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Autore: _ A r i a    17/07/2017    2 recensioni
{ ultima storia su questo fandom | multipair | linguaggio esplicito, contenuti forti e tematiche delicate | street life!AU }
Jude sente il cuore battergli a mille nel petto, martellargli contro la gabbia toracica con una furia inaudita, mentre l’adrenalina corre lungo le autostrade delle sue vene e i polmoni gli ardono; i polpacci tirano e pulsano a causa dello sforzo fisico, la testa inizia a dolergli e il fiato è già corto, nonostante questo però il ragazzo è felice.
Sì, felice.
Jude sorride, è così elettrizzato che se non avesse una copertura da mantenere si metterebbe ad urlare. La verità è che in quei momenti, quando è in giro con i suoi amici a combinare casini, si sente libero come in poche altre occasioni nella sua vita.
I quattro attraversano un ponte di metallo e i loro passi rimbombano assordanti nella notte.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Caleb/Akio, David/Jiro, Joe/Koujirou, Jude/Yuuto, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Back Bay, Boston, 5th September
h. 05:37 p.m.


Da quel giorno sono passati otto mesi – e tutto è cambiato.
Gli skate sfrecciano in fretta lungo le strade della città. Settembre è appena iniziato, eppure il freddo punge già.
Caleb abbaia qualcosa nel vento e i tre ragazzi annuiscono, servizievoli come cani. Un’altra spinta a terra e le tavole saettano sui marciapiede, gettando il panico tra i passanti ignari. Ad alcune signore cadono le buste di carta con la spesa mentre gridano terrorizzate; gli uomini gli lanciano contro diversi improperi, eppure è ormai troppo tardi: i quattro teppisti sono già scomparsi, veloci come il vento.
Due agenti della polizia corrono loro dietro, estraendo le pistole dal fodero e agitandole a mezz’aria: forse così credono di sembrare più intimidatori, chi lo sa.
Caleb si volta un momento indietro per poterli osservare, dopodiché torna a fissare la strada davanti a sé. Lancia uno sputo di lato, per poi accelerare di nuovo. Ha un piano ma è folle: spera solo che i suoi compagni, come al solito, decidano di seguirlo.
«Il corrimano» comunica loro, in fretta e furia, certo che capiranno.
Il gruppo si dirige compatto verso la zona della spiaggia. C’è una lunga scalinata, in mezzo alla quale si staglia un lungo corrimano che funge un po’ da spartiacque: un lato per scendere, l’altro per salire. Caleb non ci pensa due volte e punta dritto verso di esso, seguito a ruota dagli altri; quando ormai mancano pochi istanti all’impatto spicca il salto, trascinando con sé anche lo skate, che atterra senza problemi sul corrimano, continuando la sua discesa. Joe lo raggiunge dopo pochi istanti, imitato di lì a breve anche da David; l’ultimo ragazzo ha indosso una felpa, il cui cappuccio gli copre il volto, rendendolo irriconoscibile, perciò è impossibile dire di chi si tratti. Fatto sta che anch’egli inizia la propria discesa; i passanti terrorizzati, si allontanano subito dal supporto in metallo, mentre gli agenti scendono le scale e fanno del loro meglio per stare al passo dei ragazzi.
«Fermatevi!» intima loro uno dei poliziotti. «Vi stiamo alle calcagna, non avete modo di farla franca.»
Caleb sogghigna nel vento, con la consapevolezza che riuscirà a salvarsi anche stavolta.
«Questo lo dici tu, stupido sbirro» commenta infatti, grindando sul corrimano quando vede di essere arrivato quasi alla fine di quest’ultimo. Non appena il tubo termina, Caleb spicca un altro balzo e le ruote del suo skate tornano a scivolare sull’asfalto, divorando un metro di strada dopo l’altro. Gli altri lo seguono, in totale tranquillità: quella è la loro zona, in particolare Caleb la conosce come le proprie tasche, perciò per loro non sarà un problema lasciarsi trasportare via come delle ombre.
L’ultimo skater, quello con il volto coperto, si muove in un modo così elegante che sembra quasi star pattinando sul ghiaccio. Ha decisamente più grazia e classe rispetto ai suoi compagni, che invece sembrano limitarsi al mero andare veloci. Il ragazzo che chiude la perfetta fila indiana dei teppisti sembra avere qualche problema a seminare gli inseguitori, tuttavia non ne fa un dramma, procedendo a slalom tra lampioni e vasi di fiori.
In quella zona c’è ancor più folla sui marciapiedi, essendo vicini al porto e alla spiaggia, i centri nevralgici della vita cittadina, tuttavia – a differenza dei passanti dell’altro quartiere – questi ultimi sembrano quasi nutrire un timore reverenziale nei confronti di quegli skater, perciò non appena li vedono avvicinarsi si scansano di lato, permettendo loro di passare indisturbati. Ben presto gli agenti si vedono costretti ad ammettere che quei ragazzi sono riusciti a sfuggirgli ancora una volta, sparendo nel bel mezzo del nulla.
        

Southwest Corridor, Boston, 5th September
h. 06:12 p.m.


«Sì, cazzo» David svolta all’interno del loro vicolo, esultando entusiasta «li abbiamo fregati un’altra volta!»
«Calma i bollenti spiriti, David» Caleb solleva lo skate con la punta della scarpa, afferrandolo dall’estremità opposta «abbiamo rischiato grosso, stavolta. Per poco non ci prendevano.»
«David, Caleb ha ragione» Joe sospira con aria grave, lasciandosi cadere seduto a terra «se non ci svegliamo prima o poi ci mettono al fresco.»
David, notando l’espressione seria dell’amico, subito serra la mascella, pur di non apparire ridicolo agli occhi degli altri.
«Piuttosto» Caleb scrolla le spalle, con noncuranza «il vero problema è che qui c’è qualcuno che è più preoccupato di non farsi riconoscere che altro… non è così?»
Con un movimento rapido scatta in direzione del compagno con ancora il cappuccio sollevato e subito glielo abbassa, rendendo di nuovo il suo volto visibile.
Jude sospira mestamente. Per un momento solleva lo sguardo, fissando intensamente Caleb negli occhi, dopodiché china nuovamente il capo, tornando a scrollare l’applicazione che ha aperto. A partire da quella mattina ha ricevuto almeno una cinquantina di telefonate e forse un centinaio di messaggi. Se controlla bene, solo una ventina di chiamate e una misera decina di messaggi arrivano da suo padre. Le altre interazioni sono riconducibili ai suoi – ormai ex – compagni di classe e, in gran parte, ad una persona che conosce fin troppo bene. Spera di finire presto con i ragazzi, stasera, perché ha una voglia terribile di vederlo.
Il riverbero luminoso del telefono sul volto di Jude infastidisce a dismisura Caleb, soprattutto perché non lo sta ascoltando. Allora afferra il colletto della felpa del ragazzo, sollevandolo appena da terra.
«Sei pregato di darmi retta quando ti parlo» ringhia, i denti stretti.
Jude sospira teatralmente, scrollando le spalle. «Ma io ti sto dando retta, Caleb» ribatte infatti, come se quella fosse la cosa più ovvia del mondo «fino a prova contraria, non mi pare di essere sordo.»
Caleb sente il ringhio salirgli in gola fino a diventare più roco e profondo di quanto potesse immaginare; alla fine però sa di dover lasciare Jude: a volte vorrebbe davvero poterlo picchiare fino a spaccargli la faccia. Quella sua aria da damerino saputello lo irrita come poche cose al mondo, tuttavia da quando – quasi un anno prima – aveva concesso al ragazzo di unirsi al loro gruppo, era quasi come se fosse diventato intoccabile. Già, non poteva certo mettere le mani addosso a uno di loro, non senza un buon motivo. E, sfortunatamente per Caleb, l’insolenza e la presunzione che talvolta il suo vice era in grado di dimostrare non erano considerati delle valide motivazioni.
Tra l’altro, durante quei mesi Jude si era integrato alla perfezione nella banda: David lo adorava, avrebbe fatto qualsiasi cosa per quel ragazzo dagli strani occhialini; perfino Joe nutriva simpatia nei suoi confronti – assurdo, proprio lui che detestava a prescindere chiunque. Perciò, se Caleb si fosse lasciato sfiorare anche solo lontanamente dall’idea di dare a Jude una bella lezione, probabilmente il ragazzo coi dreadlock avrebbe avuto dalla propria due alleati da non sottovalutare.
L’ultima cosa che Caleb desiderava era un’insurrezione interna: la loro gang si teneva a malapena in piedi, non c’erano motivazioni profonde a tenerli uniti. A volte pensava che fossero solo quattro estranei rimasti insieme per inerzia, troppo pigri per cercarsi un’alternativa di vita migliore. Finché potevano avere fumo, droga e alcol – gli anestetici che facevano loro dimenticare le brutture che li circondavano – dubitava che si sarebbero allontanati più di tanto.
A dire la verità, col passare dei mesi era stato proprio il suo vice a diventare il collante tra di loro: tutti lo rispettavano, alcuni in modo sincero e spassionato come Joe e David e altri solo per il patto di tacito assenso che vigeva tra loro… e questo era proprio il caso di Caleb, in effetti.
«In ogni caso» Stonewall si volta, dandogli le spalle «per proteggere il tuo anonimato perdi un sacco di tempo, Jude. Pur di non far calare il tuo caro cappuccio, sei costretto ad andare più lentamente di tutti noi. Andando avanti così finirai per farti catturare, uno di questi giorni…»
Jude sbuffa, irritato; detesta dover ripetere ogni volta le stesse cose. Finisce di inviare il messaggio che stava scrivendo – “Ho bisogno di vederti. Ci vediamo stasera al solito posto?” – quindi blocca lo schermo del suo telefono. Ora le tenebre sono tornate a padroneggiare nel vicolo.
«Ah, beh, scusa tanto se mio padre è uno degli imprenditori più influenti dello stato del Massachusetts» replica ancora, esasperato «se si venisse a scoprire che suo figlio fa parte di una delle gang che stanno portando scompiglio in città come pensi che la prenderebbe? La sua carriera sarebbe rovinata per sempre, di sicuro.»
Caleb sogghigna, soddisfatto. Assurdo, Jude continua a cadere ogni volta nelle trappole che le sue parole sanno tendere – al che Caleb si chiede se lo faccia apposta o meno.
D’altronde, Jude è un ragazzo estremamente sveglio, è chiaro che riesca ad individuare i suoi tranelli senza troppe difficoltà. La domanda allora è: perché continua a lasciarsi cadere all’interno di esse, se ormai sa perfettamente quale sia il loro meccanismo?
A volte Caleb crede che lo faccia perché gli piace, tuttavia subito finisce per smentirsi: sarebbe un comportamento fin troppo autolesionista perfino per quel damerino, no?
«Beh, questa non è altro che l’ennesima dimostrazione di quel che ho sostenuto per tutti questi mesi» lo informa, con tono chirurgico «se avessi evitato di ficcare il naso dove non dovevi, sei mesi fa, adesso non staremmo parlando di questo.»
L’espressione di David muta subito, divenendo stizzita; Joe si rimette in piedi, mentre fa per dire qualcosa. Jude, invece, non sembra intenzionato ad aggiungere altro.
Caleb ne approfitta per cogliere la palla al balzo.
«Ad ogni modo» riprende infatti, stringendo le mani dietro la schiena «ho pensato che adesso potremmo andare a perdere tempo giù al binario abbandonato della ferrovia. Più tardi passiamo alla nostra distilleria a Roxbury e ci prendiamo qualcosa da bere per stanotte, almeno sappiamo che cazzo fare. Tutto chiaro, gente?»
David sorride, grato del fatto che abbiano cambiato argomento.
«Ottimo, per me va bene» acconsente infatti, stringendosi un braccio al corpo.
«Anche io ci sto» commenta Joe – nonostante tutti immaginassero che non si sarebbe fatto problemi in merito. Da quando Joseph King rinunciava alla prospettiva di una bella bevuta?
Jude controlla l’orario sul suo telefono. Sa già che la serata andrà per le lunghe, in fondo però valuta che sarà meglio così, altrimenti dovrebbe rientrare a casa e ammazzare il tempo in compagnia di suo padre. Non saprebbe esattamente cosa dirgli, una volta trovatoselo davanti – forse qualcosa del tipo “Ciao papà, scusa se sono in ritardo ma ero in giro con una di quelle gang che, nel tuo programma per la candidatura a governatore del Massachusetts, ti sei prefissato di debellare. E no, non sono andato a scuola neanche oggi, come d’altronde tutti i giorni scorsi, questa settimana. Oh, non è che posso uscire, più tardi?” – inoltre sarebbe decisamente più complicato sgattaiolare al suo appuntamento segreto, una volta tornato a casa.
«D’accordo, andiamo» acconsente infine, con un sospiro stanco. Incredibile, sono ancora le sei e lui è già esausto.
David, invece, sembra essere nel pieno delle sue forze, visto che poco dopo si lascia sfuggire delle nuove esclamazioni di giubilo, elettrizzato.
I ragazzi poggiano le tavole a terra e sono subito a partire alla volta della loro prossima meta.


Roxbury, Boston, 6th September
h. 01:26 a.m.


L’insegna esterna del Red Stripes sfrigola sopra le loro teste, mentre per un momento il neon rosso smette di funzionare. Di nuovo.
Jude fa illuminare lo schermo del telefono, rileggendo per l’ennesima volta il testo del messaggio. L’ha ricevuto ore fa, eppure non ha avuto cuore di sbloccare il cellulare e aprirlo. No, preferisce vederlo lampeggiare lì, ogni volta che preme il tasto di Home.
“Va bene. Non fare troppo tardi, domani ho lezione alle prime ore” – è questo quel che vi è scritto. Jude crede ormai di aver imparato a memoria quelle parole, a forza di leggerle. Non vede l’ora di andare davvero lì, sta contando i minuti che li separano…
«Si può sapere di chi è quel messaggio?» Caleb sbuffa rumorosamente, dando una scorsa all’orologio che ha al polso. «Ma quanto cazzo ci mettono quei due deficienti? Non sapevo che per rubare un paio di bottiglie di alcolici ci si mettesse tutto questo tempo…»
«È di mio padre. Il messaggio, dico» si affretta invece nel mentre a rispondere Jude, cercando di nascondere un leggero imbarazzo. No che non è del signor Sharp, il messaggio, però è meglio che Caleb creda questo. Jude non osa immaginare quanto lo sfotterebbe se fosse a conoscenza di chi è il suo vero mittente.
Caleb lo osserva attentamente, trattenendo a stento una risata.
«Cristo, Jude» commenta infatti, poco dopo «sarai anche un ottimo stratega e non te la cavi poi così male con lo skate, certo però che a raccontare balle fai davvero pena. Dai, da quando in qua si sorride per ore riguardando lo stesso messaggio del padre
Jude agita nervosamente le mani nella tasca gigante della sua felpa, di qualche taglia troppo grande per lui. Accidenti, non credeva che fosse così evidente.
«Uhm, non lo so, da adesso?» Jude prova a sviare Caleb, sperando che il suo tentativo vada in porto.
Ovviamente, al contrario, finisce per fallire miseramente.
Caleb infatti si mette a ridere ancora di più; ad un certo punto è costretto a piegarsi su se stesso, pur di trattenersi – in fin dei conti, non può certo far crollare la loro copertura.
«Pff» il ragazzo raddrizza la schiena, asciugandosi una lacrima che gli è scesa a causa dell’eccessiva ondata d’ilarità «sì, sì, certo, come no. Tutti ad arrossire e a  sorridere come degli ebeti ogni volta che riceviamo un messaggio da parte di nostro padre, d’ora in poi. Certo che sei proprio un coglione, a volte.»
Jude fa per ribattere. Vorrebbe dirgli che se arrossisce è perché si sente in colpa per non essere tornato a casa nemmeno stasera – ma si ferma già prima di cominciare, perché stavolta si rende conto anche da solo che suonerebbe come una stronzata. Sia perché sa che Caleb gli chiederebbe allora cos’abbia da sorridere e sia perché non ci crederebbe nemmeno lui, a quelle parole.
Può perdere la faccia tutte le volte che vuole, magari però stavolta passa volentieri.
Caleb lo osserva rimanere in silenzio e sotto sotto sa che, anche stavolta, ha avuto la meglio su di lui.   
«Senti, Jude» lo sente riprendere pochi istanti dopo «a me non me ne frega un cazzo se ti vedi con una tipa o meno. Cioè, buon per te, insomma. Quindi sinceramente non capisco perché tutto questo mistero: siamo una banda, no? Dirci quello che ci succede dovrebbe venirci spontaneo.»
Jude fa dondolare giù i piedi dalla ringhiera su cui è seduto. Oh, se solo fosse quello il problema…
«Per una volta volevo solo tenermi un segreto tutto mio» mente, di nuovo – e sa già che Caleb l’ha capito anche stavolta.
Il leader della gang si limita ad alzare le spalle. In fin dei conti, gliene frega ben poco dei problemi personali di Jude; non vuole dirgli che gli prende? Fatti suoi. Se in tutti quei mesi non ha ancora capito che può fidarsi di loro, allora vuol dire che non ci riuscirà mai.
«Tu, piuttosto» Caleb si passa una mano nel ciuffo in cima alla testa «prima o poi dovrai smetterla di andare in giro in incognito o farai finire tutti noi nei guai. Quando hai intenzione di piantarla con questa storia del dover nascondere la tua identità? Siamo delinquenti, Jude, mica i giustizieri mascherati.»
«Presto, presto» si affretta a rispondere, tornando a tormentarsi le mani nella tasca della felpa «ci sono ancora delle cose che devo risolvere, prima. Tipo trovare un modo per dire a mio padre che sono un ladro che si unisce alle scorribande in giro per la città che tanto si prodiga a reprimere o ritirarmi dalla scuola. Sarebbe un po’ complicato se nel mio liceo si venisse a sapere quello che faccio, non trovi?»
«D’accordo, però vedi di darti una mossa» Caleb pesta i piedi per terra, si vede da lontano un miglio che si sta trattenendo per non imprecare – a quanto pare, i tempi di attesa per Joe e David stanno diventando decisamente troppo lungo «sai quanto mi dia fastidio avere a che fare con dei perdigiorno. Tipo quelle due teste di cazzo là dentro… giuro che se non si danno una mossa entro e li picchio.»
Jude sorride, senza aggiungere altro. È riuscito a scampare anche stavolta all’ennesima ramanzina di Caleb; forse, col tempo, ci sta prendendo la mano. Ad ogni modo, anche lui spera davvero che quei due si muovano: non per niente, solo che avrebbe un appuntamento…
Tra lui e Caleb, nel frattempo, è calato il silenzio. Mentre i neon sfarfallano un’ennesima volta sopra di loro, Jude si sente quasi in dovere di mantenere viva la conversazione.
«Come va con Camelia?» domanda allora, certo che così otterrà tutta l’attenzione dell’altro.
La testa di Caleb, infatti, schizza nella sua direzione. Per un momento il ritardo di Joe e David diventa di così poca importanza, rispetto a quello che gli è appena stato chiesto.
«Sempre la solita merda» si decide finalmente ad ammettere, dopo diversi interminabili momenti di silenzio «dice che la dovrei smettere con questa storia della banda e tornare a studiare, o magari cercarmi un lavoro vero. Se solo riuscisse a capire quanto io tenga a quello che facciamo…»
Jude tira fuori dalla tasca della felpa un pacchetto di sigarette e un accendino. Ne estrae una, dopodiché fa scattare la rotella e la fiamma rischiara per un istante quella notte fin troppo oscura. Si porta la sigaretta alle labbra e aspira forte quel sapore di nicotina: per un momento lo sente invadere completamente la sua mente, tutti i pensieri che d’improvviso si fanno più leggeri.
Dopo qualche secondo espira e tutto il fumo gli esce dalle labbra, riempiendo l’aria tra lui e Caleb. Jude pagherebbe oro per un migliaio di quegli istanti di beato ottenebramento; non è un grande amante del sapore del fumo: ha cominciato solo perché lo facevano Caleb e gli altri, credeva che, omologandosi a loro, si sarebbe sentito più grande e i ragazzi lo avrebbero accettato nel gruppo con maggiore facilità. Se ora continua un po’ è per via della forza dell’abitudine, anche se il motivo principale resta pur sempre quegli istanti d’oblio che solo il fumo e poche altre cose al mondo sono in grado di concedergli.
«Non hai mai pensato di smettere, con la gang?» domanda poco dopo a Caleb, quando sente di riuscire nuovamente a connettere i pensieri «magari Camelia potrebbe non avere tutti i torti e la vita, al di fuori di quel che facciamo, potrebbe essere altrettanto divertente o interessante.»
Caleb lo fissa attentamente, come se non riuscisse a comprendere il vero significato delle parole di Jude.
«Cos’è, un modo per dirmi che ti piacerebbe tagliare la corda?» gli domanda infatti, poco dopo. «Beh, pensavo che avessimo chiarito già parecchio tempo fa che questa non è una cosa da cui puoi tirarti indietro, Jude. Ad ogni modo no, non ho mai pensato di smettere perché, come ho detto, mi piace quel che facciamo. Quanto a Camelia, so che una parte di ragione ce l’ha anche lei, però immagino che se vuole continuare a stare con me dovrà farsi una ragione di questa storia, prima o poi. E adesso passami quella fottuta sigaretta, che sto andando in astinenza.»
Jude gli allunga la cicca appena consumata, senza aggiungere altro. Sa bene che con Caleb è meglio non tirare troppo la corda, perciò si sente già immensamente sollevato così per com’è andata, quella conversazione.
Vede brandelli di cenere alzarsi in volo, mentre Caleb consuma quella sigaretta piuttosto rapidamente. A giudicare dal modo in cui se la sta fumando, sembrerebbe essere parecchio nervoso.
Il leader della gang si volta a lanciare uno sguardo all’interno del negozio – e gli sembra di vedere la prima cosa bella di quella notte.
«Oh, stanno arrivando, finalmente» commenta infatti, ghignando eccitato «preparati a correre.»
Caleb lascia cadere la sigaretta a terra, che finisce in una pozzanghera piena d’acqua sotto gli scalini, spegnendosi; ormai non gli serve più. Jude invece salta giù dalla ringhiera sottile in tubi d’acciaio e i suoi piedi tornano a toccare il suolo, posandosi sugli scalini davanti alla porta del locale.
In effetti vede Joe e David attraversare il locale con delle ampie falcate – e sa che è arrivato il momento di andarsene di lì.
Lui e Caleb iniziano a correre più o meno nello stesso momento. Saltano giù dai gradini di cemento armato non rasato e filano via dalla piazzola del locale alla velocità della luce. Caleb lo precede di qualche secondo, tuttavia la distanza tra loro è davvero minimale. Sanno che, più indietro, ci sono anche Joe e David – o almeno se lo augurano per loro – che li stanno seguendo correndo a loro volta più veloce che possono, però al momento non hanno modo di curarsene. Jude sente il cuore battergli a mille nel petto, martellargli contro la gabbia toracica con una furia inaudita, mentre l’adrenalina corre lungo le autostrade delle sue vene e i polmoni gli ardono; i polpacci tirano e pulsano a causa dello sforzo fisico, la testa inizia a dolergli e il fiato è già corto, nonostante questo però il ragazzo è felice.
Sì, felice.
Jude sorride, è così elettrizzato che se non avesse una copertura da mantenere si metterebbe ad urlare. La verità è che in quei momenti, quando è in giro con i suoi amici a combinare casini, si sente libero come in poche altre occasioni nella sua vita.
I quattro attraversano un ponte di metallo e i loro passi rimbombano assordanti nella notte. Hanno corso per due o tre isolati consecutivi, ormai sono assolutamente certi che non li stia inseguendo nessuno, tuttavia non riescono proprio a rallentare, ora che quella scarica di emozione è entrata in circolo è davvero difficile tenerla a bada.
Solo una volta tornati nel vicolo di Southwest Corridor si permettono finalmente di accasciarsi al suolo, esausti. Non mangiano da quasi dodici ore consecutive, perciò non hanno la più pallida idea di dove trovino tutte quelle forze.
Caleb è il primo a riprendersi, ovviamente.
«Allora, queste bottiglie di alcol?» domanda, infatti; non sta nella pelle, sembra incapace di trattenersi oltre.
«Eccole, eccole» commenta David, con ancora il fiato corto. Subito si solleva la maglietta, mostrando una bottiglia di vodka, che di lì a poco lancia in direzione di Caleb.
Joe fa la stessa cosa, limitandosi ad allungare la sua confezione a Jude.
«Sotto le magliette, come le fighettine» se ne esce d’improvviso Caleb, mentre stappa la propria bottiglia «perché c’avete messo tutto quel tempo?»
«Il commesso non ci levava gli occhi di dosso» spiega Joe, strappandogli la vodka di mano «siamo dovuti andare al cesso a far finta di limonare, altrimenti dubito che saremmo riusciti ad uscire di lì.»
«“Fare finta” di limonare, certo, certo» Caleb recupera la bottiglia e beve un’ampia sorsata di quel liquido trasparente «magari vi guardava perché voleva unirsi a voi, che ne sai?»
«Ugh, Caleb, che immagine ripugnante!» strepita David, disgustato; il ragazzo dai capelli turchini si fa restituire la bottiglia di vodka da Jude per un breve sorso, dopodiché la ripassa all’altro ragazzo, nauseato dalle parole del capo della banda, mentre si stringe le ginocchia al petto. «Era un uomo basso, grassoccio, pelato e unto! Doveva solo provarci a seguirci al bagno, a quel punto un bel paio di pugni in faccia non glieli avrebbe tolti nessuno.»
«Tu che usi la violenza su qualcuno? Ci credo sicuramente, David» replica Caleb, con espressione sardonica «visto che hai avuto modo di osservarlo così attentamente magari ti è anche dispiaciuto che non vi abbia raggiunto al cesso per una scopata, chi lo sa.»
L’espressione di David è così allibita che Jude non può fare a meno di scoppiare a ridere. In fondo, frequentare quella compagnia di individui pessimamente assortiti non è poi così male.
Lancia un’occhiata all’orario sullo schermo del suo telefono: sono quasi le due. Non credeva che fosse così tardi. Il messaggio – ancora segnato come non letto – gli ricorda che è arrivato il momento di lasciare quel posto.
«Ragazzi, temo di dover andare, adesso» Jude si alza in piedi, con un espressione rammaricata in volto. Spera solo che non gli facciano troppe domande, dubita di saper rispondere.
«Cosa…? Te ne vai di già, Jude?» chiede David, deluso. «Guarda che il divertimento iniziava adesso…»
Jude apre la bocca per replicare, tuttavia viene – a sorpresa – anticipato da qualcun altro.
«Lascialo andare, David» commenta Caleb, infatti. «Jude ha un appuntamento galante.»
«Come? E non volevi dirci niente?» David quasi strilla, adesso «Ma questa è una notizia fantastica, Jude!»
Il ragazzo in questione, tuttavia, non sembra pensarla allo stesso modo.
«Caleb, doveva restare un segreto!» sbotta infatti, irato.
«Un segreto che mi porterò nella tomba, assieme ai miei amici, infatti!» ribatte quest’ultimo, gongolante. «Avanti Jude, dovresti saperlo ormai che tra noi non ci sono segreti.»
Jude sbuffa nervosamente. Alla fine si volta, senza neanche salutarli, per poi poggiare lo skate a terra e cominciare a muoversi verso l’uscita del vicolo.
«Ciao, Jude» lo saluta Caleb, da dietro, agitando appena una mano – anche se l’altro è ormai di spalle e non può più vederlo.
«Buonanotte, Jude» sussurrano invece Joe e David, all’unisono.
La figura di Jude svanisce nelle tenebre, mentre il ragazzo scivola elegantemente nell’oscurità con lo skate.
Solo quando sono passati diversi minuti dall’ultima volta in cui l’hanno visto nitidamente e hanno ormai la certezza che si sia allontanato del tutto, i tre riprendono a parlare.
«Secondo voi perché non vuole dirci dove va?» domanda Joe, confuso.
«Non so come la pensiate, ragazzi» aggiunge Caleb, lapidario «ma secondo me in questa storia c’è qualcosa di davvero molto, molto strano.»



Angolo autrice

E ce la fa! Per il rotto della cuffia, ma ce la fa ^^"
Ringrazio in aramaico antico Gaia per essere riuscita a betare questo capitolo in meno di ventiquattr'ore. sul serio, sono scema, mi dispiace così tanto per non avertelo inviato prima--
Comunque, veniamo a noi. Sono felicissima che lo scorso capitolo sia stato recensito da ben quattro persone... sul serio, non mi aspettavo di ricevere tutti questi riscontri, grazie mille ** e vi chiedo scusa se non riuscirò a rispondervi a breve, purtroppo sono una persona molto lenta (e già il fatto che abbia rischiato di non riuscire a fare in tempo a pubblicare oggi dovrebbe dimostrarlo ampiamente >.<) però sappiate che ho letto tutto e che prima o poi le risposte arriveranno, lo giuro! Tra l'altro siete state tutte davvero molto carine nei commenti, e di questo ve ne volevo ringraziare... mi dispiace di aver sbagliato il cognome di David, chi mi segue su Twitter sa che mi sto martirizzando da giorni per questo... giuro che appena possibile lo metterò a posto, ancora grazie mille per avermelo fatto notare! ;;
Uhm? Perché continuo a dire "appena possibile"? Beh, è presto detto: venerdì parto per il Rimini Comics, visto che c'è qualcuno che mi aspetta (♥) e tornerò a casa solo lunedì. Per cui sappiate che se non vedete risposte alle recensioni è perché questo periodo è un po' incasinato, però davvero, adesso cercherò di sbrogliarmi, lo giuro. Quattro recensioni a capitolo non le ricevevano più nemmeno le mie interattive, ultimamente, arigatou ;;
Una cosa la volevo dire: in molti avete ipotizzato nelle recensioni che le coppie di questa storia sarebbero state la FudoKido e la GenSaku... beh, questa cosa è vera solo in parte. Perché se sicuramente ci sarà la seconda - come credo che si sia largamente intuito in quest'ultimo capitolo - mi spiace deludervi ma la prima è lontana anni luce da me. Sono la mia NOTP, al massimo riesco a vederli come bros, sorry. Chi conosce un minimo le mie storie probabilmente avrà capito quali saranno le coppie di questa storia, ad ogni modo vi sarà tutto più chiaro nel prossimo capitolo.
E boh, credo di aver detto tutto. Ringrazio chiunque leggerà, inoltre, se qualcuno dovesse decidere di recensire, beh... sappiate che vi voglio bene. E vi regalo un biscotto, se vi va (?)
Ci vediamo il 27!

Aria
   
 
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