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Autore: Herondale7    18/07/2017    3 recensioni
I magici sono stati sempre temuti ed esiliati sin dalla Ripartizione nel Vecchio Impero. Sabriellen Jacklyn, una giovane ladra, entrerà in questa realtà più grande di lei in uno dei periodi più temuti nel regno dove vive. La guerra tra Neblos e Trule è difatti alle porte, e ciò che resta alla ragazza è fuggire per aiutare la sua famiglia frammentata; per perseguire in questa sua decisione dovrà compiere un gesto molto pericoloso: arruolarsi tra i pirati.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3
“Chi diavolo siete voi? Avete steso quelle guardie troppo velocemente per i miei gusti.” Disse con tono curioso e minaccioso quello che probabilmente era Demien, poiché un qualsiasi capitano non si sarebbe mai precipitato in una situazione in quel modo. Brandiva il mio stiletto contro di me, puntandomelo alla gola. Decisamente non era Bellamy.
“Maledizione, mica sono un demonio.” Sussurrai massaggiandomi la testa e poi mi alzai tenendo le mani in vista. A quel movimento lento venne accompagnata la lama del pirata, ancora puntatami addosso. “Quelle guardie staranno bene, Demien, sono solo svenute per quel che ne so. A meno che la loro testa non sia finita contro un chiodo cadendo, io non ho ucciso nessuno, quindi gradirei che smettessi di minacciarmi.” Il ragazzo si rifiutò categoricamente.
Mi pentii di aver pensato che Elettra non mi fosse stata di aiuto descrivendomi alcuni membri dell’equipaggio, perché dal sussulto che aveva fatto ero sicura di aver azzeccato il suo nome. Nel frattempo il mio capo pulsava come se mi fossi ubriacata, ovvero come non ne avevo idea. L’alcol era troppo difficile da rubare, anche se nella cantina della mia vecchia casa forse ce n’era ancora.
“Kal, Newt, prendete questa strega e legatela all’albero maestro finché il capitano non ci dirà cosa farne; in fondo ci hai risparmiati, potresti tornarci utile.” Disse rivolgendosi ad altri due e poi a me.
Non opposi resistenza, non ne avevo la forza in quel momento, e mi lasciai trascinare per i polsi verso un punto indefinito alla base dell’albero più grande. Fui piacevolmente sorpresa da come ascoltassero con tanto rigore uno al loro stesso livello. Probabilmente era il capitano in seconda, chissà. Elettra non poteva sapere di certo tutto su di loro.
Poco dopo mi ritrovai imprigionata da delle corde robuste su mani e vita, e quasi avrei dovuto ringraziarli per non avere anche la bocca tappata. Iniziai a guardarmi intorno per capire come togliermi da quella situazione, ma non avevo vicino a me nemmeno un chiodo arrugginito per tagliare le corde, figuriamoci degli argomenti convincenti.
A dirla tutta la nave sembrava molto più grande di quella che avevo scorto la sera prima dalle casse sul carro. Avevo già notato i tre alberi della nave e le undici vele, di cui quattro triangolari, ma la sera prima erano tutte spiegate. Guardandole in quel momento invece ce n’erano alcune chiuse. Inoltre la notte prima avevo riconosciuto il veliero grazie alla fiancata su cui era scritto in nero ‘Savior’ in corsivo. Elettra ogni tanto da piccola mi spiegava le lettere, anche se non sapevo leggere benissimo era comunque molto.
Un ragazzo con i capelli neri, mossi e corti uscì dalla cabina di fronte dopo un quarto d’ora durante il quale aveva discusso con Demien. Aveva dei lineamenti rigidi e non era troppo imponente come stazza, anzi era piuttosto magrolino, eppure lo era abbastanza per guardarmi come se fossi un nano, ovvero dall’alto in basso. Anche se fossi stata slegata e in piedi non ero certa di arrivare a guardarlo negli occhi grigi senza dovermi rialzare un po’ sulle punte. Poiché non avevo la minima idea di come comportarmi decisi di buttarmi sul banale.
“Mi scusi, potrei conferire con voi senza finire giù dalla passerella?” lì per lì mi sembrò un ottimo modo per evitare che la sua ciurma sapesse che questo accordo era stato preso molto tempo prima senza il loro consenso. Non ci tenevo proprio a mettermi contro il capitano. Pensai di dover fingere di essere clandestina, come Newt e Elettra mi avevano raccomandato, ma le sue parole dopo mi fecero intuire del cambio di programma. A quanto pareva durante quel lasso di tempo li aveva informati.
“Non sapevo di aver imbarcato una strega ieri notte, ma i miei patti con Elettra erano chiari e, come ben saprai, una strega fa sempre comodo ai pirati, portano prestigio e potere, anche se le donne a bordo non sono esattamente gradite.” Sbeffeggiata, sorrisi a quell’ultima frase, poiché dal mio abbigliamento sembravo ancora un uomo e perché le stesse parole le aveva dette Elettra qualche giorno prima. Nel frattempo il mal di testa stava iniziando a passare, anche se ero ancora intontita da qualche capogiro.
“Bene, gradirei essere liberata, devo ancora imparare come praticare la magia, giuro sul mio marchio di non utilizzarla contro di voi.” Il mio marchio bruciò, e così appresi la prima scottante lezione (nel vero senso della parola): un giuramento sul marchio è molto doloroso e dura per sempre. Ululai il mio dolore ai quattro venti prima che decidessero di slegarmi. La zia me lo aveva detto, ma non ci avevo mai dato peso. Da quel momento non avrei potuto far mai del male a quell’uomo con la magia nemmeno se mi si fosse rivoltato contro.
“Direi che dovremmo iniziare a darci del tu, qui siamo pochi perciò non dovresti confonderti molto, io sono il cap-” non lo lasciai finire.
“Capitano Bellamy Silver, l’avevo intuito, io per voi spero di poter essere Sabriel, in ogni caso il mio nome è Sabriellen Jacklyn.” Sussurrai.
Dopo alcuni minuti mi ritrovai ad attendere impaziente nella cabina del capitano perché Bellamy doveva discutere di me con gli altri. Non mi azzardai a chiedere di che cosa dato che avevano già deciso di farmi restare, così mi limitai a stare seduta lì ad aspettare il suo rientro.
Non si poteva dire bene chi ci abitasse. Nient’altro in più dei mobili ornava quella stanza costosa; era quasi completamente in mogano lucidato, mentre le sedie erano di un legno più scuro, e l’imbottitura rivestita con stoffa dorata scura, fermata al sedile con dei pioli neri. Di fronte a due di queste si trovava una scrivania del medesimo legno, con sopra un calamaio e dei rotoli di pergamena, mentre altri erano arrotolati e messi dentro una cesta di vimini.
Probabilmente erano mappe per i regni a me ancora sconosciuti. Non ero mai uscita da Shaka, lo stesso territorio di Neblos era per me un mistero; inoltre i miei non avevano mai voluto che li accompagnassi nei loro viaggi, e dopo la loro morte non avevo avuto bisogno di muovermi dalla capitale. Vedere una mappa per me era qualcosa di incomprensibile, tanto quanto la medicina e le sue erbe.
Continuando vidi in giro solamente un paio di statuette, modellini in legno rappresentanti delle navi e un paio di stivali neri in un angolo. Per ultima cosa notai che c’era anche un polsino di pelle nero accanto al calamaio ma non volevo essere scortese, perciò non lo presi. Avevo solo visto distrattamente che c’era una scritta all’interno.
Nulla in quella stanza così raffinata suggeriva la reale presenza di qualcuno con un passato come il suo che vi vivesse. Sembrava spoglia dell’umanità e del vissuto personale che contraddistingue una persona da un’altra, spoglia di affetti, simboli, immagini. Spoglia di ricordi.
Bellamy entrò da una porticina vicino gli scaffali con i libri, e non dalla porta che dava sul ponte, come mi sarei aspettata, perciò sobbalzai appena lo vidi. Ciò suscitò in lui un piccolo sorriso. “Permettimi di scusarmi per l’inconveniente sul ponte, Demien ha dovuto farti legare affinché quella banda di scalmanati potesse stare tranquilla, non hanno tenuto conto del tuo potenziale. Di certo quattro funi non ti fermano.”
Fui quasi colpita da quel mezzo complimento, dato che non avevo minimamente pensato ad agire come una Bianca. Avevo invece pensato in maniera strategica a come andarmene di lì. Un po’ come facevo con le guardie.
“A me sembrava lui quello più agitato, ma alla fine ero ancora intontita, avrò visto male.” Il capitano trattenne una risata e provò a ritornare serio poco dopo. “Parlando di cose più serie, discutiamo di ciò che posso fare per ricambiare il fatto che mi lasciate restare, nonostante l’accordo non sia lo stesso di quello stipulato con Elettra.”
Non era una questione di formalità, ma proprio non mi andava giù di dare del tu a uno che aveva lasciato che mi trattassero come una bestia e mi legassero come prima del macello. Non lo lasciavo fare alle guardie, perché sarebbe dovuto essere diverso con lui? Anche se effettivamente sembrava un tipo abbastanza tranquillo.
“Sono felice che tu abbia uscito l’argomento, i pirati, anche se sono pirati, ogni tanto rispettano gli accordi… puoi iniziare a pulire dal ponte.” Mi lanciò uno straccio. “Per continuare potresti sistemare le nostre cabine sottocoperta, e finire con il sistemare le cime, anzi no, non saprai di certo cosa sia una cima, te lo farò spiegare da Newt.”
Spalancai la bocca, mi sciolsi la treccia e finalmente riacquisii alcuni dei miei tratti femminili. Nonostante fossi abbastanza esausta quelle parole mi misero in corpo adrenalina, la sfida lo faceva sempre, anche se non riuscivo a spiegarmi come mai ne avessi così tanta in corpo. Per quanto poco importante potesse essere su una nave, non si trattava così una donna. Tanto meno una strega che non sa controllarsi.
“Dite che io non sappia cosa siano le cime? Beh, probabilmente avete ragione. Ma mi sottovalutate, non avrò bisogno di saperlo per riordinarle. Comunque sono una strega adesso, non una sguattera che pulirà la nave per voi, trovatevi qualcun altro a cui dettare legge.” Come se le leggi imposte nel mio regno le avessi mai seguite. Mi tolsi il mantello, e uscii trascinando il ragazzo per il colletto ingiallito, sconvolto dal mio atteggiamento.
“Ecco il mio primo consiglio dato da pari a pari, osservate.” Forse mi stavo spingendo un po’ troppo oltre con le parole, ma se non avessi messo le cose in chiaro da subito, oltre a lui, tutti ne avrebbero approfittato.
Sentii una forza innata premere da dentro lo stomaco pronta ad uscire, eppure non l’avevo mai provata in tutta la mia vita. Iniziai a riflettere mentre mi dirigevo al centro del pontile, non avevo la minima idea di cosa fare o meno, ma non avrei fallito di fronte a tutti. Pensai che il contatto fosse una buona idea, perciò mi inginocchiaie iniziai a tirarmi su le maniche. Poi poggiai le mie dita sottili nel punto dove il ponte si ricongiungeva all’albero maestro dove fui precedentemente legata.
Dietro di me i ragazzi facevano apprezzamenti sconvenienti, oppure mi prendevano in giro. Non avevano capito che non lo facevo per servire quel capitano da quattro soldi, ma per dimostrargli la mia volontà, nonostante avessi perso molte energie in precedenza.
“Bene bene, la ragazza ubbidisce per una volta.” Disse uno che stava di vedetta. Sentii in me l’energia e il calore crescere incontrollati come la sera prima. Rimasi un po’ intimorita da questo strano cambiamento.
“Non parlare presto!” Ribadì Newt, che si trovava nei paraggi. Capiva in fretta il ragazzo, sembrava uno di quelli che inquadrava la gente dalla prima occhiata.
Non servi nemmeno tutto questo sforzo nell’immaginare cosa fare, sembrò muoversi tutto secondo il mio volere. Il vento si alzò, mentre la mia magia prendeva piede; in quel trambusto le funi frustarono il ponte più volte, le vele si spiegarono verso l’arcipelago delle Gusidi, verso il Mar di Lowlers e la nave acquisii velocità.
Le persone vicino a me corsero sotto coperta, tranne una: Bellamy. Sembrava aver colto il mio suggerimento rimanendo con i piedi ben fermi davanti alla sua cabina, limitandosi a poggiare le mani sulla balconata per reggersi meglio alla brusca virata della nave. Fu tutto così confuso che quando smise di agitarsi il vento non sembrava più di stare sulla Savior. Era talmente diversa, che sembrava nuova e non che avesse salpato così tante volte da non ricordarne il primo capitano.
Io al contrario sembravo non essere più me stessa, quell’onda di magia mi aveva prosciugata, ma per una volta mi ero sentita come mi sentivo anni prima, quando ero alle prese con i miei piccoli furti: inebriata, potente e capace. Avrei voluto crogiolarmi ancora in quella situazione ma con sforzo ritornai in me e mi resi conto che avevo dimostrato quello che volevo, non era necessario continuare, eppure ero agitata al pensiero di dover lasciar perdere. Avrei voluto dimostrare ancora la mia magia.
L’equipaggio uscì da sotto coperta scosso, e io sotto i miei palmi sentivo ancora la nave muoversi, le cime tirarsi, gli oggetti tornare al loro posto e le vele spiegarsi. Sentii solo una grande stanchezza, ma guardando il lato positivo potei dire di aver scoperto la mappatura della nave, la sua struttura, i suoi punti forti e quelli deboli.
Era come se ne avessi il controllo, ma non avessi il controllo sulla mia forza. E proprio questo particolare mi inquietava ma pensai bene di non darlo a vedere. “Hai osservato, Bellamy? Non darmi ordini, posso comunque rivoltare la tua nave contro di te, senza usare la mia magia su di te e perciò venir meno al mio giuramento. Non ti conviene avermi come rivale.” In realtà ero abbastanza certa che anche così lo avrei infranto, ma anche su ciò decisi di tacere.
Mi risollevai da terra scotolando lo sporco dalle mani, e scesi nella stiva affannata, lasciando tutti senza parole. Lo sguardo che aveva non era più sfottente, ma glaciale. “Capitano, quella sì che le darà filo da torcere, le conviene sedurla prima che la uccida mentre dorme!” E tutti scoppiarono a ridere, rompendo il clima freddo. Più o meno tutti. 


Angolo autrice:
Hello, rieccomi qua. Da quando ho iniziato a pubblicare questa storia ci tenevo a sapere le opinioni di voi lettori, perciò ho fatto diversi scambi con altri autori e  ho provato a migliorare certi aspetti del mio modo di scrivere per agevolare la comprensione del testo. Fatemi sapere che ne pensate, alla prossima,
Herondale7.

  
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