche non mi portano alla morte, mi indeboliscono.»

«Insomma, alla fin fine sei più simile a noi comuni mortali di quanto ti piacerebbe ammettere.»

Il dio sbuffò e Ashild si lasciò sfuggire un risolino.

«Direi che abbiamo detto tutto. Preparatevi perché tra pochi minuti si comincia» disse quella, ghignando e alzandosi.

Raccolse le sue cose, lasciò dei soldi sul tavolo e si avviò alla porta insieme a loro. Prima di uscire, Silye si girò un'ultima volta per aspettare Ashild, che era rimasta indietro rispetto a loro. La vide accanto ad Edwin a dirgli qualcosa, probabilmente per salutarlo. Ciò che captò dalla loro breve conversazione, però, la lasciò interdetta.

«Giungerà l'ora in cui Crimilde reclamerà la sua vendetta.»

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Angolo autrice:

Ed eccomi tornata, dopo una settimana e passa di pausa.^^

I nostri sono pronti per entrare nel castello del Konungr: secondo voi avranno fortuna o la sfiga non li abbandonerà anche stavolta?XD

Che ne pensate dell'ultima frase pronunciata da Ashild? Cosa potrebbe stare ad indicare?

Spero anche questo capitolo vi sia piaciuto e non vedo l'ora di leggere le vostre impressioni e opinioni. A presto!

   
 
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