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Autore: Eeureka    04/08/2017    1 recensioni
– [[ ĸyoυтen ; мιnι long ; ιnтroѕpeттιvo ]] [[ coмpleтa √ ]]
– [[ proвaвιle ooc ; ѕeqυel dι "тнe newѕтarт; dove rιcoмιncιare" ]]
Raggiungere l'età adulta non vuol dire trovare stabilità per l'intera vita. Ci saranno ancora dubbi, incertezze e cambiamenti. Continue esperienze dalle quali si può imparare qualcosa per crescere sempre un po' di più.
– daʟ тeѕтo: « Quindi è vero; qualcosa non va? » domandò inquieto.
« Più o meno » borbottò Kyousuke, appoggiando gli avambracci sulle cosce e ritrovandosi a tu per tu con lo sguardo del suo fidanzato. Si sentì in imbarazzo, si era promesso che non gli avrebbe lasciato vedere la sua agitazione, e credeva di essere bravo a tenere a bada i sentimenti; qualcosa doveva essere andato storto, perché in quell'istante si sentiva vulnerabile e trasparente.
« Okay, senti » esordì insicuro. Le parole si divertivano a saltellare sulla sua gola, a salire fino alla punta della lingua e a scappare indietro quando lui stava per liberarle. L'ansia era palpabile: stava condensando l'aria rendendola pesante e irrespirabile. « È una situazione... complicata. »[...]
"
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matsukaze Tenma, Nuovo personaggio, Tsurugi Kyousuke, Tsurugi Yuuichi
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'The Newstart'
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The Newstart: nuova vita.






24 Dicembre 09:01 PM;
Il silenzio che era scaturito dal panico generale fu spezzato da Miyu. « Mamma! » urlò la ragazza disperata, correndo verso i due fratelli Tsurugi che assieme sorreggevano la sunnominata donna.
« Mamma! » ripeté più volte, come se si facesse eco da sola, replicando la parola con intonazioni sempre diverse dettate dall'angoscia.
Il locale era pieno degli sguardi caotici e confusi dei clienti, traboccante di mormorii titubanti e incuriositi. Nonostante ciò per Miyu in quel momento non esisteva altro che la figura di sua madre che aveva rischiato di cadere a terra e che ora lamentava un forte dolore al petto. Gli occhi verdi della giovane si velarono di un sottile strato d'acqua, trasformandosi così in due smeraldi lucenti.
Yuuichi scrutò la scena da sotto le sopracciglia corrugate per la preoccupazione, e si morse un labbro per non far fuoriuscire l'inquietudine che fluiva per il suo corpo. Ostentava autocontrollo e calma che sapeva di non possedere in quell'istante, giusto per dare l'idea agli altri che andasse tutto bene e che non avessero motivo di agitarsi, sebbene egli stesso sapesse che non era affatto così.
« Dobbiamo chiamare un ambulanza » disse. E sebbene fosse un affermazione piuttosto ovvia, dal seguito di teste consenzienti capì che in molti non ci avevano pensato subito.
« No » scosse il capo Kyousuke. « No » ripeté crucciato. « Dobbiamo andare al pronto soccorso subito, non c'è tempo da perdere. » Nella sua mente aveva calcolato che tra l'arrivo dell'ambulanza e il percorso verso l'ospedale sarebbe trascorso troppo tempo. Forse pareva illogico, ma in caso di attacchi cardiaci bisognava agire tempestivamente.
« Che significa non c'è tempo da perdere?! » gridò la ragazza in preda al panico, in cerca di spiegazioni. L'aspirante medico la ignorò. Tentò di sollevare la donna per trasportarla, e quando Yuuichi se ne fu accorto fece lo stesso per aiutarlo. Solo in quel momento un punto interrogativo gli fulminò la mente.
« Qualcuno ha una macchina? » chiese repentino e si sentì un po' stupido per non essersi ricordato subito che nessuno dei suoi amici avesse un mezzo per trasportare la signora Mizuyaji. Nonostante sembrasse pensare a sangue freddo, allora, gli effetti dell'agitazione si notavano anche su di lui.
Eppure ragionando per non troppo tempo bisognava aspettarsi che almeno uno dei clienti si sarebbe offerto di dar loro aiuto. All'interno del locale c'erano almeno cinquante persone... Ci doveva essere qualcuno disposto a non lasciare la signora Mizuyaji soffrire.
Miyu corse via in una stanza riservata al personale per non si sa quale motivo.
Alla domanda seguì un lungo silenzio e gli sguardi bassi della gente che pareva non volersi immischiare nonostante la serietà di quella situazione. Alcuni si comportarono come se la questione non li riguardasse, altri – tra cui chi lavorava lì – scossero il capo dispiaciuti e impotenti.
Kyousuke allora sospirò e tirò fuori il cellulare arrendendosi a quella che era l'unica opzione rimasta e maledicendo l'uso spropositato dei mezzi pubblici in Giappone e l'egoismo di chi poteva aiutare ma se ne era rifiutato.
« Possibile che nessuno abbia una macchina? » fece Tenma ad alta voce. « Per favore! Questa signora sta male! » continuò determinato, ma neanche quello servì a smuovere i cuori di ghiaccio della gente. Si sentì solo un mormorio soffuso da parte della calca di clienti, che si lanciarono occhiate discrete aspettandosi che qualcuno si offrisse come volontario.
La Mizuyaji aveva uno sguardo afflitto e saltuariamente tratteneva un gemito di dolore - quando ci riusciva. Era difficile mantenere la calma.
« Per favore! » perseverò Tenma, ma non servì a niente.
Kyousuke si era ormai arreso e aspettava alla cornetta che qualcuno gli rispondesse in modo da far cessare il ritmico e saltuario "tuuum" che precedeva l'inizio di una chiamata. In quello stesso istante però Miyu tornò nella sala agitando un mazzo di chiavi con foga.
« Andiamo! » gridò indicando la porta d'uscita. A quanto pare avevano una macchina! Kyousuke chiuse il telefono e assieme a Yuuichi aiutarono la Mizuyaji a uscire dal locale.
« Oh cielo, tesori miei- » disse con difficoltà la donna, « ma chi fra di voi che ha la patente? » formulò, la fronte imperlata di sudore. Il gruppetto si fermò di colpo. Possibile che fossero così presi dal panico da non riuscire neanche a pensare alle cose più banali? Pareva che si stessero costruendo un apposita ragnatela tra cui rimanere intrappolati da soli, con le loro scelte impulsive.
« Io ho la patente » rivelò Yuuichi, e di sottofondo alla sua voce a Miyu, Tenma e Kyousuke parve di sentire un coro di angeli. Nessuna notizia sarebbe potuta essere migliore di quella.
Giunsero alla macchina della Mizuyaji e caricarono la donna sul retro, dove si misero anche Tenma e Miyu per starle accanto e tranquillizzarla. Yuuichi prese il posto del guidatore e mentre Kyousuke girava attorno al veicolo per andare a posizionarsi accanto al proprio fratello qualcosa picchiettò sulla sua schiena.
Si voltò e incrociò gli occhi di un ragazzo alto e robusto mai visto prima, dal viso adirato. Kyousuke inarcò un sopracciglio confuso e poi spostò lo sguardo verso la persona che lo affiancava, che era la ragazza che aveva guardato sconvolta lui e Tenma quando si erano abbracciati nel locale.
« Senti brutto frocio, sei stato tu prima a guardare male la mia ragazza? » Il ragazzo – qualche centimetro più alto di lui – lo prese per il colletto della camicia e lo strattonò verso l'alto. « Le vostre effusioni schifose le dovreste fare in posti nascosti, non in pubblico. »
Kyousuke non era mai stato un tipo impulsivo – non eccessivamente, quanto meno. Magari da giovane gli era capitato di agire senza rimuginarci troppo, ma con il tempo aveva imparato ad essere paziente e a valutare per bene come reagire. Ciò nonostante, forse per la situazione caotica che stava vivendo, forse perché la gente stupida che non aveva di meglio da fare in quel momento era l'ultimo dei suoi problemi, non riuscì a frenarsi dallo sferrare un pugno sullo zigomo dell'energumeno.
« Ma vaffanculo » sibilò tra i denti, prima di andare a sedersi in macchina, lasciando quel tipo sorpreso assieme ai gridolini sconvolti e acuti della sua ragazza.
« Kyousuke! » Urlò stralunato Yuuichi che aveva assistito alla scena insonorizzata da dietro il parabrezza. « Ma che ti salta in mente?! » Continuò, come se suo fratello avesse commesso il peggiore dei crimini. Il minore sbuffò massaggiandosi la mano e chiuse lo sportello dell'auto. « Non c'è tempo da perdere » disse spazientito. E suo fratello, deglutendo, annuì concorde.

Il tragitto fu scandito dagli ansiti della signora Mizuyaji che sembravano il ritmico tic-tac di un orologio che ricordava che il tempo stava per scadere. Questo portò Yuuichi ad ignorare spesso i limiti di velocità, seppur consapevole che ciò gli avrebbe tolto tanti punti come guidatore. Ci misero poco a raggiungere l'ospedale.
Quando arrivarono al pronto soccorso si precipitarono nella sala d'attesa, che sarebbe stata completamente vuota se non fosse stato per una coppia di anziani. C'era un vetro dietro al quale stava seduta una segretaria di mezz'età che sembrava non essersi accorta della loro presenza. Kyousuke le si avvicinò e picchiettò con veemenza sulla lastra che li divideva.
« Scusi » fece e indicò la signora Mizuyaji « Le fa male il petto, potrebbe-- » non ebbe il tempo di finire che la donna si alzò di scatto, si sistemò alcuni ciuffi biondi sfuggiti alla coda fatta alla meno peggio, inforcò gli occhiali e lanciò uno sguardo indagatore alla Mizuyaji come se stesse valutando le sue condizioni a vista.
Senza abbandonare la sua espressione professionale premmette un pulsante e il portone adiacente alla sua postazione si aprì.
« Entrate » disse semplicemente, prima di alzare la cornetta del telefono, posarsela sulla guancia e digitare chissà quale numero.
I ragazzi fecero così com'era stato loro ordinato.
Entrare effettivamente dentro fu strano. Se la sala d'aspetto era quasi del tutto vuota, e lasciava presagire che non ci fosse molta gente, tutta la confusione che mancava lì si manifestava invece all'interno del pronto soccorso.
Il portone che avevano varcato li aveva fatti arrivare in una sorta di saletta di transito dal quale si snodavano due lunghi e capienti corridoi dove di tanto in tanto venivano traportate barelle.
Kyousuke, alla vista di quel bianco che lo circondava, che tappezzava le pareti e si rifletteva ovunque, fu colto da un profondo senso di nausea. Sarebbe stato il posto dove avrebbe lavorato in futuro, ma era anche lo stesso di uno spiacevole ricordo del passato. Rimembrò di quando il suo esile corpicino da bambino si era schiantato sulle gambe di Yuuichi che poi non era poi più riuscito ad alzarsi. Pensò a come aveva corso per arrivare a casa sua per avvisare i suoi genitori, e come dopo fossero partiti spediti per l'ospedale dove ricevettero la devastante notizia.
Non era stato bello, e ricordandosi del perché ora si trovava lì realizzò che non lo sarebbe stato neanche questa volta.
Arrivarono due medici che presero con loro la signora Mizuyaji. La segretaria che era all'ingresso si avvicinò loro e chiese: « Siete tutti parenti? Comunque, non potete stare tutti qui. »
« Io sono la figlia! » si difese Miyu, in un disperato tentativo di restare accanto a sua madre. La donna annuì con sguardo austero, poi spostò le iridi opache e fredde verso gli altri tre facendo loro segno di uscire.
Kyousuke, Tenma e Yuuichi a malincuore tornarono nella sala d'attesa, scoprendola definitavamente vuota: la coppia di anziani se n'era andata.
Tutto il panico, l'ansia, la fretta svanirono parzialmente, lasciando spazio a un grande sconforto. Kyousuke restò ancora qualche secondo a fissare la porta che lo divideva dal pronto soccorso, soffermandosi sulla targa illuminata dai neon con su scritto in rosso "Emergenza". Si chiese se fossero stati abbastanza veloci a raggiungere quel posto, nonostante gli iprevisti sorti l'uno dopo l'altro. Poi sospirò, si girò e trovò Yuuichi e Tenma seduti su una delle panche metalliche. Scrutò i loro volti rabbuiati, poi camminò per un po' avanti e indietro nella saletta, facendo saettare lo sguardo da un muro all'altro, incrociando poster e cartelloni che illustravano procedure d'emergenza da svolgere nei più svariati casi.
Improvvisamente l'idea di quel posto come sua dimora quotidiana non lo allettò più.
Tentò di estraniarsi dal suo ruolo di ragazzo preoccupato per una signora in pericolo e a mettersi nei panni di un medico. La differenza era che un professionista vedeva ogni giorno un immenso via vai di vite umane e situazioni pericolose; forse così tante che man mano smettevano anche di toccarlo, tanto da non preoccuparsene più. Avrebbe imparato a guardare tutti da dietro un velo di apatia che l'avrebbe protetto dai sentimenti più oscuri. O forse no? Certo che no. Lui, per quanto si dimostrasse freddo il più delle volte, non sarebbe mai riuscito a fare una cosa del genere: se la vita di qualcuno fosse dipesa da lui, a ogni persona salvata non avrebbe potuto trattenere un'immensa felicità interiore, e a ogni persona perduta un nome si sarebbe aggiunto a una lista spaventosa.
Prese anche lui posto in una di quelle panchine, precisamente accanto al suo ragazzo. Fece scorrere nella la sua mente il contrasto tra lo stare seduti su quel metallo gelido e scomodo con l'ansia a mille, e il trovarsi in sala operatoria colmo di tensione, a sorreggere con tutte le forze possibili il filo della vita di una persona.
Deglutì, realizzando quanto fosse terribile, ma poi un altro pensiero lo solleticò: ipotizzò che la differenza più marcata non erano i sentimenti negativi che maturavano in base alla situazione, ma il modo in cui avrebbe preferito reagire. Ora, lì, tra quelle quattro mura quasi del tutto vuote, Kyousuke non poteva che affidarsi al fato e alla speranza: due entità del tutto astratte che avrebbero anche potuto non giocare a suo favore. Nella sala operatoria invece tutto sarebbe gravato su di lui. E se da un lato ciò faceva paura, dall'altro era incredibilmente importante: perché al di là del timore di non riuscire, e di essere il responsabile di tutto, c'era l'immensa voglia e la concreta possibilità di farcela. Certo, affidandosi sempre un po' al fato e alla speranza, ma sopratutto alle proprie capacità e alla propria determinazione.
Nonostante i muri bianchi gli provocassero una sorta di nausea, immaginò che potessero addirittura diventare suoi amici nel caso fosse stato un dottore; spettatori e testimoni di numerose battaglie contro la peggiore nemica della vita. Kyousuke avrebbe voluto trovarsi già nel futuro ed essere lì dentro a fare di tutto per salvare la Mizuyaji, non a sentirsi inutile e oppresso in una sala d'attesa dove il tempo pareva non trascorrere.
Fece scivolare i gomiti sulle gambe, fino a ritrovarsi con la schiena leggermente ricurva e la testa abbastanza in basso da poter guardare lo spazio di pavimento tra i suoi piedi.
Era fiero che quasi nulla del suo caos interiore si stesse manifestanto all'esterno. Sebbene la sua mente fosse in subbuglio, era riuscito a mantenere un certo contegno. Proprio il contrario dei due ragazzi che lo affiancavano in quell'interminabile attesa: Tenma, estroverso come sempre, era scoppiato a piangere senza esitazione, tentando di frenare il pianto, ma non riuscendoci neanche un po'; Yuuichi nel mentre farneticava inutili discorsi di consolazione che più che rivolti agli altri parevano un monologo.
E nulla, aspettò, aspettarono. Kyousuke rimase nel suo silenzio gelido come quella panchina scomoda. Di tanto in tanto si massaggiò le tempie per calmarsi e si dilettò in quella che da anni era la sua specialità: sospirò, tantissime volte.
« Su, tranquillo, andrà tutto bene » fece per l'ennesima volta Yuuichi, con una mano sulla spalla di Tenma e un sorriso forzato. Tenma da minuti interi tentava di asciugarsi le lacrime che scendevano a fiotti.
« Sì, lo so » rispose il castano e pareva anche piuttosto convinto di ciò, ma non smise comunque di piangere. Anche per un tipo positivo come lui era impossibile sottrarsi da quella straziante preoccupazine.
A essere sinceri, pure Kyousuke era convinto che tutto sarebbe finito per il meglio. Perché nonostante gli imprevisti e il panico generale avevano agito in fretta, facendo un ottimo lavoro di squadra. E lui sapeva benissimo che per salvare la Mizuyaji, per quello che aveva, bastava agire in fretta. E al di là della convinzione derivata da quello che aveva studiato, c'era come un sentimento di speranza intriseco dentro di sé che ululava caparbio che li attendeva un lieto fine.
Per un attimo gli venne voglia di poggiare la mano sui capelli di Tenma e scompigliarglieli con naturalezza, in un tentativo di rassicurarlo. Poi però si ricordò della presenza di Yuuichi e si chiese se andasse bene agire in quel modo. Dopoututto ormai suo fratello sapeva tutto, il problema era che Kyousuke da lui non aveva ancora ricevuto la sentenza finale, e in un istante di egoismo gli venne voglia di richiederla in quel momento.
Realizzò un altro importante pensiero: erano circondati da mura del colore della morte, e la Mizuyaji era in pericolo di vita. Pensò che lui amava Tenma e aveva tutto il diritto di dimostrarlo quando voleva, indipendentemente dalla situazione o se si trovasse in un luogo pubblico o no. Che motivo c'era di contestare il loro amore? Come evidenziava quella situazione, i veri problemi erano altri. Gli esseri umani hanno il vizio di crucciarsi su questioni che non sono poi di così grande importanza, e possibilmente lo fanno perché hanno una routine noiosa che si sussegue e in qualche modo la devono rompere: ma è quando questa viene realmente stravolta che ci si rende conto che i veri problemi sono altri, e ben più gravi di vedere un uomo baciare un altro uomo, o una donna che sta con una donna.
Kyousuke allora non esitò: strinse la mano del suo fidanzato e gli rivolse uno dei suoi rari tenui sorrisi, volto ad incoraggiarlo.
Tenma alzò gli occhi verso lui: quegli occhi del colore del cielo plumbeo, che ora come ora rappresentavano quel paragone alla perfezione. Sembravano nuvoloni che rilasciavano in continuazione pioggia.
Matsukaze ricambiò il sorriso e lo abbracciò.
Kyousuke gli baciò una tempia.
Yuuichi parve per un attimo sorpreso, poi il suo viso si rassenerò: illuminato dalle lampade dei neon fece capolino il suo sorriso.
E quella fu la risposta migliore che Kyousuke potesse aspettarsi, e che gli alleggerì in parte l'animo. Pensò al putiferio che aveva combinato, e ai sentimeti umani fuorvianti che a volte ci rendono impulsivi.
Gli pareva che stesse per iniziare una nuova vita, sebbene in realtà dopo tutti quegli stravolgimenti quel che stava per accadere era solo tornare alla quotidianità: a lui che andava all'università, tornava a casa e ci trovava Tenma. Ma c'era qualcosa che in tutto quella cambiava, percepiva dentro sé come se fosse avvenuta una metamorfosi. Era una sorta di evoluzione, passo avanti, rottura della crisalide finantamente perfetta in cui si era rinchiuso credendo di poter vivere due vite separate, una con Tenma, una con la sua famiglia.
Quell'inverno si era tramutato in una vitale esperienza di crescita sebbene lui si fosse già recentemente affacciato al mondo adulto. Aveva scoperto tante cose nuove, di lui e degli altri, a cui prima non aveva fatto caso. Aveva scoperto che il modo di agire può portare conseguenze spiacevoli, ma non abbastanza per buttarlo giù per sempre.
Ma ora, beh, ora attendeva l'ultima sentenza della giornata, quella che si sarebbe dimostrata realmente letale.
Di colpo i tre saltarono in aria quando quella porta si aprì e uscì Miyu.
« Come sta?! » proruppe Tenma.
« Tutto bene Miyu? » fece Yuuichi.
Kyousuke rimase in silenzio, ma si espresse con le voci degli altri due.
Miyu aveva lo sguardo stravolto, rimase zitta per un po', le sue labbra si tesero pericolosamente in un sorriso stentato, ma non ce la fece: scoppiò il lacrime.
Tenma le si avvicinò subito e le batté una mano sulla spalla « Ehi, Miyu, che succede? » anche Yuuichi scattò in piedì per raggiungere la ragazza e offrirle conforto.
L'ansia di Kyousuke si trasformò in paura e sebbene non si mosse dal posto, chiese: « Ohi, Miyu? Che è successo? » e non volle ammettere neanche a se stesso che al di là della preoccupazione per la Mizuyaji non sopportò la vista di Miyu in lacrime.





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