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Autore: Lady I H V E Byron    14/07/2017    1 recensioni
"Feel it all... don't look back, just let it go..."
Tutto quello che si impara, vivendo in un quartiere povero e malfamato, è essere egoisti e imparare a sopravvivere, non importa come. Bill e Tom, due gemelli inseparabili contro un intero quartiere, spesso adocchiati dalle varie gang, cercano ogni giorno di farsi strada in mezzo a quell'inferno vivente, fra droga, violenza e furti, e sopravvivere contro i mali che il mondo può offrirci. Fino a quando...
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
Capitoli:
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Note dell'autrice: qui apparirà un nuovo personaggio...
E ho messo di proposito una scena del video...

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-Questa è una rapina!-
 
Erano passati cinque giorni da quella sera.
I gemelli erano ancora nel quartiere, sotto l’ala “protettiva” di Gordon, a lavorare per lui, per vivere.
Avevano ripreso con le solite missioni: consegne, pestaggi, rapine, ricompense in soldi e droga… tutto come prima.
La prima cosa che fecero, dopo la loro discussione, fu bruciare tutti i soldi che avevano risparmiato per la loro fuga.
I loro cuori si spezzarono alla vista delle fiamme che divoravano lentamente tutta la fatica impiegata per vivere una nuova vita.
Gordon aveva vinto. Che senso poteva avere anche il solo pensiero di fuggire?
Senza guardarsi, si strinsero le mani: almeno avevano ancora l’un l’altro.
Bill non aveva più toccato la droga da allora. Non in presenza del gemello.
Gli eventi di quella sera lo avevano davvero sconvolto: non gli era bastato il bacio del gemello per farlo calmare. Era tornato nel giro, era tornato quello di prima.
Aveva sofferto molto l’astinenza: “l’assaggio” di quella sera gli aveva fatto capire quanto la droga gli fosse mancata.
E non avrebbe più smesso.
Tuttavia, durante il giorno, provava degli strani spasimi, sussulti, movimenti strani che facevano allarmare il gemello. Bill non osava più nemmeno osservare Tom in faccia, per paura che scoprisse che era tornato a farsi.
Anche Tom era tornato ai vecchi ritmi: aveva ricominciato a partecipare alle lotte clandestine, alle gare in moto, e ogni sera tornava con nuove ferite. Si era reso conto che senza la dose che prendeva prima di ogni combattimento lottava molto male; le sue mosse, infatti, erano lente e prevedibili. Ma fra i gemelli, lui aveva ancora la volontà forte, tale da non cedere alla tentazione di drogarsi di nuovo.
Approfittando dell’assenza del fratello, Bill usciva dall’appartamento, in direzione del solito locale; spendeva i soldi delle missioni in birra e altri alcolici, per andare a letto con qualche ballerina del locale, o addirittura lui stesso si prostituiva per avere altri soldi per comprarsi la droga.
Era tornato tutto come prima.
Tuttavia, un piccolo evento sembrò far aprire nuovamente gli occhi del biondo.
Era comodamente seduto su un divanetto del locale. Sembrava assopito, se non fosse che avesse appena tirato su con il naso.
Aveva appena aspirato la sua dose di cocaina e stava attendendo il suo effetto.
Il locale, come al solito, era affollato e molto caotico. Tutto come prima.
Accanto a lui aveva un omone, anche lui nella stessa condizione. Ma a differenza del ragazzo, l’uomo era sveglio, con lo sguardo fisso verso una ragazza. Anzi, sembrava non le avesse staccato gli occhi di dosso dal primo istante in cui l’aveva scorta.
Aveva il volto e lo sguardo troppo innocente per essere un’abitante del quartiere, tantomeno una prostituta. Aveva i capelli biondi, con la ricrescita scura, legati in un codino basso, con dei ciuffi che le sfioravano i tratti delicati del volto, e indossava un abito nero corto attillato che le modellava il corpo snello.
In un modo o nell’altro, sapeva di essere osservata. Gli occhi grigi non facevano altro che osservare nevroticamente da un lato, proprio dove si trovava l’uomo.
Infatti, in silenzio, si alzò dalla sedia in cui era seduta, indossò un giaccone giallo, dando l’impressione di dirigersi verso l’uscita. Tuttavia, si diresse verso i bagni, sperando che l’uomo, in mezzo a quella confusione, non la vedesse.
Invece, appena uscita dal bagno pubblico, lui era lì, di fronte a lei, sorridendo malignamente, pieno di bramosia.
La ragazza avrebbe voluto urlare, ma la paura la fece tacere: le mani del suo aggressore strinsero le sue spalle, per spingerla al muro. Si dimenò, invano. L’uomo si era già messo con prepotenza tra le sue gambe e cominciò a spingere.
Dei lamenti uscirono dalle labbra della ragazza, mentre delle dita grosse le stringevano la mandibola, vicine a farla incrinare.
Poi, il rumore di una bottiglia infranta. L’uomo si separò da lei.
Un ragazzo biondo dalla corporatura magra aveva agito per soccorrerla. Appena l’uomo fu a terra, lo prese a calci sul torace e sullo stomaco.
Stupita da quel salvataggio, la ragazza lo aiutò: anche lei calciò il suo aggressore in vari punti del corpo, compreso il volto, rompendogli il naso.
Avevano entrambi gli anfibi, infatti i colpi sembravano più forti di quanto lo fossero realmente.
Bill aveva subito compreso l’intento dell’uomo: sapeva cosa avrebbe fatto alla ragazza, alla prima occasione.
Sentiva il dovere di intervenire.
Non gli importava se fosse stata una prostituta, una delle ballerine o una semplice cliente del locale, non poteva permettere a quell’uomo di fare una cosa simile. Odiava chi non aveva rispetto per le donne.
Infatti, appena l’uomo si era alzato, anche lui abbandonò il suo posto. Per terra aveva notato una bottiglia vuota. Senza pensarci due volte, la prese, seguendo l’aggressore della ragazza.
L’uomo aveva riportato una ferita alla testa, a causa del colpo di Bill, e i calci ricevuti gli avevano provocato la frattura di alcune costole.
-Questa è la fine di quelli come te, figlio di puttana!- esclamò il ragazzo, sputando su di lui.
La ragazza, sebbene ancora un po’ scossa da quella esperienza, sorrise al suo salvatore.
-Ti ringrazio tantissimo per avermi salvata…- disse; com’era dolce la sua voce –Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me…-
Il biondo ricambiò il sorriso.
-Non c’è di che. Non sopporto quando certi uomini prendono e stuprano la prima ragazza che vedono, neanche fossimo all’età della pietra. Stai bene, vero?-
La risposta si manifestò in un bacio da parte della ragazza. Sulla bocca. Bill sgranò gli occhi, sorpreso.
L’effetto della droga era immediatamente svanito, lasciando spazio ad un misto di sentimenti tra imbarazzo, sorpresa e piacere.
Sorrise di nuovo, appena si staccarono. Le sole donne che baciava erano le prostitute con cui, successivamente, andava a letto, ma per la prima volta provò qualcosa. Stava veramente comprendendo Tom, cosa volesse dire difendere qualcuno, essere il suo angelo protettore. In quel momento si stava sentendo il principe azzurro che aveva appena salvato la sua principessa.
-Grazie…- disse lui, gradendo non poco quel gesto di ringraziamento.
Non riuscì a chiederle il nome: era uscita di corsa, come se volesse fuggire da quel luogo infernale.
Bill la seguì, sperando di ritrovarla, una volta fuori dal locale.
Niente.
Era come svanita nel nulla.
Un senso di tristezza prese il ragazzo, un’angoscia accompagnata al pensiero di non rivederla più.
Quel bacio… non lo avrebbe dimenticato facilmente. Quel volto così puro, angelico… Una luce rara in mezzo all’oscurità del quartiere.
Mai avrebbe immaginato di provare sentimenti di quel tipo. Non in quella circostanza. Non nelle sue condizioni.
Ma quello che era successo poco prima lo fece riflettere: se lui non fosse intervenuto, quella povera ragazza sarebbe stata stuprata. Il suo intervento aveva capovolto la situazione. E aveva persino ricevuto una ricompensa persino migliore dei soldi o della droga. Un bacio. Un bacio vero. Un bacio di una persona che non fosse suo fratello.
Dopodiché, pensò di nuovo alla piccola Schäfer: sperava che la droga lo aiutasse a dimenticarsi di lei, del rapimento, delle parole di Gordon.
La ragazza del locale le ricordò la piccola; forse lui e Tom potevano sistemare tutto, esattamente come aveva salvato lei dal suo aggressore.
Non era ancora il momento di darla vinta a Gordon.
Aveva ripreso il suo coraggio, la sua determinazione, qualità che il gemello aveva perduto. Tutto dopo un piccolo gesto di giustizia.
Era proprio vero che dalle piccole cose potevano nascere grandi cose.
Erano le cinque di notte, quando tornò nell’appartamento.
Tom stava ancora dormendo. Quella sera non c’erano combattimenti abusivi, quindi aveva deciso di andare a dormire presto.
Bill aveva atteso che si addormentasse profondamente per uscire; erano passate solo due ore.
Senza far rumore, si spogliò e prese posto nel lettone; non aveva sonno, ma voleva comunque stendersi.
Il respiro del gemello si fece più affannoso. Aveva un’espressione triste sul volto e si lamentava.
-No… no… scrivimi… scrivimi…- diceva.
Un incubo di un momento mai avvenuto: cosa sarebbe successo se i gemelli non fossero riusciti a scappare in tempo e, quindi, costretti a vivere vite separati l’un dall’altro per il resto dei loro giorni.
Entrambi non osavano nemmeno pensarci.
Il biondo gli mise amorevolmente una mano sul petto.
-Tomi…- sussurrò, per non farlo svegliare di soprassalto.
Aprì gli occhi di scatto, ansimando.
Tirò un sospiro di sollievo, appena vide il fratello.
-Billi…-
-Sshhh…- fece Bill, per tranquillizzarlo, sfiorandogli una guancia con la mano –Va tutto bene. Hai avuto di nuovo quell’incubo, vero?-
Il moro si passò una mano sul volto, strofinandosi gli occhi.
-Non è sempre così, in fondo…?- biascicò, sarcastico; il suo solito modo di affrontare situazioni complicate, quando non poteva tirare pugni –Almeno una volta a settimana me lo becco…-
Poi osservò il fratello e lesse la sua preoccupazione. Si alzò col busto, mettendosi seduto.
-Scusa, non volevo preoccuparti.- disse, toccandogli il volto con premura.
Il biondo sorrise lievemente, prima di posare anche lui una mano sulla sua guancia, lisciandogli la barba.
-Oh, andiamo… per una volta fammi preoccupare per te…-
Tom ridacchiò a quella battuta. L’amore che li univa non aveva paragoni. Anche se avessero trovato delle compagne di vita, non le avrebbero mai amate come si amavano tra di loro.
-Ok… ma lasciami dire una cosa.- proseguì il moro, osservando serio il gemello –Hai davvero un aspetto orribile. Non hai dormito di nuovo, stanotte…?-
Non sapeva. Forse perché ancora nei fumi del sonno. O forse sospettava qualcosa, ma non voleva dire niente per non vedere Bill soffrire ulteriormente.
Bill non poteva certo dirgli di essere tornato nel locale, nemmeno del salvataggio della ragazza e del bacio.
Tom avrebbe esatto delle spiegazioni. O forse sarebbe bastato solo uno sguardo per chiarirsi, come al solito.
Si trovò costretto a mentire, almeno per metà.
-Come posso dormire pensando che quella povera creatura è ancora lì fuori, al freddo, impaurita, in compagnia praticamente degli scarti del genere umano…?- mormorò, sdraiandosi sul letto, accanto al fratello –Penso a quello che abbiamo fatto e non ci dormo la notte.-
Coprì il proprio volto con una mano, quasi singhiozzando. Sentì la mano di Tom accarezzargli i capelli, per consolarlo.
-Lo so, Billi. Anche per me non passa momento in cui non mi penta di averla abbandonata. Se solo mi fosse venuto altro in mente…-
Ma Bill sapeva cosa fare: intervenire, esattamente come aveva fatto con la ragazza del locale. Semplicemente rapire nuovamente la piccola, stavolta dalle mani delle zingare, e riportarla dai genitori, senza richiedere il riscatto.
Ma Gordon se ne sarebbe accorto. Cosa sarebbe capitato ai gemelli se…?
Il ragazzo non osò nemmeno pensarci.
Prima ancora che lo osservasse negli occhi e capire cosa stava pensando, Tom si trovò la testa del gemello proprio sulla sua spalla destra. Sentiva i suoi singhiozzi.
I due tatuaggi “See you in outher space” erano l’uno di fronte l’altro, uniti.
-Oh, Tomi…- singhiozzò il biondo, senza alzare la testa –Cosa ne sarà di noi? Non so più cosa pensare o credere… Mi sento perduto…-
Effettivamente, stava piangendo. Tom sentiva la sua spalla inumidirsi.
Sorridendo per compassione, lo abbracciò, continuando ad accarezzargli i capelli.
-Ehi, Billi, non fare così…- disse, per consolarlo –Lo sai che non sopporto vederti piangere. Così farai piangere anche a me. Dai, non temere. Io sarò sempre con te. Ti proteggerò dai cattivoni che vogliono farti del male.-
Le stesse parole che gli diceva da quando erano bambini.
Bill ringraziò Dio per averlo messo al mondo insieme a Tom. Il suo protettore. Il suo guardiano. L’altra metà della sua anima.
Si abbracciarono di nuovo, ritrovando nuovamente la pace.
Loro due contro il mondo intero.
Come era sempre stato.
Un suono strano interruppe quel momento.
Il telefono.
Un messaggio di Gordon.
 
Ho un nuovo incarico per voi, Zwillinge.
Vi chiamerò alle 10:00 per i dettagli.
Farete meglio ad essere svegli e in forma, perché sarà una missione tosta.
G.T.
 
-Certo che gli piace far lavorare gli altri, allo stronzone…- commentò Tom, seccato.
-Cosa ne pensi, Tom?-
Il moro sospirò, rassegnato. Si erano ormai chiariti sere fa. Aveva già preso la sua decisione al riguardo.
-Che altra scelta abbiamo, in fondo…?-
I ruoli si erano invertiti: Tom, per timore di una possibile incolumità compromessa nei confronti del gemello, aveva rinunciato al piano di fuga, mentre Bill, dopo la piccola esperienza nel locale aveva cominciato a sperare.
Alle 10:00 in punto, infatti, Gordon chiamò.
-Buongiorno, Zwillinge. Spero che abbiate dormito bene, perché vi aspetta un bel lavoretto.-
Era in vivavoce, come sempre.
-Cosa dobbiamo fare?- domandò il biondo, mordendosi le labbra.
Sentì la mano del gemello stringergli la sua.
-Una rapina.- fu la risposta, con tono stoico –All’indirizzo che vi invierò tramite SMS. Vi consiglio di mettervi il passamontagna e parcheggiare la moto in un luogo nascosto e sicuro. Per fortuna siete veloci e avete le gambe lunghe. Sparate, se necessario, ma cercate di evitare i poliziotti. Vedete di non deludermi. Vi richiamerò alle 18:00, e sperate di aver completato la missione.-
Riattaccò all’istante.
L’odio di Tom nei confronti del “Protektor” non si era placato, nonostante la rassegnazione, anzi. Lo odiava sempre di più.
-Ma dico, lo hai sentito? “Sperate di aver completato la missione”. Ma chi si crede di essere quel ciucciacazzi lì?-
Bill sospirò.
-Si crede uno dei più grandi magnati della droga di tutta la Germania…-
-Grazie tante, Bill… Piuttosto… sarà meglio vestirci subito…-
Pochi minuti dopo, il telefono suonò di nuovo: l’indirizzo della banca da rapinare.
I gemelli si erano già vestiti: Tom indossava una canottiera nera con lo scollo a “U” profonda, che lasciava quasi del tutto scoperto il petto muscoloso, una felpa larga, mentre Bill indossava una camicia a quadri larga, sbiadita e priva di almeno quattro o cinque bottoni, e quindi metteva in mostra il suo tatuaggio, e sopra una giacca leggera, ma entrambi avevano dei jeans malandati, dei cappelli con la visiera davanti e scarpe da ginnastica.
-E andiamo a fare l’ennesima rapina del cazzo…- mormorò il primo –A che punto sei, Bill…?-
Tom notò subito qualcosa di strano in Bill: gli voltava le spalle, osservandosi il braccio sinistro. Il livido sull’incavo, dove sia lui che Tom solevano iniettarsi la droga, stava diventando sempre più nero. Gli faceva male a muoverlo.
Faceva il possibile per non incrociare lo sguardo del gemello, per paura che scoprisse che si stava nuovamente drogando, e che stava soffrendo di astinenza. Ma lo ritrovò davanti a sé, prendendogli il volto tra le mani.
-Ehi…- mormorò, affettuosamente; passò il pollice destro sul suo zigomo sinistro –Te la senti?-
Gli occhi marroni del biondo cercarono di osservare in qualunque punto, purché non negli occhi del fratello.
Annuì in silenzio, mordendosi nuovamente le labbra.
Si abbracciarono di nuovo, scambiandosi un altro bacio, per ritrovare la forza.
Uscirono, dirigendosi verso la rimessa dove tenevano l’Harley.
La banca in cui erano diretti era in un punto vicino al centro di Lipsia. Non era grande come quella che avevano rapinato due anni prima, ma se Gordon aveva ordinato di rapinare proprio quella c’era un motivo.
Bastava almeno che avesse i soldi.
Come suggerito, parcheggiarono la moto in un vicolo non molto lontano dalla banca. Presero le loro pistole,  i passamontagna e i sacchi dove avrebbero tenuto i soldi.
-Sei pronto?- domandò Tom al gemello.
L’altro annuì di nuovo.
Misero i passamontagna, caricarono le pistole ed entrarono in banca.
-QUESTA E’ UNA RAPINA!- gridarono insieme.
Le persone lì presenti, appena videro le pistole, corsero a cercare un nascondiglio, mentre gli impiegati, anche loro colti dal panico, alzarono le mani, specie dopo che uno dei rapinatori (Bill) sparò alle telecamere di sorveglianza.
L’altro (Tom) si avvicinò ad uno sportello e puntò la pistola ad un dipendente.
-Dacci tutti i soldi della cassaforte!- minacciò, con il dito sul grilletto.
I sacchetti vennero riempiti senza opporre alcuna resistenza.
Il suono delle sirene si fece sentire in lontananza.
-Cazzo! Gli sbirri!- imprecò Tom, guardando indietro; poi si rivolse a Bill, intento a reggere il suo sacco, mentre veniva riempito di soldi da alcuni impiegati della banca –Basta così, ora! I sacchi sono abbastanza pieni!-
Non potevano chiamarsi per nome durante una rapina.
Le sirene erano sempre più vicine. I gemelli dovettero correre il più velocemente possibile, per evitare di essere catturati. Ingenuamente, si tolsero i passamontagna, sperando che i poliziotti non li vedessero mai in faccia.
Era troppo tardi. Due macchine della polizia erano già appostate davanti alla banca.
I sacchi erano molto pesanti: era complicato correre. E alcuni poliziotti stavano loro praticamente alle calcagna.
Non era necessario parlare per capire che entrambi i Kaulitz stavano pensando la stessa cosa.
Abbandonarono i sacchi sul marciapiede e continuarono a correre.
Ma ai poliziotti non bastava.
-Fermi! In nome della legge!- urlò uno, prendendo la pistola dalla fondina –Fermi o sparo!-
I gemelli non si fermarono di fronte ad una minaccia simile: erano abituati a ben altro.
Ma il poliziotto non scherzava: senza pensarci due volte, sparò un colpo rivolto ai due inseguiti.
La pallottola aveva strappato una parte dei jeans di Tom, entrando nel suo polpaccio destro. Il ragazzo moro barcollò, fermandosi e piegandosi in avanti.
-TOM!- esclamò il gemello, preoccupato.
-Non è niente! Continua a correre!-
Tom non riusciva più a correre. Zoppicava.
Il biondo sapeva che si sarebbe sacrificato per salvarlo, ma non poteva permetterlo.
Tornò indietro e, senza prestare orecchio alle lamentele del fratello, mise un braccio sulle sue spalle e con una mano lo prese per un fianco, aiutandolo a correre.
Per una volta, era lui ad aiutare l’altro.
Girarono l’angolo, entrando in un’altra via. Correndo, urtarono accidentalmente un passante che camminava in opposto rispetto a loro, senza, però, farlo cadere.
-Scusa!- esclamò Bill, senza voltarsi.
Tom, nel frattempo, si guardava intorno, alla ricerca di un nascondiglio momentaneo, per non scappare per sempre dai poliziotti.
Un vicolo. Con dei cassonetti. Sempre meglio di niente.
Prese il gemello per una manica.
-Presto! Di qua!- esclamò, trascinandolo nel vicolo.
Si nascosero dietro un cassonetto verde, riprendendo fiato e attendendo che i poliziotti si allontanassero.
“Come facevano a sapere che eravamo lì?” pensò Bill, rivolto a Tom; se avessero parlato, si sarebbero fatti scoprire “Di solito, arrivano dieci minuti dopo che uno ha suonato l’allarme…”
“Non ci arrivi, Billi?” rispose il fratello, provando un lieve dolore a causa della nuova ferita “E’ stato Gordon. Quello stronzo ci ha traditi un’altra volta…”
-Lei! Signore!- sentirono urlare –Ha per caso visto due ragazzi passare di qua?-
I due gemelli rabbrividirono, impallidendo: era la fine.
La persona cui venne rivolta quella domanda era lo stesso passante con cui si erano scontrati pochi istanti prima.
-Non saprei.- rispose, confuso -Qui passa molta gente…-
Un altro poliziotto parlò, frettoloso.
-Due gemelli. Uno biondo, l’altro moro. Vestiti come se fossero usciti da una discarica. E uno di loro zoppicava.-
Rifletté, osservando con la coda dell’occhio il vicolo dove si erano nascosti i gemelli.
Lui sapeva.
-Sì, in effetti li ho visti.-
Quella rivelazione fece sussultare lo stomaco del biondo; Tom, per farlo tranquillizzare, lo strinse a sé, cingendogli la schiena con un braccio, mentre con l’altra mano estraeva la pistola. Bill affondò il volto sul petto del fratello e ricambiò l’abbraccio, aspettando il peggio.
Sapeva che Tom lo avrebbe protetto fino alla fine, ma se fosse morto per farlo, voleva morire insieme a lui.
Non osava nemmeno immaginare una vita senza il gemello.
-E dove?!-
-Là, sempre dritto. E poi hanno svoltato da quella parte.-
-La ringraziamo per la sua collaborazione, signore.-
I passi dei poliziotti erano sempre più vicini. Bill si stringeva sempre più a Tom, mentre lui stringeva i denti e teneva pronto il dito sul grilletto.
Ad un tratto, si resero conto che i passi si facevano sempre più lontani.
Erano passati oltre il vicolo, anzi, proprio allontanati, senza nemmeno degnarsi di darvi una rapida occhiata.
Entrambi, senza staccarsi l’un dall’altro, assunsero degli sguardi straniti.
Udirono degli altri passi, più lenti e più felpati.
-Adesso potete uscire. Se ne sono andati, non abbiate timore.- disse una voce, parlando piano. Era il passante. –Non voglio chiedervi il perché vi stessero seguendo. Spero solo non siate dei delinquenti che meritino veramente la prigione, ma non ho molta simpatia per gli uomini in divisa.-
Sembrava sincero.
Bill voleva vedere in faccia il loro “salvatore”, ma Tom mantenne salda la presa su di lui.
“No, Billi! E se fosse una trappola?” pensò, senza abbassare la pistola.
“Una trappola? Ma se ci ha appena salvati…?”
“Lo abbiamo appena urtato. Potrebbe denunciarci per lesioni.”
“Ma è stato un incidente!”
Riuscì a liberarsi dal braccio del gemello, alzandosi e sporgersi dal cassonetto in cui era nascosto.
-Non ti piacciono i poliziotti…?- domandò, confuso -Perché?-
Di fronte a lui, in mezzo al marciapiede, notò un giovane circa loro coetaneo: aveva l’aspetto curato, capelli castani corti lievemente tirati su che mettevano in risalto gli angoli duri e allo stesso tempo morbidi del volto, occhi grigio verde, occhiali a montatura larga, naso a punta e fisico muscoloso coperto da un completo con giacca e cravatta. Nessuna imperfezione. Sembrava persino più giovane degli anni che aveva.
Bill lo studiò dalla testa ai piedi, ammirandone ogni centimetro.
-Gente ipocrita, corrotta e schiava della legge che non sa fare altro che dire “Sì, signore” e “No, signore”, obbediscono a qualunque ordine senza porsi domande, e soprattutto liberano anche il peggiore dei criminali se non hanno a disposizione abbastanza prove da incriminarlo o se vengono pagati bene.-
Anche Tom si convinse. Uscì anche lui dal nascondiglio, zoppicando.
-Lieto di sapere che non siamo i soli a pensarla così sugli sbirri…- mormorò, posando la pistola –Solitamente, voi gente del centro sembrate affidare la vostra stessa vita a loro…-
Il giovane trattenne una risata.
-Quelli più fortunati, forse. O i pezzi grossi, come i politici.- commentò -Ma non è così.-
-Ah, no?- riprese Tom, ancora scettico nei suoi confronti –Strano, perché ogni volta che succede qualcosa, quelli come te o si nascondono sotto i tavoli, o urlano, o minacciano di chiamare la polizia. Cos’è? Non avete le palle per risolvere le questioni da soli?-
-Tom, non dire così…!- lo rimproverò Bill.
-No, ha ragione... La legge dovrebbe, come si dice, “tenerci in riga”, ma ormai è divenuta lo scudo dei più deboli. Uno non può nemmeno toccare una persona che questa fa "Chiamo la polizia!" o "Chiamo il mio avvocato!"- concluse con una lieve risata, poi osservò entrambi i gemelli, prima l’uno poi l’altro –Ma, ditemi una cosa, voi siete davvero gemelli?-
Il moro gli rivolse nuovamente uno sguardo minatorio.
-E a te che t’importa?!- fece, maleducatamente. Ricevette un lieve manrovescio del gemello sul petto, come rimprovero.
-Tom!- Si rivolse verso il giovane –Scusalo, in realtà ti siamo grati per averci salvati da quei poliziotti. Comunque, sì, siamo gemelli. Abbiamo solo stili differenti, ma siamo gemelli omozigoti. Io sono Bill Kaulitz e lui è mio fratello Tom.-
-E digli anche dove abitiamo, visto che ci sei.-
L’altro ridacchiò di nuovo.
-Non fa niente. Lo capisco perfettamente.- chiarì –Anch’io farei così se uno sconosciuto mi salvasse dai miei inseguitori senza sapere il motivo.-
Tom osservò il fratello con aria soddisfatta.
-Hai visto? Finalmente qualcuno che mi da ragione.- Parlò al giovane –Ora, se non ti dispiace, ti leveresti di torno, che…?- parlando, fece un passo in avanti. Il dolore tornò, facendolo urlare leggermente.
Si piegò in avanti, per poi sedersi sul marciapiede. La pallottola era entrata nei muscoli, ma non aveva toccato l’osso, per fortuna. Quella parte del jeans era sporca di sangue.
Bill si piegò su di lui, mentre il giovane lo osservava preoccupato.
-Cielo! Ma quello è sangue?!- esclamò, sgomento.
-MA TI FAI I CAZZI TUOI!?- tuonò Tom, in preda al dolore, digrignando i denti.
Bill lo invitò a calmarsi, toccandogli il petto.
-Buono. Adesso ci penso io…-
Rapido, si chinò su di lui, posando le sue labbra sulla ferita. Il giovane sentì dei suoni strani, dei succhi.
Infatti era quello che stava facendo il biondo. Il moro stringeva i denti per sentire meno dolore.
Fu in quel momento che il castano notò i denti mancanti a quest’ultimo. Assunse un’aria tra il serio e il curioso.
Pochi secondi dopo, Bill alzò la testa, con la pallottola tra i denti, che sputò in direzione del vicolo.
-Incredibile…- si stupì il terzo –Dove hai imparato a farlo?-
-Sai…- fu la risposta –Sono cose che impari da solo…-
Si tolse la giacca, per poi strapparsi una buona parte della camicia e usare la stoffa come benda.
-Hai dell’acqua, per caso…?- domandò al giovane, che scrutò nella valigetta di cuoio che portava in mano.
-Sì, ecco a te.- disse, porgendogli una bottiglietta d’acqua da mezzo litro.
Bill bagnò la stoffa e vi avvolse la parte ferita del polpaccio del gemello, facendo un nodo stretto.
Il castano scosse la testa, mordendosi un labbro.
-E’ davvero una gran brutta ferita…- commentò –Dovresti andare in ospedale.-
-Non è la prima volta che riceve una pallottola…- spiegò il biondo, appena terminata la fasciatura improvvisata –E lui ha anche la pelle dura. Sopravvivrà.- concluse, sorridendo.
-Sì, non ne dubito…- fu il commento, quasi impallidendo alla prima frase. Poi indicò la bocca del moro –E quelli come se li è procurati?-
Alludeva ai denti mancanti.
-MA TU NON HAI ALTRO DA FARE CHE ROMPERE I COGLIONI A NOI?!- rispose Tom, seccato dalla presenza di quel giovane.
-TOM!- fece Bill –Se li è procurati nel tentativo di proteggermi.- spiegò, poi, cortesemente –Era solo contro almeno tre poliziotti, se non di più.-
Il castano storse la bocca, guardando in basso. Stava pensando.
-Beh, non saprò come curare quella ferita da pallottola, ma posso fare qualcosa per quei denti.-
Entrambi i gemelli si illuminarono. Specialmente Bill.
-Qualcosa… per i denti di Tom?- balbettò, scattando in piedi –Sul serio?!-
L’altro sorrise di nuovo.
-Certo, dopotutto è il mio lavoro. Sono un dentista.-
Il biondo non poteva credere alle sue orecchie. Si tappò persino la bocca dalla sorpresa.
-U-un dentista?!- esclamò, prima di rivolgersi al gemello –Tomi! Ti rendi conto?! Un dentista! Potrai tornare a sorridere!-
Tom stesso non sapeva cosa dire, ma anche lui era emozionato all’idea di avere nuovamente 32 denti.
-Davvero puoi sostituire i denti mancanti?- domandò, parlando al giovane.
-Certo, possiamo farlo anche subito.- indicò dietro di lui –Stavo appunto tornando nel mio studio. Non è molto lontano da qui. Possiamo andarci insieme, se non avete niente da fare.-
Erano le 12:30. Mancavano cinque ore e mezzo prima della chiamata di Gordon.
Accettarono.
Bill, entusiasta, allungò una mano.
-Grazie, grazie, dottor…?-
L’altro sorrise, stringendo la sua mano.
-Listing. Georg Listing.-
   
 
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