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Autore: ParanoidxX    04/07/2017    2 recensioni
"Splinter, ti affidiamo nostra figlia, sappiamo che sarai un buon padre, così come lo sei per i fratellini. Roger non può tenerla con se a lungo, sarebbe troppo rischioso, però potrà aiutarti a gestire alcune dinamiche umane –come la scuola- quando sarà più grande. Per ora è necessario che viva nell’ombra, come voi. È una fuggiasca, non dimenticarlo. Ti ringraziamo di cuore, abbi cura della nostra amata bambina. R. e G. "
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ecco qui il secondo capitolo <3
Lo avevo già pronto, caldo caldo, era inutile non postarlo!
Per il terzo dovrete aspettare qualche giorno purtroppo, è in stesura ù.ù
Intanto colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno letto e, in particolare, ringrazio Marlena_Libby per aver lasciato una recensione <3 Sono molto importanti per me, mi aiutano a capire se sto facendo un buon lavoro o se sto scrivendo fesserie :3
Detto ciò, buona lettura!




Avere una famiglia così particolare comportava dei limiti. Per esempio, non era possibile organizzare una serata pizza e film con le miche a casa sua, sarebbe stato parecchio difficile per le umane accettare di scendere in un tombino della fogna e percorrere le viscere della città. Ancor più difficile sarebbe stato per loro scoprire che i suoi quattro misteriosi fratelli non erano altro che degli adolescenti, mutanti, ninja.
Per fortuna, nel corso del tempo, aveva trovato una soluzione a problemi simili e un grande aiuto le era stato dato da Roger. All’occorrenza casa sua era anche casa di Venere, dotata persino di una sua camera da lei stessa arredata. Disponeva di un paio di chiavi per poter entrare quando lo desiderava e non erano rari i giorni in cui dormiva da Roger o cenava in sua compagnia. In questo modo riusciva a intortare le compagne di scuola e a custodire il suo segreto. Tutte sapevano che Venere era un’orfana adottata da Roger Smith, con quattro fratelli che nessuno aveva mai conosciuto perché sempre in viaggio. Reggeva da anni come storia.

Come ogni caso che si rispetti però, anche questo aveva la sua eccezione: Ingrid. Ingrid era la sua migliore nonché amica di infanzia, ed era l’unica a conoscenza della verità. Non si contavano più le volte che era stata nel rifugio delle tartarughe, che aveva scherzato con Leo e giocato alla play con Mickey. In particolare aveva un ottimo rapporto con Donatello: entrambi piccoli genietti e accomunati dall’amore per la scienza e la tecnologia, Ingrid era stata un valido aiuto per Donnie in molte occasioni –e viceversa-.

«..mi segui?» notando Venere distratta, richiamò la sua attenzione scuotendole appena la spalla. «Per la verità ho smesso di seguirti un quarto d’ora fa» confessò l’altra sincera, per niente a disagio. Ingrid sospirò, dondolando un attimo sul divano e aggiustandosi gli occhiali sul naso con una certa stizza. Detestava essere ignorata, soprattutto quando spiegava con euforia le sue piccole scoperte scientifiche. Però Venere non poteva farcela: ogni volta che si trattava di matematica, la sua mente si chiudeva a riccio. Era una materia noiosa e a dir poco disgustosa, più che non riuscire a comprenderla, non voleva comprenderla.

Ingrid strinse il quaderno che aveva tra le mani e si guardò intorno. Ovunque regnavano pace e silenzio e si potevano persino percepire goccioline lontane che scivolavano dalle tubature e cadevano in pozze d’acqua. Tuttavia, pur essendo in una fogna, l’odore stagnante non si accusava. I suoi grandi occhi castani scivolavano su ogni mobile presente nella stanza, fino a soffermarsi sul dojo distante. «Non riesco a credere che combatti come kung-fu panda» commentò arricciando il nasino. Venere le diede una spinta «E io non riesco a credere che la mia migliore amica ami la matematica» scoppiarono a ridere. Ingrid mostrò la sua bianca dentatura che spiccava sul suo incarnato scuro come il cioccolato, inclinò leggermente la testa e il cespuglio di capelli neri si arruffò maggiormente.

D’un tratto le loro risate furono accompagnate da un leggero scricchiolio che rimbombò tra le mura. Voci, voci distanti si fecero sempre più vicine e parevano scivolare tra i cunicoli, preannunciando così l’arrivo dei loro proprietari. Da un grosso tubo accanto al dojo fuoriuscì un grande getto d’acqua e così, ad uno ad uno, apparvero i fratelli delusi dalla ronda notturna.

«Donnie!» il viso di Ingrid si illuminò e scese dal divano per correre incontro al suo amico, ma Raph le si parò davanti «Cosa ci fai qui, ragazzina?» domandò severo. Il suo tono di voce increspò la pelle scura della ragazza. Nonostante li conoscesse da anni ormai, Raphael le incuteva sempre un certo timore. «Ecco, io…» balbettò, stringendo ancor più forte il quaderno tra le dita. «Conosci le regole umana, infrangile e noi...» «Ingrid!» l’urlo di Mickey rese vana la sua minaccia e il più piccolo dei ninja trotterellò verso di lei per abbracciarla con affetto. Raph sbuffò esasperato «Quando imiti Batman, assicurati che non ci sia Michelangelo con te» consigliò Leonardo divertito. «Cosa ci fai qui, Ingrid?» domandò poi il leader «Devo parlare con Donnie» spiegò «Si tratta del mutageno» il termine catturò l’attenzione del genietto di casa, intento ancora a togliersi le armi di dosso. «Mutageno, hai detto?» si avvicinò alla ragazza che annuì «I tuoi calcoli non sono del tutto giusti Donnie, ecco vedi…» mostrandogli il quaderno ricco di appunti e formule, Ingrid e Donatello iniziarono a comunicare in una lingua solo a loro comprensibile e, presi da quel discorso, camminarono verso la postazione pc, fino a sedersi alla scrivania.
L’euforia di quella piccola scoperta aveva portato la ragazzina a sfidare i pericoli della notte e ad entrare nel rifugio, avvisando telefonicamente l’amica del suo arrivo.

«Quel mutageno?» domandò Venere ancora seduta al divano, osservando Leonardo che annuì. Il suo sguardo sgusciò poi su Raphael e Mickey che parevano del tutto indifferenti a quella sostanza un tempo causa di discordia.

Bebop e Rocksteady, dopo la sconfitta di Krang, erano stati arrestati a incarcerati. Dovevano però essere equamente processati, come di prassi, ma ciò sarebbe potuto accadere solo se fossero tornati esseri umani. La polizia aveva fornito alle tartarughe decine di fiale di mutageno sequestrate e a Donatello era stato affidato l’incarico di rielaborare la sostanza per poi somministrarla ai due criminali. In questo progetto, Donnie era stato aiutato da Ingrid che ora gli forniva l’ultima formula, il pezzo mancante del puzzle. Venere lo capì dall’urlo di vittoria che suo fratello lanciò e dalla risata soddisfatta dell’amica.

Sorrise appena e si alzò dal divano, portando la sua attenzione prima su Raphael, concentrato a prendere a pugni il suo sacco da boxe, e poi su Mickey, intento ad ascoltare i discorsi di Ingrid senza capire una virgola. Affiancò poi Leonardo che sostava in piedi a braccia conserte, quasi in meditazione. «Leo» Venere lo richiamò «Non credi che...» «Io e Raphael ne abbiamo già parlato» il leader smorzò ogni dubbio della sorella. Temeva che un progetto simile potesse riaccendere in Raphael il desiderio di provare il mutageno su sé stesso e trasformarsi in un essere umano. Leonardo, però, era stato categorico: si trattava di un lavoro, di una collaborazione, niente di più e Raph, stranamente, non aveva fatto storie.

«A me sembra nervoso» commentò Venere nell’ascoltare il rimbombo dei pugni di Raph sul sacco. Decisamente troppo forti. «Si calmerà» asserì autoritario il più grande, scrollando le spalle e andando in cucina.

Calmarsi? Venere osservò il secondo fratello e questo alzò la testa per incrociare il suo sguardo. Era difficile immaginarlo calmo con quegli occhi scuri che bruciavano di rabbia e frustrazione. Il ninja tornò a dar pugni, colpi così forti che il perno al soffitto si lamentò, cedendo, e il sacco da boxe schizzò via spinto da un gancio destro deciso e assestato.

«Vacci piano testuggine» soffiò Venere, avvicinandosi a lui. «Comprendo che vorresti picchiare Leo ma così farai crollare il soffitto e non voglio morire tra le macerie» Raphael non fece caso a quel commento e si piegò un attimo per recuperare un peso da terra. Lo impugnò saldamente e iniziò ad allenare il tricipite sinistro.
«Raph…» «Senti Venere, non ho alcuna voglia di ascoltare le tue sciocche frasi da sorella» brecciò freddo «Quindi porta la tua saggezza femminile altrove, magari in un fanclub di Jane Austen»
La riccia sussultò e aggrottò la fronte, irritata «Quando hai finito di allenare i muscoli, allena anche un po’ il cervello» rimbeccò e si allontanò risentita.

Raphael non la fermò e, quando fu sparita, smise di sollevare il peso, sospirando. Girò appena il capo e si accorse che Leonardo lo stava fissando.




Dopo tre giorni di lungo lavoro, il mutageno era stato rielaborato ed era pronto per essere somministrato in quella calda sera di maggio. Seppur le tartarughe erano ormai conosciute dagli agenti di polizia, attiravano sempre qualche sguardo curioso o timoroso in centrale .

Facocero e rinoceronte, rispettivamente Bebop e Rocksteady, erano seduti a un tavolo e ammanettati, in una stanza vuota con pareti bianche, inondata di luce. A separare i criminali dai ninja c’era una parete vetrata che avrebbe permesso loro di osservare ciò che di li a poco sarebbe accaduto... o non accaduto.
«Sei sicuro Donnie?» mormorò Leonardo, accanto a lui il sergente di polizia osservò il genietto «Beh, c’è sempre un margine di insuccesso da tener presente» rispose l’interessato, teso come una corda di violino. «Cosa potrebbe andare storto?» «C’è una bassa possibilità che possano morire» confessò «Ma improbabile, impossibile dire» corresse il tiro accusando l’ansia improvvisa del sergente.

Venere storse il naso, per niente convinta dalle parole del fratello occhialuto. Michelangelo osservava i due criminali oltre il vetro con occhi pieni di infantile curiosità. Raphael, invece, aveva le braccia conserte al petto, sintomo di chiusura emotiva, e una certa sofferenza nello sguardo, come se stesse reprimendo un insano desiderio, come se provasse invidia per quei due mutanti che presto sarebbero divenuti uomini. Forse.

«Ci siamo» sussurrò il più piccolo. La porta della stanza di spalancò, un uomo in camice bianco fece il suo ingresso accompagnato da due agenti di polizia. Tra le mani stringeva una bacinella di ferro contenente due siringhe. La posò sul tavolo e ne prese una, liberò il sottile ago dal tappo di plastica e poi, delicatamente, iniettò il liquido viola nel braccio di Rocksteady.

Venere trattenne il fiato, Donatello si irrigidì ancor di più. L’emozione era palpabile, la si poteva quasi toccare con mano.

Il rinoceronte ringhiò appena e poi strinse i pugni, piegandosi su stesso e sbattendo la fronte sulla scrivania. I vasi sanguigni del braccio si gonfiarono divenendo visibili e iniziando a pulsare, mentre il suo respiro si face sempre più pesante. La spalla, il collo, il torace, tutto si venò di viola, fino al viso. Gemette e iniziò a dimenarsi preda di chissà quale sensazione. L’incarnato grigio prima si screziò di bianco e poi assunse un normale colorito, anche se pallido. Il corno da animale si crepò per poi sgretolarsi in piccoli granelli che ricaddero per terra, provocando un leggero fruscio. Il volto si modellò e affiorarono la mandibola, le labbra sottili, il grosso naso e i piccoli occhi sciocchi. Rocksteady era tornato umano e, cosa più importante, stava bene.

«Magia» mormorò attonito il sergente. «Scienza» lo corresse affascinato Donatello. «Donnie, ci sei riuscito» commentò Leonardo con un fil di voce. «Ci siamo riusciti.., Ingrid mi ha fornito l’ultima formula. Devo chiamarla» il sottile dito scattò sull’auricolare nel suo orecchio, pronto a chiamare Ingrid e a raccontarle con euforia ogni mini dettaglio della mutazione «Aspetta Donnie» il leader gli bloccò il braccio «Devo parlarti» «Puoi farlo dopo Leo, adesso non posso». Lo sguardo del più grande si posò su Raphael. Strinse i denti. «No Donnie, devo parlarti adesso» la sua richiesta risuonò come un ordine. Donatello notò che la sua attenzione era tutta concentrata sulla testa calda del gruppo. Capì. «D’accordo Leo... ragazzi, aspettate qui» «Dove andate?» Michelangelo piagnucolò «Compartimentazione delle informazioni» Leonardo alzò la mano, segno che non avrebbe dato ulteriori spiegazioni e poi si allontanò con il genietto.

«Ancora segreti» soffiò pieno di rancore Raphael, i suoi occhi fissi in un punto impreciso del vetro. «Avrà le sue ragioni» l’ingenuità di Mickey era disarmante. Il suo gran cuore, l’affetto che provava per ciascuno di loro, lo portava a rispettare il volere del maggiore e a non disubbidirgli mai. Venere si mordicchiò il labbro inferiore «È così importante per te?» si rivolse a Raph. «Insomma, Leo agisce sempre nel nostro interesse, pur di proteggerci è disposto a sacrificare sé stesso e non credo sia necessario offendersi se, ogni tanto, decide di avere qualche piccolo segreto» nelle sue parole si poteva percepire una nota di rimprovero. Vero, anche lei non sopportava quando il leader prendeva decisioni senza consultarsi o, peggio ancora, ignorando il parere degli altri. Lo trovava ingiusto, poco democratico, come se la sua parola fosse legge. Inoltre, il suo carattere così pragmatico era poco compatibile con il suo essere istintiva, a tratti irrazionale. Tuttavia, dati i recenti avvenimenti, aveva iniziato ad atteggiarsi diversamente nei suoi confronti, comportandosi come Donnie e Mickey che accettavano le sue scelte senza replicare, lamentandosi qualche volta ma sempre nei limiti.

Raphael si girò lentamente, troppo lentamente, verso Venere e si chinò per annullare i loro dieci centimetri di differenza, portando così il viso vicino al suo «Per me è molto importante sapere cosa mi nasconde mio fratello» e calcò particolarmente l’aggettivo mio. «E dovrebbe esserlo anche per te» tornò dritto con uno scatto, la fissò criptico per un istante e poi si allontanò a grandi passi.

«Ma che problemi ha?» Venere portò l’attenzione su Michelangelo, cercando sincera una risposta. Questo si strinse nelle spalle «Dovrebbe mangiare più pizza» commentò «La pizza fa miracoli, ahi!» la sorella gli tirò un pugno sul braccio «Come puoi pensare al cibo, Mickey?»

In quel grande scambio di battute tutti dimenticarono che, al di là del vetro, un rinoceronte era tornato essere umano e un facocero aveva fatto lo stesso pochi secondi dopo. Bebop e Rocksteady potevano ora essere regolarmente processati senza causare scandali o terrore per il loro aspetto mutante.

L’apparente quiete fu però spezzata dalla ricetrasmittente del sergente – anche lui del tutto ignorato - che iniziò a gracchiare. «Si?» l’uomo l’attivò portandola all’altezza delle labbra. «Abbiamo un tentativo di furto al museo di storia naturale»

  
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