Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: tenacious_deep_soul 99    09/08/2017    2 recensioni
Tutti ci aspettiamo una vita migliore fuori dal nostro paese, anche Julie pensava che la sua partenza per la Corea avrebbe potuto fare della sua vita una vita stupenda. I suoi sogni crollarono di botto quando perse improvvisamente il lavoro a causa della poca clientela. Fortunatamente la sua migliore amica, Soyon, sarà in grado di aiutarla, trovandole una nuova occupazione: grazie a lei farà parte del cast di trucco e parrucco della BigHit, affiancando i tanto conosciuti Bts. La sua vita cambierà radicalmente. Se in meglio o in peggio? Questo dipende da lei...
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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-Che cosa vuoi!? Lasciami Heejun, ti prego! Lasciami andare!-
Bloccata contro il muro, la ragazza cominciò a dimenarsi per cercare invano di sfuggire alla morsa stretta del fidanzato, il quale stava guardandola soffrire come un uccellino dalle ali tarpate.
-Adesso che ti ho trovata non ti lascerò più scappare. Sei mia Julie, e lo sarai sempre!- urlò, avventandosi su di lei.


Un grido sovrumano, poi il silenzio calò come un sipario. “Era solo un incubo”, continuava a ripetersi, uno in mezzo a quella lunga serie che la tormentava da tempo ormai immemore.
Le gocce di sudore scivolavano lente sulla fronte, coperta da qualche ciocca di capelli altrettanto umida. Il respiro di Julie era fin troppo caldo e talmente pesante che le sue costole presero ad appesantirsi fino a far male. La stanza era parzialmente illuminata dalla soffusa luce mattutina che penetrava dalla serranda, situazione che le permise di vedere chiaramente l’orario indicato dalla sveglia: le 5:45.
Solo allora si rese conto di trovarsi immersa nella più strana pace degli angeli poiché di solito, a quell’ora, erano già tutti all’impiedi a far casino, intenti a prepararsi per un’altra giornata in azienda.
Scostate malamente le coperte da sopra di sé si incamminò verso la cucina, con solo le sue modeste ciabatte pelose e il plaid sulla schiena a farle compagnia. I suoi piedini svelti si superavano a vicenda giù per le scale che, ad ogni passo, emettevano forti scricchiolii i quali si mescolavano alle continue imprecazioni della ragazza intenta a non svegliare i ragazzi.
Dopo aver superato le tredici fatiche di Ercole giunse finalmente in cucina: perché non scaldare un po’ di latte per calmarsi e riscaldarsi da quel dannato freddo che penetrava fin dentro al midollo? Mentre armeggiava con la brocca di latta rimuginava in maniera incessante su quell’incubo che l’aveva scossa a dovere, temeva fortemente che questa situazione potesse davvero presentarsi e lei non avrebbe avuto via di scampo: ciò che alimentò questa sua paura fu la momentanea assenza dei bangtan, i quali avrebbero dovuto lasciarla da sola per chissà quanto tempo.
Una calda lacrima salata si fece spazio sulla gota, scivolandovi lentamente su.

Risvegliatasi dai suoi sensi, più addormentati di lei, la ragazza riuscì a captare chiaramente dei rumori singolari provenire dalle stanze di sopra per poi spostarsi verso le scale: lo strisciare delle ciabatte le fece intendere chi stesse per fare il suo ingresso.
-Julie, cosa ci fai in piedi a quest’ora?-
-Jin. Stavo… stavo scaldandomi un po’ di latte, ho freddo. Tu piuttosto, perché ti sei alzato?- si affrettò ad asciugarsi la lacrima, balbettando nel frattempo.
-Perché ti pensavo- mosse dei piccoli passi. Julie rimase in silenzio, basita.
-Ho sentito un tuo urlo poco fa… pensavo di averlo immaginato ma in fondo sentivo non fosse così. E in effetti lo scricchiolio delle scale e la luce della cucina me ne hanno dato la prova- spiegò con voce sensuale, nonostante fosse ancora impastata col sonno.
-Beh Sherlock, i miei complimenti- ridacchiò sarcastica fintanto che si scaldava le mani vicino al gas.
Jin spostò con cautela una sedia e vi si abbandonò su, lasciando il suo respiro uscire violentemente dalle narici. Tirò su col naso, poi si tenne con le mani i gomiti, poggiati sul tavolo di fronte a lui: lo sguardo che spaziava in una dimensione diversa da quella terrestre fece intendere alla ragazza quanto questi fosse esageratamente sovrappensiero. Addirittura, in un primo momento, non riuscì nemmeno a sentirla chiedergli se gradisse anche lui un po’ di latte caldo.
-So quanto sia preoccupata, Julie. I tuoi occhi parlano in silenzio, e le tue lacrime confermano quello che dicono- Jin prese la tazza bollente con ambedue le mani tese, sbattendovele ad intermittenza.
-Jin ti prego…- si poggiò una mano sul viso:-… sappiamo entrambi che sei più preoccupato di me, te lo si legge in faccia. Solo uno stupido non lo capirebbe...-.

Colto sul fatto, baby.

Sgranò gli occhi e rimase in tensione, impassibile.
-So che tieni a me, che… mi vuoi bene, ma devi stare tranquillo. Riesco a badare a me stessa- cercava di trovare conforto nelle sue stesse parole mentre tentava di convincerlo.
-Non lo nego Julie ma, capiscimi, vederti sola e indifesa con un pazzo che ti sta dietro non mi fa di certo stare tranquillo. E ora che io e i bangtan dobbiamo andare, ancora meno- si rese conto solo in ritardo di aver aumentato di poco il volume della voce, quanto bastasse per far svegliare qualcuno dei membri.
-Ho bisogno di sapere che tu lo sia, Jin. Se non lo sei, non lo sarò neanch’io- disse dopo aver sorseggiato un altro po’ di bevanda ormai tiepida.
-D’accordo Julie, cercherò di star calmo… per te- abbozzò un mezzo sorriso tremolante ed insicuro che fu abbastanza per far sorridere lei di conseguenza. Silenziosa come un topolino, Julie si alzò dalla sua postazione e, a passi felpati, si mise in piedi davanti al ragazzo. Una mano esile e bianca si avvicinò a quella di Jin fin quasi a prenderla saldamente: a egli mancò un battito, sussultando incredulo. Lei tirò la mano verso di sé costringendo l’altro ad alzarsi.
-Abbracciami hyung- gli disse cingendogli stretto la vita. Sbloccatosi dal suo momentaneo torpore muscolare abbassò le braccia e fece altrettanto, ciò che Julie stava aspettando.
Un singhiozzo da parte di lei, poi altri a catena.
-Grazie di esserci-
-Quando vuoi. Io sono qui-


Quel giorno sembrava che il tempo avesse deciso di correre la maratona dato che passava fin troppo in fretta per i gusti di Julie. Il dormitorio era permeato da una baraonda immane: in qualunque angolo ci si voltasse c’era sempre qualcosa, o tutto, fuori posto; impossibile non notare come il corridoio del piano superiore fosse stracolmo di vestiti gettati alla rinfusa aventi come unica compagnia ciabatte di qualsiasi forma e colore sparpagliate quasi a formare un percorso ad ostacoli. Quella casa era un vero e proprio porto di mare. Chiunque, a parte Yoongi, correva mezzo disperato per le stanze alla ricerca dei propri oggetti personali da mettere poi in valigia.
-Qualcuno ha per caso visto la mia maglia?- domandò Suga tenendo ancora in bocca lo spazzolino fintanto che si asciugava i capelli con un panno.
-Sarà buttata qui in mezzo, va’ a cercarla- rispose Namjoon indicando la catena montuosa di vestiti che si era formata in corridoio.-Per chi mi hai preso, hyung? Ti sembro Dora l’esploratrice?- quella risposta secca e ricca di un’ironia a dir poco pungente, scatenò l’ilarità generale. Stranamente le risa contagiarono anche Yoongi stesso, cosa che stupì non poco i membri.
Dal piano inferiore si sentì distintamente lo squillo di un telefonino, il quale trillava senza sosta.
-Aish, il cellulare!- urlò Hoseok capendo si trattasse del suo. Era l’unico ad avere un “pasito a pasito, suave suavecito” a dargli l’avviso di essere contattato da qualcuno… poco da fare, quella canzone gli si era ormai attaccata in testa. Hobi uscì di tutta corsa dalla stanza e, scivolando col sedere per la ringhiera della scala, arrivò alla cucina in un battibaleno dove Julie stava già ad aspettarlo col telefono in mano.
-Tieni hyung, è per te- gli porse l’aggeggio continuando poi a canticchiare la canzone.
-Pronto?-

***

Jungkook era stranamente nervoso quel pomeriggio, nei meandri più oscuri del suo stomaco sentiva che qualcosa non sarebbe andata come avrebbe dovuto. Cosa mai starà dicendo il manager per tenere così tanto tempo Hoseok con l’orecchio incollato allo schermo del telefono? Doveva mantenere la calma, già Jimin e Taehyung avevano notato il suo misterioso turbamento, e non poteva permettere accadesse ancora o avrebbero sospettato qualcosa. Col muso lungo stava dedicando il suo tempo alla valigia quando il suo hyung sopraggiunse all’interno della stanza che entrambi hanno condiviso dall’inizio dei tempi.
-Hobi! Allora, che ti ha detto?- chiese saltellandogli dietro, con eccessiva curiosità in corpo. Stava fremendo nel sapere l’esito.
Il volto dello hyung era incomprensibile, non si riusciva affatto a comprendere quali emozioni lo pervadessero:- Dobbiamo andare- sputò la sentenza in modo chiaro e schietto.
-Che cosa significa “dobbiamo andare”!? Avanti Hobi-hyung, ti ha tenuto un’ora al telefono… non penso ti abbia detto solo questo- bisbigliò esasperato scompigliandosi i capelli castano scuro.
-Infatti c’è altro. Ma sta’ tranquillo, più tardi dirò tutto sia a te che agli altri. Dovete sapere-

Il suono di clacson e il successivo trillo del campanello ruppero la quiete del dormitorio: due suv neri si erano appena appostati nello spiazzo di fronte l’edificio, pronti a scortare i bangtan e i rispettivi bagagli all’aereoporto. Julie venne pervasa da un senso di nostalgia e inquietudine nel vedere andare i ragazzi via da lei, lasciandola sola e in balìa di se stessa. Jimin prese a fissarla pensieroso: dopo aver assistito all’abbraccio di quella mattina fra lei e Jin sentì come se l’avesse persa, nonostante quella non si fosse mai trovata con lui in termini di relazione.
-Mi raccomando, fai attenzione Julie. Non far preoccupare il tuo oppa- la strinse Hoseok, tirando uno dei suoi sorrisi retti passante da una guancia all’altra. Posti davanti la porta d’ingresso, Namjoon e Taehyung le si inchinarono sorridendole fintanto che Yoongi le lasciava un bacino sulla guancia e un rapido abbraccio, atto che lasciò stupito il resto del gruppo.

Va bene che Suga non avesse mai palesato le sue emozioni,
ma quando si trattava di queste cose nulla contava più.

Kookie le sorrise timidamente da lontano chinando leggermente il capo con fare amichevole fintanto che Jimin faceva altrettanto, scrutandola da capo a piedi nel momento in cui Jin le si avvicinò.
-Non farmi stare in pensiero, d’accordo?- Jin si dondolava avanti e indietro e il suo sguardo saltellava sul viso di lei, senza mai incrociare i suoi occhi. Le sue labbra accennarono poi un sorrisetto riservato.
-Va bene Jin. Tu ricordati la nostra promessa- disse, porgendogli il mignolino. Il ragazzo lo guardò rapidamente e, ridacchiando dolcemente, ricambiò volentieri il gesto intrecciando il dito al suo con innaturale delicatezza.
-Senza dubbio-

***

Si era già fatto il crepuscolo e Julie si sentiva più sola che mai, quella casa era fin troppo grande per una persona sola. Cercò di distrarsi in tutti i modi possibili e immaginabili, addirittura si mise a sistemare tutto il caos che avevano combinato i bangtan prima della partenza. Nelle stanze buie e fredde del dormitorio primeggiava solamente l’eco del suo respiro e l’ululato del vento fuori le finestre.
La suoneria del cellulare accese in lei un lume di speranza.
-Soyon! Che bello sentirti, come stai?- strillò immediatamente dopo l’apertura della chiamata.
-Jagiya sto benissimo, grazie! Tu che mi dici?- ricambiò lo strillo quella, dall’altro capo del telefono.
-Beh… tutto va a gonfie vele, altrochè…- Julie ridacchiò agitatamente, cercando in tutti i modi di sembrare normale.
Era da molto che non si sentiva con l’amica a causa dei suoi studi universitari e, purtroppo, non era riuscita a tenerla al corrente del casino con Heejun: se solo l’avesse fatto, quella avrebbe abbandonato tutto e sarebbe tornata da lei, pur di starle accanto per aiutarla e sostenerla.
-Come sta andando all’univer-?- si bloccò non appena udì uno strano rumore proveniente dall’ingresso.
-Ehm, scusa un attimo Soyon… devo andare. Ti richiamo-. Julie interruppe bruscamente la chiamata senza curarsi del “Jagi, aspetta” pronunciato dall’interlocutrice. Col cuore a mille si diresse al piano inferiore, portando con sé un mattarello preso al passare dalla cucina.
Recatasi all’entrata notò che qualcosa non andava: la porta era aperta e la serratura scassinata a regola d’arte.
Bastò una sola voce alle sue spalle a farla trasalire e, di certo, non per gioia.
-Ciao dolcezza, felice di vedermi?-
-Heejun!-

►Angolo autrice:
Annyeong armys! Eccovi il nuovo capitolo bello fresco di stesura, spero vi sia piaciuto! Ehm si, chiunque voglia picchiarmi per avergli lasciato troppa suspence può farlo, sono consapevole di essere una bad girl *si piega al suo destino crudele* Anyway, fatemi sapere cosa ne pensate e soprattutto se ci sono eventuali errori, avendolo scritto di getto u.u Detto questo mi ritiro *si polverizza*
Kisses ;*

 
  
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