Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 4.388 (Fidipù)
Note: Eccomi qua, leggerment in ritardo rispetto al solito orario
ma, ahimé, ho avuto un piccolo problema tecnico-tattico e quindi ho dovuto
slittare tutto nella giornata, ma ce l'ho fatta (e più che altro spero di
aver corretto tutto il correggibile) ed eccomi qua con il nuovo capitolo
di Miraculous Heroes 3 e...beh, oggi si torna con le informazioni su
Parigi, dato che buona parte del capitolo si svolge in una graziosa e
tranquilla piazzetta, circondata da un incantevole giardino e che un tempo
era il cuore del potere templare. Proprio a Square du Temple si trovava il
quartier generale dei Templari, che comprendeva un palazzo, una chiesa,
negozi e perfino delle carceri, dove nel 1792 venne imprigionato Luigi XVI
e Maria Antonietta fino alle esecuzioni capitali.
Un posto denso di storia, non credete?
E dopo questa ennesima informazione su Parigi, vi lascio, come sempre alle
solite informazioni di rito.
Vi ricordo la pagina
facebook, per essere sempre aggiornati e avere piccole
anteprime dei capitoli.
Inoltre, come sempre, vi riporto la programmazione degli aggiornamenti:
mercoledì sarà il turno de La
bella e la bestia, giovedì come sempre sarà la volta di Laki
Maika'i e venerdì vi aspetterà un nuovo capitolo di Miraculous
Heroes 3, infine sabato sarà aggiornata Lemonish.
Vi ringrazio sempre tantissimo per il fatto che leggete, commentate e
inserite le mie storie nelle vostre liste.
Un grazie di tutto cuore!
Lila stirò le braccia verso l’alto,
sospirando soddisfatta mentre usciva dalla facoltà e lo sguardo captava un
movimento sul tetto di un palazzo adiacente: «Consorte in avvicinamento»
dichiarò divertita, voltandosi verso i due ragazzi con lei e osservando il
biondo, muovere velocemente la testa in ogni direzione, facendola
sorridere: «E’ appena balzata là dietro» conitnuò, indicando l’edificio
incriminato e vedendo Adrien girarsi immediatamente: «Il tempo che torni
chi deve essere e sarà da te, gattino innamorato.»
«Come se non la vedesse mai, poi» sospirò Rafael, sistemandosi meglio la
tracolla sulla spalla e ridacchiando: «Sei imbarazzante, gattaccio.»
«Parla l’altro…» Lila sospirò, mascherando la risatina con un colpo di
tosse e sorridendo poi innocente ai due sguardi che si posarono su di lei:
«Che c’è? Io non nascondo il mio essere totalmente dipendente da Wei, a
differenza di voi due che volete fare gli spavaldi quando poi
scodinzolate…» si fermò, storcendo le labbra e fissando Rafael con
interesse, battendosi le dita sulla guancia: «I pavoni scodinzolano?»
«Ma che ne so!»
«E’ il tuo animale totem, Raffy! Dovresti sapere certe cose!»
«Raffy?»
«Che fa rima con Flaffy!»
«Lila…» il moro si avvicinò, posandole le mani sulle spalle e fissandola
negli occhi, alla ricerca di qualcosa: «Ammettilo: nella bottiglietta che
avevi a lezione non c’era acqua, vero?»
«Una fanciulla non può essere in voglia di scherzare con i propri amici?»
«Tu non scherzi, tu prendi in giro e stop» decretò il parigino, mentre il
biondo alle sue spalle annuiva con tutta la sicurezza che aveva, dando
così il suo appoggio all’altro ragazzo: «Stai bene? E’ successo qualcosa?
Wei ti ha lasciato per caso, dopo che hai distrutto anche il frigo?»
«O forse a questo giro la povera vittima è stato il forno a microonde?»
«Voi due» mormorò l’italiana, assottigliando lo sguardo e puntandolo prima
sul giovane vicino a lei e poi sull’altro, quasi a volerli uccidere con la
sola imposizione di questo: «Dovete smetterla di dare per spacciata e così
facilmente la mia relazione con Wei. Voi siete…»
«Ciao» la voce affannata di Marinette bloccò Lila, facendola voltare verso
la ragazza che si stava avvicinando velocemente, con la lunga gonna
candida come la neve svolazzante a ogni passo, lo sguardo celeste posato
sul giovane biondo e un sorriso pieno di amore in volto: «Di che state
parlando?»
«Di loro che se la prendono con me?»
Marinette sospirò, scuotendo la testa e fissando i due ragazzi, tenendo lo
sguardo su di loro finché Adrien non si mosse a disagio e indicò
l’italiana: «E’ lei che ha cominciato» decretò, mentre Lila incrociava le
braccia e lo fissava a sua volta: «E ora vuole scaricare la colpa su di
noi.»
«Vero, vero» Rafael assentì con la testa, incrociando le braccia e
fissando le due ragazze: «Ha iniziato lei.»
«Mi ricordate…»
«My lady, tu non vuoi continuare quella frase, vero?» domandò Adrien,
passandole un braccio attorno alle spalle e tirandole a sé, sorridendole e
facendole l’occhiolino: «Ti conosco abbastanza bene per sapere come
l’avresti continuata e ciò mi avrebbe costretto a dimostrarti quanto poco
infantile io sia. Beh, anzi, a pensarci bene…» si fermò, allontanandosi
dalla ragazza con un balzo e chinandosi appena, con una mano sul cuore:
«Prego, mia signora, continua pure.»
«Oh. Per favore!» bofonchiò Rafael, tirando fuori la lingua e storcendo il
volto in una smorfia: «Davvero, abbiate pietà di me. Ve lo chiedo con il
cuore in mano.»
«Ecco cosa succede quando un pavone sta lontano per troppo tempo dalla sua
dolce metà» dichiarò ghignante Lila, scuotendo la testa e scambiandosi uno
sguardo d’intesa con gli altri due: «A proposito perché Sarah non è venuta
a questo piccolo ritrovo da mensa?»
«Perché aveva lezione a quest’ora» le rispose immediatamente Rafael,
scrollando le spalle e storcendo la bocca in un sorriso mesto: «Ho provato
a sentire anche Alex, ma blaterava di voler studiare gli articoli di mio
padre…»
«Di tuo padre?»
«Ah. Già. Non vi ho informato» mormorò il moro, lasciando andare un
sospiro e massaggiandosi i capelli scuri, scuotendo poi il capo: «Ieri
sono andato con Sarah da mio padre e lui ci ha dato tutte le sue ricerche
sui sette animali – i nostri animali totem, per usare il modo di dire di
Lila – e…» si fermò, voltandosi di lato e mordendosi il labbro inferiore:
«Era strano, veramente strano. Blaterava di non farli trovare a qualcuno e
di consegnarli, se possibile, agli eroi di Parigi…»
«Come strano?» domandò Adrien, lasciando andare Marinette e scambiandosi
un’occhiata con lei, vedendola annuire con la testa: «Era…»
«Ho il sospetto che mio padre sia collegato in qualche modo a Kwon, non so
come o perché, ma lo è: lui ha parlato di un cinese che ha incontrato e
che, da allora, si sente strano come se ci fosse qualcosa dentro di lui.»
«E se fosse come Nathaniel?» domandò Marinette, portandosi le dita chiuse
alla bocca, sospirando: «Sono persone vicine a noi e…» si fermò, posando
lo sguardo celeste sul marito, osservandolo annuire quasi come se fosse
venuto alla sua stessa conclusione: «Kwon non sa chi siamo, vero?»
«Non credo. Non saprei come avrebbe avuto quell’informazione» decretò
Rafael, scuotendo la testa: «Non è ce andiamo a dire a chiunque che…»
«Pennuto, visti i tuoi trascorsi, dovresti solo stare in silenzio»
sentenziò Adrien, portandosi poi il pugno chiuso alla bocca: «Però è vero,
ora come ora non ho proprio idea di come Kwon possa sapere di noi…»
«Come Xiang, magari?» buttò lì Lila, osservando gli sguardi dubbiosi degli
altri tre: «Ehi, era un’idea.»
«Xiang sapeva delle nostre identità grazie a Kang, volpe» mormorò Adrien,
poggiandosi le mani sui fianchi e negando con la testa, lo sguardo rivolto
verso il basso: «Ma Kwon, come avrebbe potuto scoprirle? Dubito che Kang
gli abbia facilitato il lavoro dicendogli chi siamo.»
«Una domanda a cui non troveremo mai risposta» dichiarò Rafael, allargando
le braccia e sorridendo appena: «Andiamo a mangiare?»
Xiang osservò la pila di fogli davanti a lei, spostando l’attenzione sul
giovane che si stava accomodando accanto a lei nel lungo tavolo di legno
rosso, guardando poi incantata l’enorme sala in cui si trovavano: la
stanza era immensa, tanto che lei si sentiva una piccola formica al
confronto ed era veramente tanto che non provava una simile sensazione,
identica a quella che aveva ogni volta che era entrata nella sala del
trono di Shangri-la. Chiuse gli occhi, ricordando la grande stanza scavata
nella pietra che, come voleva la leggenda, era stata opera degli ultimi
giganti, prima che questi morissero e la loro razza sparisse completamente
dalla faccia del pianeta.
Xiang riaprì le palpebre, posando lo sguardo scuro sulle mura piena di
libri e poi alzando lentamente la testa, verso il soffitto che, con un
doppio arco, si allungava sopra di loro: «Speri di trovare qualcosa?»
domandò la ragazza, riportando l’attenzione sull’americano e ritornano su
ciò che premeva a entrambi: «E che cosa?»
«Qualsiasi cosa per venire a capo di tutta questa situazione e capire chi
è Kwon, che legami ha con Kang e come sconfiggerlo?»
«Ambizioso.»
«Volere è potere» dichiarò deciso Alex, facendo vagare lo sguardo sulle
ricerche del professor Fabre: Sarah gliele aveva portate quella stessa
mattina, informandolo che le aveva lette un poco e che erano focalizzate
su ciò che l’uomo aveva scoperto sui sette animali nelle varie culture del
mondo, sembrava fosse quasi giunto che ci fosse un denominatore comune che
legava queste leggende che toccavano l’Europa, l’Asia e l’Africa.
Non l’America.
Ma, come aveva fatto presente Sarah, il continente americano fino alla sua
riscoperta non era stato facilmente raggiungibile dai Gran Guardiani e,
forse per questo, non presentava leggende legate ai sette animali.
«Il culto della coccinella presso gli Iceni» mormorò Xiang, afferrando un
fascicolo e leggendo il titolo sulla copertina di questo, scuotendo poi il
capo e lasciandolo, prendendone un secondo: «Tomoe Gozaen, il pavone
dell’Oriente? Riguardano i Miraculous…»
«Kang ha detto che le risposte sono qui. Ok. Ma dove?»
«Forse non stiamo guardando con gli occhi giusti» bisbigliò la ragazza,
storcendo le labbra e tamburellando le dita sul tavolo: «Cosa ha detto
Kang a Rafael?»
«Che le risposte sono nelle ricerche del padre?»
Xiang inspirò, poggiandosi allo schienale della sedia e portandosi
l’indice destro alle labbra, massaggiandosi il labbro inferiore con il
polpastrello: «Ricerche sui sette animali» mormorò, socchiudendo le
palpebre e negando con la testa: «Kang non darebbe mai una soluzione così
facilmente…»
«Tu hai vissuto con lui, quindi sai come funziona il suo cervello! Forza,
Xiang. Illuminami.»
«E se queste ricerche fossero solo un indizio?» domandò la ragazza,
voltandosi verso di lui e guardando poi i fogli davanti a loro con una
luce rinnovata negli occhi: «Queste ricerche parlano dei sette animali,
ovvero…»
«I kwami» esclamò Alex, battendosi una mano sulla fronte e, schioccate le
dita, indicò la ragazza: «E i kwami provengono da…»
«Daitya e Routo» bisbigliò Xiang, sorridendo come se avesse capito il
piano di Kang: «Ma certo! Il padre di Rafael aveva già…»
«Messo al sicuro le ricerche su Atlantide! Le aveva date a Rafael quando
gliele aveva chieste per noi.»
«La risposta era molto più vicina di quello che pensavano.»
«Dove sono quelle ricerche adesso?»
«A casa mia» decretò Alex, iniziando a radunare tutti i fascicoli,
scuotendo poi il capo: «Ma voglio studiarli con gli altri, però. Forse i
kwami potranno notare cose che a me sono sfuggite e…»
«E da lì trovare il collegamento fra Kwon e Kang» esultò la cinese,
balzando in piedi e posando le mani sulle spalle di Alex, sorridendogli
piena di calore: «Sei un genio, Alex» dichiarò, allungandosi verso di lui
e posandogli le labbra sulla guancia, regalandogli poi un nuovo sorriso,
prima di iniziare a sistemare le loro scartoffie anche lei: «Ce la
faremo.»
«Certamente» decretò l’americano, posandosi una mano sul punto dove Xiang
l’aveva baciato e fissandola con gli occhi sgranati: «Sono un genio.»
Adrien osservò il piccolo parco ove si svolgeva il set di quel giorno,
avvicinandosi all’albero e dando un’occhiata alla vegetazione dietro di
lui, che circondava il piccolo laghetto che dominava quella zona, e si
poggiò con il braccio al tronco, portando poi l’altra mano al colletto
della giacca e tirandolo lievemente su, inclinando poi la testa verso
destra e regalando il classico sorriso da modello alla macchina
fotografica.
Sentì l’uomo gemere di giubilo, iniziando a saltellare da una parte
all’altra e facendo scatti da ogni angolazione.
Il biondo accentuò leggermente il sorriso, facendo vagare lo sguardo oltre
il fotografo e vedendo Marinette con il padre che stavano parlando fra
loro, quasi sicuramente discutendo di qualcosa inerente il settore della
moda, ignorando totalmente lui e l’italiano che scattava fotografie una
dietro l’altra.
Sospirò, ricevendo in cambio un gemito di disapprovazione e, subito,
riprese la sua solita espressione da modello, aggrottando poi lo sguardo
quando vide l’italiano abbassare la macchina fotografica e fissare con gli
occhi sgranati e la bocca aperta qualcosa alle sue spalle: era forse
rimasto affascinato da un arbusto di particolare bellezza? Magari aveva la
forma di uno gnocco?
Si voltò, sperando di vedere anche lui ciò che aveva così tanto
affascinato il fotografo, ritrovandosi a fissare dei tentacoli di acqua
che s’innalzavano dal laghetto, muovendosi nell’aria sinuosi: aprì la
bocca, ma non riuscì a emettere alcun suono prima che uno di quei
tentacoli lo colpisse in pieno petto, spedendolo qualche metro più avanti
e facendolo rotolare sull’erba.
Adrien scosse il capo, poggiando il peso sugli avambracci e cercando di
tirarsi su, sentendo il sapore metallico del sangue in bocca, mentre il
dolore s’irradiava per tutto il corpo: gli mancava l’aria e la sola azione
di respirare irradiava nuove fitte, nella caduta doveva avere colpito un
ginocchio, poiché una lieve ondata di dolore si levò da quel punto; cercò
di rialzare lo sguardo, giusto in tempo per vedere un nuovo tentacolo
abbattersi sulla sua schiena, colpendo per una seconda volta, prima di
avvolgersi attorno alla sua vita e sollevandolo per aria: «Adrien!» la
voce di Marinette gli giunse alle orecchie nel mare di dolore che gli
ottenebrava la mente, facendolo voltare leggermente nella direzione in cui
questa era giunta e osservò la ragazza, tenuta da suo padre, che lo
fissava con la preoccupazione negli occhi, mentre cercava di liberarsi
dalla stretta dell’uomo e raggiungerlo.
«Contattata…» un nuovo tentacolo si avvolse al suo collo, stringendolo
appena e impedendogli di parlare: «Contatta Ladybug» riuscì a dire, prima
che l’acqua si avviluppasse intorno alla sua gola, facendo forza e
togliendo un poco il fiato.
Doveva resistere.
Doveva attendere che i suoi compagni lo raggiungessero e lo liberassero.
Storse le labbra, cercando di ignorare ciò che il suo corpo gli stava
dicendo e osservò, con la coda dell’occhio, Marinette annuire e correre
via con suo padre alle calcagna: l’uomo l’aveva fissato per un secondo,
annuendo con la testa e seguendo poi la ragazza verso un punto del parco,
sicuramente lei era alla ricerca di un punto dove trasformarsi e tornare
immediatamente da lui: «Abbandonato dalla propria consorte» commentò una
voce a lui fin troppo familiare, mentre un tipo con abiti bianchi e rossi
dal taglio decisamente orientale, una maschera rossa in volto e i soliti
capelli cremisi che ben conosceva, uscì dalla vegetazione con un sorriso
in volto.
Non aveva mai incontrato quella versione di Nathaniel ma non aveva bisogno
di una grande deduzione logica per sapere che si trovava davanti
all’ex-compagno di scuola.
«Salve, Kurtzberg» mormorò Adrien, sorridendo appena: «Hai deciso di
mostrarti, finalmente?»
«Il mio nome è Taowu» decretò l’altro, stringendo lentamente le dita della
mano e sorridendo, quando la presa del tentacolo si accentuò attorno
alla gola di Adrien: «Oggi tu morirai ed io…»
«E tu? Che farai?» domandò Adrien, alzando il mento e sorridendo, mentre
la stretta si faceva sempre più stretta e gli stava togliendo
completamente l’aria dai polmoni: «Proverai a consolare una povera
vedova?»
«Prenderò ciò che è sempre stato mio!»
«Tuo!» esclamò Adrien con la voce affaticata, cercando di ridere
nonostante la situazione in cui si trovava: «Bello, spiacente di
deluderti, ma Marinette è sempre stata solo mia.»
«Tu!» Nathaniel lo fissò carico d’odio, stringendo i pugni e i viticci
d’acqua che lo avvolgevano si strinsero con più forza e più velocemente:
pessima idea, farlo arrabbiare di più era stata veramente una pessima
idea.
Qualcosa scattò davanti a lui e Adrien sentì la presa del tentacolo farsi
meno, scivolando a terra: furono i suoi riflessi, accentuati da anni di
combattimenti, a permettergli di atterrare traballante sulle proprie gambe
mentre, davanti a lui la figura rossa a pois neri di Ladybug si palesò in
tutta la sua magnificenza: «Allora è vero che i gatti atterranno sempre
sulle loro zampe» decretò l’eroina, avvolgendo il filo dello yo-yo e
catturando la propria arma nella presa della mano: «Iniziavo a pensare che
non fosse così.»
«Sei in vena di battute?» domandò Adrien, portandosi una mano all’addome
e osservando Nathaniel: «Ce la farai da sola?»
«Ovviamente» decretò Ladybug, regalandogli un secondo sorriso e un
occhiolino: «E presto arriveranno anche gli altri.»
Adrien annuì, scattando verso sinistra e correndo, avvertendo il rumore
del tentacolo dietro di lui: «Non mi sfuggirai così facilmente!» urlò la
voce di Nathaniel – o Taowu, come aveva detto di chiamarsi – mentre lui
aumentava l’andatura e si tuffava dentro un cespuglio basso, inspirando
profondamente e ascoltando i rumori della battaglia che aveva iniziato a
scatenarsi.
«Dobbiamo andare ad aiutarla» sentenziò Adrien, scostandosi di un poco la
giacca e osservando il proprio kwami uscire: «Ladybug ha bisogno del
nostro aiuto.»
«Tutto questo mi ricorda i cari bei vecchi tempi» dichiarò Plagg, le
labbra piegate in un sorriso pieno di divertimento: «Sai quando non
sapevate ancora chi era l’uno e chi era l’altra?»
«E’ vero» sentenziò Adrien, ricambiando l’espressione allegra del kwami:
«Plagg, trasformarmi!»
«Perché? Perché vi intromettete sempre?» urlò Taowu, scatenando i propri
tentacoli contro Ladybug e osservando l’eroina saltare ed evitare
agilmente i suoi attacchi: «Senza di lui, lei sarebbe stata mia!»
«Lei?» domandò Ladybug, fermandosi e scuotendo la testa: «Tu credi davvero
che Marinette possa provare qualcosa per te?»
«Sarebbe successo, se lui non si fosse intromesso.»
«Marinette è innamorata di Adrien, lo ama più della sua stessa vita!»
dichiarò Ladybug, scuotendo la testa e fissando l’altro, mentre stringeva
i pugni con forza e si tratteneva dal correre contro di lui, picchiandolo
con tutte le energie che aveva in corpo: «Tu…»
«Tu non sarai mai paragonabile ad Adrien Agreste!» esclamò la voce sicura
e allegra di Chat Noir, prima che questi balzasse al fianco di Ladybug con
un sorriso pieno in volto: «Andiamo, davvero Pomodorino pensi di poterti
paragonare a tanta perfezione? Bello, ricco, modello…»
«Sicuro di sé, strafottente…»
«Incredibilmente bravo a letto…»
«Chat!»
L’eroe in nero ghignò, portandosi una mano alla schiena e, recuperato il
suo bastone, lo roteò e si sistemò in posizione di attacco: «Allora, tu
pensa ai tentacoli ed io mi occupo di Pomodorino» dichiarò Chat Noir,
sorridendo e, alzata la testa, notò i movimenti dei loro compagni che
stavano giungendo lì: «Piccola precisazione: voi vi occupate dei
tentacoli.»
«Sei sicuro di farcela?»
«My lady, sono indistruttibile. Lo abbiamo appurato da poco, a quanto
pare» la ragazza annuì, osservando Bee atterrare nei pressi del laghetto e
guardare con confusione i tentacoli che fuoriuscivano dall’acqua, scattò
nella direzione dell’amica, venendo però fermata dal richiamo del giovane
eroe in nero: «Mi ami più della tua stessa vita?» le domandò Chat Noir,
sorridendole e tenendo lo sguardo verde in quello di lei.
«Hai veramente bisogno di sentirtelo dire?» chiese Ladybug, sorridendo
dolcemente e annuendo con la testa: «Ti amo e ti amerò sempre più di ogni
altra cosa, gattino.»
«Ottimo. Adesso posso menare Pomodorino con tutte le mie energie.»
«Vacci piano, gattino. Ti voglio in forze, poi.»
«Non temere, my lady.»
Ladybug annuì, voltandosi poi e raggiungendo velocemente Bee a cui si era
aggiunto anche il resto del gruppo: «Bene, idee su come sconfiggere dei
tentacoli d’acqua?» domandò l’eroina a pois, osservando le lunghe
protuberanze muoversi sinuose nell’aria e poi abbattersi su di loro:
Peacock balzò all’indietro, mettendo mano ai propri ventagli e osservò
Tortoise al proprio fianco, annuendo con la testa, lanciando poi i propri
dardi, guardandoli mentre attraversano l’acqua e cadevano fra la
vegetazione oltre il laghetto.
«Ok. Io vedo, d’accordo?» domandò il pavone, ghignando mentre Tortoise si
posizionava davanti a lui, con lo scudo eretto davanti a sé, mentre
scuoteva la testa divertito: «Signore, a voi il compito di trattenere la
bestiolina tentacolosa e acquosa.»
«Si dice tentacolosa?» domandò Volpina, roteando il proprio flauto e
fissando interessata l’eroe in blu: «Non credo sia presente sul
vocabolario.»
«Da oggi sì» bofonchiò Peacock, scuotendo il capo e socchiudendo poi gli
occhi, lasciandosi andare al proprio potere: le immagini si mossero
velocemente avanti a sé e un sorriso divertito gli piegò le labbra: «So
come batterlo!» esclamò, osservando gli altri voltarsi verso di lui e
fissarlo attentamente: «Volpina, ho bisogno che tu crei una copia di Chat
Noir, dato che l’originale è impegnato» spiegò, vedendo la volpe annuire e
poi spostò lo sguardo sul resto del gruppo: «Ladybug, il tuo Lucky Charm e
Tortoise, appena te lo dico crea una delle tue barriere!»
«Ma da quando il piumino è diventato il boss della situazione?»
«Da quando stiamo per diventare la portata principale di un tentacle
rape?» domandò l’eroe in blu, sorridendo mentre Ladybug, con il sorriso
sulle labbra, scuoteva il capo divertita: «E purtroppo il nostro Mogui non
è dei nostri oggi, altrimenti lo avremmo sicuramente sentito definire le
gioie dei tentacoli in certe…beh, cose.»
«Che cosa è un tentacle rape?»
«Niente che tu debba sapere, apetta.»
«Ora me lo dici, Peacock!» sbottò l’eroina in giallo, posando le mani sui
fianchi e fissando in attesa; Volpina, dopo uno sbuffo, si portò il
flauto alla bocca, suonando alcune note e osservando una copia di Chat
Noir materializzarsi: la comparsa di questo fermò i tentacoli che si
riunirono in uno solo e si abbatterono sul finto eroe nero, massacrandolo
senza pietà.
«Tortoise, adesso!» urlò Peacock, e l’eroe verde creò una barriera attorno
al tentacolo, chiudendone anche la sommità e tranciandolo di netto,
l’acqua si mosse al suo interno e velocemente assunse una figura dalle
sembianze femminili, che si abbatteva contro i muri della gabbia di
energia.
Ladybug lanciò in aria il proprio yo-yo, osservando il Lucky Charm
comparire e cadere fra le sue mani: «Un blocco da disegno?» domandò,
girandoselo fra le mani e sfogliando le pagine bianche: «Ma cosa?»
«Per sconfiggere Miss Acquatica» la informò Peacock, indicando con un
cenno della mano la gabbia di Tortoise: «Abbiamo bisogno del potere della
distruzione di Chat, ma il signorino è impegnato al momento…»
Ladybug annuì, osservando Chat Noir e Taowu duellare: l’eroe parigino
aveva messo nell’angolo il suo rivale e sembrava quasi trovare divertente
quella situazione, mentre l’altro fumava di rabbia e, l’eroina, era certa
che centrassero anche tutte le battutine che aveva dovuto subire da parte
dell’avversario: «Nathaniel» mormorò, avvicinandosi e notando Chat
fermarsi, voltandosi verso di lei e fissandola, poggiandosi al bastone in
attesa della sua mossa: «Ti prego, cerca di ricordare chi sei.»
«Io sono Taowu, generale di Kwon» ringhiò l’altro, indietreggiando e
fissandoli rabbioso: «E voi non mi porterete via ciò che bramo! Io
l’avrò!» dichiarò, sparendo poi in una voluta di fumo sotto lo sguardo
sconsolato di Ladybug e quello furioso di Chat Noir.
«Lui non avrà proprio un bel niente» ringhiò il felino, voltandosi e
scuotendo la testa, mentre studiava poi la situazione e, attivato il
potere della distruzione, si lanciò contro la gabbia di Tortoise,
annientando la creatura di Quantum: «Se pensa che lo lascerò fare, si
sbaglia di grosso!»
Marinette sospirò, osservando Adrien indossare una maglietta candida e
nascondere alla vista i lividi che erano comparsi sul costato,
precisamente dove era stato colpito dal lungo tentacolo d’acqua: «Come
stai?» gli domandò, dando della sciocca per la stupida domanda che aveva
fatto e guardando lo sguardo verde puntarsi su di lei per pochi attimi,
prima di tornare a trafficare nell’armadio: «Adrien.»
«Sto bene. Un po’ dolorante, ma niente di che» borbottò il ragazzo,
massaggiandosi la nuca e voltandosi verso di lei: «Dove sono le felpe?»
«Il cassetto sotto» rispose la ragazza, scambiandosi poi un’occhiata con i
due kwami e riportando l’attenzione sul biondo: «Adrien…»
«Qualunque cosa vuoi dirmi la risposta è no» decretò il ragazzo,
recuperando un maglione e voltandosi, mentre lo indossava: «Io…»
«Oh. Quindi bocci l’idea di divertirci come dei pazzi qua sopra?» domandò
Marinette, allungando le braccia e indicando il loro letto, dove lei era
comodamente seduta: «D’accordo. Comprendo.»
«Ritiro quello che ho appena detto.»
«Idiota» bofonchiò Plagg, intromettendosi nella conversazione e
mascherando il commento con un colpo di tosse, guardando poi il resto
degli occupanti della stanza: «Ehi, anche noi kwami ci ammaliamo, sapete?»
Adrien scosse il capo, gattonando sul materasso e raggiungendo la moglie,
poggiandole poi la fronte contro la spalla e sorridendo: «Ti ho mai detto
che adoro quando porti le maglie con lo scollo così ampio?» domandò,
socchiudendo le palpebre quando sentì le dita di Marinette carezzargli i
capelli: «Mh. Di solito mi riprendi sempre quando sbircio…»
«Per oggi te lo lascio fare, gatto in calore» mormorò la ragazza,
osservandolo allontanarsi e sdraiarsi sulla schiena: si avvicinò,
allungando una mano e spostandogli le ciocche bionde dalla fronte: «Come
stai?»
«Sto bene, non preoccuparti.»
«Ehm…»
«Sì, lo so. Dire a te di non preoccuparsi è come dire a mio padre di non
fissarsi sull’ultimo modello di antifurto.»
Marinette sorrise, stendendosi accanto al ragazzo e accoccolandosi contro
il corpo del giovane, prendendogli la mano con il Miraculous e
giocherellando con questo: «Sei in pericolo» mormorò, sentendolo sospirare
pesantemente, rimanendo poi in silenzio: «Adrien?»
«Anche tu. Nathaniel è ossessionato da te, non so se hai notato.»
«Sì, ed è convinto che togliendo di mezzo te potrebbe avere …»
«Campo libero» bofonchiò il biondo, condendo le due parole con uno sbuffo
e girandosi, circondando la vita della ragazza con un braccio: «Ce
l’avrebbe avuto?»
«Cosa?»
«Una possibilità con te. Se io non ci fosse mai stato…»
«Non credo. Nathaniel è sempre stato solo un amico e niente di che»
mormorò Marinette, allungando una mano e seguendo con il polpastrello il
contorno del viso del biondo: «Penso proprio che sarei rimasta single a
vita, forse sarei stata la classica vecchietta con tanti gatti…»
«Che vita triste.»
«Già.»
«Fortuna sono giunto io a salvarti da tale destino, my lady.»
«In pratica un gatto ce l’ho ugualmente» dichiarò Marinette, ridendo
quando Adrien si spostò, puntando le braccia ai lati del suo viso e
fissandola dall’alto: «E anche quello più bisognoso di attenzioni e cure.»
«Ehi, sono un gatto di razza io!»
«Vero anche questo.»
«Che adora tantissimo le coccinelle.»
«Le?»
«Una in particolar modo» dichiarò Adrien, chinandosi e sfiorandole le
labbra con le proprie: «Mh. Cos’è che avevi detto su fare qui sopra?»
Alex si tolse gli auricolari, abbandonando la conversazione dei canali
radio della polizia e, tolti gli occhiali, si massaggiò il setto nasale:
Taowu sembrava essersi ritirato e non c’era nessuna notizia del
combattimento avvenuto in Square du Temple.
A quanto pareva, Parigi si stava abituando a cose strane come tentacoli
che fuoriescono da un laghetto…
Inforcò nuovamente gli occhiali, guardando le pile di articoli che
circondavano la sua postazione e sentendosi abbattere sotto quella mole di
lavoro: avrebbe dovuto analizzare e leggere tutto con occhi nuovi, per
dirla alla Xiang, attento a ogni minimo particolare.
Nulla sarebbe dovuto sfuggire al suo occhio.
Il campanello dell’abitazione risuonò per tutte le stanze e Alex, con un
sospiro si alzò e, attraversata per intero la casa, raggiunse il portone:
chi poteva essere? Nessuno dei suoi amici, quasi sicuramente stavano tutti
amoreggiando allegramente nei loro nidi.
Pubblicità, forse?
A quell’ora, però?
Quasi sicuramente non era Xiang.
Lei assolutamente no.
Aveva l’allenamento con Thomas, poi.
Lasciò andare un sospiro, abbassando la maniglia e osservando l’ospite
improvviso dall’altra parte della porta: aveva conosciuto quella
ragazzina, intravista al matrimonio di Adrien e Marinette mentre parlava
con Thomas, sebbene ora il nome gli sfuggisse.
Lei lo fissò seria, alzando il mento e tenendo lo sguardo nocciola nel
suo: «Ehm. Posso fare qualcosa per te?» domandò, portandosi una mano alla
nuca e massaggiandosela, cercando di capire perché l’amichetta di Thomas
fosse lì.
Aveva un appuntamento per un massaggio con Fu?
Ma non era un po’ giovane?
La ragazzina inspirò profondamente, socchiudendo le palpebre e muovendo le
labbra senza emettere alcun suono, poi riaprì gli occhi e lo fissò con
tutta la serietà che poteva avere: «Io so.»