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Autore: Thebravest666    03/07/2017    2 recensioni
"Allora dimmelo, Louis. Dimmelo prima che salga su quel fottuto aereo." Gli occhi del riccio ormai erano pieni di lacrime che a stento riusciva a non far scorrere sulle sue guance arrossate, nella mano destra stringeva il mio polso con forza e per un attimo credetti di sentire dolore per quanto lo stringesse.
Non risposi subito, non lo guardai nemmeno negli occhi mentre toglievo il mio polso dalla sua mano, deglutii cercando di mandare giù il nodo che mi si era formato in gola e abbassai lo sguardo.
"No Harry, non provo niente per te e mai proverò qualco-" Le parole mi morirono in gola quando i nostri sguardi si incrociarono.
Era deluso, di nuovo.
In quell'istante mentre lo vidi uscire dalla porta e chiudersela alle spalle, capii di averlo perso, per sempre.
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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I bagni dell'Eden avevano la fama di essere posti in cui si andava solo per sesso e scambio di droghe, mia madre me lo ripeteva sempre prima che il Sabato sera ci andassi.
"Louis, io mi fido di te, non mi fido degli altri. Se devi andare in bagno, esci e va nei bagni pubblici. Non ti costa nulla, non farmi stare in pensiero."
Mi faceva quasi pena pensarci mentre ero inginocchiato sul pavimento del bagno con la testa fra le gambe di una ragazza, o mentre fumavo erba seduta dove le piastrelle sembravano ancora pulite.
Ero fatto così, vivevo tutto come se fosse stato l'ultimo giorno e non me ne pentivo per niente. Amavo la mia vita, era un groviglio di emozioni, impagabile.
Era un Sabato di metà Maggio quando la mia vita venne rovinata per sempre, eravamo all'Eden, come sempre seduti nei bagni con una sigaretta fra le labbra e una birra fra le mani; Juan e Eva ormai erano talmente presi a baciarsi che per un attimo credetti di vedere la lingua di Eva attraverso la guancia di Juan, Charlotte invece era con la testa poggiata sulla mia spalla che raccontava di quanto fosse bello il ragazzo
che le aveva offerto da bere un' ora prima e io stavo fissando un punto indefinito del bagno, sorseggiando la mia birra, come se non avessi bevuto cosa migliore in tutta la mia vita.
Quella sera dentro ai bagni faceva particolarmente caldo, e per quanto i miei vestiti fossero leggere, mi sentivo soffocare. 
"Lottie, esco un attimo che non mi sento molto bene."
E da una parte era vero, sentivo il mio stomaco aggorigliato su se stesso e una strana sensazione avvolgeva il mio corpo, scartai subito l'opzione dell'alcool, visto che avevo bevuto effettivamente poco, per stare così male.
Fu' così che alle due e mezza del mattino mi ritrovai seduto su un marciapiede poco distante dalla discoteca a rimettere tutto ciò che il mio stomaco conteneva, i miei occhi erano pieni di lacrime di dolore mentre la mia gola bruciava terribilmente. Nelle orecchie potevo ancora percepire i bassi della musica proveniente dal locale e questo fece aumentare la mia nausea. 
Accasciatp sul marciapiede, con la testa fra le gambe e gli occhi serrati fui sicuro di avere una malattia terminale dovuta a tutte le sveltine fatte con delle sconosciute negli utlimi anni, quasi mi venne da ridere a pensare alla faccia di mia
madre quando mi avrebbe scoperto.
"Ehi, scusa, ti vedo un po' in difficolta. Tutto apposto?
In una piccola frazione di secondo credetti di avere avuto le alluccinazioni, ma quando alzai lo sguardo di qualche centimetro incontrando un paio di stivaletti marroni a qualche metro da me, dovetti ricredermi.
Sospirai e con grande sofferenza alzai la testa, scontrando il mio sguardo con il suo. Per un attimo rimasi senza parole e sentii la mia autostima calare a livelli imbarazzanti.
Giurai di non aver mai visto delle labbra così. 
I suoi grandi occhi verdi mi scrutavano leggermente impauriti, passavano da me al mio vomito, pochi metri lontano da noi, la sua mano si muoveva su e giù lungo i capelli ricci e scuri legati alla base della testa con una bandana blu.
Sorrisi automaticamente, non seppi spiegarmi nemmeno io il motivo, ma quella visione mi fece sentire subito meglio, rigenerato.
"Insomma, non credo nemmeno più di riuscire ad alzarmi.
Spiegai imbarazzato, schiarendomi la voce, non volevo sembrare un' tossico dipendente dopo un rave party, anche se probabilmente quell'impressione già l'avevo fatta.
Lui spalancò ancora di più gli occhioni e si avvicinò maggiormente a me, chinandosi poi alla mia altezza, la smorfia che fece quando i nostri occhi si incrociarono per la seconda volta, mi fece sentire a disagio.
"Oddio, cos'è successo? Ti serve un po' d'acqua?
Sorrisi nuovamente sentendo la preoccupazione nella sua voce, adorabile, ecco come l'avrei definita dalle prima due frasi scambiate. Se fosse stata un altra persona e un altro momentro probabilmente mi sarei comportata diversamente
ma guardando la bottiglia finita di birra accanto alle mie gambe l'unica cosa da fare mi sembrava accettare.
"Ero in discoteca con delle mie amiche, non mi sono sentito molto bene e volevo fare due passi, ma sono arrivato fino a qua e ho vomitato anche l'anima, e si grazie, vorrei dell'acqua."
Lo vidi armeggiare per qualche istante nella sua borsa di tela bianca e poi mi porse una bottiglietta d'acqua naturale, che presi e bevvi con foga, come se non bevessi da anni.
Gli scappò una piccola risatina nel vedermi così, cosa che mi fece sentire ancora più in imbarazzo di quel che ero già, mi sentivo malissimo.
"Comunque, piacere Harry.
"Louis."
Dopo avergli ridato la bottiglietta d'acqua e averlo ringraziata a dovere, presi il mio cellulare dalla tasca e premetti il tasto della home; dovevo assolutamente chiamare Charlotte, Eva o Juan.
Nero. 
Lo schermo del mio cellulare rimase nero anche dopo la seconda volta che premetti sul pulsante, mi venne quasi da piangere per la situazione in cui mi trovavo.
"Fanculo." 
Mi lasciai andare ad un urlo liberatorio e lanciai, letteralmente, il cellulare qualche centimetro più in la, mi portai le ginocchia al petto e poggiai il mento su esse, respirando pesantemente.
Le opzioni erano due:
-Tornare all'Eden e cercare i miei tre amici fra 800 persone.
-Convincere Harry a portarmi a casa sua.
Entrambe erano complicate, ma non sarei rimasta mai e dico mai a dormire su un marciapiede alla periferia di Valencia, ero spericolato ma non fino a quei livelli.
Quando però il ragazzo anticipò le mie parole, ebbi paura che mi potesse leggere nel tempo.
"Se vuoi a casa mia ho un caricatore, abito a due passi da qua, davvero."
Non serve che sto a spiegarvi che il cellulare non l'ho usato e che ho dormito lì.
Così alle quattro e mezza, ancora post-sbornia ero seduto a gambe incrociate sul suo divano di pelle nera e fra le mani impugnavo una tazza di te caldo, guardandolo fare lo stesso proprio difronte a me.
"Non so veramente quante volte ringraziarti, mi hai salvato la vita.
Rise e la sua risata fu' una delle cose più belle mai sentite, pura e cristallina, un po' come lui, si perché in quelle poche ore passate insieme avevo già capito che persona fosse.
Una di quelle di cui ti puoi fidare ciecamente, quelle persone timide e senza palle che si fanno mettere i piedi in testa da chiunque, il mio contrario, ecco.
"Ma figuarti. Mi serviva un po' di compagnia, da quando mi sono trasferito qua non ho fatto nessuna amicizia."
Mi spiegò mentre con la mano destra girava il cucchiaino, più che per lo zucchero, per l'imbarazzo.
Annuii e mi misi in posizione fetale, sorseggiando il te bollente le chiesi perché si era trasferito qua senza la sua famiglia.
"Non vedevo l'ora di andarmene da Londra e dai miei genitori, e appena ho compiuto 18 anni ne ho approfittato. In più studiavo Spagnolo da anni, mi sono avantaggiato. Con i miei non ho mai avuto un buon rapporto, non hanno mai accettato il mio.." Si fermò un attimo e mi guardò supplicante, prima
di continuare. "Essere omosessuale."
A seguire di questa frase ci fù un attimo di imbarazzo generale, mi trovavo spiazzato, per la prima volta nella mia vita senza parole. Non sono mai stato omofoba, ma ho sempe pensato agli omosessuali come un'altro mondo. Mi chiedevo come 
non si potesse amare la vagina, cazzo.
Respirai profondamente e mi limitai ad annuire, osservandolo nel suo imbarazzo. 
Si stava morsicando con violenza le pellicine delle dita e il suo sguardo era fisso sulle sue ginocchia, credetti di averlo vista tremare ma probabilmente l'alcool era ancora in circolo.
Allungai una mano sul suo ginocchio per tranquillizzarlo ma ebbe come un fremito sotto al mio tocco, allora tolsi la mano e inclinai la testa di lato, confuso.
"Scusa, non amo essere toccato." Non mi disse altro per quella sera.
Ci addormentammo lì, abbracciati come vecchi amici ad un pigiama party, le mie gambe incrociate fra le sue, la mia testa nell'incavo del suo collo e i nostri respiri rotti fra di loro.
   
 
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