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Autore: Brownie Charles    03/07/2017    5 recensioni
Sette ragazzi si risvegliano in una stanza buia e claustrofobica, legati a delle poltrone.
Non sanno perché sono lì, né conoscono chi ha escogitato una simile follia.
Sanno solo una cosa...
"Mentre vagava con lo sguardo lungo la stanza, cercando si stabilirne sommariamente i confini, avvertì un rumore metallico provenire dalla fonte di luce, simile a quello emesso da un ascensore in movimento.
Si voltò di nuovo verso la bianca colonna, e fu allora che la vide, e non volle crederci…
Una ragazza era apparsa nella stanza, lo sguardo, malinconico e mestamente basso, era intento a osservare un piccolo palmare. I capelli rosso fuoco le cascavano lunghi fino alle spalle; delle sue codine e dello sgargiante fiore che usava portare non vi era alcuna traccia."
...sanno di essere Peccatori...
"« Maledetta…maledetta!…maledetta!! » gridò inferocita all'indirizzo del cadavere, sputacchiando saliva come un grosso cane idrofobo."
...senza alcuna possibiltà di Redenzione.
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Courtney, Geoff, Gwen, Noah, Scott | Coppie: Alejandro/Heather
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale
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Acedia

“L’Accidia è la pigrizia che ha rinunciato al piacere del proprio vizio.” [Roberto Gervaso]

 

Noah sedeva sua una scomoda panchina ai margini della larga strada trafficata, fissando il cielo plumbeo che da qualche giorno sovrastava la città di Toronto, promettendo di riversare sulla metropoli canadese un imminente diluvio; un cielo che sembrava in perfetta sintonia col suo umore, che d'altro canto era sempre il medesimo, nonostante tutto quello che gli fosse recentemente capitato: annoiato, disinteressato da ciò che lo circondava, sordo a qualsiasi genere di emozione. Ogni tanto poteva capitare che venisse irritato o destabilizzato da qualcosa, ma non si sforzava mai di mostrarsi infastidito o arrabbiato: aveva sempre ritenuto inutile mostrare anche solo un minimo di personalità, anche per non rischiare di ritrovarsi catapultato al centro dell'attenzione, specialmente se circondato da estranei. Forse era per quel motivo che assolutamente non riusciva a concepire cosa potesse spronare tutte quelle persone che pur di ottenere successo e notorietà si riducevano a caricatura di se stesse. Che gusto c'era nell'interpretare ogni giorno il solito copione? Che a loro piacesse reprimere la propria personalità per assumere una parte, un ruolo che mai e poi mai avrebbe abbandonato lo svenurato che lo aveva accettato?
Non lo sapeva, ma la ricerca della verità non lo interessava minimamente: tutto quel che desiderava era vivere una vita tranquilla, senza preoccupazioni, quasi monotona per certi versi.
Quella era la sua massima aspirazione, ma ora era diventata irraggiungibile.

“Dopo pochi minuti il meccanismo che muoveva la poltrona di Noah si fermò, permettendo alla colonna azzurra di accendersi una seconda volta, rischiarando una stanza ben più piccola di quella in cui si era risvegliato e aveva visto Zoey morire, talmente piccola che poteva vederne le quattro pareti, una delle quali alloggiava una porta grigia, piuttosto malridotta, su cui spiccava un pomello sferico e dorato. Di fronte a lui era stato posizionato un mobiletto di ferro su cui era stata poggiata una rudimentale televisione a tubo catodico, rivestita di un legno tarlato e posticcio.
Questa si accese senza alcun preavviso, mostrando un'immagine molto disturbata che però andò lentamente definendosi: in una stanza molto simile alla sua stava una figura vestita di un saio marrone scuro; la posizione del cappuccio, accuratamente sistemato per coprire il volto dello sconosciuto, e la bianca luce soffusa che permetteva a malapena di distinguerne la figura non permisero, naturalmente, all'indiano di capire con chi avesse a che fare, con ogni probabilità il suo aguzzino.
<< Ciao, Noah. >> esordì la figura quasi amichevolmente, che il ragazzo riconobbe subito essere la famigerata Voce: << Scambierei volentieri qualche convenievole con te, ma temo che potrei annoiarti presto, quindi passo subito ai fatti: se vuoi che la tua insulsa vita venga risparmiata, dovrai fare quel che adesso ti comanderò…inutile ricordare cosa ti accadrebbe se dovessi rifiutarti… >>.”


Mentre rimembrava ogni minimo particolare di quella situazione tanto assurda che ormai si era verificata quasi una settimana prima, un'auto accostò lungo il marciapiede.
Noah deglutì, tocchicchiando nervosamente lo strozzatore, abilmente nascosto dal colletto della sua camicia di flanella azzurra: la Voce aveva premurosamente descritto come mimetizzare il pericoloso indumento permettendole comunque di poter controllare la situazione e, al tempo stesso, non risultare troppo vistosa, soprattutto sul gracile collo di Noah, che non era assolutamente tipo da indossarne uno.
Il finestrino sul lato passeggero, nonostante il freddo pungente, fu completamente abbassato, rivelando l'opulenta figura del guidatore.
<< Ciao, amico Noah! >> esclamò al settimo cielo Owen, aprendo velocemente la portiera per permettere al compare di salire e accomodarsi. L'indiano replicò con un timido sorriso, sedendosi senza troppe cerimonie: il momento era arrivato, e lui avrebbe dovuto agire.

“Il tuo compito è facile: nella tua miserabile vita, fedelmente riprodotta dalle parche figure che hai combinato durante le due edizioni del reality a cui hai partecipato, ti sei fatto un solo amico…oddio, forse amico non è il termine più corretto, dal momento che tu per lui hai provato le stesse sensazioni che hai riservato a tutte le altre persone che hai incontrato nel corso della tua spenta esistenza, ovvero il nulla più assoluto: mai un sorriso, mai un segno di assenso o quant'altro. Forse, se avessi saputo farti conquistare dalla genuinità della tua vittima, non ti ritroveresti in questo sgradevole stato, ma ormai è inutile piangersi addosso. Lui avrà fallito con te, ma te non fallirai con lui: la tua Vittima è Owen…la tua Sfida distruggere in lui qualunque traccia di vitalità…il tuo Obiettivo ridurlo come te.”

Se non avesse saputo la verità che si celava dietro quell'atteggiamento radioso avrebbe potuto tranquillamente affermare che, da quando era terminata la terza stagione del reality, Owen non era per nulla cambiato, constatò Noah mentre il guidatore sfrecciava tra le strade della città, diretto a una meta ben precisa, situata poco fuori la periferia; perché, nonostante tutto, continuava ad essere chiassoso, disordinato, puzzolente ma soprattutto inguaribilmente ottimista, persino in quel momento per lui tanto decisivo.
Aveva ormai preso una decisione irrevocabile, con cui o avrebbe risolto il suo problema o, a malincuore, avrebbe accettato una dura presa di coscienza.
Quel ragazzo così solare, infatti, pareva avere un unico problema, che lui affrontava col solito sorriso bonario stampato in volto, ma che in realtà, come ben sapeva Noah, ogni tanto gli impediva addirittura di dormire la notte, tanto ci pensava e non riusciva a dimenticare: Izzy.
Quella svitata tecnicamente l'aveva mollato in seguito a una botta in testa che l'aveva fatta diventare, seppur momentaneamente, il suo completo opposto: pratica e cinica, talmente cinica da mollare su due piedi il povero Owen. Il biondo l'aveva presa talmente male che per giorni interi aveva pianto quella perdita sulla spalla del povero Noah, l'unico che non si era scansato dal sorreggere l'enorme peso del ragazzo, semplicemente perché non ne aveva voglia.
Anche dopo il reality i due non si erano mai chiariti, sebbene lei fosse tornata normale (mai Noah avrebbe pensato di poter usare quell'aggettivo per descrivere proprio Izzy), e il motivo era che Owen temeva di essere rifiutato di nuovo.
Perché, in fondo, Owen era molto insicuro, specialmente dopo aver scoperto che la sua innata simpatia era stata tanto invisa ad Alejandro, che pure credeva suo amico, nonché a molti altri concorrenti e soprattutto a Chris McLean, che infatti non l'aveva invitato a far parte del cast di All Stars; proprio lui, il vincitore della prima, epica stagione.
Per settimane Owen si era chiuso in se stesso, aveva perso la sua proverbiale lena, rifugiandosi nelle porcherie che spacciava per cibo: era ingrassato e questa non era una novità, accertò Noah, che però se n'era accorto da tempo, l'unico a farlo, e che tuttavia mai aveva provato ad avvertirlo, ma di questa sua mancanza non si era mai rimproverato, neanche in quel frangente.
<< Secondo te ho qualche possibilità, Noah? >> domandò Owen dopo diversi minuti di viaggio, mentre sterzava bruscamente, al fine di prendere una stretta strada sterrata che si inerpicava lungo il fianco di una montagnola, costeggiata da un fitto bosco di sempreverdi.
<< Non lo so. >> si limitò a replicare l'altro, senza alcuna intenzione né di aprire una conversazione, né di sorreggere la testa, che teneva appoggiata alla mano destra, chiusa a pungo.
<< Spero tanto di sì…Izzy è davvero una persona eccezionale, oltre che bellissima…penso che sia l'unica che mi capisca veramente…oh, a parte te, ovviamente. >> disse Owen, sperando di aver rimediato al suo precedente errore e non aver offeso colui che riteneva essere il suo migliore amico.
<< Ne parliamo dopo…ora concentrati sulla guida. >> fu tutto quello che rispose Noah: quella strada era molto pericolosa, frastagliata com'era da grosse radici e pietre aguzze.
<< Meno male che ci sei tu con me! >> sospirò allegro Owen mentre si concentrava di più sulla guida della sua utilitaria tutta scassata.
Quella frase, unita alla paradossale situazione che lo stava vedendo protagonista, diede a Noah l'ingrato compito di riflettere: davvero contava così tanto per il biondo? Non ci aveva mai pensato, limitandosi a lasciare che ogni evento vissuto in sua compagnia gli scorresse addosso senza lasciare in lui la minima traccia di cambiamento.
Ma Owen pareva non essersene mai accorto: a lui bastava la sola presenza dell'indiano per essere felice. Un'improvvisa fitta gli attanagliò il cuore: fu così che Noah provò per la prima volta la vergogna.
L'agonia del viaggio perdurò ancora una decina di minuti, quindi i due giunsero di fronte a un piccolo piazzale in ghiaia che dava su un vecchio rudere fatiscente e apparentemente abbandonato, attanagliato da liane e rampicanti di ogni forma e lunghezza: la casa perfetta, per una come Izzy.
I due scesero dal catorcio, facendogli raschiare il fondo già malandato sul terreno, quindi Owen si avvicinò alla porta principale.
<< V-vado? >> domandò insicuro, ricevendo in risposta un appena percettibile accenno del capo dell'indiano.
Respirò profondamente un paio di volte, quindi suonò il campanello, dal quale scaturì un'inquietante quanto folle risata, del tutto identica a quella prodotta da Izzy quando azionava un esplosivo.
Owen fece un passo indietro, voltandosi spaventato verso Noah, il quale non reagì per nulla. Il biondo, credendo di vedere un'espressione tra l'arrabbiato e il deluso sul volto dell'amico, cercò di ricomporsi velocemente.
Poco dopo la portà si aprì cigolando, e apparve la figura della rossa in biancheria intima, sorridente.
A quella celestiale vista Owen non seppe tenere a freno la propria sorpresa, fissando ebete il fisico perfetto della sua ex.
Fu Noah a riportarlo sulla Terra, schioccandogli le dita di fronte al naso, mentre Izzy rideva sotto i baffi, divertita.
Owen sbattè qualche volta le palpebre, quindi, capita la situazione, iniziò incerto a parlare, non distogliendo lo sguardo dal pianerottolo per paura di bloccarsi una seconda volta: << Izzy, sono venuto qui perché…perché volevo parlarti e…ecco…tu mi manchi molto, senza di te non posso vivere felice, come prima…quindi mi chiedevo se…se…beh…se volessi tornare insieme a me. >> concluse tra un balbettio e l'altro.
La ragazza non parve troppo sorpresa da quell'affermazione; in fondo un po' se l'aspettava. Un velo di tristezza trasparì dai suoi occhi verdi. Per la prima volta i due la vedevano assumere un'espressione tanto intensa, così lontana da quella solita di Izzy. E l'altro avvertì come un nodo alla gola che si stringeva sempre più: fu così che Noah scoprì la preoccupazione.
<< Owen…tu sei molto caro con me, e a te ci tengo molto, ma…non so cosa provare ora, e non me la sento di darti false illusioni, false speranze. >> rispose lapidaria lei.
Le labbra di Owen si piegarono in un broncio disperato, mentre le prime lacrime già inumidivano i suoi piccoli occhi, ridotte a fessure: vedeva ogni sua speranza sgretolarsi senza rimedio, la sua vita andata per sempre.
Noah avrebbe avuto tutti i motivi per festeggiare per quella risoluzione; era stata Izzy a fare il lavoro sporco, lasciando a lui l'ingrato compito di assestare il colpo finale: distruggere Owen e aver salva la vita.
Ma qualcosa lo bloccava, qualcosa di nuovo, che gli dava forti scariche di adrenalina lungo le braccia e le gambe, di cui faticava a contenerne i fremiti: fu così che Noah capì cosa fosse la rabbia.
Nel mentre Owen si confessava il giovane aveva avuto una sua personale epifania, rivivendo tutti i momenti passati in compagnia del ragazzo e della ragazza. Sebbene lui non se ne fosse accorto allora i due gli avevano donato una parte di loro, senza nulla chiedere in cambio se non la pazienza di sopportarli, e facendogli vivere momenti indimenticabili.
Quasi senza accorgersene Noah scattò in avanti, frapponendosi tra i due: << Izzy, aspetta…ascolta…non so perché hai detto quel che hai detto, avrai sicuramente avuto le tue ragione, ma lascia che ti dica una cosa: se ora chiudi la porta, perderai per sempre la miglior persona che tu abbia mai avuto la fortuna di incontrare: Owen è allegro, a suo modo dolce, fedele e soprattutto ti capisce, meglio di chiunque altro! Guarda dentro di te, Izzy, solo così ricorderai cosa provi per lui! In fondo l'hai già amato una volta, perché non una seconda? >> spiegò, mentre univa le morbide mani della rossa a quelle grasse e sudaticcie del biondo.
I due si fissarono per qualche attimo, poi, ricordando all'unisono i fantastici momenti vissuti l'uno accanto all'altra, ridussero la distanza che li separava e infine, travolti dalla passione, si unirono nel più appassionato bacio che si fossero mai scambiati, sotto lo sguardo soddisfatto di Noah, il quale gonfiava il petto e assumeva una posa baldanzosa: fu così che Noah concepì l'orgoglio.
Lasciò ai suoi amici tutto il tempo che necessitassero, godendo anche lui della loro nuova felicità.
Izzy invitò i due a cenare da lei, visto che il sole, che era riuscito faticosamente a ritagliarsi uno spazio tra le grigi nubi, stava per calare al di là dei monti che contornavano Toronto, ricevendo risposta affermativa da entrambi.
Passarono la serata a mangiare, giocare e ricordare i bei momenti della terza stagione di A Tutto Reality, che aveva avuto il merito, a detta di Owen, di unirli in un'amicizia sincera e inscalfibile.
Anche Noah si divertì molto, esperienza questa totalmente nuova per lui.
Arrivò la notte, e le dodici erano scoccate già da un pezzo quando finalmente i due si congedarono da Izzy, Owen con un bacio a stampo e Noah con un lungo abbraccio affettuoso.
Il viaggio di ritorno fu assai meno teso di quello che lo aveva preceduto, e il duo lo passò scherzando e parlando del più e del meno.
Per Noah fu un altro momento magico, talmente da risurtargli fin troppo breve, come appurò per niente entusiasta quando Owen accostò di fronte alla palazzina dove abitava.
Il giovane fece per scendere dalla macchina e avviarsi verso casa, quando Owen lo bloccò, tenendolo per il braccio: << Noah…grazie…sei il mio migliore amico! >> confessò il biondo con gli occhi lucidi.
<< Anche tu per me. >> replicò l'altro, mentre la vista gli veniva offuscata leggermente da piccole lacrime salate: fu così che Noah conobbe la commozione.
Aspettò che l'auto di Owen si fosse dileguata dalla sua vista, quindi aprì il portone, salì lentamente le scale fino al quarto piano e infine aprì la porta del suo piccolo appartamento.
Dentro, rivolta verso una finestra che dava sulla caotica città illuminata quasi a giorno da centinaia di lampioni, posta sulla parete opposta alla porta d'ingresso, stava una figura incappucciata vestita di un saio marrone.
Noah rimase inizialmente interdetto da quell'inaspettata presenza, ma subito dopo pensò che tutto ciò era inevitabile e che anzi era stato carino da parte sua venirlo a trovare prima della fine.
<< Che delusione Noah, a quale stomachevole spettacolo mi hai costretto ad assistere! >> esordì la figura: aveva una voce gutturale, quasi malvagia << Avevo riposto molta fiducia in te, e invece… >> lasciò a mezzo la frase, quasi fosse troppo amareggiata per continuare.
<< Avanti, falla finita. >> lo incitò Noah, che si era già stancato di quella circostanza, di quella figura misteriosa, di quella misera vita che aveva iniziato ad assaporare solo da qualche ora e che doveva già abbandonare.
<< Come vuoi. >> replicò la figura voltandosi lentamente e scostando il cappuccio dall'estemità della sua testa, mostrando le reali fattezze del suo viso.
A Noah parve di riconobbere il suo assassino, ma non riuscì a dir niente: la figura premette una specie di telecomando che teneva nella mano sinistra, facendo detonare l'esplosivo contenuto nello strozzatore.
La vita di Noah finiva così, ma a lui poco importò: nella sua mente aveva ancora le splendide immagini vissute assieme ai suoi amici Owen e Izzy quella sera.
Sentì le labbra incurvarsi in un sorriso soddisfatto, mentre il cuore pulsava forte e il suo corpo si rilassava.


Fu così che Noah finalmente sperimentò la felicità.

Angolo Autore
Eccoci finalmente di nuovo insieme, col primo capitolo che parla di uno dei nostri sette peccatori: Acedia è il titolo, ovvero Accidia.
Una valida occasione per esplorare una delle coppie più strane tra la moltitudine proposta dal reality, ovvero la IzzyXOwen.
Happy ending per loro, il che però significa morte per Noah: il primo peccatore fallisce il suo compito, per mostravi che sì, alcuni falliranno; ma no, non tutti.
Spero piaccia il ritorno delle citazioni a inizio capitolo, prassi che, come chi mi segue da tempo saprà, ho già sperimentato in "Total Drama A-Z".
Le citazioni ci saranno nei capitoli che racconteranno le peripezie dei nostri sette peccatori (come questo). Spero vi piaccia questa idea! :)
Sto notando che questa storia sta man mano piacendo sempre più a molti di voi: ciò mi riempie il cuore di gioia e d'orgoglio e mi spinge a proseguire!
Spero continuerete a seguirmi, a dirmi le vostre impressioni e le vostre idee, sia da chi ancora non si è fatto sentire (mi farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate),
sia da chi invece si è già fatto sentire più volte (e di questo vi ringrazio di cuore!).
A presto,
Brownie Charles

   
 
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