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Autore: Surlaplanche    02/08/2017    2 recensioni
Il giovane Billy Moore stava per avere la sua occasione per sfondare: la sua prima mostra fotografica a Mosca sarebbe stata il perfetto trampolino di lancio verso agenzie e magazine internazionali, modelli da capogiro e testate giornalistiche pronte a sapere tutto di lui e della sua visione artistica.
Per noia, insoddisfazione o chissà quale altra arcana ragione, ha ora distrutto tutti gli scatti della sua collezione, poco prima di consegnarli al Multimedia Art Museum della famosa città russa.
Ora ha solo tre settimane per finire il suo nuovo progetto on-the-road: da Parigi a Budapest, passando per Vienna e altre importanti capitali, il fotografo deve concludere la sua nuova collezione di ritratti, immortalando i volti e i corpi di tutti i suoi ex fidanzati, ormai sparsi in giro per l'Europa. Vuole scoprire che fine hanno fatto e quanto la sua esistenza abbia effettivamente influenzato i loro percorsi di vita.
Tra ritorni di fiamma e rimpianti, Billy dovrà fare i conti con le conseguenze delle sue azioni e sopravvivere all'idea che ci sono sempre due versioni della stessa vicenda. E della stessa rottura.
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Partecipante alla challenge Ticket to Ride di TortaMillefoglie
Autore: Surlaplanche, pedina rosso-bordeaux
Titolo: La nostalgia di Billy Moore
Tratta: Varsavia - Vienna
Biglietto Destinazione: Berlino - Mosca
 


3
Varsavia - Vienna

La bottiglia di birra che tiene tra le mani non riesce minimamente a tranquillizzare Billy.
Il cellulare, illuminato dal nome della sua agente, continua a squillare.
Dopo un respiro profondo, degno di un nuotatore professionista, risponde, si butta tutto d’un fiato in una possibile brutta notizia.
“Pronto?” inizia lui, intimidito.
“Billy, ho novità.”
Sospirando, il giovane le chiede di continuare, prima di sorseggiare la birra.
“Ricky Bolt verrà alla tua personale.”
Pur cercando di rimanere professionale, Billy esordisce con un elegantissimo “Porca troia”. Ricky non è soltanto un famosissimo critico d’arte statunitense, ma era anche un grande amico di suo padre. Ci sono stati diversi scandali riguardanti la sua infedeltà con la moglie, e il signor Moore non ha mai provato a tirarlo fuori dai casini. Perciò, come si potrà ben capire, l’influenza di Ricky potrebbe determinare nettamente la buona riuscita dell’esordio fotografico di Billy.
“Me l’hanno appena comunicato, mi sembrava giusto dirtelo. Spero tu sappia cosa stai facendo con il tuo secondo progetto. Devi darmi un nome il prima possibile.”
“Ci sto pensando, te lo farò sapere.”
“Billy Moore, la mostra è tra tre settimane. Untitled non è esattamente quello che il Multimedia Art Museum si aspetta. Hai tempo fino a domani sera per farmi sapere.”
Appoggiando la bottiglia sul parquet della sua stanza, il fotografo si avvicina alla finestra.
Estrae una sigaretta dal suo pacchetto, gelosamente nascosto nella tasca interna della sua giacca di pelle.
“Hai delle idee?” chiede alla sua agente, provando a far funzionare il suo accendino.
“E’ la tua prima personale. Dovresti avere la mente invasa da idee.”
Billy alza gli occhi al cielo, tenendo il cellulare tra il suo orecchio e la sua spalla nel tentativo di accendere la sigaretta.
Dopo una pausa di qualche minuto, passata a guardare uno spiraglio luminoso tra le luci di Varsavia al di fuori del vetro della finestra, mormora uno stanco: “Ti faccio sapere entro domani, promesso.”
Riattacca, senza neanche salutare, e appoggia i suoi palmi sulla fronte, nell’intento di spingere il suo cervello a elaborare qualcosa di non banale.
 
 
Entrando nel famoso Club Galeria, locale gay dove intende passare la serata, Billy si accorge di essere già abbastanza ubriaco.
Osserva il soffitto come se fosse la cosa più bella del mondo, e mentre approccia la pista da ballo piena di gente, si rende conto di quanto sia inutile trovare scuse per viaggiare quando in realtà vorrebbe solo capire dov’è casa sua.
Deglutisce, prima di chiudere gli occhi, distendere in alto le braccia e cominciare a muoversi a ritmo della musica che bombarda le sue orecchie come in una scena di guerra.
Gli fa male la testa, si sente triste, deluso, ma cerca di non pensarci.
La solitudine gli ha sempre concesso il lusso di una forte intimità con se stesso, ma ciò non toglie che la venderebbe tutta solo per un momento di illusione. L’illusione di appartenere al mondo.
Continua a ballare per dissolversi nella folla come un’aspirina in un bicchiere d’acqua. Non è convinto, la sua personale di Mosca continua a ronzargli nella testa, così come l’idea di spuntare davanti alla casa dei genitori di Jack nel giro di due giorni.
Si collega l’aver deluso il padre, l’ansia della sua agente, la rabbia di Antoni...
Quando alle superiori si dilettava nelle maratone di sogni ad occhi aperti, Billy vedeva un’energia nei suoi scatti, nelle storie che voleva raccontare.
Per una serie di sfortunati eventi, però, o semplicemente con l’avanzare dell’età, questa grinta non l’ha più ritrovata. Come una lumaca, cerca magari di muoversi come gli altri, ma si sente assolutamente e inevitabilmente indietro.
Il fatto di aver persone che l’hanno spinto in avanti non lo fa più sentire bene, perché sente che sia tutto merito loro. Merito di cosa poi?
Di avergli permesso di perdere contatto con la realtà, con tutto ciò che lo aveva reso forse non felice, ma sereno.
Un ragazzo molto alto lo approccia, cominciando a ballargli davanti e girandosi ogni due secondi verso di lui. Billy non è lusingato, non è interessato a niente.
Ha questo peso sulle spalle e nella pancia che non gli permettono neanche di divertirsi nel tipo di locale che gli ha sempre permesso di avere una via di fuga.
In uno di questi, in fondo, aveva conosciuto Jack Haram.
Una bambola di pezza, così debole e influenzabile, ma dal viso così grazioso e innocente che era impossibile non finisse in cattive mani.
Durante le sue vacanze estive viennesi, Billy Moore era completamente a suo agio con quel ragazzo così attaccato alle sue pillole, al concetto di esplorare il mondo al di fuori della realtà sensibile. Jack possiede questa curiosità disumana che, con il finire dell’estate, spaventò perfino Billy.
Gli ricordava un bambino che prendeva troppi zuccheri: sempre con quel bisogno di fare qualcosa, sempre con l’ansia del silenzio, sempre con gli occhi che imploravano un minimo di azione.
Due occhioni azzurri da cerbiatto, degni di un personaggio di qualche manga. Se si pensa poi che è alto un metro e sessanta, il confonderlo per un ragazzo molto più giovane non è del tutto inopinabile.
Questo flusso di ricordi lascia Billy un po’ estasiato, ma nel momento in cui lo stangone davanti a lui gli accarezza un fianco, torna immediatamente nel momento.
Gli molla uno schiaffo ed esce dal locale di corsa.
Estrae il telefono, urlando dalla felicità.
“Billy? Sono le quattro del mattino.”
Nostalgia.”
“... cosa? Hai preso qualche droga?”
“No, Boljkovac, è il nome che voglio dare alla mia personale.”
Nostalgia? Mm... la Nostalgia di Billy Moore. Sì, va bene.”
Ancora felicissimo, Billy si diletta in diversi salti e mosse di ballo nella via principale di Varsavia, trattenendo degli urli esaltati.
“Ma sicuro di non aver preso nessuna droga?”
 
 
Con il suo biglietto per Vienna in mano, pagato undici euro e ottantatre centesimi, Billy ha ancora un sorrisone stampato in faccia nonostante siano passati due giorni dal primo articolo riguardante la sua mostra, a cui mancano poco più di due settimane. Sembrano tutti molto interessati, e la presenza di Ricky Bolt non ha certo aiutato a non far parlare la gente.
Riguardando per l’ultima volta una particolarmente uggiosa Varsavia, forse triste e umida per la sua partenza, Billy lascia una delle due borse nel portabagagli del bus e sale poco dopo, sospirando.
Lo aspettano poco meno di dieci ore di viaggio, ma scoprire come è finito Jack a distanza di quasi cinque anni ne varrebbe anche altre quattordici.
Dal suo portatile, Billy comincia a selezionare alcune fotografie dai diversi servizi fatti ai suoi ex, estraendo alcune citazioni dalle loro risposte e così via.
Trova magicamente leggero dover scegliere cosa mostrare al pubblico, è fin troppo facile ed ingiusto, ma questa mostra riguarda sia lui come artista che loro come soggetti, quindi Billy si sente davvero gentile a fare in modo che non siano solo le loro foto a parlare.
 
 
Armato di Google Maps, Billy Moore di dirige a passo deciso verso la villa della coppia Haram.
Trovando il cancello bordeaux aperto, non perde tempo a cercare il citofono ma si addentra nel magnifico giardino.
Si aspettava di trovare un Jack versione Lolita, intento a leggere qualcosa in costume sul prato, ma sfortunatamente per lui non succederà.
Bussa alla porta un po’ rovinata, notando che sull’etichetta incollata sulla cassetta delle lettere non appare il nome del figlio.
Instagram mente” pensa fra sé e sé il fotografo, notevolmente scocciato.
Bussa un’altra volta, cercando invano di spiare gli interni della maestosa abitazione dalla finestra, coperta da orribili tende giallo canarino.
Quando la porta d’ingresso di apre di colpo, Billy sobbalza, tornando sugli attenti come quando i professori lo rimproveravano per la sua distrazione.
“Billy?” lo riconosce la signora Haram, esplodendo in un sorriso.
Indossa un grembiule rosa, mentre i suoi capelli mossi le accarezzano le spalle a ogni suo movimento.
Mentre si avvicina per abbracciare Billy, lui nota i suoi numerosi anelli e quanto decorano le sue rugose mani, almeno come succede anche a quelle orecchie allungate, probabilmente a causa di orecchini troppo pesanti.
“Entra, entra, entra!” lo invita ad alta voce, o meglio lo obbliga ad entrare, con degli occhi da pazza.
Bastano giusto quei dieci minuti per fabbricare un déjà vu nel cervello di Billy.
Nel momento in cui si ritrova in silenzio davanti alla logorroica signora Haram e a suo marito, intento a leggere il giornale ma a studiare ogni suo movimento con la coda dell’occhio manco fosse un cane da guardia, a Moore sembra di essere tornato a quella spensierata vacanza dove incontrò loro figlio.
La situazione era sempre questa: un giovane Billy con l’apparecchio per i denti e un imbarazzate ciuffo alla Justin Bieber che stava sul divano ad aspettare che Jack scendesse dalle scale in legno, sempre bellissimo ed elegante.
Peccato che sotto quei pantaloni beige a zampa di elefante nascondesse i più attillati e corti jeans inguinali al mondo.
Forse preso da questa nostalgia, Billy interrompe la ruota di parole della proprietaria di casa.
“Volevo far visita anche a Jack, è di sopra?”
Suo padre lascia cadere a terra il giornale, sua mamma rimane a bocca aperta.
“Non lo sa?” bisbigliano tra di loro, annuendo e negando nel bel mezzo di alcune velocissime frasi in un tedesco dall’accento stranissimo.
“Signori Haram..?”
   
 
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