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Autore: Fiamma Drakon    15/06/2009    1 recensioni
Strane chiamate senza risposta ed ombre evanescenti sono alcuni degli strani avvenimenti che turbano il quieto scorrere dell'esistenza di Pride, che si ritroverà alle prese con le sue prime "cotte adolescenziali" e a confronto con qualcosa che supera anche le capacità degli Homunculus...
[dedicata a valerya90 e _Titti_]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Pride
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3_Occhi rosso sangue Pride rimase assorto per qualche istante, osservando le sottili striscioline di sangue che rigavano il pallido palmo della sua mano.
Nei suoi occhi si dipinse pian piano un’espressione di tormento estremo, mista ad un’angosciosa apprensione.
L’Homunculus afferrò la compagna per le spalle, staccandola dal suo petto, reggendola in modo che potesse guardarla bene in viso.
- MALICE SEI FERITA!!!! - urlò lui.
Quando i suoi occhi incrociarono quelli di lei, capì cos’era veramente tutto quel sangue: le sue iridi avevano assunto un’inquietante colorazione rossa, della medesima tonalità del sangue.
E lui sapeva fin troppo bene cosa significava quell’improvviso cambiamento.
Sul viso pallido e scarno di lei apparve un sorriso sghembo che sapeva vagamente di folle.
- Pr... ide... -.
Quegli occhi intrisi di pazzia e dilatati all’inverosimile le conferivano un aspetto inquietante e macabro che Pride non le aveva mai visto assumere.
Si riprese subito e la strinse a sé, incamminandosi rapidamente verso il maniero.
- Dobbiamo far presto! Le tue Pietre... hai finito le vite... - mormorò, più a se stesso che a lei, come se darsi conferma ad alta voce lo aiutasse ad accettare l’orribile realtà che aveva di fronte, la concreta possibilità di perderla.
Per sempre.
Malice rise.
Una risata sguaiata che lui non aveva mai sentito e che era così diversa dalla sua consueta, cristallina risata innocente.
La risata che, lo sapeva, era l’inizio della vera sofferenza.
Pride la ghermì più saldamente alla vita e la trascinò di peso fino al maniero, cercando di fare il più velocemente possibile: non voleva perderla.
La fitta di dolore acuto che provò a quel pensiero fu tale che l’Homunculus non riuscì a comprendere il perché di quell’improvvisa sofferenza. Sapeva solo che non avrebbe mai permesso che lei lo lasciasse per un suo stupido gesto avventato. Era l’Homunculus per eccellenza con il quale avrebbe voluto trascorrere il resto della sua esistenza, un’esistenza che aveva un retrogusto amaro senza di lei, come ogni giorno in cui stavano divisi, separati da paurose distanze.
Un’esistenza che non valeva la pena d’essere vissuta senza lei accanto, un’esistenza vuota, completamente priva di significato.
“Senza un supporto spirituale, si perderebbe ogni volontà di vivere”.
Quella frase balenò nella mente di Pride più vivacemente di quanto volesse: senza di lei, avrebbe perso ogni stilla di volontà e con essa, avrebbe perso tutto: sarebbe rimasto solo un guscio vuoto e presto avrebbe tentato di suicidarsi tante volte quante ne sarebbero occorse affinché morisse definitivamente.
Rientrò in casa e, cercando d’essere delicato ma rapido, trasportò Malice fino al piano di sopra.
Qui la condusse lungo il corridoio e spalancò con un calcio la porta della sua stanza.
Stava per entrare quando si sentì tirare.
Abbassò lo sguardo: Malice gli stava indicando la propria camera.
- Come? - mormorò lui, confuso, ma lei continuò ad indicargli la camera.
Senza chiudere la porta, Pride la trascinò fino nella propria stanza, poggiandola quanto più delicatamente poté sul letto, per poi schizzare via alla ricerca di qualche Pietra che, ne era certo, teneva di scorta da qualche parte.
Quando ritornò, teneva strette nella mano destra minuscoli frammenti di Pietra Filosofale e s’avvicinò rapidamente a Malice con fare apprensivo.
Nel poco tempo che era stato via era peggiorata ancora, in modo assai inquietante: la sua pelle, già d’un pallore cadaverico, era divenuta esangue, diafana. I suoi occhi, socchiusi, vibravano appena nello sforzo di rimaner aperti, le iridi rosse appena visibili sotto le palpebre, mentre dalle labbra appena schiuse trapelava un sottilissimo rivolo di sangue, simile a quello che tracimava silenzioso dai lati dei suoi occhi.
Stava morendo, definitivamente, per sempre.
Stava per lasciarlo, ancora, ma stavolta non sarebbe mai tornata a confortarlo, non sarebbe mai tornata a trovarlo, non l’avrebbe mai più rivista, per sempre.
E lei stava lottando strenuamente contro quella morte eterna: non voleva arrendersi, non quando in gioco c’era qualcosa di più della semplice curiosità per gli esseri umani, non quando in gioco c’era la possibilità di perdere per sempre la compagnia di Pride a causa di un suo stupido, banale errore.
In un istante Pride le fu accanto e si chinò premurosamente su di lei, accostandole alla bocca la mano a coppa nella quale teneva i minuscoli frammenti di Pietra Filosofale.
- Avanti Malice... non puoi lasciarmi così... coraggio, resisti... - mormorò, cercando di farle mangiare le Pietre.
Con non pochi sforzi da parte d’entrambi, finalmente Pride riuscì a somministrarle le Pietre e lei iniziò a manifestare nuovamente segni di vita.
Malice sbatté le palpebre ripetutamente, mentre la vista le si offuscava e le iridi riassumevano in consueto viola di sempre, spostando la sua attenzione sulla stanza intorno a lei, osservando i suoi tratti messi in risalto dal riverbero lunare che entrava dalla finestra alle sue spalle.
L’Orgoglio, chino su di lei, le aveva appena salvato la vita. Sentiva la sua mano premuta delicatamente sul suo ventre, l’altra che le sorreggeva ancora il capo.
Nell’ombra proiettata sul suo viso, l’Homunculus riuscì a scorgere le sue iridi vuote: erano le medesime iridi color oro dell’ultima volta, lo stesso sguardo imperturbabile che in quel momento seguiva solo lei ed i suoi spostamenti.
- Grazie... - sussurrò Malice al suo orecchio.
Pride si sentì letteralmente avvampare per l’intimità del momento e ringraziò la semioscurità della notte, che riusciva a mascherare l’improvviso sprazzo d’imbarazzo dipinto sul suo volto.
Sentì la mano di Malice risalirgli lungo il braccio, poggiarsi delicatamente e saldamente sulla spalla. Tolse il braccio che lui teneva ancora sotto la sua testa e lo portò alle labbra, mordicchiandogli appena il polpastrello dell’indice con fare provocatorio.
Pride sentì potente il desiderio di averla, di essere un tutt’uno con lei, poterla sfiorare, poterla baciare.
- Pride... - gli sussurrò di nuovo nell’oscurità, cingendogli le spalle, attirandolo a sé.
Lui non riusciva più a capire niente: era totalmente preda dell’istinto e l’istinto gli diceva di assecondarla, di prendersi qualcuna delle tante soddisfazioni che si affacciavano tumultuosamente nel suo subconscio in quel momento.
Sapeva solo di desiderarla, di volerla per sé, di non volersene separare mai più per nessuna ragione al mondo.
Lentamente si allungò sul letto, sopra di lei, sfiorandole appena il seno con il petto, mentre le sue labbra ricercavano spasmodiche quelle di Malice. Quando finalmente si trovarono, si cercarono avidamente, provando il sottile piacere del possesso vicendevole.
La mano di Malice gli risalì lungo la schiena, seguì il profilo del suo collo e arrivò fino al viso, togliendo i fastidiosi ciuffi che coprivano la visuale.
Era bellissimo, stupendo, meraviglioso.
Era l’Orgoglio ed era suo, era l’Orgoglio che bramava da così tanto...
Pride non ragionava più coerentemente: era dominato solo dalla struggente passione che si era d’un tratto impossessata del suo corpo e che lo spingeva verso di lei, verso il piacere della sua compagnia che aveva così a lungo bramato.
Rimasero lì, avvinghiati l’uno all’altra, ancora perfettamente ignari di ciò che doveva accadere.
   
 
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