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Autore: Marauder Juggernaut    04/08/2017    4 recensioni
Una raccolta di flashfic e drabble "what if?" sul passato di uno dei personaggi più controversi, denigrati e mal sopportati di questo manga... a conti fatti, uno dei miei preferiti.
Il comportamento di Akainu e il suo viscerale odio verso la pirateria non possono essere ricollegati a semplice senso del dovere: devono avergli fatto qualcosa, in passato.
E questa è la mia personale versione.
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[ Dal Testo ]
L’ammiraglio lo fissò pensieroso, rimasto immobile nel corridoio deserto, con le mani in tasca: « Certe vecchie abitudini sono dure a morire, eh? Sakazuki… » domandò con quel suo tono strascicato, alludendo alla finestra ancora aperta.
Akainu si voltò verso di lui con aria feroce, sbattendo i fogli sulla propria scrivania.
« Non dovresti lavorare? ».
L’ammiraglio scrollò le spalle, come se non lo avesse sentito: « Non hai ancora abbandonato certe speranze? È davvero insolito per uno come te… ».
[ CONCLUSA ]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akainu, Altro Personaggio
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Quello che non ho'
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Epilogo  – La sera tardi è meglio chiudere la finestra.
 
La solida scrivania di mogano non aveva nemmeno un minimo difetto di presentazione: era la classica postazione di chi aveva molto lavoro da fare, ma si impegnava fino al midollo per compierlo.
Rapporti, messaggi, annotazioni, tutto accuratamente impilato e compilato, ogni cosa in attesa della sua approvazione.
Tutto questo ordine di fogli sembrava però essere in pericolo dalla grande finestra costantemente spalancata. Sarebbe bastato anche il più sottile refolo di vento per abbattere ogni pila di carte accuratamente appoggiate sul tavolo.
 
Al grandammiraglio importava relativamente. Ogni foglio poteva essere rimesso al proprio posto con la dovuta pazienza tutte le volte che sarebbe stato necessario. Da quella squadrata apertura nel muro sarebbe potuto entrare anche un uragano a distruggere l’intero ufficio. Ne sarebbe stato sicuramente infastidito, ma nulla che gli avrebbe impedito di aprire la finestra il giorno dopo e quello dopo ancora. La sua parte razionale faceva notare quanto quell’abitudine fosse ormai inutile e stupida: erano venticinque anni che ormai nessuno entrava più e nessuno l’avrebbe mai più fatto.
Akainu si distrasse a osservare il fumo del sigaro ormai consumato che si alzava lento dal posacenere.
Evanescente, volatile, inafferrabile.
Era da un po’ che aveva ripreso quel vizio e difficilmente avrebbe dimenticato che la prima cosa che aveva richiesto, quando era tornato da Punk Hazard coperto di bende e ferite, era stata un sigaro.
Aveva vinto lui. In ogni caso.
E per un folle istante gli era parsa di sentire per i corridoi dell’infermeria una risata argentina fin troppo nota. Un delirio causato dalle ferite.
Nient’altro.
Spense del tutto il sigaro, mettendo poi da parte il rapporto del CP0. Una rabbia ben nota e palpitante si faceva strada in lui ogni volta che doveva aver a che fare in qualche modo con quel Rob Lucci, una delle tante conferme che lei non sarebbe nuovamente entrata da quella finestra.
Non una bara, non una lapide, non una targa di quella donna che per anni e con devozione aveva servito la causa di una giustizia assoluta, per quanto l’avesse fatto nell’oscurità ignorata da tutti.
Nemmeno una foto e col passare degli anni gli stessi ricordi, che il grandammiraglio riteneva indelebili, andavano sbiadendo, lasciando solo un’immagine sfuocata, ormai priva di tutti i particolari che una volta conosceva a memoria.
A quella presa di coscienza, l’ira di Akainu si intensificò, arrabbiato col mondo che l’aveva dimenticata, con se stesso che aveva permesso che il ricordo di lei appassisse.
Un petalo di garofano cadde dal suo doppiopetto sul ripiano della scrivania.
Lo fissò per alcuni istanti, prima di prenderlo tra pollice e indice con impensabile delicatezza.
Un solo sfregamento delle dita e il sottile petalo andò in fiamme, come lo aveva fatto quella minuscola vita che mai aveva conosciuto, che era stato insieme incerto e ansioso di conoscere.
Bruciata, come quel fragile pezzo di corolla.
Da più di venticinque anni un’insolita calma piatta albergava nell’animo del marine, agitata spesso da una rabbia funesta e non di più.
Uno spirito arido e immobile, come una landa coperta da una colata lavica da poco raffredatasi, ma da cui non sarebbe più germogliato nulla.
Pensieri patetici.
Chiuse gli occhi, alzandosi dalla scrivania e dirigendosi alla finestra, osservando silenzioso il cielo che si avviava all’imbrunire. Una folata di vento l’investì, rischiando di fargli volare via il cappello. Lo trattenne per la tesa, studiando sotto di sé gli edifici del nuovo Quartier Generale.
In fondo, lontano più basso, su un tetto anonimo di una casa, un grosso gatto nero si stiracchiò sollevando la coda, poco prima di saltellare agilmente dalla grondaia alla ringhiera, fino a entrare nella finestra aperta.
Il marine sbuffò, chiudendo la finestra.
Probabilmente l’avrebbe riaperta, il giorno dopo.
E quello dopo ancora.






Angolo autrice:
E siamo alla fine anche di questa particolare raccolta, sperando che vi sia piaciuta. Per me è stato un po' un parto scriverla, ma ora che sono alla fine sono davvero soddisfatta. Questa storia sul mio personaggio preferito a conti fatti mi piace. Sono curiosa di sapere cosa ne pensate tutti voi, anche colore che leggono in silenzio.
Un grazie davvero grande a bad dragon95 che ha commentato lo scorso capitolo e tutti quelli della raccolta e si merita un premio (?) per la pazienza e la costanza!
A presto con nuove raccolte! 
Marauder Juggernaut

 
   
 
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