Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: _Charlie_    03/08/2017    2 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 41:


Inferno

 

Nell'infermeria, la luce esplodeva dall'alto, baciando ogni paziente, accompagnando lo strascichio ciabattante delle dottoresse che vagavano da una parte all'altra senza mai trovar pace. Una di loro in particolare, colei che un giorno fu minacciata per delle misere lacrime di drago, esordì con periodi ignoranti, tentando in ogni modo di attirare l'attenzione delle sue colleghe. Odiava il suo lavoro. Odiava quelle persone e quel rifugio. Perché proseguire, allora? Perché condurre una vita che non ti piace? Ammazzati, pensò Arya, falla finita e non scocciare più!
Il cuscino era duro, il materasso scomodo e le coperte le irritavano la pelle. Sentiva caldo ed era zuppa di sudore.
Annoiata, tornò a contemplare il soffitto spoglio.
Non le serviva affatto uno specchio per considerare l'orrida condizione in cui giaceva: i capelli erano sporchi e unti, gli occhi cerchiati di rosso per via delle lacrime che aveva versato nella notte, e le labbra avevano assunto un colorito violaceo, da far invidia a quelle di un fantasma. Poi portava un camice – corto e inutile, ma che era stato tanto apprezzato dal signore che aveva di fronte, allo sbocciare dell'alba, nella seconda fila di lettini a schiera. Dapprima egli aveva avuto la decenza di dissimulare quel suo ignobile comportamento, dopo però aveva mugugnato un qualcosa, scoppiando come il tappo di una bottiglia di champagne e infischiandosene altamente di tutto e tutti.
La giornata passò troppo lentamente.
Arya non volle mangiare o bere nulla. Non ne sentiva neanche più il bisogno.
Ignorò la visita di Beckah, i dolcetti preparati da Cynthia e Mariah e per poco non mandò a quel paese Quinn – i suoi “andrà tutto bene” e “sta' tranquilla” la stavano conducendo dritta dritta al manicomio. Quando le infermiere si accorsero di ciò, ritennero importante spostarla in un'ala privata – dove nessuno l'avrebbe raggiunta.
Nessuno eccetto Cinnamon.
A mezzanotte, arrivò con quel suo solito cespuglio turchese e la bocca cucita. Tra le mani, una sola candela. Arya ne fu grata.
Rimasero in silenzio – sdraiate l'una accanto all'altra – per una buona mezz'ora, poi la donna le infilò le dita tra i capelli e glieli pettinò in una treccia gonfia, laterale.
« Non ce la faccio più, Cinnamon. Sono stanca ».
Il fatto che non potesse ricevere in cambio alcun rimprovero o conforto la incoraggiò a proseguire: « sono stufa di sentirmi dire le stesse cose. Nulla andrà per il verso giusto... sono tre anni che va tutto a rotoli! La mia vita fa schifo ».
Cinnamon le conservò una mano tra le sue.
« Un giorno mi sento invincibile e, nel corso degli altri, invece, sono vittima della disperazione » tentennò: « credi che io stia impazzendo, non è vero? Oh, Cinnamon... solo tu mi capisci! Dove pensi che abbiano portato la Spada? Ah, giusto! Sarà sicuramente nelle grinfie di Rhona! Quella tettona di merda! L'hai vista ieri quant'era tronfia? Per caso credeva di star ammazzando un maiale? La odio! La odio! »
La strega aprì la bocca e fece per sillabare un pensiero. Quando sperimentò il mutismo, appassì nuovamente.
« Mi chiedo in che stato si trovi Dalila » Arya sollevò le gambe dalle lenzuola e prese a giocherellare con gli alluci: « povera ragazza! Abbandonata a se stessa in un mondo che non fa altro che tentare di buttarti giù! Credi che io diventerò mai vecchia? O morirò prima? Potrei occuparmene io, in caso! »
L'opzione, nel corso della giornata, le aveva solleticato la mente più volte, tramutandosi da sola in un qualcosa di stranamente reale e possibile.
Avrebbe raggiunto New Orleans con l'aiuto di Rhaego, avrebbe curato Dalila con le sue lacrime ed infine si sarebbero trasferite ai margini di un bosco – tanto per non essere disturbate da alcun individuo, vivo o morto.
Il cuore di Arya ebbe un sobbalzo: forse era il presentimento di un qualcosa di positivo!
Forse, in questo modo, avrebbero potuto trovare entrambe la felicità. La pace.
Si mordicchiò un labbro e percepì un brivido invaderle le carni. Sì, era proprio ciò di cui necessitava! La svolta di una vita!
Cinnamon inclinò il volto con scarso buonumore.
« Che c'è? » Le chiese lei: « trovi che sia da ragazzini? »
Silenzio.
« Io non sto utilizzando Dalila per ottenere la mia sola felicità. Credo che entrambe abbiamo bisogno di un qualcosa di nuovo ».
Arya avrebbe tanto voluto capire che cosa stesse pensando Cinnamon, ma un rumore vicino attirò la loro attenzione e l'entrata di Nathaniel le allontanò completamente dal discorso.
« Ho sentito che sei venuta in groppa ad un drago » dichiarò, la voce roca.
« Le voci non mentono ».
« E ora dov'è? »
« Non lo so, perché ti interessa? »
Il giovane spettro fece una smorfia, i capelli avevano ormai perso ogni antica sfumatura dorata: « sarebbe stato bello vedere un drago prima di morire ». Arya esitò. Nonostante fossero accadute centinaia di cose in quegli ultimi giorni, non aveva mai smesso di concedere un pensiero, seppur piccolo, a quegli occhi d'ambra, a quelle labbra irte di passione e peccato.
Era ancora seduta sul letto quando l'altra strega intuì che fosse giunto il momento di ritirarsi, quindi si alzò in piedi e finse uno sbadiglio.
« Cinnamon? » La chiamò Arya per l'ultima volta: « vieni qui. Abbracciami ».
Cinnamon tornò indietro, flettendo un poco le ginocchia. La sua pelle odorava di cannella e miele, un profumo che Arya si pentì di non aver conosciuto prima. « Grazie ».
Dunque, restarono soli – lei e lo spettro, in penombra, illuminati da una misera candela morente.
Egli era privo di forze e faceva fatica a respirare. I tratti del suo volto erano stati sfigurati dalla carezza della morte; ora aveva le guance infossate e le labbra viola.
Arya continuò ad osservarlo: non aveva la maglietta e nemmeno le scarpe, indossava un paio di calzoni neri che gli stringevano le cosce rendendole due stecchini.
« Hai più sentito Darren? »
« No » tagliò corto lei: « non me ne importa nulla ».
« Meglio così ».
« Quanto tempo ti resta, Nathaniel? »
« A dire il vero, secondo le previsioni dei dottori, sarei già dovuto crepare ».
Arya inarcò le sopracciglia, celando il terrore che aveva di perderlo. Invano.
Nathaniel, infatti, se ne accorse e sorrise in maniera beffarda.
« Cosa ti ha mantenuto in vita fino ad ora? » Gli chiese, prevedendo già la risposta.
« Tu » ammise lui con roco bisbiglio: « vederti tornare ».
Quelle parole, Arya non le dimenticò mai. Anche se avesse voluto, non le avrebbe mai potute rimuovere dalla mente: suonarono come una melodia, scaldandole il cuore tormentato e lasciandola andare ai sogni – sogni che, era cosciente, non si sarebbero mai potuti realizzare.
Dalla festa di Quinn Lloyd, dalla notte in cui si erano visti per la prima volta, erano trascorsi millenni.
Ora, era cambiato tutto e nulla importava.
Arya gli si avvicinò, scostando le lenzuola.
« Che vuoi? »
« Sta' zitto una buona volta ».
Gli sollevò una mano, accompagnandola sino alle sue labbra, baciandogli i polpastrelli.
Il respiro di Nathaniel si fece pesante ed irregolare.
« Sdraiati ».
Il timore e l'imbarazzo scivolarono via dal corpo della ragazza, come anche il camice bianco che portava indosso.
Nathaniel deglutì, socchiudendo le palpebre.
« Non ti piaccio? »
« Dai, vieni qua ».
Arya salì nuovamente sul letto, mettendosi cavalcioni su di lui.
Azzardò dei movimenti del bacino, dapprima cauti, poi sempre più esperti e decisi.
Nathaniel la conquistò per i fianchi, correndo giù sino ai glutei – sfiorandola lì dove nessuno era mai potuto arrivare.
Arya rimase senza fiato, il cuore che le martellava in petto.
La pelle d'oca si affacciò sulle sue braccia e sulle sue cosce. Avvertì la paura invaderle il corpo rovente, proprio come in passato. No. Stavolta, lo voleva con tutta sé stessa. Stavolta ne era sicura.
Si rimise in piedi e lasciò che Nathaniel si liberasse dei calzoni. Quindi si concesse alcuni istanti per esplorare ciò che non aveva mai osservato prima, poi inspirò profondamente e l'accolse tra le labbra, sulla lingua.
Egli gemette.
Era tutto così nuovo e così appagante che la ragazza avrebbe voluto continuare in eterno.
Tornò su di lui.
Le mani dello spettro, un tantino più calde rispetto agli altri giorni, le risultarono pratiche e risolute. I seni si adattavano perfettamente ai suoi palmi, i pollici impegnati a solleticarle i capezzoli – stringendoli di poco, deboli.
Arya, invece, si aggrappò ai suoi pettorali con molta meno premura e gli artigli sguainati – i capelli che le frusciavano avanti e indietro.
Il desiderio aumentava di minuto in minuto e la passione le incendiava le vene.
Lo baciò con prepotenza e, allora, avvertì la sua virilità premere ed entrare con fatica dentro di lei. Al principio, cercò di divincolarsi, fece una smorfia e arricciò il naso. Era una sensazione ignota, condita da versi, dolore e sussulti di piacere.
Sotto di lei, Nathaniel ansimò.
« Mi ami? »
« Sta' zitto ».
Si addormentarono l'uno nelle braccia dell'altra qualche ora più tardi. La candela ormai aveva estinto la sua fiamma, abbandonandoli al buio pesto, ai baci e alle carezze. Arya lo strinse a sé proprio come una bambina farebbe con il suo orsacchiotto di pezza preferito, solleticandogli le labbra con la punta del naso – vano sforzo di trattenerlo alla culla di Morfeo.
Pertanto, poggiò la schiena alla testata del letto – pregando affinché non si risvegliasse con un dolore lancinante all'altezza dei reni – ed intonò una ninnananna, una di quelle che le venivano sussurrate nelle orecchie da piccolina e che aveva sempre creduto che un giorno avrebbe cantato ai suoi figli. Sorrise. Quel tempo non sarebbe mai arrivato.
Morfeo era in procinto di acchiappare anche lei, quando un qualcosa la distrasse.
Un rumore. Un suono flebile.
Tutto sembrava più freddo.
Con la coda dell'occhio, Arya colse un movimento sulla parete.
Non era una creatura del Rifugio, tanto meno un insetto.
Era un'ombra viscida, più nera dell'oscurità stessa.
« Nathaniel? » Chiamò la ragazza: « Nathaniel, svegliati. Penso stia accadendo qualcosa ».
Ma Nathaniel non si mosse.
« Idiota, svegliati! »
Furono inutili anche le percosse successive.
Imprecò piano, la gola stretta dal terrore.
« Lux! » Ed immediatamente una pallina di luce bianca svelò la triste scena: « no... ti prego, no ».
Nathaniel aveva ancora la bocca semi-aperta, l'espressione addormentata ed i capelli in disordine.
Con le dita che tremavano, Arya gli toccò un braccio e poi un polso.
Strizzò gli occhi, la sua faccia era ormai un trionfo di sudore e lacrime.
« Nathaniel... ».
Lo baciò cento, mille volte, raccogliendo le forze per un unico grido straziante che terminò col suo nome. Il soffitto dell'ala privata le restituì l'eco, aggiungendo però un qualcosa di nuovo – altre parole, altre voci.
Scattò in piedi. Il cadavere, per poco, non cadde insieme al cuscino e alle lenzuola.
« Scusami! Non volevo! » Lo rimise a posto, avvolgendolo fino al capo. « Scusami ».
Con le grida di Cinnamon in sottofondo, recuperò dal pavimento i calzoni di Nathaniel – erano strettissimi persino per lei.
Le servivano altri vestiti, ma non vi badò.
Dalle pareti colava una sostanza liquida, nera e simile all'inchiostro.
Arya la ignorò – anziché toccarla o perlomeno capire di cosa si trattasse, preferì accostarsi ancora a quel letto. Non avrebbe mai voluto vederlo morire tra le proprie braccia. In realtà, non avrebbe mai voluto vederlo morto.
Un altro grido e fu costretta ad abbandonare l'ala privata dell'infermeria.
« Addio, Nathaniel ».
Quando tornò lì, nella sala di pietra, Cinnamon era a terra – il viso cereo, gonfio e gli occhi spalancati.
« Cinnamon! » Fece per raggiungerla, ma per pura distrazione finì con un piede in una delle tante pozzanghere. Urlò dal dolore. Era lava nera.
Scavalcò quella seconda salma e corse lontano, prima che tutta l'infermeria si infradiciasse.
Il Rifugio era un caos.
Tutti gridavano, cercando la salvezza.
La questione era molto più complicata di quanto Arya avesse immaginato: il lucernario era ceduto alla pressione di quella sostanza, permettendone l'accesso e la rovina totale del pino e delle sue radici dorate.
Gli stregoni del piano terra e Melchiorre, pensò Arya, erano morti sicuramente.
Si sporse infatti dalla balconata: era un mare d'ombra quello che si stagliava sotto di lei.
Come avevano fatto ad attaccarli? Come erano riusciti ad oltrepassare la Barriera di Rhona?
La ragazza fissò ancora l'oscurità. Erano stati i Cacciatori, ovvio! Spogliati dei loro Braccialetti, erano immuni alla magia!
Corse quindi verso il tunnel di pietra. Questa volta, li avrebbe trovati e massacrati uno per uno.
« Fatemi passare! » Ordinò Arya alla folla che si stagliava dinanzi al portone: « fatemi passare! »
Una strega con i capelli viola l'afferrò per un braccio, ed un uomo la spintonò.
Nessuno prestava la dovuta cura alle norme di sicurezza. Il panico regnava sovrano.
« Fatemi passare, ho detto! » Il Fuoco Aureo scoppiò contro un fregio decorativo e gli stregoni si accasciarono al suolo, ancora più terrorizzati di prima. Arya approfittò di quell'irripetibile occasione e si fece largo all'interno del tunnel – buio, freddo e pieno di gente che saltellava su un piede all'altro per evitare di scottarsi.
Quando fu di nuovo all'aperto, con i pantaloni mezzi bruciati e le gambe insanguinate, la ragazza si mise subito in cerca di quei criminali. Sulla collina, i primi stregoni che erano riusciti a scampare al disastro la indicarono: « signorina Mason, cos'è successo? »
« Mio figlio è ancora lì sotto! »
« Ci aiuti! Non riusciamo a trovare nostro padre! »
« Silenzio! » Tuonò lei: « lasciatemi in pace! »
Si aprì un varco in mezzo a tutta quella calca e li individuò.
I Cacciatori stavano correndo verso il confine della Barriera, vestiti con giacche di jeans e scarponi da neve. Sulla loro strada, avevano abbandonato bottiglie di vetro, guanti e formule magiche appartenenti alla mano e alla calligrafia di una donna.
Arya sorrise: « dove credete di andare, adesso? »
Richiamò una frusta di fuoco e acchiappò il collo del primo – era un signore con i baffi bianchi, la carnagione rosea e che, da abbrustolito, emanava un buonissimo odore di salsicce.
Passò quindi al secondo – il quale, armato di rivoltella, prese a spararle uno, due, tre colpi.
Arya li evitò tutti, correndogli incontro a zig-zag. Quando lo raggiunse, non sembrava avere più alcuna munizione.
« Avete lasciato di fuori i Braccialetti, non è vero? »
Il tipo le fissò i seni nudi: « che puttanella ».
Arya gli assestò un pugno in bocca: « come preferisci morire, bastardo? »
« Soffocato dai peli della tua figa ».
Il sangue schizzò da tutte le parti quando egli lasciò questo pianeta.
La ragazza gli strappò via la mascella – cinque dita sulla parte inferiore della bocca e altre cinque sul palato e gli incisivi. Non restò altro che poltiglia.
Gli ultimi tre Cacciatori attraversarono la Barriera; uno di loro, però, prima ancora che riuscisse a recuperare il suo Braccialetto, finì tra le fauci di un lupo mannaro. Daoming e i suoi figli non sarebbero potuti arrivare in momento migliore.
« Vi prego! » Implorò il secondo, la carnagione scura e le lacrime agli occhi: « io non volevo... ».
Rex non ebbe alcuna pietà, squarciandogli la gola. Quando ebbe finito, aveva le zanne e la peluria attorno al muso completamente insanguinati.
« Grazie dell'aiuto » Arya attraversò il confine e salutò il branco – Daoming era quello più grosso, nero come Rex. « Ma voglio occuparmi io di questo qui ».
L'ultimo era un uomo di circa trent'anni, affascinante e dal fisico atletico. Aveva i capelli neri, gli occhi scuri incorniciati da un paio di sopracciglia troppo folte, naso aquilino e labbra sottili. Nonostante indossasse la tenuta da Cacciatore in borghese, come venne definita più tardi dagli abitanti del Rifugio, appariva assai fuori posto.
« Che piacere vederla, signor Bradshaw. Come sta? » Lo canzonò Arya.
« Che vuoi farmi? » Esclamò il docente di letteratura inglese: « parla! »
« Ciò che voi avete fatto a noi. Non immagini neanche quante persone moriranno stanotte ».
« È mio dovere annientare il morbo che infetta questa città ».
« Qui l'unico morbo sei tu » Arya incrociò le braccia dinanzi al petto: « ci sono altri Cacciatori dell'Antico Circolo? »
Il signor Bradshaw scosse il capo.
« E dove avete lasciato i Braccialetti? »
« Lì, sotto ad uno di quegli alberi ».
Arya si voltò in direzione dei lupi: « andate a controllare! »
Pochi istanti più tardi, Gangesh le consegnò quei magici strumenti.
Erano identici a quelli che portavano anche Logan e Oliver.
Arya li affondò in una tasca dei pantaloni: « che razza di sostanza avete usato? Che roba era? »
Il signor Bradshaw, percependo il fiato di Gangesh sul collo, esitò: « è sangue di demone... l'abbiamo cosparso al suolo e abbiamo aspettato che si assorbisse, per poi recitare un incantesimo fornitoci da lady Castigo ».
« Avete utilizzato sangue di demone per attaccarci? » Ripeté Arya, divertita: « siete proprio nella merda, eh! »
L'uomo non rispose... o forse lo fece, ed il ringhio crescente del branco lo coprì del tutto.
Nel frattempo, nel cielo limpido della notte, Rhaego prese a sputare fiamme.
Arya alzò il capo: « oh, guarda chi si rivede! »
« Un drago? » Chiese il Cacciatore, sbalordito.
« Esatto! È un mio bis-bis-bis nonno, credo. Ti potrei dare in pasto a lui, ma purtroppo non mangia escrementi ».
Quindi si avvicinò alla sua figura, inginocchiata su un mazzo di foglie secche, gli prese la testa tra le mani e gli spezzò l'osso del collo.
« Riposa all'Inferno, professore ».

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: _Charlie_