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Autore: Abby_da_Edoras    27/06/2017    2 recensioni
Dunque, chi legge le mie storie sa già che non sono normale XDDD e che da un piccolo dettaglio posso inventare deliri allucinanti, soprattutto quando mi prendo a cuore un personaggio e voglio salvargli la vita a tutti i costi.
La mia storia a capitoli (sì, perché ci ho fatto proprio una long con questa vicenda...) si intitola "Shadows and lights" e trae la sua "ispirazione" (vabbè, chiamiamola così...) dalla puntata 02X01 della serie TV The Borgias versione canadese: la parte di me che entra in empatia con i personaggi più improbabili è rimasta sconvolta dalla vicenda tragica del Principe Alfonso di Napoli torturato a morte dai francesi. Ecco, io mi sono creata una versione personale di tale vicenda (approfittando del fatto che, tutto sommato, quel personaggio è una licenza poetica e non è realmente esistito, così come la sua storia) e da questo è nata la ff. Stiamo parlando di AU, OOC e quant'altro, grazie a chi si prenderà la pena di leggere le mie allucinazioni e non siate troppo severi con me, lo so anch'io che sono da neurodeliri!
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfonso II di Napoli, Altri
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Salvation'
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Capitolo 13: In Remembrance

 

Over mountains through the meadows

He carried you far from home…

Hear my voice remember who cradled you

Who loved and swore to guide you

Through the darkest hours of your life

Return to me, if only tonight.

(“In Remembrance” – Xandria)

 

Il sovrano Carlo di Francia aveva fatto allestire tutto per il ritorno in patria: aveva nominato un reggente che lo sostituisse sul trono di Napoli in sua assenza, il barone Julien d’Aiglemort*, assegnandogli un esercito sufficiente a difendere la reggia in caso di attacco; aveva spedito spie nelle varie corti italiane per assicurarsi che non ci fosse veramente il pericolo di una lega di eserciti uniti per tendergli imboscate durante il viaggio verso la Francia e aveva scoperto che, in effetti, il Duca di Mantova non era riuscito a convincere altri governanti a schierarsi con lui, ognuno aveva preferito pensare a custodire il proprio piccolo staterello senza esporsi a rischi e fastidi.

Tutto procedeva perfettamente, quindi, ed entro pochi giorni il lungo viaggio avrebbe avuto inizio.

Re Carlo non lo aveva ammesso con nessuno e tendeva a non farlo neanche con se stesso ma, dopo la febbre che lo aveva tormentato per così tanto tempo e che, a volte, ancora lo aggrediva indebolendolo, aveva cominciato seriamente a pensare alla morte. Aveva lottato molto per ottenere ciò che aveva, per consolidare il suo potere in Francia e difenderlo dagli invasori inglesi ed anche per ampliare i suoi domini annettendo il regno di Napoli e adesso… se fosse morto, avrebbe perso tutto. Non aveva un figlio suo a cui lasciare tutto quello che aveva conseguito, i quattro figli che aveva avuto con la consorte Anna di Bretagna erano tutti morti ancora piccolissimi e la Regina si era ritirata nel castello di Blois, rifiutando qualsiasi ulteriore contatto con lui. Non avendo un discendente diretto, si sentiva perlomeno in diritto di scegliere lui stesso chi avrebbe ereditato il trono di Francia e tutto ciò che lui aveva conquistato a caro prezzo.

Per questo motivo era indispensabile rientrare al più presto in Francia.

Eppure, dentro di sé il monarca francese sentiva che non avrebbe più fatto ritorno a Napoli.

Aveva scelto come suo reggente uno dei suoi capitani, d’Aiglemort, ma non era lui che voleva veramente su quel trono. Potendo scegliere liberamente, avrebbe desiderato concedere quel privilegio al Generale, che tanto bene e tanto lealmente lo aveva servito in tutti quegli anni e durante innumerevoli battaglie. Ma per adesso non poteva ancora farlo: aveva troppo bisogno di lui per il viaggio di ritorno in patria. E la questione più urgente era scegliere colui che gli sarebbe succeduto sul trono di Francia.

Una volta rientrato alla residenza reale di Amboise e sistemata la questione della successione, tuttavia, chissà…

Nel frattempo, era già soddisfatto di poter intraprendere il viaggio senza più dover dipendere dalle debolezze di quell’inutile Principe che il Generale si ostinava a volere con sé: Alfonso era guarito e, sebbene fosse ancora piuttosto debole, Re Carlo se ne infischiava allegramente. Era vero che si trattava di un discendente degli Aragonesi e che la sua incolumità era importante per mantenere buoni rapporti con la Spagna ma, in fin dei conti, se fosse morto di fatica o malattia durante il tragitto non avrebbero potuto accusarlo di nulla, no? Lui aveva disposto affinché il Principe viaggiasse comodo e riposato, se quell’incapace fosse morto comunque, avrebbe sempre potuto dichiarare di avere fatto il possibile per impedirlo. Che diamine, aveva persino portato con loro il dottore, perché si occupasse della salute del ragazzo!

Il sovrano francese sghignazzò tra sé, molto compiaciuto della sua astuzia.

 

Se Re Carlo era impaziente di ritornare in Francia, il Principe Alfonso era invece atterrito alla sola prospettiva e, più il giorno della partenza si avvicinava, più si mostrava malinconico e nervoso. La malattia che lo aveva indebolito lo rendeva ancora più vulnerabile alle emozioni negative e la sua fragilità lo spaventava.

Il giorno prima dell’inizio del viaggio il Generale lo trovò nel loggiato che dava sul Golfo di Napoli, appoggiato ad una delle colonne, che ammirava il paesaggio a lui tanto caro e familiare con gli occhi gonfi di lacrime a stento trattenute.

“Principe Alfonso, cosa ti è accaduto? Perché stai piangendo?” gli domandò subito, premurosamente, pensando che Sua Maestà lo avesse fatto tormentare in qualche modo o lo avesse spaventato. “Ti è accaduto qualcosa o forse ti senti di nuovo male?”

Preso alla sprovvista, il ragazzo si affrettò ad asciugarsi le lacrime col dorso della mano e scosse il capo, senza parlare.

“Sua Maestà ti ha minacciato ancora di legarti alla sedia di Giuda nella sala da pranzo di tuo padre?” insisté il francese, rammentando il doloroso episodio di due settimane prima quando Re Carlo aveva imprigionato Alfonso in quella stanza per poi interrogarlo di nuovo a proposito della pestilenza di Napoli. Il militare era tuttora convinto che lo spavento e l’orrore provati in quell’occasione avessero creato un terreno fertile per la febbre che, il giorno successivo, aveva colpito il Principe. “Non devi temere, Sua Maestà è ben consapevole di quanto la tua presenza sia importante per la stabilità della corona di Napoli e non ti farà del male, se continuerai a comportarti sempre bene come hai fatto finora.”

“Non è questo” mormorò il giovane, talmente piano che il Generale dovette avvicinarsi a lui per udirlo. “Non ho nemmeno visto Sua Maestà oggi… è che domani… domattina…”

Il Generale gli circondò le spalle con un braccio e lo attirò a sé.

“Domattina partiremo per la Francia, è vero” confermò con un sorriso. A lui, in realtà, piaceva l’idea di mostrare le terre in cui era nato e cresciuto al suo giovane amante… “Questo ti preoccupa? Non dovrebbe: sei comunque sotto la mia protezione e rimani un ostaggio preziosissimo per Sua Maestà. Nessuno oserà farti del male, né qui né in Francia.”

“Ma questa è casa mia” gemette il Principe, senza riuscire a trattenere nuove lacrime. “Io sono nato qui e ho pensato che sarei rimasto sempre qui! Il Regno di Napoli è un luogo di pace, mio padre ha lottato tanto per consolidare il suo potere e per impedire ogni ingerenza da parte degli altri Stati italiani e io… io credevo che sarei stato il suo successore, lui avrebbe voluto questo… io l’ho deluso e ora verrò strappato dalla mia patria e… e non…”

Il fiume di parole venne interrotto da uno scoppio di pianto. Intenerito, il Generale lo abbracciò stretto, facendogli sentire il calore della sua presenza e del suo affetto. Questa paura irrazionale di aver deluso il padre e di essere portato prigioniero in un luogo straniero non faceva che dimostrare quanto il Principe fosse giovane e indifeso e aumentava nel comandante francese il desiderio di tenerlo stretto e di difenderlo da ogni pericolo e angoscia.

“Non piangere, Principe” gli disse in tono rassicurante, abbracciandolo e accarezzandogli il viso e i capelli. “Nessuno vuole trascinarti in catene, sei un ostaggio di alto rango e sarai trattato con tutti i privilegi che meriti, sia durante il viaggio sia in Francia. Per tutti sarai il Principe Alfonso di Napoli, della casata Aragonese, che è stato battuto da Sua Maestà e che ha accettato di concedergli il regno, riconoscendo cavallerescamente la sconfitta. Nessuno ti mancherà di rispetto per questo, inoltre Sua Maestà ti ha affidato a me, adesso sei il mio amante e anche per questo nessuno avrà l’ardire di arrecarti offesa.”

Il suo che?, pensò il Principe, sbalordito. Ma non ebbe il tempo di chiedere chiarimenti perché il Generale lo baciò, dapprima delicatamente e poi con sempre maggior passione e intensità, tenendolo incollato al suo corpo. Staccatosi da lui, riprese a parlare in tono tranquillizzante.

“Posso comprendere che ti addolori allontanarti dalla tua patria” disse, “tuttavia non sarà un addio definitivo. Sua Maestà è adesso il sovrano del Regno di Napoli e immagino deciderà di trascorrere una parte del suo tempo in Francia e una parte qui, magari nei mesi in cui il clima del Nord è più sfavorevole. Nel frattempo, io sarò lieto di mostrarti le bellezze della nostra terra: attraverserai le Alpi, potrai ammirare un paesaggio che non hai mai visto prima e poi, quando giungeremo alla residenza reale, sono certo che ne rimarrai incantato. Ormai ti conosco, Principe Alfonso, so quanto ti attirino il lusso e l’eleganza e i castelli che sorgono nella valle della Loira e la corte di Amboise ti affascineranno senza alcun dubbio.”

“E’ davvero così bello il posto dove andiamo?” domandò timidamente il Principe, incerto se provare dolore per la reggia che lasciava o curiosità per quella in cui sarebbe stato condotto.

“Ma certo, Principe” rispose il Generale, con un sorriso incoraggiante. “Sua Maestà è nato e cresciuto proprio nel castello di Amboise e ne ha fatto la sua residenza, contribuendo a renderlo sempre più sfarzoso ed elegante. Anzi, nel nostro viaggio ci accompagneranno anche alcuni importanti artisti italiani a cui Sua Maestà ha dato l’incarico di abbellire ulteriormente la reggia e di progettare dei grandi giardini.”

Le parole del Generale erano finalmente riuscite ad incantare il giovane Principe, che adesso lo ascoltava con espressione rapita, cercando di immaginare le meraviglie di cui avrebbe potuto godere alla corte del Re di Francia. Contento di averlo rassicurato e intenerito dalla curiosità, tipica dei ragazzini, che Alfonso dimostrava, l’uomo lo strinse tra le braccia e lo baciò di nuovo, profondamente e intensamente.

 

Il mattino seguente, alle prime luci dell’alba, tutto era pronto per la partenza. I drappelli francesi sfilarono per le campagne del Regno di Napoli, dirette verso il Nord. Re Carlo aveva insistito per cavalcare al fianco del suo Generale pur avendo a disposizione una carrozza in cui viaggiare più comodamente, per non mostrarsi debole di fronte ai propri uomini; avrebbe proseguito in carrozza soltanto se fosse stato nuovamente assalito dalla febbre. Nella carrozza viaggiavano dunque soltanto il Principe Alfonso e il dottore, che Sua Maestà aveva a tutti i costi voluto portare con sé ufficialmente per assistere il giovane Principe, ma in realtà perché aveva apprezzato molto le cure che gli aveva prestato durante la pestilenza.

Alfonso si sentiva stordito. Nonostante le rassicurazioni del Generale e la curiosità di ammirare lo sfarzo dei castelli francesi, la tristezza lo aveva invaso di nuovo e la sua mente era preda di tristi presentimenti, soprattutto adesso che il comandante francese non era lì con lui a tranquillizzarlo. Mesto, malinconico e provato dalla recente malattia, non trovò di meglio da fare che raggomitolarsi sul sedile della carrozza, avvolto da un mantello di pelliccia, e cadere in un sonno profondo. Il dottore, intanto, lo osservava preoccupato, temendo che la costituzione delicata del Principe, resa ancor più fragile dalle sevizie subite e dalla recente febbre, non potesse affrontare un viaggio tanto lungo e faticoso.

Quando il Principe si svegliò il sole era già alto nel cielo ed erano trascorse più di cinque ore di viaggio. La carrozza ebbe un sobbalzo e poi si arrestò e fu questo a svegliare Alfonso, che udì anche le voci dei soldati francesi tutto attorno. Ancora frastornato, per un attimo non ricordò dove si trovasse e che cosa ci facesse lì, poi vide la figura familiare del dottore seduto davanti a lui che lo tranquillizzò.

“Non spaventatevi, mio Principe” gli disse. “Avete dormito per tutto il tempo, dovevate essere molto stanco. Penso sia ora di pranzo e forse i soldati si stanno accampando. Non vi preoccupate, qualcuno verrà a darci notizie.”

Infatti, pochi minuti dopo, giunse il Generale a cavallo che scostò la tenda e lanciò uno sguardo affettuoso al giovane Principe.

“Buongiorno, Principe” lo salutò. “Spero che tu abbia fatto un buon viaggio finora. Non preoccuparti per il trambusto qui fuori, c’è stato un imprevisto a cui dobbiamo far fronte, ma non è nulla che tu debba temere.”

“Ci attaccano?” chiese subito il ragazzo, spaventato, guardandosi intorno con gli occhi sgranati per l’apprensione.

“No, nessuno ci attacca” lo tranquillizzò il Generale. “E’ giunto un messaggero del Papa Borgia e ha chiesto a Sua Maestà di fermarsi a Roma per questa notte come suo ospite. Dice che il Papa desidera chiedere perdono a Sua Maestà per averlo ingannato.”

Lo sguardo di Alfonso s’incupì. Il giovane non dimenticava che tutto ciò che gli era accaduto era stato causato proprio da Rodrigo Borgia: era stato lui a incoronare Carlo VIII Re di Napoli e poi lo aveva mandato a prendere la peste in città… e di quella pestilenza era stato incolpato lui, lui aveva pagato per quell’inganno che non aveva ordito!

“Potrebbe essere una nuova trappola” azzardò il dottore. “Cosa ne pensa Sua Maestà?”

“Sua Maestà ha deciso di accettare l’ospitalità per stanotte, ma pretenderà di essere accompagnato da me e dagli altri suoi capitani e anche da te, Principe” rispose il Generale, notando il turbamento del giovane. “Inoltre l’esercito si accamperà subito fuori dalle mura di Roma e, se dovesse accadere qualcosa, gli uomini hanno l’ordine di distruggere la città a cannonate. No, non penso che il Papa voglia rischiare.”

“Io? Io non voglio incontrarlo!” reagì Alfonso, irrigidendosi. “E’ stata tutta colpa sua… tutto quello che mi è successo! Non lo voglio vedere!”

Il Generale scese da cavallo e salì in carrozza, commosso dai timori ingiustificati del ragazzo. Si sedette vicino a lui e tentò di convincerlo.

“Non può farti niente ora che sei ostaggio del Re di Francia e mio protetto” lo rassicurò. “Anzi, vederti al nostro fianco non potrà che fargli comprendere quanto il suo piano sia fallito su tutti i fronti. Sua Maestà sta guarendo dalla peste e la sua supremazia sul Regno di Napoli è consolidata anche dal tuo appoggio. I suoi intrighi non hanno avuto la meglio né su di noi né su di te.”

“Lo credete davvero?” domandò Alfonso, con uno sguardo speranzoso rivolto all’uomo.

“Non lo credo, lo so” ribadì il Generale, sorridendo. “Sua Maestà ha accettato l’invito proprio per dare una bella lezione a chi ha cercato di ingannarlo e, come sempre, il tuo appoggio sarà molto prezioso per noi tutti.”

Il Principe sembrava allo stesso tempo intimidito, spaurito e allettato da quella prospettiva.

Il dottore iniziò a capire che, in quella carrozza, era di troppo.

“Con il vostro permesso, desidererei andare a visitare Sua Maestà. Il viaggio a cavallo è stato lungo e voglio accertarmi che non si affatichi eccessivamente” disse allora, prima di scendere dalla carrozza per recarsi dal sovrano.

Non appena furono soli, il Generale ne approfittò per stringere a sé il giovane Principe.

“Sono certo che saprai comportarti in maniera egregia con il Papa Borgia, così come hai fatto davanti agli Sforza e al Duca di Mantova” gli disse, in tono pacato e rassicurante.

“Se le cose stanno così allora… allora va bene, vi accompagnerò” cedette Alfonso.

Il Generale, compiaciuto, lo avvolse in un abbraccio e lo baciò a lungo e profondamente, cercando di infondere fiducia e tranquillità al ragazzo con la sua presenza affettuosa. Perduto nella sua stretta e nei suoi baci, Alfonso sentì crescere ancora una volta quella strana pace che solo quell’uomo sapeva donargli e comprese che, di nuovo, accanto a lui non avrebbe avuto niente da temere nemmeno in presenza di Rodrigo Borgia.

 

 

FINE

 

 

  

 

 

*Siccome nella serie TV non viene detto nemmeno per sbaglio il nome di qualcuno di questi francesi, eccetto il Re, (e infatti non si sa nemmeno il nome del Generale) io ho “pescato” questo nome da un libro di Jacqueline Carey, mettendo insieme nome e cognome di due diversi personaggi! XD

   
 
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