Anime & Manga > Fairy Tail
Segui la storia  |       
Autore: dreamfanny    17/07/2017    2 recensioni
Questa storia ha come protagonista Laxus, che dopo l’ennesimo litigio tra suo padre e suo nonno, è partito senza salutare nessuno viaggiando per due anni tra una città e l’altra. Sentendone la mancanza e a corto di soldi, ritorna finalmente a Magnolia per trovarsi ad affrontare alcuni fantasmi del passato e ritrovare gli amici più cari. Forse anche innamorarsi.
Piccolo avvertimento: alcuni personaggi potrebbero metterci qualche capitolo per comparire, ma essendo Laxus il protagonista dovrete pazientare. Se siete interessati per lui, invece, buona lettura!
*Le età dei personaggi sono leggermente diverse da quelle del manga: Laxus e altri hanno solo due anni o poco più di differenza con gli altri ragazzi più giovani, invece di quattro anni come nella storia originale.*
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il Raijinshuu, Lisanna, Luxus Dreher, Mirajane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un nuovo inizio
 
 

«Laxus, vieni. Devo dirti una cosa». Ivan lo chiamò dalla soglia della stanza, aveva il volto stanco e straziato. Sapeva cosa gli stava per dire, aveva temuto che quel momento arrivasse da quando aveva compreso quanto gravi fossero le condizioni di sua madre. Laxus lo fissò senza muoversi, gli occhi già offuscati dalle lacrime. Appena suo padre fece un passo verso di lui, scappò nella direzione opposta liberandosi subito dalla presa del nonno, che aveva cercato di fermarlo. Corse per il corridoio, ignorando i rimproveri degli infermieri e dei dottori. Corse fino a trovarsi nel giardino che si trovava tra i reparti dell’ospedale, dove così spesso aveva passato i pomeriggi con sua madre. Si voltò di scatto, come spaventato che potessero averlo già raggiunto, ma quando constatò che non c’era nessuno si asciugò le lacrime e si mise le mani in tasca. Camminò verso una zona che sapeva essere poco frequentata, perché lontana dalle entrate. Era piena di alberi e cespugli in cui si divertiva a nascondersi quando era più piccolo, rise amaramente di se stesso mentre si sedeva dietro un abete: avrebbe dato qualsiasi cosa per stare vicino a sua mamma, invece che giocare come un bambino. Prese un sassolino a portata di mano e lo scagliò contro la parete di fronte a lui.
«Laxus» si sentì chiamare e sussultò, cercando di nascondersi meglio dietro al tronco per non farsi vedere. «Laxus, dove sei?» suo padre lo chiamò ancora, questa volta la sua voce sembrava sul punto di spezzarsi, come se fosse troppo esausto persino per parlare. Non voleva sentirselo dire. Se non glielo avesse detto, poteva non essere successo. “Mamma…” appena il volto sorridente passò nella sua mente, cominciò a piangere. Si strinse le ginocchia tra le braccia e vi appoggiò il viso sopra. “Non è vero, non è vero, non è vero” continuava a ripetersi, ogni volta più rabbioso. I singhiozzi gli smorzavano il respiro e sentiva che gli mancava l’aria, ma non riusciva a smettere.
«Laxus…» di fianco a lui, la voce di suo nonno lo avvolse come abbracciandolo. «È qui» lo sentì parlare di nuovo, poi le mani di Ivan lo presero e lo sollevarono da terra.
 
«Ma quanto cazzo ci mettono?» si lamentò Laxus alzandosi e mettendosi le mani in tasca spazientito.
«Sta arrivando un poliziotto» lo informò Freed, indicando un uomo in divisa che si stava avvicinando.
«Chi è Laxus Dreyar?» chiese l’agente consultando un foglio. Laxus si fece avanti e, senza dire una parola, lo seguì lungo il corridoio. Sentiva gli sguardi apprensivi di Ever e Freed e, prima di entrare nella stanza che gli aveva indicato il poliziotto, notò Bickslow triste fissare il pavimento. Girò la maniglia ed entrò.
L’arredamento era spoglio, come ci si poteva aspettare in una stazione di polizia: tre sedie attorno ad un tavolo di metallo, una bacheca con diversi annunci e una lampada bianca nell’angolo vicino alla porta. Laxus si guardò intorno, come per rimandare il più a lungo possibile l’incontro con suo padre, ma lui era già seduto e sentiva il suo sguardo che gli chiedeva di voltarsi.
Solo quando l’agente chiuse la porta lasciandoli soli, Laxus si girò verso di lui. Per un attimo, incrociando i suoi occhi, ebbe l’impulso di sorridergli. Scacciò con forza quella sensazione, costringendosi a non cedere al desiderio di riappacificarsi con lui così rapidamente. Ivan aveva ancora i vestiti con cui l’avevano trovato, simili a quelli che indossava quando era passato al ristorante settimane prima. Restò in silenzio per tutto il tempo che Laxus impiegò a sedersi, pazientemente attese che ispezionasse la stanza per la seconda volta e di nuovo lo guardasse.
«Ti trovo bene» esordì alla fine Laxus, appoggiandosi allo schienale e incrociando le braccia.
«Non sono morto, se è questo che avevi intenzione di dire», con una nota aspra nella voce Ivan proseguì «Mi hanno detto che il vecchio è finito in ospedale».
«Sì» fu la risposta concisa di Laxus, che non voleva assecondarlo. Soffri almeno qualche minuto, visto che è colpa tua quello che è successo pensò, mentre una rabbia che credeva di aver ormai dimenticato si impadronì di lui appena si ricordò del volto pallido di suo nonno.
«Come sta?» chiese Ivan con un tono ora preoccupato e quasi supplicante.
«È stabile».
Passarono ancora diversi minuti in completo silenzio, poi Laxus lo fissò negli occhi e «Mi spieghi che cazzo pensavi di fare? Mi hanno detto che hai cercato di derubare quel trafficante, sei uscito di testa?» disse picchiando violentemente i palmi sul tavolo. Quasi gli urlò quelle domande addosso, sempre più arrabbiato man mano che le pronunciava. Aspettò che dicesse qualcosa, osservandolo furente, ma Ivan non rispose. Abbassò solo gli occhi e assunse un’aria da delinquente pentito. «Mi merito una spiegazione, mi hai trattato di merda per anni. E, quando pensavo che potessi in qualche modo essere cambiato, combini un altro casino facendo venire un infarto al nonno». Incrociò di nuovo le braccia, fissandolo furioso e attendendo una sua spiegazione.  
«Volevo ripagare l’ipoteca sulla palestra… è stato inutile, però, no? Li hanno arrestati e nemmeno lo sapevo…» disse Ivan alla fine, alzando la testa ma evitando lo sguardo del figlio. Nei suoi occhi non c’era richiesta di perdono o di pietà, sembrava volesse solo che credesse alle sue parole. «Ho riversato su di te l’odio che provavo nei miei confronti per aver costretto tua madre…», si interruppe e si schiarì la gola «Quando te ne sei andato, ho realizzato quanto male ti stessi facendo. Le scommesse mi stavano divorando, non pensavo ad altro che ai soldi… E ti hanno sparato per colpa mia… Ho mancato alla promessa che le avevo fatto, ho mancato in tutto…».
Lo sguardo di Laxus si addolcì per un secondo, quando gli sembrò di rivedere suo padre, per la prima volta dopo anni, ritornare ad essere l’uomo che con affetto lo aveva riportato a casa dopo la morte di sua madre ed era rimasto seduto di fianco al suo letto per tutta la notte, tenendogli stretta la mano perché lo sentisse vicino. «Dovrai fare molto più di questo, sei stato uno stronzo…» si bloccò a metà frase per via del nodo che gli si era formato in gola. «E non è solo a me che devi chiedere scusa, il nonno ha creduto in te persino quando abbiamo saputo che i Servizi ti avevano arrestato».
Laxus si massaggiò le tempie, tentando inutilmente di alleviare il dolore che aveva cominciato a stritolargli il cervello. Era estenuante dover parlare con suo padre, non sapeva ancora se fosse in grado di farlo rientrare nella sua vita, anche se sembra sincero. «Sono stanco di capire cosa fare con te, non ho più voglia», tirò indietro la sedia e si alzò «Sei tu il padre, per una volta comportati come tale…». Questa volta non aspettò la sua risposta, non gli importava sapere che cos’altro avesse da dire.
«Hai ragione…» la voce di Ivan gli arrivò in un sussurro, mentre girava la maniglia e usciva dalla stanza. Represse l’istinto di andare da lui e chiuse la porta. Sospirò quando si ritrovò nel corridoio: si sentiva improvvisamente libero. “Se non ti confronterai con lui, finirai per trascinarti dietro la rabbia fino a che morirai…” sorrise, quando le parole di Gerard gli sfiorarono la mente.
 
°°°°°°°°°°°°
 
«Come sta Ivan?» gli chiese Bickslow all’improvviso. Erano seduti in un bar vicino all’ospedale, i tavoli erano pieni per via dell’ora. Avevano appena finito di ordinare. Laxus lo aveva osservato di nascosto per svariati minuti: i suoi occhi erano afflitti, pieni di una tristezza che non gli si addiceva. Ne conosceva il motivo e sapeva che non era qualcosa di cui amasse parlare.  
«Dice che aveva intenzione di dare i soldi al nonno per ripagare il debito della palestra» gli rispose Laxus, ancora indeciso se domandargli qualcosa o fingere indifferenza.
«Capito».
Freed guardò Laxus interrogativo, mentre Ever squadrò Bickslow e gli domandò «Cos’hai adesso?».
«Niente, niente».
«Hai qualcosa, dimmelo. Riguarda Lisanna?» lo provocò, quando lui si rifiutò ancora di risponderle.
«No, non è quello. Lasciami stare» rispose, alzandosi e accendendosi una sigaretta qualche metro lontano dal tavolo.
Vedendolo così imbronciato e seccato, anche Ever si voltò verso Laxus. Lui si limitò ad accennare con la mano di non insistere e cambiò argomento «Vivi ancora con i tuoi, Freed?».
«Io… no… Ho affittato un appartamento con Bickslow. Ma me ne sono pentito due giorni dopo…» si lamentò, alzando la voce perché l’amico lo sentisse «Quel ragazzo è un disastro a tenere in ordine la casa».
«Sei tu ad essere fissato con le pulizie» sentenziò Bickslow voltandosi verso di loro. «E hai da ridire quando porto una ragazza a casa, ma non quando sei tu ad invitare un ragazzo…»
«Tsk! Questo perché ti avviso sempre prima… tu, invece, ti presenti senza dire nulla!»
Bickslow scoppiò a ridere, cogliendoli di sorpresa. «Hai ragione, hai ragione» disse a Freed e poi, rivolgendosi a Laxus, aggiunse «Pensa che l’ultima volta era appena uscito dalla doccia, avresti dovuto vedere la sua faccia…». Rise di gusto e ritornò a sedersi, spegnendo la sigaretta. «I miei sono dentro, da tipo… sempre. Ecco, non è che sia proprio una gioia ricordarlo…» disse all’improvviso con gli occhi bassi.
«Oh… Bickslow, scusa. Sono stata una stupida» sussurrò Ever, posandogli una mano sulla sua.
«Che fai? La sentimentale? Guarda che non ti si addice proprio».
«Io… io sono molto sensibile!» quasi gridò Ever, irritandosi a quelle parole e ritraendo la mano.
«Comunque sto bene, fanculo i genitori no?» affermò Bickslow cercando consenso negli amici, dopo aver bevuto della birra.
«I miei sono molto comprensivi e amorevoli, ma se vuoi insulto i tuoi» gli rispose Freed.
«D’accordo, nessuno insulta nessuno» concluse Laxus sorridendo. Sentì il cellulare vibrare e vide sullo schermo una foto di Mira. Si alzò e si allontanò per rispondere, «Ciao» la salutò.
«Ciao… tutto bene?» gli chiese lei.
«Sì, Ivan non è ferito. Sto mangiando qualcosa con Freed e gli altri, se vuoi dopo ci vediamo».
«Sono in giro con Erza e Cana, ma domani c’è la serata per Lisanna. Te la senti di venire ad aiutarmi nel pomeriggio? Oppure puoi venire la sera… O non venire… insomma, volevo ricordartelo. Stasera posso passare da te, se vuoi…». Sembrava insicura, forse pensava che non avesse voglia di vederla.
«Sì, passa quando sei libera. Possiamo cenare insieme a casa mia. Domani pomeriggio a che ora?»
«Alle 15, così mi aiuti con il barbecue»
«D’accordo, ci vediamo stasera ok?» aggiunse. Voleva parlare con lei dell’incontro con Ivan e di tutto quello che gli stava passando per la testa, e poi doveva ricordarle che passare del tempo con lei non era mai un peso.
«Certo» e Laxus sentì il suono di un bacio. Sorrise e tornò al tavolo.
«Devo andare al ristorante, venite anche voi?» chiese ai suoi amici, una volta riattaccata la chiamata.
«Mmm… no, io vado a casa» rispose sovrappensiero Bickslow.
«Ti offro tutto quello che riesci a mangiare e bere» propose allora Laxus, facendogli illuminare gli occhi.
«Davvero?» disse entusiasta e morse metà panino subito dopo «Adlorinfa ventso!».
Ever lo guardò disgustata e represse lo schiaffo che stava per dargli quando qualcosa uscì dalla bocca di Bickslow e planò sul suo braccio. Laxus e Freed trattenerono a stento una risata, notando la sua espressione rassegnata.
 
°°°°°°°°°°°°
 
Un suono di tromba si diffuse per la stanza e lo fece sussultare nel letto. «Ma che dia…?» farfugliò strofinandosi gli occhi, mentre cercava di capire da dove provenisse quel rumore. Vide il cellulare lampeggiare e spense la sveglia. «Questa me la paga» si ripromise, quando realizzò che Mira gli aveva cambiato la suoneria la sera prima. Avevano cucinato insieme una pasta ed erano rimasti sul divano a parlare e baciarsi fino a notte fonda. E chissà quando lei doveva avergli preso il telefonino e cambiato la suoneria. Rise al pensiero del suo scherzo e cominciò ad architettare un modo per ripagarla. Si alzò a fatica stiracchiandosi e sbadigliando. Erano le 10 di mattina. Aveva dormito molto più del solito, ma il ristorante avrebbe aperto solo alle 11, quindi aveva il tempo per prepararsi con calma. Andò in bagno e accese l’acqua della doccia, mentre scriveva un messaggio a suo nonno per sapere come si sentisse. Una chiamata di Natsu lo interruppe.
«Sì?» rispose curioso. Non gli aveva mai telefonato.
«Ciao! Senti ti va di venire ad allenarti prima del turno?». Sorrise sentendo la sua voce allegra e spensierata.
«Sì, dammi 10 minuti e arrivo» accettò, sospirando di sollievo. Chiamare Lisanna era stata la scelta giusta: sembrava essere ritornato il ragazzo sorridente che ricordava. Se c’era una cosa che aveva sempre ammirato di Natsu era la capacità di non farsi abbattere da nulla e di trovare un motivo per sorridere anche dopo la peggiore delle notizie.
 
Un’ora dopo entravano nel ristorante, che era già in fermento per il primo turno. Laxus intravide Erza dare ordini in cucina quando Kinana aprì la porta che dava sulla sala. Lisanna stava mettendo in ordine i bicchieri al bancone e altri camerieri sistemavano le sedie dei tavoli.
«Lunedì non sarò così leggero, ti sei rammollito un po’ eh?» provocò Natsu, mentre andava nell’ufficio di suo nonno.
«Dovresti allenare, quelle mosse che mi hai fatto vedere oggi sono fortissime» gli rispose Natsu, correndo subito dopo nello spogliatoio. Laxus si fermò, colpito dalla sua frase. Sì, potrei farlo… ammise tra sé, come colto da una rivelazione. Non ci aveva mai pensato, ma non si vedeva in nessun posto che non fosse quella palestra a dire il vero. Era lì che si sentiva se stesso. Aveva girovagato tanto per poi realizzare che apparteneva al luogo da cui era fuggito. Sorrise e aprì la porta dell’ufficio. Prese le carte che suo nonno gli aveva chiesto al telefono poco prima e uscì.
«Erza» la chiamò, entrando in cucina «Vado a trovare mio nonno, puoi badare tu al ristorante finché non torno? Ci metterò un’ora o poco più…»
«Io… certo, sì. D’accordo» acconsentì, visibilmente sorpresa da quella richiesta.
Laxus ritornò in sala, ripensando alle parole di Natsu e rimuginando su come potesse realizzarle. Il debito di Ivan non ha più valore, quegli strozzini sono finiti dentro… però, devo comunque trovare i soldi per rinnovare l’attrezzatura e le stanze e anche per pubblicizzare la riapertura… forse posso chiedere un prestito… sovrappensiero com’era sbatté contro qualcuno e sparpagliò per terra i documenti che aveva in mano. «Maledizione!» protestò, abbassandosi per raccoglierli. «Spero non si sia fatto male…» disse poi, rivolto al ragazzo a cui era andato addosso. Si voltò verso di lui, immobilizzandosi quando capì chi aveva davanti.
«Ciao» lo salutò Gerard «Ero da queste parti e ho pensato di venire a vedere questo famoso ristorante». Sorrise timidamente e si grattò la testa.
Laxus lo guardò per qualche secondo prima di riprendersi dalla sorpresa, «Pensavo di aver avuto un’allucinazione: ti ho visto l’altro giorno con una ragazza…». Si abbracciarono goffamente, ritraendosi subito dopo imbarazzati. Non era un gesto che erano soliti fare, nonostante avessero vissuto insieme per mesi prima che Laxus tornasse a Magnolia.
«Sì, ero con Meredy. L’ho conosciuta dopo che te ne sei andato» disse Gerard aiutandolo a raccogliere i fogli, che erano ancora sparsi sul pavimento.
«Amica o ragazza?» gli chiese Laxus, dandogli un colpetto sulla spalla.
«Io… no, non è come credi! Lei è solo un’amica!» rispose Gerard offeso dalla sua insinuazione.
«Ooh… ho colto nel segno, eh?» lo provocò ancora, appoggiando i documenti su un tavolo vicino e sistemandoli. Stava controllando i numeri delle pagine, quando si bloccò e sollevò di nuovo lo sguardo sull’amico, quasi arrabbiato. «Non sarai mica ancora nel tuo periodo sabbatico di rinuncia a qualsiasi rapporto sentimentale perché “devo prima redimermi e poi potrò essere degno di qualcuno”, vero?» gli domandò serio.
Gerard spalancò la bocca sentendo quelle parole e impiegò qualche secondo prima di riuscire a formulare una frase. «Non sono in un period… è una storia lunga, comunque sono innamorato di una ragazza… che non vedo da anni!» aggiunse, appena Laxus ammiccò con un sorriso.
«Quindi ti stai risparmiando per lei? Se non avessi incontrato Mira, probabilmente ti prenderei in giro. Ma ho incontrato lei, perciò ti ricorderò solo che esistono gli investigatori privati. Sai, per ritrovare le persone…»
«Ah, per fortuna sei ancora qui!» la voce di Erza lo interruppe «Un fattorino ha appena portato un ordine di alcolici, però non ne sapevo null…».
«Stai bene?» le chiese Laxus, avendola vista pietrificarsi quando aveva notato Gerard.
«Io… ecco… questo è… tieni» e scomparve in cucina, così rossa in viso da farlo preoccupare.
Laxus si voltò confuso verso l’amico, che era dello stesso colorito di Erza e con gli occhi sbarrati dalla sorpresa. Annuì divertito quando realizzò chi fosse la ragazza di cui era innamorato. «Ti ricordi tutti quei discorsi filosofici sul confrontarsi con il passato per andare oltre? Sai, quelli con cui mi riempivi la testa… ecco, lei lavora qui. Quindi, o le chiedi di uscire o non provare a farmi un’altra di quelle ramanzine del cazzo» gli disse Laxus, dandogli una pacca sulla spalla e alzandosi. «Io devo andare, ma tu non osare muoverti. Torno più tardi e mi racconti com’è andata». Gerard non disse una parola, continuò a fissare la porta della cucina anche quando Laxus uscì dal ristorante.

 
 
«Ti ringrazio, serviranno per il processo contro gli uomini che ti hanno sparato» disse Makarov, riponendo sul comodino i fogli che gli aveva portato.
Laxus lo osservò, così bianco e stanco nel letto d’ospedale, e sospirò. Era tornato a Magnolia perché aveva saputo da Gildarts che aveva avuto un infarto. Stava lavorando al Blue Pegasus, quando lo aveva visto entrare e chiedergli una birra, e si era così sorpreso di rivederlo che aveva quasi fatto cadere la bottiglia che teneva in mano. Lui gli aveva detto che lo avevano rintracciato da qualche mese, ma suo nonno non era mai voluto venire a trovarlo perché non voleva “turbarlo”. Aveva usato quella parola, “turbarlo”. Era venuto una volta in città e lo aveva visto sorridere e lavorare nel locale: non aveva osato rovinargli ciò che si era costruito. Gildarts si era presentato quel giorno solo perché si era sentito male, era in ospedale, ed era giusto che lui lo sapesse.
«Sai, Gildarts è venuto a trovarmi. Dopo che hai avuto il primo infarto…» disse Laxus, ancora immerso nel ricordo di se stesso che chiedeva all’infermiera di “Makarov Dreyar” e lei che gli rispondeva “È stato dimesso la scorsa settimana” e di lui che guidava fino al ristorante, per poi andare in un locale sulla spiaggia e tornare solo a notte inoltrata. «Sono ritornato per questo, volevo che lo sapessi» sussurrò, un po’ imbarazzato per la confessione.
Vide suo nonno cominciare a piangere e protendersi verso di lui per abbracciarlo. Si avvicinò e si lasciò avvolgere dal suo affetto. «Lo so, Laxus. Lo so…» gli sussurrò.
Rimasero così per alcuni minuti, poi il cellulare di suo nonno squillò e si allontanarono l’uno dall’altro. «È l’agente Arcadios» lo informò, rispondendo alla chiamata. «Sì?... Davvero?... La ringrazio… Sicuramente…» e sospirò, appoggiandosi poi ai cuscini e posando il telefonino di fianco a sé.
Laxus aspettò che fosse lui a parlare, anche se era impaziente di sapere che cosa fosse successo. Quando aveva visitato suo padre, era stato preso talmente tanto dallo sconforto che non gli aveva nemmeno chiesto come avessero intenzione di incriminarlo i Servizi. Si mosse sulla sedia, prese il telecomando e accese la televisione. Cambiò canale tre volte prima di voltarsi di nuovo verso suo nonno. «Allora?» gli domandò, non riuscendo più a trattenersi.
Makarov riaprì gli occhi e gli rispose sollevato «Hanno proposto il carcere per tre anni, visto che ha comunque collaborato. Il giudice sembra propenso ad accettare, ma il processo ci sarà solo tra un paio di settimane». «Bene… bene…» disse Laxus, tornando a guardare lo schermo.
 
«Vorrei dirigere la palestra» gli confidò, dopo mezz’ora di silenzio. Guardò suo nonno con determinazione e «Potrei chiedere un prestito alla banca, chiederò a Gildarts di aiutarmi e consigliarmi. Così potremo ristrutturare… sì, fattelo dire nonno, quasi cade a pezzi! Bisognerà fare un po’ di pubblicità, ovviamente, ma ho chiesto a Freed, mentre venivo qua, e conosce qualcuno che potrebbe darci una mano…» il suo entusiasmo cresceva ad ogni parola che pronunciava, immaginandosi come sarebbe diventata di lì a pochi mesi. Guardò di nuovo suo nonno «Che ne dici?» gli chiese. Vide i suoi occhi diventare lucidi e le sue labbra tremare per la commozione. «Potr… devi smetterla di piangere» si lamentò, accogliendo però un altro abbraccio e sorridendo quando lui gli rispose «Sarebbe fantastico, Laxus».
 
°°°°°°°°°°°°
 
Guidò verso casa di Mira con una gioia che non provava da anni, si sentiva capace di realizzare qualsiasi progetto in quel momento: Ivan era in prigione, ma salvo e in salute. Certo, non era stato un padre modello, però sembrava sinceramente pentito e, magari, con il tempo le cose sarebbero migliorate tra di loro. Inoltre, i medici avevano deciso di rimandare l’intervento di suo nonno, per vedere se le sue condizioni sarebbero rimaste stabili. Avendo già subito un’operazione, non volevano stressare troppo il cuore con un’altra che fosse risultata inutile. E ora stava andando da Mira.
Sorrise dietro il casco e rallentò ad una curva, vedendo in lontananza le villette del suo quartiere.
Parcheggiò la moto davanti alla casa e andò a suonare il campanello.
«Ti ho detto di spostarle di là! Non me lo fare ripetere un’altra volta!» sentì Mira minacciare qualcuno. Subito dopo aprì la porta e lo salutò con un sorriso «Sei arrivato, ciao». Lo prese per mano e lo baciò dolcemente.
«Tutto a posto?» le domandò Laxus, riferendosi a quello che aveva sentito. Lei lo guardò confusa. «Eri sul punto di uccidere qualcuno, sembrava…» precisò ricambiando il bacio.
«Oh, sì! Elfman aveva messo le sedie troppo vicino alla veranda e non voleva spostarle» gli rispose in maniera innocente. «Hai visto Lisanna al ristorante?»
«Sì, stava lavorando al bar»
«Molto bene! Allora arriverà in tempo per la cena… lei non sa niente» lo informò con tono cospiratorio. Le piacciono proprio le feste a sorpresa pensò sorridendole e chiedendole di cosa avesse bisogno.
 
Qualche ora dopo erano seduti attorno ad un piccolo falò, improvvisato da Natsu ed Elfman. Stavano mangiando costolette, hamburger, hot dog e patatine fritte, mentre chiacchieravano e ridevano. Laxus strinse Mira a sé e le diede un bacio sulla tempia. Lei gli sorrise, accarezzandogli la coscia. Poi le si illuminarono gli occhi e chiese «A proposito, Elfman non ci avete ancora detto come vi siete conosciuti tu ed Ever …». I due ragazzi si immobilizzarono a quelle parole, l’uno con un panino a mezz’aria e l’altra con il sorso di birra andato di traverso. Ever tossì, probabilmente cercando anche di prendere tempo, mentre richiamava l’attenzione di Elfman, che aveva cominciato a sudare.
Scoppiarono tutti a ridere per la loro reazione, e poi Natsu disse «Non vi eravate incontrati a quel corso di giardinaggio che facevano a scuola?».
Freed guardò Laxus, lui guardò Bickslow e insieme scoppiarono a ridere di nuovo. «Cioè, tu coltivavi fiorellini?» Bickslow cominciò a prendere in giro Elfman.
«Non… non erano fiori… non tutti…» rispose lui a bassa voce e diventato paonazzo per l’imbarazzo.
«Bè, anche coltivasse fiori?» ribatté Ever, cogliendo tutti di sorpresa. «Lui è perfetto così com’è, d’accordo?» sfidò l’amico con lo sguardo, «Per me è perfetto» aggiunse poi, prendendo la mano di Elfman e baciandolo sulle labbra. «Ci siamo conosciuti ad un corso di giardinaggio ed è una cosa che ci piace fare insieme» concluse, prendendo una patatina e stringendo la mano del ragazzo. Lui le sorrise e la abbracciò forte, sollevandola da terra. Ritornò a mangiare l’hot dog con una gioia negli occhi che non ammetteva repliche. Persino Bickslow ghignò felice, quando li vide in quel modo, e non disse altro.
Non è poi stata una cattiva scelta tornare pensò Laxus, guardando i suoi amici ad uno ad uno. No, decisamente no.
 
 
 

Nota dell’autrice
 

Ecco finalmente il capitolo finale. Lo so, vi ho fatto aspettare parecchio e, a dire il vero, non era così che avevo programmato di scrivere la storia. Sarebbe dovuta durare qualche altro capitolo, solo che ho perso del tutto l’ispirazione e quello che avevo scritto non mi soddisfaceva, quindi l’avevo lasciato incompleto fino a qualche giorno fa. Diciamo che questo capitolo è un po’ come avevo deciso di concludere la storia, ma decisamente più corto e stringato. Volevo dare un finale, visto che il manga di Fairy Tail sta finendo, e ho rimaneggiato quello che avevo già scritto.
Se avete qualche domanda, potete scrivermi nei commenti o in privato, visto che magari non ho proseguito delle storie secondarie che ad alcuni potevano interessare. Spero che comunque vi sia piaciuto leggerlo. 
Vi ringrazio tantissimo per avermi seguita e commentato, e anche solo per avermi letta in silenzio. Un ringraziamento particolare va a coloro che mi hanno seguito fin dall'inizio: honeyzen123, Redpowa e Dominox. Sempre che siano ancora presenti :P
 
Un abbraccio,
dreamfanny
 
 
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Fairy Tail / Vai alla pagina dell'autore: dreamfanny