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Autore: Lupe M Reyes    09/07/2017    4 recensioni
A Blair piace fare i turni di notte alla biblioteca dell'Arca. Fino alla sera in cui il Cancelliere Jaha non si presenta alla sua porta... Per impedirgli di inviare sulla Terra John Murphy, Blair cede al ricatto e contribuisce al progetto sui Cento. Ma l'incontro con Bellamy Blake cambierà ogni equilibrio. Fino al giorno in cui non diventerà lei stessa la persona numero 101 a raggiungere la Terra.
[Arco temporale: prima stagione]
Personaggi principali: Blair (personaggio nuovo), Murphy, Bellamy, Raven, Clarke, Jaha
Personaggi secondari: Finn, Octavia, Kane, Abby, Sinclair, Jasper, Monty
Genere: Drammatico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, John Murphy, Raven Reyes
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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LA CONSEGNA

Dormo per dieci ore filate.
Quando mi sveglio, per qualche secondo resto nel limbo dell’illusione che si sia trattato di un incubo.
Non soltanto l’apparizione del Cancelliere Jaha durante il mio turno di notte in biblioteca, no. Tutto. John non si è mai ammalato, suo padre non ha mai tentato di rubare nulla, il suo corpo ora si trova accanto a quello della moglie, nel loro letto a sei lotti di distanza dal mio, al caldo, amato, vivo. John suonerà al mio campanello e dirà qualcosa di esasperante a mio padre che invece di infastidirsi si metterà a ridere. Come me. Su noi due John ha lo stesso effetto.
Poi la realtà mi prende a sberle.
Non sento mio padre ridere dall’altra stanza, non sento mia madre cucinare per sei persone. Sento il vociare della tv e i rumori sottili di due persone sedute su un divano a distrarsi con quel che hanno a disposizione.
Mi sollevo, senza aver chiaro il perché lo stia facendo. Li raggiungo, mi siedo in mezzo a loro. Fissiamo lo schermo senza vederlo per due ore, durante le quali facciamo qualche commento a mezza bocca a cui gli altri due rispondono per cortesia.
Quando è ora di andare a dormire, andiamo a dormire.
 
Il giorno dopo Doug mi informa che per ordini superiori i nostri orari sono stati ridefiniti e guarda caso a me toccano tutti i turni di notte. Non faccio nessun commento.
Doug sorride:
“Non sei felice? Dicevi sempre di adorare il turno di notte!”
Mi sforzo di tenere in piedi la farsa.
Dico soltanto che mi sorprende che il Governo si impicci degli orari dei dipendenti di una biblioteca. Lo dico prima di rendermi conto che non è una buona idea sollevare sospetti ragionevoli.
Scanso la mia stessa gaffe, riportando Doug al problema principale: due dipendenti sono troppo pochi per coprire tutti i turni che servono per tenere aperta la baracca.
Poi cambio di nuovo direzione e batto le mani, forse con troppa energia.
“Sono molto felice. Si comincia da stasera?”
 
Il Cancelliere mi ha inviato un suo sicario.
Non so perché, ma mi ero immaginata sarebbe tornato Shenden. Invece nella videocamera distinguo un viso diverso, che oltretutto mi è familiare. Forse faceva anche lui parte della scorta di Jaha? Le guardie sono davvero tutte uguali.
Apro senza nemmeno chiedergli il codice.
Entra un ragazzo piuttosto giovane, comunque più grande di me. Anche più alto di me, parecchio. Mi chiedo da quale anello provenga, da quale settore. Ho davvero la sensazione di averlo già incontrato. La penombra non aiuta.
Mi ha portato una cassetta d'argento, che appoggia in terra ai miei piedi. Gli chiedo se può farmi la cortesia di portarla nell’altra sala, dato che mi sembra pesante. Lui non fa una piega, prende la cassetta e mi segue fuori dall’ingresso.
Attraversiamo il salone. Alle mie spalle, appena varchiamo la soglia dell’ufficio, lo sento rallentare. Quando mi volto, lo trovo a bocca aperta e con la testa per aria.
Mi dimentico dell’effetto che può fare la nostra collezione sotto vetro a chi non è abituato a vedere libri veri.
Lui si accorge del mio sguardo e si affretta a ricomporsi. Cerco di non sorridere troppo, non vorrei che un uomo provvisto di pistola pensasse che lo sto prendendo in giro.
Posa la cassetta metallica sulla scrivania di Doug e poi resta in piedi, in attesa che io faccia qualcosa.
“Che cos’è?”
“Non lo so.”
Non so perché ma mi aspettavo avrebbe parlato con un qualche accento. Invece ha la mia stessa inflessione cantilenata, come tutti quelli che vengono dal settore quattro. Sì, penso, devo averlo incrociato qualche volta mentre passeggiavo con John tra i complessi vicino a casa.
“Ha delle istruzioni da darmi?”, gli chiedo, fredda e concreta, professionale, cercando di sembrare una che almeno una vaga idea di cosa sta succedendo.
Lui scuote la testa.
“No, mi spiace. Ho l’ordine di rientrare immediatamente dopo la consegna.”
Nella luce soffusa della biblioteca mi era sembrato a una prima occhiata che avesse il viso sporco. Solo ora mi rendo conto che sono lentiggini.
 
Mi porge una chiave smaltata di nero, larga un pollice. Poi fa un cenno, quasi un inchino. Lo ringrazio.
“Le apro la porta da qui.”, dico, indicando il pannello centrale.
Si tocca la visiera del cappello e fa per allontanarsi.
Lo richiamo. Lo richiamo con un ehi, visto che io non so il suo nome.
In tre passi è già tornato indietro.
“Sì?”
Raschia le parole con una voce cupa, più adulta di lui. Come se usasse solo la pancia e la gola per respirare, non è una voce argentina, polmonare, è profonda e densa. Mi colpisce questo particolare, è come se si adattasse a fatica sul suo viso sbarbato.
Per contrasto, immagino che la mia richiesta suonerà doppiamente infantile:
“Resterebbe? Per favore?”
 
Il ragazzo mi fissa in silenzio per qualche secondo, soppesando la domanda. Ha sottili occhi scuri dalle ciglia corte, inespressivi. Il labbro superiore si piega in un piccolo dosso, al centro. Non riesco ad immaginarmelo sorridere. Riesco ad immaginarmi come sarebbe mordergli quel piccolo dosso, quello sì.
Anche solo guardarlo mi è bastato per restare calma e appena ha messo un piede fuori dall'ufficio il cuore ha ricominciato a correre. Non è un bel visino quel che mi serve, sono spalle larghe e braccia enormi e schiena dritta. Qualcosa che mi dia l'illusione poter fare affidamento a della forza, anche se non è mia. Perciò l’ho richiamato, perciò vorrei convincerlo.
“Lei può anche aspettare nella saletta dell’ingresso, se non deve… Se non vuole… Cioè, non vorrei… Mi scusi, non voglio metterla nei guai, e non vorrei chiederle di disobbedire ad un ordine preciso ma…”
“Rimango.”
Fa di nuovo quel cenno con la testa.
È proprio un militare e basta.
“Mi trova di là.”,
dice, e se ne va. Ascolto i suoi passi farsi sempre più distanti, fino a fermarsi. Silenzio.
Inspiro, rischiando di strozzarmi con l’aria.
 
Fino a sei mesi fa la mia vita era di una noia soporifera e la amavo moltissimo.
Ora mi trovo da sola con un soldato armato e addestrato, di notte, ad aprire una cassetta di sicurezza inviata dal Governo che mi assolda per fare un lavoro da servizi segreti in cambio della vita del mio migliore amico.
Ah, dimenticavo. Se faccio qualche cazzata, muoriamo tutti.
Infilo la chiave nella serratura, la faccio scattare e sollevo il coperchio; lo appoggio sul tavolo e mi sporgo sulla cassetta. 

****

09/07/17
Penso che abbiate riconosciuto chi sia la guardia in questione ;)
A presto!, e prima di scappare, come sempre un super grazie a Pixel, che è ufficialmente il mio Obi Wan delle fanfiction - e io, giovane Padawan, con ancora un sacco da imparare...
Infatti, tra i dubbi che sto avendo questi giorni mentre viaggio per EFP e leggo e recensisco: come si inseriscono le immagini nei capitoli?
Grazie a chi avrà buon cuore di scrivermi (anche in privato, ovviamente)!
LRM
   
 
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